Il
dibattito televisivo fra Renzi e Gustavo Zagrebelsky svoltosi su la 7
la settimana scorsa, metteva faccia a faccia i due schieramenti al
massimo livello, da una parte il Presidente del Consiglio che sul
referendum si gioca la sua carriera politica a favore del si e
dall’altra un costituzionalista ex presidente della Corte
Costituzionale e intellettuale di grande livello, che mette in gioco
il suo prestigio a favore del no.
Non
erano di fronte quindi un politico contro un altro politico ,ma un
politico contro un costituzionalista se pure da sempre impegnato
nello schieramento di sinistra.
E
questa doppia veste di tecnico e di impegnato in politica è stata a
mio parere fatale per Zagrebelsky, che risultava efficace come
giurista, ma assolutamente non all'altezza dell’avversario nella
capacità dialettica di sostenere un dibattito.
Renzi
ha tantissimi difetti che i lettori di questo blog possono trovare
elencati in tutti gli articoli dedicati al personaggio (se hanno la
pazienza di andare a digitare Renzi nel rettangolino di ricerca in
alto a sinistra), ma ha anche il fiuto istintivo di chi fa politica
al suo livello.
Renzi
ha capito per tempo che i cittadini avrebbero avuto difficoltà a
recepire le modifiche costituzionali a referendum, come cose che
incidono nella loro vita quotidiana
Questo
fiuto gli ha consentito di percepire fin dall’approvazione della
legge di riforma costituzionale messa a referendum per il prossimo
dicembre, che l’argomento in gioco ha troppi aspetti tecnici per
essere facilmente percepito come importante dai cittadini, che
difficilmente percepiscono i problemi trattati dalla riforma in
questione come importanti
nell’ambito della loro vita quotidiana.
Insomma
la riforma non tratta di lavoro, sicurezza, ambiente.
Quindi
il cittadino non impegnato il politica non lo percepisce come cosa
sua, come un suo problema, anzi rischia di etichettarlo
negativamente come un problema della casta politica.
Di
conseguenza non credo affatto che Renzi abbia sbagliato nel
“personalizzare” l’esito del referendum, per me, per il mio
governo, per le riforme, per fare o continuare a non cambiare nulla e
rimanere nella “palude”.
Ha
fatto bene a personalizzare la consultazione referendaria ed a
parlare di rimanere nella palude se si vota no, e invece di uscire
dalla palude se si vota si
Perchè
questo mi sembra il modo per convincere il cittadino che la riforma
costituzionale non è una materia tecnica fumosa, ma è una cosa che
lo riguarda.
Ed
anche quando lo stesso Renzi ha finto di essersi pentito di avere
personalizzato il referendum, ha fatto bene a ripetere il termine
“palude”, come dire, se votate no allora sappiate che voterete
per lasciare per altri decenni la politica italiana impantanata in
questa “palude”.
Il
termine palude evoca contemporaneamente i concetti di immobilizzati
nel fango, e di finiti in un ambiente sporco come quelli dove
razzolano i maiali, scelta di immagine molto felice, perchè è così
che la gente vede la classe politica nel suo immaginario subconscio.
Per
convincere i cittadini ad andare a votare, evidentemente dopo essersi
fatta un’idea di votare per cosa, bisogna proprio riportare
paragrafi e codicilli della Costituzione modificati dalla riforma a
una dimensione umana della vita di tutti i giorni.
Per
fare questo bisogna per forza semplificare senza cadere nella
banalizzazione, ma riducendo all’essenziale.
Proviamo
a usare la dovuta terminologia di diritto costituzionale alla
Zagrebelsky, senza tradurla in italiano, e vediamo cosa ci capisce la
gente
Se
vogliamo provarci ribadisco che Renzi ci sia riuscito servendosi di
quell’immagine della palude, dalla quale è urgente uscire.
Vogliamo
volare più alto?
Benissimo,
mi vogliono spiegare allora i fautori del no perchè mai DeGasperi,
che era DeGasperi e quindi il più grande statista italiano del
secolo scorso,( colui che alla Conferenza di Parigi dopo che
Mussolini aveva disastrosamente perso la guerra aveva dovuto andare a
metterci la sua faccia e la sua credibilità per fare di nuovo
ammettere il suo paese “sputtanato” dal fascismo nel consesso dei
paesi civili) aveva ritenuto di fare una riforma elettorale per
passare dal “proporzionale” a un quasi “maggioritario”
usando lo stratagemma del “premio di maggioranza”, perchè si era
reso conto che diversamente nè lui, nè qualsiasi altro capo di
governo non sarebbe riuscito a governare decentemente?
