Parlar male del governo Gentiloni, che poi non è altro che un Renzi
bis, è fin troppo facile.
Il personaggio più discusso del “giglio magico” nel precedente
governo, Maria Elena Boschi che invece di lasciare la politica, come
aveva dichiarato in TV nel caso che al referendum avessero prevalso i
no, chiede e ottiene addirittura la promozione a sottosegretario alla
Presidenza, che è la poltrona più importante dopo quella del
Premier.
per formare questo penoso governo hanno pensato a conservare il loro potere, non ai problemi degli italiani
Il Ministero degli esteri dato ad un Alfano, che notoriamente non
parla inglese e che quindi non si capisce come possa cavarsela.
Una ex sindacalista dei chimici CGIL che, dicono i giornali
millanterebbe nel suo curriculum una laurea mai presa, che viene
messa addirittura alla Pubblica Istruzione, Università e Ricerca.
Galletti e De Vincenzo, che Travaglio chiama amabilmente mister
trivelle, che rimangono e con Galletti ancora all’ambiente.
La relatrice della riforma costituzionale, disastrosamente bocciata
dagli elettori, la Finocchiaro, fatta ministro nel ruolo chiave dei
Rapporti col Parlamento.
E via di questo passo.
Gentiloni sarà perennemente sotto ricatto, ma chi glielo ha fatto fare di accettare?
Ma la cosa più umiliante è quel povero Gentiloni, quel mite
rampollo di una augusta famiglia di marchesi marchigiani, ex
Movimento Studentesco, ex direttore della principale rivista
ambientalista italiana, ex assessore romano al Giubileo nella giunta
Rutelli, ex perdente alle primarie per la carica di sindaco di Roma
dietro a Marino, che accetta l’imposizione renziana di essere
guardato a vista dalla Boschi e di dover accettare a scatola chiusa
il peggio del governo precedente con Poletti (Job Act), Lorenzini
(campagna per la natalità) e Madia (riforma della burocrazia,
rispedita al mittente dagli organi di controllo perché illegittima)
inclusi, oltre ai ministri citati sopra , senza riuscire nemmeno a
fare entrare nella compagine governativa il suo vecchio amico e
compagno di ambientalismo Ermete Realacci.
Ma chi glielo ha fatto fare di accettare di essere presidente del
Consiglio di un governo impresentabile e per di più condannato a
navigare a vista per lo strappo dei Verdiniani che lo terranno
continuamente sotto ricatto ,pare su istigazione dello stesso
macchiavellico Renzi.
Non bastasse una fonte di ricatto, se ne è aggiunta strada
un’altra, col deflagrare dell’affare Vivendi, che ha terrorizzato
un Berlusconi ,che vede da vicino il rischio concreto e imminente di
essere sbattuto fuori completamente dalle sue aziende (se pure
dietro compenso di un mare di soldi) , e Berlusconi era ed è
notoriamente l’interlocutore privilegiato dei renziani per fare
passare le leggi elettorali.
Cosa dovrà dare il povero Gentiloni a Verdini e i suoi e poi
direttamente a Berlusconi?
Invece di tirare fuori soldi pubblici per salvare alcune banche, sarà
costretto a fare cose impensabili per salvare l’italianità della
Fininvest ?
C’è veramente da ridere.
Renzi ostenta distanza da questo governo, ora pensa solo a conservare una Segreteria dalla quale avrebbe dovuto dimettersi immediatamente dopo la rovinosa sconfitta elettorale
Ciliegina sul una torta, già abbastanza avvelenata , si è palesata
una palesata una scarsa attenzione al governo da parte del patron di
tutta l’operazione, quel Renzi, che non cessa di sottolineare , che
si tratta di un governo a tempo, il tempo strettamente necessario a
lui ,sempre più prigioniero di sogni di gloria che lo fanno
vaneggiare, per cercare con tutti i mezzi di riprendersi in mano un
partito che si è liquefatto da tempo.
Purtroppo il povero Gentiloni, dimostra da subito di essere uno con
veramente poca spina dorsale, se accetta di mangiare ben diciannove
rospi (diciotto ministri più la Boschi), senza ottenere in cambio
alcuna contropartita.
Figuriamoci la Boschi e Luca Lotti, cioè i due “gigli magici”
più fedeli, senza altra qualifica meritocratica, se c’era
qualcuno che era sotto i riflettori erano loro, tutti sapevano che
solo la loro uscita dal nuovo governo avrebbe dato quel segno di
discontinuità che la gente voleva vedere per rendere quel nuovo
governo appena appena almeno presentabile, e invece conservati e la
Boschi addirittura promossa.
