Tre giorni fa il
Ministero dell’Interno ha comunicato che fino a quasi fine novembre
2016 erano arrivati in Italia 171.299 immigrati, contro 153.842
arrivati nel 2015 e 170.100 arrivati nel 2014.
Si è quindi già
battuto largamente ogni record.
I centri di
accoglienza nelle varie denominazioni ne ospitano 176.700 e sono
ormai al limite.
L’Italia si è
distinta nella generosità nei salvataggi in mare e poi
nell’ospitalità vera e propria e di questo non c’è certo da
vergognarsi, anche se, diciamocelo chiaramente ,si tratta di una
generosità alla quale siamo costretti dalla conformazione fisica del
nostro paese, che conta ben oltre 8.000 kilometri di coste (3.000
più della Spagna) e su 8.000 km di coste, anche se volessimo, non
potremmo costruire alcun muro.
è esorbitante il numero record di profughi sbarcato in questo anno, ma è ancora più viva la percezione della gente che si sente defraudata o minacciata da numeri così imponenti
Però tutti sappiamo
che al di là dei numeri, che già sono eloquenti, c’è il
problema della percezione da parte della nostra gente, che vede
l’arrivo improvviso di tante persone da paesi con culture molto
diverse dalla nostra, come una minaccia che fa crescere il senso di
insicurezza, aggravato dalla crisi economica che sopportiamo già da
troppi anni.
Non possiamo
costruire muri, ma usare un po’ di buon senso, questo lo possiamo
fare.
Teniamo conto che i
numeri sopra riportati , già allarmanti di per sé, acquistano un
significato completamente diverso se teniamo conto del fatto che i
nostri partner europei, per ragioni loro, hanno chiaramente
manifestato la volontà di finirla qui, nel senso che non
assorbiranno null’altro che una piccola o piccolissima parte degli
immigrati che si trovano oggi in Italia.
E quindi dobbiamo
tenerceli.
E’ un problema
enorme che colpevolmente non viene valutato dalla politica nella sua
gravità.
noi siamo un paese che ha una ampia fascia di popolazione con gravi problemi di reddito e quindi è dubbio che sia sensato permettersi di accogliere senza imporre dei limiti
Noi siamo un paese
nel quale ci sono 8.307.000 (13,8%) italiani che vivono in condizioni
di povertà relativa e 4.578.000 (7,6%) che vivono in condizioni di
povertà assoluta.
L’Istat calcola la
povertà relativa sulla base della soglia di spesa di 1.050 Euro al
mese per i consumi di una famiglia di due persone, mentre la soglia
di povertà assoluta è calcolata in rapporto al reddito disponibile
per bisogni essenziali differenziata per zona ad es. per un single
819 in una metropoli del Nord,734 per un piccolo comune al Nord, 552
per piccolo comune del Meridione.
Il 64% dei
pensionati percepisce una pensione inferiore a 740 €.
Nel Meridione oltre
il 50% della popolazione femminile non lavora.
I giovani
disoccupati sono oltre il 40 % ,poi ci sono quelli che non cercano
lavoro e quindi non percepiscono reddito.
Il tasso di
disoccupazione generale viaggia intorno al 12%.
Con questa
fotografia di redditieri ci possiamo permettere tanta generosità?
accogliere immigrati non è un'operazione caritatevole a costo zero
Che si tratta di
generosità è presto dimostrato se snoccioliamo due cifre.
Teniamo conto che lo
stato eroga 1.000 € al mese per ogni immigrato ospitato, offre
l’erogazione dei servizi sanitari agli immigrati come ai cittadini
italiani (basta fare un giro al pronto soccorso di un ospedale
qualsiasi per chiarirsi le idee), offre l’accesso alle nostre
istituzione scolastiche a tutti gli immigrati, come ai cittadini
italiani.
E sopratutto obbliga
a erogare salari e stipendi agli immigrati che vengono assunti
seguendo le cifre previste dai contratti nazionali di lavoro.
D’accordo che ci
sono anche i fondi europei che l’Italia riceve per sopperire a
parte dei costi causati dall’immigrazione, ma quand’anche i conti
tornassero e non tornano, siamo da etichettare come insensibili
populisti se lasciamo penetrare nella nostra mente il pensiero :
prima provvediamo a risolvere i problemi presenti per gli italiani e
poi dopo occupiamoci di quelli degli immigrati ?
Che spaventa e forse
non ci spaventa abbastanza è l’incapacità della politica a
elaborare e proporci una qualsiasi strategia in materia a lungo
periodo.
Vediamo il Ministro
dell’Interno sudare per evitare che le prefetture rifilino
immigrati a sindaci o presidenti di regione che non ne vogliono
sapere, e sindaci che hanno già dato e che non sanno più dove
metterne di immigrati che farfugliano di usare le caserme vuote,
senza pensare ai costi spropositati che comporta la messa in funzione
di strutture dismesse da tempo, tanto per superare la confusione che
viene anche a loro, con il susseguirsi di continue emergenze.
