Confesso che in
controtendenza rispetto ai sondaggi davo per certa la vittoria dei si
al referendum costituzionale, perché ero convinto che i nostri
connazionali si sarebbero comportati come nel passato quando messi
di fronte ad una scelta radicale, hanno sempre avuto paura del
“salto nel buio”.
Poi mi sembrava che
Renzi avrebbe potuto interpretare la parte se non dell’uomo forte,
almeno quella del decisionista determinato, due figure che vanno
molto attualmente nelle preferenze della gente nel mondo.
Mi sono sbagliato,
gli italiani hanno fatto sapere in modo inequivocabile di non
ritenere Renzi credibile né come rinnovatore, né come uomo forte.
La cosa mi sorprende
parecchio perché pur essendo lo stesso Renzi un tipo di politico
che non ho mai amato per la sua mancanza totale di “visione” a
lungo periodo e il suo difetto intrinseco di vivere alla giornata,
cambiando programma a seconda delle circostanze politiche, lo avevo
visto spendersi con una passione e una capacità dialettica
rimarchevoli, anche se l’una e l’altra non sono qualità
sufficienti per fare di un politico efficiente, un vero statista.
Fatto sta che lui ha
perso ed ha perso veramente male, venti punti di scarto sono
un’enormità e poi con una partecipazione del 70% degli elettori.
Ma chi ha vinto?
Bersani e D’Alema,
le vecchie cariatidi del vecchio PCI?
Ma no, questi non
essendo scemi, sanno di essere al capolinea, hanno avuto l’occasione
di scaricare su Renzi i propri rancori per essere stati messi da
parte, e ne hanno approfittato, tutto qui.
Salvini con la
Meloni a ruota?
Penso proprio di no
, perché per contare in politica ci vogliono i numeri e loro proprio
non ce li hanno.
Un penoso
Berlusconi, che sta in piedi perché non tira vento, in un partito
che dal 40% delle origini si è liquefatto all’11 si e no?
E’ chiaro che
hanno vinto pur fra le foro stramberie Grillo, Casaleggio, DiMaio e
DiBattista
che navigano ormai da anni oltre il 30% anche quando
vengono lambiti da piccoli scandali e scontano a volte in modo
incredibile la impreparazione della loro giovane classe politica.
Loro hanno i numeri
per aspirare al governo del paese, gli altri no e di questo il
Presidente Mattarella sarà costretto a tenere buon conto.
Il 60% dei voti
espressi contro un governo in carica è un voto radicale, per
chiedere un cambiamento radicale, questa considerazione sembra
difficile da contraddire.
Stando così le cose
il primo problema che si presenta deriva dal fatto che i vincitori
veri (5Stelle) ma anche quelli a ruota (Lega, Fratelli d’Italia,
Forza Italia) sono per lo meno euro-scettici e questo a Bruxelles lo
sanno e questo i Nordici temevano come la peste.
E’ quindi più che
probabile che il rigorismo condiviso dai nordici, unito ai loro
pregiudizi mai sopiti nei confronti della nostra tendenza nazionale
al lassismo, pressapochismo ecc. ne approfittino per sparaci a
pallettoni colpendoci dove siamo deboli o debolissimi e cioè in una
parte di un sistema bancario bacato da una governance alla Totò, una
sorveglianza ancora più risibile, e un mare di sofferenze (crediti
inesigibili).
In questo campo
Renzi ha tergiversato colpevolmente troppo a lungo spaventato dal
solo termine di “nazionalizzazione”.
Ha fatto il galletto
contro l’austerità propinata dalla Commissione negli ultimi tempi,
ma probabilmente troppo tardi per essere credibile.
Tutti sanno che le
sparkassen, le casse di risparmio locali della Germania stanno allo
stesso modo, e sono state governate anche loro in modo antieconomico
per eccesso di politica nei loro consigli di amministrazione, ma la
Germania abbiamo lasciato che diventasse troppo più forte di noi e
su di lei i suoi satelliti Nordici chiudono gli occhi.
La prima grana del
dopo Renzi sarà quindi probabilmente una crisi bancaria molto
seria.
Il presidente
Mattarella lo sa e non per caso il primo nome che si fa per la
successione immediata a Renzi è quella di Padovan, figura tecnica
piuttosto grigia, ma che ha dimostrato di riuscire a sopportare
l’arroganza di Renzi per un periodo lungo e questo è già un
merito.
Padovan però è un
tecnocrate come quelli di Bruxelles che va bene per evitare
l’apocalisse nell’immediato, ma non è certo l’uomo capace di
andare a Bruxelles a picchiare i pugni sul tavolo, per queste
mansioni ci vuole un politico vero, che però non potremo avere se
non dopo le elezioni presumibilmente a primavera.
Inutile contarci
delle favole adesso occorre evitare che si formi una valanga di
concause che ci cacci in una situazione alla greca con la Troika o
chi per essa che venga ad imporci tagli su tagli e svendite su
svendite per mettere il nostro apparato industriale ancora più in
basso rispetto a quello tedesco.
In una situazione
del genere se si guarda al passato, la cosa da temere di più è il
trascorrere del tempo senza far niente.
Pensiamo alla
improvvida gestione delle crisi che ha esercitato più volte il
presidente emerito Napolitano, quando prendeva in considerazione
tutto, ma mai le elezioni,creando una fila di situazioni anomale di
presidenti del consiglio non eletti.
Tergiversare per
rimandare le elezioni sarebbe un disastro, ma ci giocheranno dentro
tutti i partitini che sanno che il loro brodo di cultura è una legge
elettorale proporzionale e per mandare avanti quella faranno di tutto
facendo perdere tempo.
Bisogna fare presto,
perché se si ci si mette nelle condizioni di subire l’invio in
Italia della famosa Troika europea, il popolo che ha votato contro
Renzi al 60% andrebbe in piazza ed allora si che si rischierebbe il
disastro.
E Renzi?
Renzi per nostra
sfortuna ha ancora i numeri all’interno del PD e in parlamento,
sufficienti per tentare un altro giro di boa, ma guai se non capisse
che chi gli ha votato contro in massa non lo tollererebbe
.
Ora tocca al
presidente Mattarella, speriamo che non sia un Napolitano.
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