giovedì 1 dicembre 2016

Profughi,profughi continuano ad arrivare e non c’è una vera politica per l’immigrazione





Tre giorni fa il Ministero dell’Interno ha comunicato che fino a quasi fine novembre 2016 erano arrivati in Italia 171.299 immigrati, contro 153.842 arrivati nel 2015 e 170.100 arrivati nel 2014.
Si è quindi già battuto largamente ogni record.
I centri di accoglienza nelle varie denominazioni ne ospitano 176.700 e sono ormai al limite.
L’Italia si è distinta nella generosità nei salvataggi in mare e poi nell’ospitalità vera e propria e di questo non c’è certo da vergognarsi, anche se, diciamocelo chiaramente ,si tratta di una generosità alla quale siamo costretti dalla conformazione fisica del nostro paese, che conta ben oltre 8.000 kilometri di coste (3.000 più della Spagna) e su 8.000 km di coste, anche se volessimo, non potremmo costruire alcun muro.

è esorbitante il numero record di profughi sbarcato in questo anno, ma è ancora più viva la percezione della gente che si sente defraudata o minacciata da numeri così imponenti

Però tutti sappiamo che al di là dei numeri, che già sono eloquenti, c’è il problema della percezione da parte della nostra gente, che vede l’arrivo improvviso di tante persone da paesi con culture molto diverse dalla nostra, come una minaccia che fa crescere il senso di insicurezza, aggravato dalla crisi economica che sopportiamo già da troppi anni.
Non possiamo costruire muri, ma usare un po’ di buon senso, questo lo possiamo fare.
Teniamo conto che i numeri sopra riportati , già allarmanti di per sé, acquistano un significato completamente diverso se teniamo conto del fatto che i nostri partner europei, per ragioni loro, hanno chiaramente manifestato la volontà di finirla qui, nel senso che non assorbiranno null’altro che una piccola o piccolissima parte degli immigrati che si trovano oggi in Italia.
E quindi dobbiamo tenerceli.
E’ un problema enorme che colpevolmente non viene valutato dalla politica nella sua gravità.

noi siamo un paese che ha una ampia fascia di popolazione con gravi problemi di reddito e quindi è dubbio che sia sensato permettersi di accogliere senza imporre dei limiti

Noi siamo un paese nel quale ci sono 8.307.000 (13,8%) italiani che vivono in condizioni di povertà relativa e 4.578.000 (7,6%) che vivono in condizioni di povertà assoluta.
L’Istat calcola la povertà relativa sulla base della soglia di spesa di 1.050 Euro al mese per i consumi di una famiglia di due persone, mentre la soglia di povertà assoluta è calcolata in rapporto al reddito disponibile per bisogni essenziali differenziata per zona ad es. per un single 819 in una metropoli del Nord,734 per un piccolo comune al Nord, 552 per piccolo comune del Meridione.
Il 64% dei pensionati percepisce una pensione inferiore a 740 €.
Nel Meridione oltre il 50% della popolazione femminile non lavora.
I giovani disoccupati sono oltre il 40 % ,poi ci sono quelli che non cercano lavoro e quindi non percepiscono reddito.
Il tasso di disoccupazione generale viaggia intorno al 12%.
Con questa fotografia di redditieri ci possiamo permettere tanta generosità?

accogliere immigrati non è un'operazione caritatevole a costo zero

Che si tratta di generosità è presto dimostrato se snoccioliamo due cifre.
Teniamo conto che lo stato eroga 1.000 € al mese per ogni immigrato ospitato, offre l’erogazione dei servizi sanitari agli immigrati come ai cittadini italiani (basta fare un giro al pronto soccorso di un ospedale qualsiasi per chiarirsi le idee), offre l’accesso alle nostre istituzione scolastiche a tutti gli immigrati, come ai cittadini italiani.
E sopratutto obbliga a erogare salari e stipendi agli immigrati che vengono assunti seguendo le cifre previste dai contratti nazionali di lavoro.
D’accordo che ci sono anche i fondi europei che l’Italia riceve per sopperire a parte dei costi causati dall’immigrazione, ma quand’anche i conti tornassero e non tornano, siamo da etichettare come insensibili populisti se lasciamo penetrare nella nostra mente il pensiero : prima provvediamo a risolvere i problemi presenti per gli italiani e poi dopo occupiamoci di quelli degli immigrati ?
Che spaventa e forse non ci spaventa abbastanza è l’incapacità della politica a elaborare e proporci una qualsiasi strategia in materia a lungo periodo.
Vediamo il Ministro dell’Interno sudare per evitare che le prefetture rifilino immigrati a sindaci o presidenti di regione che non ne vogliono sapere, e sindaci che hanno già dato e che non sanno più dove metterne di immigrati che farfugliano di usare le caserme vuote, senza pensare ai costi spropositati che comporta la messa in funzione di strutture dismesse da tempo, tanto per superare la confusione che viene anche a loro, con il susseguirsi di continue emergenze.
Bisogna fare altro e cioè elaborare e discutere un piano a medio-lungo periodo, che però è obiettivamente difficile da mettere insieme in una situazione di futuro incerto, sopratutto sul fronte dell’economia.