Insomma, in poche parole, Renzi con questo governo sfida la
stragrande maggioranza di italiani che gli ha votato contro al
referendum.
Nessuno ha sentito da lui nemmeno un flebile cenno di autocritica ,
un cenno di analisi dei risultati per individuare dove aveva
sbagliato.
Al contrario ha ribadito che gli italiani non hanno voluto capire in
quale guaio si sono cacciati votandogli contro.
E’ penoso doversi ricordare che nella prima repubblica ,che pure
vegetava nel pantano con la durata media dei governi inferiore
all’anno, i segretari nazionali del partitone di maggioranza, la
DC, si dimettevano immediatamente dalla segreteria se alle elezioni
perdevano anche solo lo zero e qualcosa per cento.
Renzi ha perso 60 a 40, ma non si è presentato dimissionario
davanti alla direzione nazionale del suo partito.
Ecco qui c’è il marcio.
Mi spiace dover constatare che se può succedere una cosa del genere
e cioè che il leader di un partito di maggioranza relativa, di
fronte a un rovescio elettorale di dimensioni epocali, non si dimette
e addirittura le sue minoranze interne non ne chiedono le dimissioni,
allora è quell’istituzione partito che è diventata qualcosa di
marcio, qualcosa che è degenerata e dalla quale va tolta la fiducia.
Ed ancora allora addio a un’epoca.
Altro che aver timore per i così detti partiti populisti.
Qui occorre prendere cognizione di una realtà amara e spiacevole
,per chi ha creduto all’indispensabilità dei partiti classici per
salvaguardare la democrazia.
Qui gli eredi dell’ultimo partito tradizionale rimasto, il PD, con
queste vicende hanno dimostrato di avere il più assoluto disprezzo
per le più elementari regole democratiche e di anteporre i loro
giochi di conservazione del potere a qualsiasi altro interesse,
compreso quello pubblico.
Allora questa gente va riconosciuta come altamente pericolosa.
E allora per fortuna che c’è il Movimento 5 Stelle.
E per favore dopo avere visto il penoso livello del governo
Gentiloni, ex Renzi, non si venga a dire che i 5Stelle sono dei dilettanti inesperti.
Spettacolo poco edificante quello della grande stampa che ha accolto
con non-chalance la serie di atti in dispregio della democrazia sopra
elencati.
Si fa fatica a non rilevare che così dimostrano di essere sempre
pronti a piegarsi nell’inchino al potere di turno quale che sia,
nascondendosi dietro alla finzione che occorreva un governo “nel
pieno dei poteri” per difendere il paese a Bruxelles ed ospitare i
capi di governo stranieri al prossimo G7 a Taormina in maggio.
Si, con Alfano che non è in grado di avere un colloquio riservato
con nessuno, perché non parla inglese.
Siamo alla solita deprecabile solfa della “stabilità” prima di
tutto di “napoletanesca” memoria, che coniuga in tutte le salse
immaginabili la parola stabilità, per evitare di declinare la parola
elezioni.
Naturalmente hanno brindato le borse il dio mercato al quale degli
italiani non potrebbe importare di meno se non dover per non essere
costretti a fare calcoli complessi se un governo c’è e dura per i
“traders” piccoli, grandi e grandissimi.
Le elezioni non si faranno.
Perchè prima bisogna spettare la sentenza della Consulta il 24
gennaio.
Poi bisognerà interpretare quello che la Consulta avrà detto.
A questo punto bisognerà studiarsi una strategia su quale tipo di
legge elettorale adottare ,tenendo ben conto che il Presidente
Mattarella ha già esternato, del resto più che correttamente, che
si dovrà armonizzare la legge elettorale per la Camera con quella
per il Senato, e solo lui ha il potere di sciogliere le camere.
Questi avvenimenti costringeranno Movimento 5Stelle, Lega,Fratelli
d’Italia e transfughi vari a convergere per adottare una strategia
comune, per trovare i voti necessari, e il PD già mezzo liquefatto,
rimarrà a guardare facendo manovre su manovre, girando a vuoto e
liquefacendosi del tutto.
Sperando solo che la gente non prenda la cattiva abitudine di andare
a scaricare la propria rabbia in piazza.
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