Bisogna fare altro e
cioè elaborare e discutere un piano a medio-lungo periodo, che però
è obiettivamente difficile da mettere insieme in una situazione di
futuro incerto, sopratutto sul fronte dell’economia.
manca totalmente una politica per l'immigrazione ed in ogni caso occorre con i numeri presenti di disoccupati nostri e di immigrati pervenuti un gigantesco piano di opere pubbliche, che ne assorba quanti più possibile
Ma anche andando a spanne, in sede di prima approssimazione non vedo altra possibilità
che elaborare un grosso piano di lavori pubblici per mettere mano
alla messa in sicurezza sismica e idrogeologica del paese , da
sommare alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, ai beni
culturali e paesaggistici.
A costo di rischiare
di prendermi del fascista o del leghista, non vedo come non si possa
proporre che in un gigantesco piano del genere si impieghino con
priorità i nostri giovani e i nostri disoccupati e poi gli immigrati
con salari differenziati, come fa la Merkel, santificata per la sua
generosità, che però risulta essere molto ben calcolata, se si va a
vedere.
Con l’occasione,
perché non ristabilire le “gabbie salariali” ,improvvidamente
superate da un sindacalismo accecato dall’ideologia fra il 1969 e
il 1972 ?
Perché non ha senso
non tenere conto dell’enorme differenza che c’è fra il costo
della vita a Milano ed a Napoli o Palermo o Catania o Paternò.
E nel frattempo si
usi un po’ di buon senso e di fermezza, magari andando a vedere
cosa ha fatto la Spagna, per cercare un paese in condizioni non molto
dissimili dalle nostre, che per un po’ ha preso e poi, visto che
aveva abbastanza problemi suoi, ha di fatto chiuso all’immigrazione.
Attualmente più che
comportarci generosamente facciamo ridere per il nostro lassismo.
L’immigrato arriva
ormai quasi solo per mare.
La nostra marina
coordina le operazioni con le altre marine dell’Unione Europea e
arrivando fino ai limite delle acque territoriali del Maghreb, ma
sopratutto della Libia, monitora il traffico e in pratica carica a
bordo pressoché tutti.
Già questo fatto è
molto discutibile che mezzi inglesi, francesi o di altri paesi UE,
oltre ai nostri, carichino tutti e poi i li sbarchino tutti solo e
unicamente in Italia.
Arrivati a terra
comincia il confronto con il nostro sistema burocratico e giudiziario
costretto ad essere sordo,cieco e muto nei riguardi del più
elementare buon senso a causa delle disfunzionalità del sistema
Italia.
l'assurdo iter burocratico per accordare o rifiutare l'asilo, che ci costringe a mantenere per almeno tre anni numeri insensati di presunti profughi
Primo problema gli
immigrati devono farsi riconoscere,cioè identificare.
Qui si combatte con
problemi obiettivi perché si tratta di “sans papier” senza carte
di identità.
Fossimo fra europei
sarebbe possibile un riscontro in tempo reale col paese indicato, ma
in questa situazione siamo di fronte a cittadini di paesi che magari
hanno problemi perfino coi censimenti, oltre che con le iscrizioni
all’anagrafe, e quand’anche il cittadino del tale stato africano
sia identificabile per fare una verifica ci vuole un tempo
insensatamente lungo e sopratutto ci vuole la volontà di collaborare
del paese indicato dall’immigrato come suo, collaborazione
essenziale nel caso il proseguimento della procedura ci imponga di
restituire l’immigrato al paese di origine.
E quindi ci vogliono
accordi stipulati con quei paesi, che ci sono solo in parte.
L’immigrato, è
dimostrato che nella quasi totalità dei casi, è completamente
disinformato, nel senso che non è a conoscenza dell’essenziale e
cioè che i paesi al di là delle Alpi, dove vorrebbe andare non lo
vuole più ricevere e che quindi sarà costretto a rimanere in
Italia, oltretutto, suo malgrado e questo è paradossale.
Si comincia quindi
veramente male.
Ma l’identificazione
fisica è solo una parte del problema, perché la condizione che
determina il tipo di trattamento che troverà l’immigrato è la
sua condizione di profugo, cioè di richiedente asilo se ne ha i
requisiti o meno, cioè se è fuggito dal suo paese perché in
guerra o se può dimostrare di essere un rifugiato politico, in
quanto perseguitato nel suo paese per le sue opinioni politiche.
Se non ha i
requisiti per vedersi riconosciuta la qualifica di profugo al quale
accordare asilo, si ritrova classificato come “immigrato
economico”, cioè uno che viene in Europa solo perché qui si sta
meglio che nel suo paese di origine, e in questo caso, in base alle
leggi vigenti, dovrebbe essere riconosciuto come “clandestino” e
quindi destinatario di un foglio di via e cioè da riportare nel suo
paese di origine.