manca totalmente una politica per l'immigrazione ed in ogni caso occorre con i numeri presenti di disoccupati nostri e di immigrati pervenuti un gigantesco piano di opere pubbliche, che ne assorba quanti più possibile

Ma anche andando a spanne, in sede di prima approssimazione non vedo altra possibilità che elaborare un grosso piano di lavori pubblici per mettere mano alla messa in sicurezza sismica e idrogeologica del paese , da sommare alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, ai beni culturali e paesaggistici.
A costo di rischiare di prendermi del fascista o del leghista, non vedo come non si possa proporre che in un gigantesco piano del genere si impieghino con priorità i nostri giovani e i nostri disoccupati e poi gli immigrati con salari differenziati, come fa la Merkel, santificata per la sua generosità, che però risulta essere molto ben calcolata, se si va a vedere.
Con l’occasione, perché non ristabilire le “gabbie salariali” ,improvvidamente superate da un sindacalismo accecato dall’ideologia fra il 1969 e il 1972 ?
Perché non ha senso non tenere conto dell’enorme differenza che c’è fra il costo della vita a Milano ed a Napoli o Palermo o Catania o Paternò.
E nel frattempo si usi un po’ di buon senso e di fermezza, magari andando a vedere cosa ha fatto la Spagna, per cercare un paese in condizioni non molto dissimili dalle nostre, che per un po’ ha preso e poi, visto che aveva abbastanza problemi suoi, ha di fatto chiuso all’immigrazione.
Attualmente più che comportarci generosamente facciamo ridere per il nostro lassismo.
L’immigrato arriva ormai quasi solo per mare.
La nostra marina coordina le operazioni con le altre marine dell’Unione Europea e arrivando fino ai limite delle acque territoriali del Maghreb, ma sopratutto della Libia, monitora il traffico e in pratica carica a bordo pressoché tutti.
Già questo fatto è molto discutibile che mezzi inglesi, francesi o di altri paesi UE, oltre ai nostri, carichino tutti e poi i li sbarchino tutti solo e unicamente in Italia.
Arrivati a terra comincia il confronto con il nostro sistema burocratico e giudiziario costretto ad essere sordo,cieco e muto nei riguardi del più elementare buon senso a causa delle disfunzionalità del sistema Italia.

l'assurdo iter burocratico per accordare o rifiutare l'asilo, che ci costringe a mantenere per almeno tre anni numeri insensati di presunti profughi

Primo problema gli immigrati devono farsi riconoscere,cioè identificare.
Qui si combatte con problemi obiettivi perché si tratta di “sans papier” senza carte di identità.
Fossimo fra europei sarebbe possibile un riscontro in tempo reale col paese indicato, ma in questa situazione siamo di fronte a cittadini di paesi che magari hanno problemi perfino coi censimenti, oltre che con le iscrizioni all’anagrafe, e quand’anche il cittadino del tale stato africano sia identificabile per fare una verifica ci vuole un tempo insensatamente lungo e sopratutto ci vuole la volontà di collaborare del paese indicato dall’immigrato come suo, collaborazione essenziale nel caso il proseguimento della procedura ci imponga di restituire l’immigrato al paese di origine.
E quindi ci vogliono accordi stipulati con quei paesi, che ci sono solo in parte.
L’immigrato, è dimostrato che nella quasi totalità dei casi, è completamente disinformato, nel senso che non è a conoscenza dell’essenziale e cioè che i paesi al di là delle Alpi, dove vorrebbe andare non lo vuole più ricevere e che quindi sarà costretto a rimanere in Italia, oltretutto, suo malgrado e questo è paradossale.
Si comincia quindi veramente male.
Ma l’identificazione fisica è solo una parte del problema, perché la condizione che determina il tipo di trattamento che troverà l’immigrato è la sua condizione di profugo, cioè di richiedente asilo se ne ha i requisiti o meno, cioè se è fuggito dal suo paese perché in guerra o se può dimostrare di essere un rifugiato politico, in quanto perseguitato nel suo paese per le sue opinioni politiche.
Se non ha i requisiti per vedersi riconosciuta la qualifica di profugo al quale accordare asilo, si ritrova classificato come “immigrato economico”, cioè uno che viene in Europa solo perché qui si sta meglio che nel suo paese di origine, e in questo caso, in base alle leggi vigenti, dovrebbe essere riconosciuto come “clandestino” e quindi destinatario di un foglio di via e cioè da riportare nel suo paese di origine.
Poco meno della metà dei richiedenti asilo vengono riconosciuti come “non aventi diritto” e quindi saranno imbarcati e restituiti ai paesi di origine?
Ma certo che no, perché in Italia siamo garantisti all’assurdo e quindi una volta che le Commissioni territoriali prefettizie hanno respinto la richiesta di asilo, l’immigrato non diventa clandestino perché gli si apre la facoltà, che eserciterà quasi sempre, perché imboccato dalle Onlus che lo supportano, di fare ricorso.
Nell’anno in corso e fino al 30 settembre hanno chiesto asilo 70.000 profughi e 49.000 richieste (63%) sono state respinte per mancanza di requisiti.
Gli interessati ricorrono al tribunale civile, già ultra- intasato dalle nostre normali cause, che come è noto arrivano in porto in media dopo ben 8 anni.
Negli altri paesi europei i richiedenti asilo che vedono respinta l’istanza possono ricorrere non al tribunale civile, ma a un funzionario della medesima struttura prefettizia,, che decide in tempi dell’ordine di un paio di settimane, dopo di che l’iter è finito.

