Le devastazioni dei
black bloc viste da un sessantottino : allora la polizia era più
credibile e persuasiva
La sorte ha voluto che mi
laureassi nel mitico sessantotto e che quindi abbia vissuto in
diretta un buon numero di episodi di guerriglia urbana.
E’ quindi inevitabile
per me rivedere nella memoria quegli episodi e confrontarli con
quanto è successo tre giorni fa a Milano.
Inutile dire che non c’è
nulla in comune nelle motivazioni che allora spinsero una buona parte
dei giovani soprattutto intellettuali a “fare il sessantotto” e
le presumibili motivazioni dei teppisti di oggi, che tra l’altro
non hanno nemmeno fatto la fatica di spiegarcele, anche perché
probabilmente non sono chiare nemmeno a loro stessi.
Significativo il fermo
immagine del giovanotto nero vestito, colto dall’obiettivo l’altro
giorno nelle vie di Milano con al polso un Rolex da diverse migliaia
di Euro.
Significativo anche il
fatto che quelli di oggi sono in buon numero stranieri, venuti in
trasferta.
Questa volta però, le
devastazioni sono riuscite, ma l’obiettivo vero dei Black Bloc che
era la ricerca delle telecamere per suscitare delle emozioni a loro
favore, è stato radicalmente mancato.
Uno dei più noti esperti
di “media”, Aldo Grasso ha scritto oggi sul Corriere che
l’effetto ricercato dagli incappucciati è stato non solo mancato,
ma è passato un sentimento emozionale a loro fortemente contrario.
La gagliarda reazione dei
milanesi, nata in modo spontaneo e immediato, ha poi del tutto
surclassato e squalificato l’operato dei ragazzi in nero.
Sono stati estromessi come
un corpo estraneo.
Non hanno capito che se
mai hanno avuto delle ragioni, questa volta le loro “ragioni”
erano del tutto fuori tempo e fuori logica.
La gente è stremata da
anni di crisi economica e sta vivendo l’Expo come una occasione
formidabile per cambiare rotta e spingere psicologicamente una
ripresa che pure si ingravede all’orizzonte.
L’economia, come tutte
le attività umane è fortemente influenzata dalla percezione più
che dallo stato delle cose.
Se il consumatore esce
psicologicamente dalla paura del futuro e vede la luce alla fine del
tunnel, la smette di mettere i soldi che gli rimangono sotto il
materasso e torna a comprare.
Quando questo succede il
gioco è fatto, il sistema riprende e l’economia ricomincia a
girare.
I black bloc hanno
dimostrato di essere corpi estranei proprio perché non hanno capito
che il sentimento della gente era avverso a loro ed alle loro
“ragioni”.
Ma non basta perché non
hanno capito nemmeno che se in Italia Renzi sta per essere incoronato
re per un lungo periodo di regno è perché la gente, cioè noi,
sentiamo una grande nostalgia della parola “disciplina”.
Qui occorre mettere ordine
fare ordine e pulizia.
Questi poveri black bloc
sono risultati quindi del tutto fuori tempo.
Buon per noi e peggio per
loro, sperando che se ne accorgano e trovino delle attività più
sensate nelle quali esercitarsi.
Ma torniamo al parallelo
con gli episodi di guerriglia urbana del sessantotto.
Lasciamo perdere l’analisi
politica e sociologica e limitiamoci alla pura tecnica di contrasto
usata dalla polizia allora ed oggi.
E’ quasi patetico
rivedere nella memoria le orrende e incongrue divise grigio verdi
degli agenti di allora.
Non parliamo degli elmetti
e dei moschetti in dotazione, anni luce lontani, rispetto alle
funzionali divise anti-sommossa, imbottite dove necessario, e a tutto
l’armamentario connesso, in uso oggi.
Ma la enorme diversità
fra l’allora e l’oggi, sta proprio in questo paradosso.
Quegli uomini dei reparti
celeri di allora, pur così male in arnese rispetto a quelli di oggi
erano paradossalmente più credibili e quindi esercitavano una
migliore funzione di dissuasione proprio perché non caricavano coi
manganelli, ma con i moschetti tenuti per la canna.
Chi si beccava addosso un
colpo col calcio del fucile, se lo ricordava per un bel pezzo, anche
se obiettivamente il mezzo non era affatto “politicamente
corretto”.
La guerriglia urbana nel
sessantotto era condotta nel significato etimologico del termine,
cioè era basata sul movimento di piccoli gruppi.
C’erano gruppi di
giovani in eskimo con sacche a tracolla per portarsi dietro le
molotov , tirasassi e biglie nonchè limoni usati per contrastare
l’effetto dei lacrimogeni, inseguiti da piccoli gruppi di agenti
che cercavano il contrasto per almeno identificare i “lottatori
continui”, dopo averli “menati” senza buone maniere.
Oggi usa invece la guerra
di trincea, basata sulle zone rosse.
Va bene, questa nuova
tattica ha un senso, quello di impedire assolutamente l’accesso a
determinate zone, ma risulta estremamente carente, se non verrà
affiancata dall’impiego di piccole pattuglie di reparti mobili,
capaci di inseguire e fermare un congruo numero di black bloc.
Si tratta oggi ,lo abbiamo
visto chiaramente nei giorni scorsi di un fenomeno divenuto ormai
internazionale.
Ma allora a maggior
ragione occorre trovare una tattica per identificare e schedare
queste poche centinaia di violenti che si presentano oggi a Milano,
ieri e Francoforte e domani chissà.
Non basta garantire che
gli eventi pianificati possano tenersi, impiegando cordoni di polizia
coi nervi saldi per instaurare le trincee delle zone rosse.
Occorre questi teppisti
che verosimilmente sono sempre gli stessi, beccarli e schedarli in
modo da bloccarli nei paesi di residenza prima che partano in
trasferta per compiere le loro non gloriose imprese.
Occorre poi che in Italia
le leggi fortemente garantiste in vigore in materia di ordine
pubblico, vengano ripensate sulla base dell’esperienza di oggi, non
di ieri.
In base alla normativa
vigente, perché il giudice confermi un fermo di polizia fatto sul
terreno degli scontri, occorre che la polizia fornisca la prova ,
foto o testimonianza diretta che certifichi che il Tizio fermato ha
lanciato la molotov o ha preso a martellate la vetrina.
E questa è la ragione per
la quale i black bloc si mascherano di nero e poi lasciano sul campo
sia le divise nere, sia gli “attrezzi”, sia addirittura le
scarpe, per impedire di essere identificati.
Visto che la situazione è
questa, occorrono leggi che consentano il fermo semplicemente per chi
si trovava in quei luoghi in quel momento e non perché stava andando
a comprare il latte o a fare altra spesa, diversamente il magistrato
è tenuto a rilasciare il fermato e così il lavoro della polizia
viene reso vano e i teppisti domano potranno ricomparire
tranquillamente, più pericolosi di prima, perché potranno contare
su quanto ha insegnato loro l’esperienza.
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