Poco meno della metà
dei richiedenti asilo vengono riconosciuti come “non aventi
diritto” e quindi saranno imbarcati e restituiti ai paesi di
origine?
Ma certo che no,
perché in Italia siamo garantisti all’assurdo e quindi una volta
che le Commissioni territoriali prefettizie hanno respinto la
richiesta di asilo, l’immigrato non diventa clandestino perché gli
si apre la facoltà, che eserciterà quasi sempre, perché imboccato
dalle Onlus che lo supportano, di fare ricorso.
Nell’anno in corso
e fino al 30 settembre hanno chiesto asilo 70.000 profughi e 49.000
richieste (63%) sono state respinte per mancanza di requisiti.
Gli interessati
ricorrono al tribunale civile, già ultra- intasato dalle nostre
normali cause, che come è noto arrivano in porto in media dopo ben 8
anni.
Negli altri paesi
europei i richiedenti asilo che vedono respinta l’istanza possono
ricorrere non al tribunale civile, ma a un funzionario della medesima
struttura prefettizia,, che decide in tempi dell’ordine di un paio
di settimane, dopo di che l’iter è finito.
quanto meno ci vorrebbero norme apposite anche per regolamentare i ricorsi
Da noi invece
nessuna norma prevede una corsia apposita per questi ricorsi e quindi
si finisce assurdamente al tribunale civile, dove il richiedente
asilo ha diritto ad appellarsi ancora in secondo grado, assistito da
un avvocato d’ufficio che percepisce 900 € in primo grado e 1.200
in secondo grado, più le normali spese giudiziarie, tutte a carico
del contribuente italiano.
In primo grado i
tempi medi sono di 10 mesi, in secondo grado un mese in più e poi
naturalmente c’è sempre la possibilità del ricorso in Cassazione
e così si va aventi per tre anni buoni, con i ricorrenti a carico
dello stato Italiano (1.000 € al mese più sanità ,istruzione,
eccetera).
E’ una vera follia
al limite del ridicolo se si pensano alle condizioni di necessità
nelle quali versa una fascia così ampia della nostra popolazione,
come si è descritto all’inizio.
Nella quasi totalità
dei casi i tribunali confermano il no della commissione prefettizia.
La cosa più assurda
è che non finisce qui, perché riferisce il servizio in proposito di
Panorama nel numero del 16 novembre scorso, molti richiedenti che si
sono visti respinti i ricorsi, si ripresentano con un altro nome per
fare ricominciare la giostra a spese nostre.
Sappiamo già tutti
che in Italia il numero effettivo di respingimenti realizzati è
insensatamente piccolo rispetto a coloro che a causa del no ricevuto
alla richiesta d’asilo sono diventati ufficialmente “clandestini”
oltre a quelli che clandestini erano già in quanto semplici
“migranti per motivi economici”.
per carenze della normativa e degli organi preposti non abbiamo elenchi credibili degli immigrati clandestini presenti in Italia e questa sì che è una minaccia all'ordine pubblico
Coloro che hanno
ricevuto un ordine di espulsione sono stati 27.000 nel 2015 in
Italia, contro gli oltre 100.000 della Grecia, gli 80.000 della
Francia, i 70.000 del Regno Unito, i 50.000 della Germania, anche se
la meda europea di coloro che, ricevuto l’ordine di espulsione, se
ne sono veramente andati è solo del 36% .
La cosa più
preoccupante è che se le cifre sono quelle sopra riportate,
significa che se l’Italia risulta avere emesso così pochi ordine
di espulsione, questo specularmente significa che coloro che sono
registrati in Italia come clandestini ufficiali, sono un numero
insignificante rispetto alla realtà a causa delle carenze degli
organi burocratici preposti alla loro identificazione ed alle
procedure di legge che li regolano.
I richiedenti asilo
rifiutati, dovrebbero almeno pareggiare il numero di coloro che hanno
ricevuto un ordine di espulsione, se non è così è perché
evidentemente gli organi preposti non sono abituati ad incrociare i
dati, diversamente i conti tornerebbero.
Il risultato è che
quindi nelle nostre strade circola un numero elevatissimo di
clandestini effettivi, che non hanno un nome conosciuto dalle
autorità e dalle istituzioni.
Questo è un
problema di sicurezza gravissimo, e infatti non per niente le
statistiche carcerarie ci confermano che gli immigrati delinquono 6
volte di più degli italiani.
In conclusione il
problema non è demonizzare l’immigrato per partito preso, ma
semplicemente darsi una politica che coniughi esigenze umanitarie e
compatibilità di accoglienza rispetto alle ristrettezze che il paese
ha già in una fascia così ampia della sua popolazione, che dovrebbe
essere accudita dallo stato in via prioritaria, diversamente il patto
sociale più elementare va a farsi benedire.
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