quanto meno ci vorrebbero norme apposite anche per regolamentare i ricorsi


Da noi invece nessuna norma prevede una corsia apposita per questi ricorsi e quindi si finisce assurdamente al tribunale civile, dove il richiedente asilo ha diritto ad appellarsi ancora in secondo grado, assistito da un avvocato d’ufficio che percepisce 900 € in primo grado e 1.200 in secondo grado, più le normali spese giudiziarie, tutte a carico del contribuente italiano.
In primo grado i tempi medi sono di 10 mesi, in secondo grado un mese in più e poi naturalmente c’è sempre la possibilità del ricorso in Cassazione e così si va aventi per tre anni buoni, con i ricorrenti a carico dello stato Italiano (1.000 € al mese più sanità ,istruzione, eccetera).
E’ una vera follia al limite del ridicolo se si pensano alle condizioni di necessità nelle quali versa una fascia così ampia della nostra popolazione, come si è descritto all’inizio.
Nella quasi totalità dei casi i tribunali confermano il no della commissione prefettizia.
La cosa più assurda è che non finisce qui, perché riferisce il servizio in proposito di Panorama nel numero del 16 novembre scorso, molti richiedenti che si sono visti respinti i ricorsi, si ripresentano con un altro nome per fare ricominciare la giostra a spese nostre.
Sappiamo già tutti che in Italia il numero effettivo di respingimenti realizzati è insensatamente piccolo rispetto a coloro che a causa del no ricevuto alla richiesta d’asilo sono diventati ufficialmente “clandestini” oltre a quelli che clandestini erano già in quanto semplici “migranti per motivi economici”.

per carenze della normativa e degli organi preposti non abbiamo elenchi credibili degli immigrati clandestini presenti in Italia e questa sì che è una minaccia all'ordine pubblico

Coloro che hanno ricevuto un ordine di espulsione sono stati 27.000 nel 2015 in Italia, contro gli oltre 100.000 della Grecia, gli 80.000 della Francia, i 70.000 del Regno Unito, i 50.000 della Germania, anche se la meda europea di coloro che, ricevuto l’ordine di espulsione, se ne sono veramente andati è solo del 36% .
La cosa più preoccupante è che se le cifre sono quelle sopra riportate, significa che se l’Italia risulta avere emesso così pochi ordine di espulsione, questo specularmente significa che coloro che sono registrati in Italia come clandestini ufficiali, sono un numero insignificante rispetto alla realtà a causa delle carenze degli organi burocratici preposti alla loro identificazione ed alle procedure di legge che li regolano.
I richiedenti asilo rifiutati, dovrebbero almeno pareggiare il numero di coloro che hanno ricevuto un ordine di espulsione, se non è così è perché evidentemente gli organi preposti non sono abituati ad incrociare i dati, diversamente i conti tornerebbero.
Il risultato è che quindi nelle nostre strade circola un numero elevatissimo di clandestini effettivi, che non hanno un nome conosciuto dalle autorità e dalle istituzioni.
Questo è un problema di sicurezza gravissimo, e infatti non per niente le statistiche carcerarie ci confermano che gli immigrati delinquono 6 volte di più degli italiani.

In conclusione il problema non è demonizzare l’immigrato per partito preso, ma semplicemente darsi una politica che coniughi esigenze umanitarie e compatibilità di accoglienza rispetto alle ristrettezze che il paese ha già in una fascia così ampia della sua popolazione, che dovrebbe essere accudita dallo stato in via prioritaria, diversamente il patto sociale più elementare va a farsi benedire.

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