domenica 16 settembre 2018

I giovani leoni del governo giallo -verde stanno imparando a fare politica a nostre spese Pazientiamo ancora un po’, ma che loro si diano una mossa




Cerchiamo di essere realisti e con i piedi per terra, anche i chirurghi imparano il mestiere a spese dei primi pazienti, ma proprio perché la cosa da un punto di vista della società rappresenta un certo inconveniente, è bene, anzi è doveroso che imparino in fretta.
Così è anche per i politici.

Purtroppo la selezione della classe politica oggi, scomparsi i grandi partiti storici che avevano pure tanto di scuole di formazione non proprio da buttar via, è lasciata troppo al caso.
Il buon senso vorrebbe che prima di candidare una persona a cariche elevate o molto elevate ci si preoccupasse che la persona medesima avesse fatto la gavetta almeno come consigliere comunale.
Perchè?
Ve lo dico subito, perché un consigliere comunale anche alle prime armi sa che è inutile ed è anzi un modo immediato di “sputtanarsi” proporre di fare cose che non trovino una copertura in quel libretto, che gli amministratori locali imparano subito a considerare il vangelo che si chiama bilancio.

Quante amenità ci verrebbero risparmiate dai nuovi governanti se i giovani ministri e sottosegretari avessero fatto il dovuto apprendistato in qualche comune, provincia o regione?
Va bene essere giovani e nuovi alla politica nazionale, e quindi si spera puliti, ma non va bene essere incompetenti.
Ma consoliamoci, se andassimo a rivedere l’elenco dei quadri del renzismo di laureati ad Oxford non ne troveremmo molti, anzi…

Però il tempo passa ed eventi della portata del crollo del ponte Morandi di Genova riducono i tempi di “luna di miele politica” che gli elettori accordano ai nuovi venuti e spingono a chiedere subito fatti, soluzioni idee chiare.
Se volessimo tentare uno stringato bilancio del governo giallo- verde vedremmo in estrema sintesi questo:
-Salvini si porta a casa un netto cambiamento di rotta sul piano della immigrazione di massa e una sua netta affermazione personale come leader credibile a livello nazionale ed internazionale, come dimostra la copertina di Time di questa settimana che mai viene dedicata al primo che passa per la strada.
-Di Maio porta a casa un insperato e corposo successo su quella che pure era la questione più angustiante per dimensioni , quella del destino dell’Ilva.
Non è poi così poco per un governo appena nato.

Ma sul caso Genova la gente non può essere soddisfatta, perché stanno dando l’impressione di girare a vuoto proprio quando ci vorrebbe determinazione e idee chiare.
Per di più si trovano a fare i conti con una autorità locale rappresentata da un Presidente di regione (Toti) ,berlusconiano di nascita ma con chiare simpatie leghiste-salviniane, che con Salvini condivide un carattere deciso e decisionista ,che sembra deciso a non fare sconti a nessuno.
Si vedrà.

Su vicende incagliate che si sapeva sarebbero state dei noti difficili da sciogliere come la Tav e il gasdotto pugliese, nessuno ci scommetteva niente ed infatti giacciono e giaceranno in seconda fila.

Su vaccini e diritti civili ormai acquisiti pesa lo spazio dato in modo improvvido e insensato ai gruppi più oscurantisti cattolici e a gruppuscoli anti- scienza , che forze politiche che rappresentano il rinnovamento dovrebbero scrollarsi di dosso con decisione, ma che non sembrano avere alcuna volontà di farlo, dimostrando di avere una scarsa visione.
Ma venendo alla madre di tutte le ambiguità, la vera questione che farà da cartina di tornasole per verificare se questo governo è in grado di governare per una legislatura è la legge finanziaria e di bilancio che dovrà venire alla luce entro questo autunno.

Qui il problema è serio, perché Da quel che si intuisce i due movimenti al potere hanno deciso di non poter rischiare di dire la verità alla gente.

A mio parere la verità è che ambedue le forze concordano sull’obiettivo dell’uscita dall’Euro.
Basta vedere chi sono i loro consiglieri economici e le idee che da sempre portano avanti.
Si sono però giustamente spaventati dalle cannonate che la potente porta-aerei di Bruxelles ci può sparare contro se fosse apertamente proclamata la volontà dell’Italia di uscire dall’Euro.
E quindi si è scelta la linea di fingere.
Del resto cosa fa il prode Macron, alla guida dell’Europa al fianco di Frau Merkel, col giochino del 3%?
Dice che gli impegni si rispettano ma fa una politica economica che se ne frega allegramente del limite del 3%.
Quel che rimane dell’Europa non è un gran che, non si può non riconoscerlo.
E se si facesse l’impensabile e l’innominabile e cioè si uscisse?
La tanto deprecata Brexit che avrebbe dovuto mettere gli inglesi agli incroci a cercare la carità, sta certo provocando nell’immediato una serie di inconvenienti solo in parte previsti, ma nessuno tsunami.
E l’altra misura che fa scoppiare il fegato al pensiero unico liberista imperante, i tanto deprecati dazi di Trump?
Idem come sopra, inconvenienti previsti nell’immediato ma nessuno tsunami alle porte.

Certo che se i trattati di Mastricht si fossero fatti con più cervello, lungimiranza e diciamolo pure con più professionalità per parte nostra dalle personalità che in ragione di quel lavoro sono state poste se non su un altare, ma su un piedistallo immeritato sì, anche se col tempo traballa sempre di più (Prodi,Ciampi etc.), oggi l’Europa sarebbe una cosa più seria e più consistente.
Ma non lo è.
E allora?
Allora facciamo finta, va bene nell’immediato può convenire, ma se questo governo dura,a un certo momento dovrà pure dire la verità agli italiani, anche se la maggioranza di loro tifa per una Europa che corrisponde a una loro personale narrazione che loro si sono fatta, ma che non corrisponde affatto alla realtà.
La politica vera, precede e cerca di informare e di educare, non segue pedissequamente quello che detta ai cittadini la “pancia”, che è fatta per lo più da pregiudizi sentimenti affrettati e scarsa informazione.
Forza gente giallo-verde, abbiate coraggio.

Ditelo al popolo che vi ha votati e a tutti che occorre non il “contratto” del quale non ce ne facciamo un bel niente, ma occorre un epocale programma di opere pubbliche e private per rimettere in sesto le infrastrutture di base del nostro paese, strade scuole, ospedali eccetera.
Il tutto ben inteso lasciando invariato il tasso di cementificazione esistente.
Ci vogliono un sacco di soldi?
E si che ci vogliono, ma con quelli si può arrivare finalmente al ritorno allo sviluppo ed alla piena occupazione.
Mirate solo a questo, ditelo alla gente e se il costo dovesse essere l’uscita dall’Euro o addirittura dalla UE, che si abbia il coraggio di dirlo e di farlo, perché ne varrebbe la pena.
La gente per capire deve conoscere e metabolizzare gli estremi del problema.


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