lunedì 4 maggio 2015

Le devastazioni dei black bloc viste da un sessantottino : allora la polizia era più credibile e persuasiva



La sorte ha voluto che mi laureassi nel mitico sessantotto e che quindi abbia vissuto in diretta un buon numero di episodi di guerriglia urbana.
E’ quindi inevitabile per me rivedere nella memoria quegli episodi e confrontarli con quanto è successo tre giorni fa a Milano.
Inutile dire che non c’è nulla in comune nelle motivazioni che allora spinsero una buona parte dei giovani soprattutto intellettuali a “fare il sessantotto” e le presumibili motivazioni dei teppisti di oggi, che tra l’altro non hanno nemmeno fatto la fatica di spiegarcele, anche perché probabilmente non sono chiare nemmeno a loro stessi.
Significativo il fermo immagine del giovanotto nero vestito, colto dall’obiettivo l’altro giorno nelle vie di Milano con al polso un Rolex da diverse migliaia di Euro.
Significativo anche il fatto che quelli di oggi sono in buon numero stranieri, venuti in trasferta.
Questa volta però, le devastazioni sono riuscite, ma l’obiettivo vero dei Black Bloc che era la ricerca delle telecamere per suscitare delle emozioni a loro favore, è stato radicalmente mancato.
Uno dei più noti esperti di “media”, Aldo Grasso ha scritto oggi sul Corriere che l’effetto ricercato dagli incappucciati è stato non solo mancato, ma è passato un sentimento emozionale a loro fortemente contrario.
La gagliarda reazione dei milanesi, nata in modo spontaneo e immediato, ha poi del tutto surclassato e squalificato l’operato dei ragazzi in nero.
Sono stati estromessi come un corpo estraneo.
Non hanno capito che se mai hanno avuto delle ragioni, questa volta le loro “ragioni” erano del tutto fuori tempo e fuori logica.
La gente è stremata da anni di crisi economica e sta vivendo l’Expo come una occasione formidabile per cambiare rotta e spingere psicologicamente una ripresa che pure si ingravede all’orizzonte.
L’economia, come tutte le attività umane è fortemente influenzata dalla percezione più che dallo stato delle cose.
Se il consumatore esce psicologicamente dalla paura del futuro e vede la luce alla fine del tunnel, la smette di mettere i soldi che gli rimangono sotto il materasso e torna a comprare.
Quando questo succede il gioco è fatto, il sistema riprende e l’economia ricomincia a girare.
I black bloc hanno dimostrato di essere corpi estranei proprio perché non hanno capito che il sentimento della gente era avverso a loro ed alle loro “ragioni”.
Ma non basta perché non hanno capito nemmeno che se in Italia Renzi sta per essere incoronato re per un lungo periodo di regno è perché la gente, cioè noi, sentiamo una grande nostalgia della parola “disciplina”.
Qui occorre mettere ordine fare ordine e pulizia.
Questi poveri black bloc sono risultati quindi del tutto fuori tempo.
Buon per noi e peggio per loro, sperando che se ne accorgano e trovino delle attività più sensate nelle quali esercitarsi.
Ma torniamo al parallelo con gli episodi di guerriglia urbana del sessantotto.
Lasciamo perdere l’analisi politica e sociologica e limitiamoci alla pura tecnica di contrasto usata dalla polizia allora ed oggi.
E’ quasi patetico rivedere nella memoria le orrende e incongrue divise grigio verdi degli agenti di allora.
Non parliamo degli elmetti e dei moschetti in dotazione, anni luce lontani, rispetto alle funzionali divise anti-sommossa, imbottite dove necessario, e a tutto l’armamentario connesso, in uso oggi.
Ma la enorme diversità fra l’allora e l’oggi, sta proprio in questo paradosso.
Quegli uomini dei reparti celeri di allora, pur così male in arnese rispetto a quelli di oggi erano paradossalmente più credibili e quindi esercitavano una migliore funzione di dissuasione proprio perché non caricavano coi manganelli, ma con i moschetti tenuti per la canna.
Chi si beccava addosso un colpo col calcio del fucile, se lo ricordava per un bel pezzo, anche se obiettivamente il mezzo non era affatto “politicamente corretto”.
La guerriglia urbana nel sessantotto era condotta nel significato etimologico del termine, cioè era basata sul movimento di piccoli gruppi.
C’erano gruppi di giovani in eskimo con sacche a tracolla per portarsi dietro le molotov , tirasassi e biglie nonchè limoni usati per contrastare l’effetto dei lacrimogeni, inseguiti da piccoli gruppi di agenti che cercavano il contrasto per almeno identificare i “lottatori continui”, dopo averli “menati” senza buone maniere.
Oggi usa invece la guerra di trincea, basata sulle zone rosse.
Va bene, questa nuova tattica ha un senso, quello di impedire assolutamente l’accesso a determinate zone, ma risulta estremamente carente, se non verrà affiancata dall’impiego di piccole pattuglie di reparti mobili, capaci di inseguire e fermare un congruo numero di black bloc.
Si tratta oggi ,lo abbiamo visto chiaramente nei giorni scorsi di un fenomeno divenuto ormai internazionale.
Ma allora a maggior ragione occorre trovare una tattica per identificare e schedare queste poche centinaia di violenti che si presentano oggi a Milano, ieri e Francoforte e domani chissà.
Non basta garantire che gli eventi pianificati possano tenersi, impiegando cordoni di polizia coi nervi saldi per instaurare le trincee delle zone rosse.
Occorre questi teppisti che verosimilmente sono sempre gli stessi, beccarli e schedarli in modo da bloccarli nei paesi di residenza prima che partano in trasferta per compiere le loro non gloriose imprese.
Occorre poi che in Italia le leggi fortemente garantiste in vigore in materia di ordine pubblico, vengano ripensate sulla base dell’esperienza di oggi, non di ieri.
In base alla normativa vigente, perché il giudice confermi un fermo di polizia fatto sul terreno degli scontri, occorre che la polizia fornisca la prova , foto o testimonianza diretta che certifichi che il Tizio fermato ha lanciato la molotov o ha preso a martellate la vetrina.
E questa è la ragione per la quale i black bloc si mascherano di nero e poi lasciano sul campo sia le divise nere, sia gli “attrezzi”, sia addirittura le scarpe, per impedire di essere identificati.

Visto che la situazione è questa, occorrono leggi che consentano il fermo semplicemente per chi si trovava in quei luoghi in quel momento e non perché stava andando a comprare il latte o a fare altra spesa, diversamente il magistrato è tenuto a rilasciare il fermato e così il lavoro della polizia viene reso vano e i teppisti domano potranno ricomparire tranquillamente, più pericolosi di prima, perché potranno contare su quanto ha insegnato loro l’esperienza.

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