E
la riforma costituzionale voluta da Renzi mira ne più mè meno che
a creare le condizioni
perché il governo, espressione dalla maggioranza, uscita dalle urne,
sia nelle condizioni di governare, facendo approvare le leggi di
riforma attuative del suo programma in tempi accettabili e veloci,
pur lasciando il tempo dovuto alla discussione parlamentare.
Ma
perché parlare in modo apocalittico di deriva autoritaria se
vincessero i si, non sarà che siano proprio i seguaci del no ad
essere ispirati da pregiudizi ideologici che oggi non hanno più
presa nella realtà?
Non
capisco proprio perchè Zagrebelsky e i suoi seguaci si incaponiscano
nel difendere il
sistema attuale
(proporzionale e con bicameralismo
paritario), che la storia di decenni ha dimostrato, che non funziona,
temendo in caso di cambiamento di cadere in un sistema “oligarchico”
,che faccia saltare il sistema di “pesi e contrappesi”, previsto
magistralmente, a loro dire, dalla costituzione
precedente.
Non
capisco Zagrebelsky, come non capivo a suo tempo Leopoldo Elia,
costituzionalista insigne ,che Zagrebelsky considera suo maestro, che
pure si incaponiva nel giudicare immodificabile la costituzione.
Così
come non capisco le argomentazioni che usava Dossetti, ideologo che
aveva ispirato sia Leopoldo Elia che Gustavo Zabrebelsky, per dire
che questa sarebbe la costituzione migliore del mondo e quindi
immodificabile.
Siete
contenti che vi ho portato
a volare “alto” usando i dovuti termini di diritto
costituzionale, così che la maggioranza di voi lettori non avrà
capito un gran che di cosa stiamo parlando?
Figuriamoci
quando nel dibattito che abbiamo citato all’inizio, il buon
Zagrebelsky ha usato l’argomento che secondo lui avrebbe dovuto
tagliare la testa al toro, tuonando :
voi
creerete una maggioranza inattaccabile perchè fate i conti sul voto
della maggioranza
(dei presenti) e non sul voto dei “componenti”.
A
questo punto gli spettatori avrebbero dovuto avere capito tutto,
magari dopo avere superato un accenno di mal di testa, nel tentativo
di decifrare cosa stava dietro a quei termini.
Benissimo
ha fatto Renzi ad elaborare una scheda referendaria comprensibile al
primo colpo per la prima volta nella storia d’Italia
Bene
fa quindi Renzi a semplificare parlando di necessità urgente di
uscire dalla palude.
Ed
ha fatto un colpo magistrale lo stesso Renzi scrivendo il testo del
referendum che risulterà il primo testo di referendum comprensibile
al primo colpo anche dalla famosa “casalinga di Voghera”, nella
storia d’Italia.
Non
per niente i fautori del no, che ci avrebbero tenuto a rimanere
nell’ambito delle “fumosità” giuridiche ,si sono stracciate le
vesti alla vista di un testo così immediatamente comprensibile da
chi non è un addetto ai lavori.
E
pure bene ha fatto il Renzi politico a tirare fuori dal frigorifero
alla vigilia del referendum il progetto del “ponte sullo stretto”,
che è il simbolo delle “grandi opere”.
Perfino
avere tirato fuori dal frigorifero il progetto del ponte sullo
stretto potrebbe essere un simbolo di volontà di tornare ad essere
grandi come eravamo negli anni ‘60
Se
l’Italia vuole tornare a credere in sè stessa, come ci aveva
creduto negli “anni del boom”, i prodigiosi anni ‘60, allora
bisogna tornare proprio a ripresentare come possibile rendere i sogni
verosimili.
Uscire
dalle paure, dall’insicurezza, dalla sfiducia che ammazzano la
speranza e la fiducia nel futuro.
Tornare
a progettare e perchè no tornare a progettare proprio le grandi
opere.
Vediamo
di imparare
un po dai Cinesi.
I
Cinesi ragionano come ragionavamo noi negli anni ‘60, se vogliamo,
i sogni possono realizzarsi,
perchè abbiamo le teste, le competenze e le imprese per realizzare
anche opere grandi e al limite delle possibilità tecniche.
E’
possibile
uscire dalle paure instillate da decenni di stagnazione e di
recessione.
Superiamo
la palude ideologica delle destre politiche che ci ritroviamo ,e le
inconcludenti inconsistenze e dilettantismi delle forze politiche
nuove (5Stelle) che la gente ha accreditato per pura disperazione.
C’è
un modo per uscire dal vuoto ideologico delle destre e dal
dilettantismo inconcludente dei 5Stelle ed è quello di approvare
nuove regole della politica che consentano alla maggioranza eletta di
governare senza inciuci
indecenti, pur conservando un sistema
di garanzia delle minoranze efficace.
Un
primo passo importante per arrivarci potrebbe essere proprio andare a
votare si al referendum di dicembre.
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