domenica 9 settembre 2018

L’incriminazione di Salvini discende da un uso corretto della procedura penale oppure rappresenta un improprio ingresso a gamba tesa della magistratura nel campo della politica?








Se Salvini fosse stato colto dalla sicurity di un supermercato Coop a mettersi nella borsa una confezione di biscottini succulenti per non pagarli alla cassa, nessuno avrebbe avuto nulla da ridire a proposito di una inevitabile conseguente azione penale verso un cittadino, colto in frangranza del reato di furto, magari con destrezza.

Ma ben altra cosa è indagarlo per sequestro di persona (relativamente al divieto di sbarco per i clandestini raccolti dalla nave Diciotti, divenuta ormai famosa), e cioè per un atto emesso assolutamente nell’esercizio delle sue funzioni di ministro degli interni , che guarda caso è anche perfettamente conseguente al suo programma elettorale, cioè alle direttive politiche per le quali i cittadini elettori gli hanno garantito ampi consensi, che tra l’altro i sondaggi ci dicono che nel frattempo si sono allargati di molto.
Il Procuratore che si è preso la briga di costruirci sopra un’azione penale, sapeva dal principio che il suo lavoro avrebbe prodotto un grandissimo effetto mediatico, ma un bel nulla sul piano pratico, perché la tanto decantata Costituzione prevede che un ministro non può venire giudicato dalla magistratura ordinaria, ma solo dai suoi pari, e cioè dal così detto Tribunale di Ministri, e quindi i suoi atti non gireranno per tribunali, ma per i palazzi del potere.
E dato che l’attuale governo del quale il ministro Salvini fa parte gode di una maggioranza parlamentare fra le più ampie che si ci siano mai state.
Per di più se vogliamo occuparci delle conseguenze politiche di quest’azione penale, non potremo fare a meno di notare che nulla sarebbe stato più efficace per ricucire in modo robusto le relazioni rima sfilacciate fra Salvini e Berlusconi, che si vede emotivamente ricaricare nel ricordo di quelle che lui ha sempre giudicato “persecuzioni giudiziarie” e che forse dato l’assolutamente abnorme numero di azioni intentategli contro, in parte lo saranno anche state.

Con il che nel Tribunale dei Ministri la maggioranza pro-Salvini si prospetta addirittura “bulgara” cioè a livello di due terzi, dato che Berlusconi lo appoggerà questa volta con sincero entusiasmo.
E allora perché l’incriminazione di Salvini in una materia che dal punto di vista tecnico giuridico è quanto mai complessa, scivolosa e tutt’altro che univoca?
Non credo che quel procuratore si sia mosso per mettersi sotto i riflettori, perché non può non sapere bene che fra pochissimo quegli atti passeranno in altre mani e del suo nome nessuno più si ricorderà.
Probabilmente lo ha fatto in assoluta buona fede e nella convinzione di dover difendere la forma del dettato della legge, anche se come si è appena detto, quel dettato in questa fattispecie è tutt’altro che evidente.

Molti magistrati sono stati educati in modo da privilegiare la forma sopra qualsiasi cosa, e questo non è certo un merito delle nostre facoltà giuridiche.
A titolo di esempio vorrei ricordare il caso di quella procuratrice, per di più molto giovane che si è trovata ad emettere un atto che di fatto sospendeva il lavoro all’Ilva , la maggiore acciaieria d’Italia e forse d’Europa, con conseguenze catastrofiche per le famiglie dei lavoratori e le commesse in corso dell’azienda.

Questo per dire che anche se la grande maggioranza delle vicende giudiziarie non va oltre i confini privati delle parti, in alcuni casi, ci sono atti delle procure o dei tribunali che hanno conseguenze più che rilevanti sulla vita di tutta la comunità nazionale e che quindi in termine tecnico, sono altamente “politiche”.
Non riconoscerlo significa fare la politica dello struzzo, che non è mai una cosa intelligente e razionale.
Il barone di Montesquieu quando scrisse “De l’esprit des loix”, ed eravamo nel 1748, cioè, onore a lui, ben quarant’anni prima della Rivoluzione Francese, fece prendere forma in modo organico alla teoria della divisione di poteri dello stato, creando uno dei concetti più fondamentali sui quali si fondano le nostre democrazie moderne.
Ma sia lui che Alexis de Tocqueville, altro genio fondatore della moderna scienza politica, che un secolo dopo Montesquieu ha ampliato la portata delle sue teorie, hanno capito da subito che la divisione è essenziale ma che non si può fare usando l’accetta.

Prova ne è che nella democrazia francese contemporanea è previsto esplicitamente un collegamento fra esecutivo e giudiziario con una figura del governo presso la procura generale col compito di farsi portavoce presso l’apparato giudiziario di quelle istanze che i cittadini elettori hanno favorito nei programmi dei partiti che sono stati portati al governo dalle ultime elezioni.

Non parliamo degli Stati Uniti, dove , i lettori e gli spettaori dei “legal triller” americani ben sanno, i “District Attorney”, cioè i procuratori che gestiscono la pubblica accusa sono regolarmente eletti dai cittadini nel corso delle elezioni locali.
Quindi quando Salvini dice ,facciano quello che vogliono, ma io sono stato eletto e loro no, non è che parla da eversore, ma semplicemente dice che nel sistema italiano, previsto dalla presunta “costituzione migliore del mondo”, c’è molto a cui sarebbe bene mettere mano.

Purtroppo la nostra Costituzione è stata scritta è vero da una costituente formata da personalità di elevate qualità, ma che purtroppo erano ossessionate prima di ogni altra cosa, dal terrore quasi paranoico che li spingeva a costruire dighe che impedissero la rinascita del fascismo in Italia.
Ed allora la spinta a costruire organi dotati di poteri limitati e superbilanciati da altri poteri.
Sempre pensando a fare al contrario di quello che avrebbero fatto i fascisti, salvo la magistratura, che doveva essere ultra-indipendente dal potere politico.
E’ comprensibile che allora ragionassero così, ma oggi, che senso ha?
L’unico legame fra politica e magistratura è il Vicepresidente (Presidente di fatto) del Consiglio Superiore della Magistratura, che è un esponente politico.
Nella prima repubblica,che oggi è di moda screditare, quando partiva un’azione penale di chiara rilevanza pubblica (vedi il sopra citato caso Ilva) o che implicava la politica (come il caso Salvini), l’azione veniva iniziata dal procuratore aggiunto o sostituto x o y, ma quasi subito per iniziativa diretta o a seguito di qualche autorevole telefonata, il “caso” veniva avocato a sé per via gerarchica
dalla procuratore capo o dalla procura generale.
Orrore! Strillava la sempreterna “sinistra al caviale”, vogliono insabbiare!

Certo che il rischio c’era, ma c’era anche in ballo l’interesse pubblico, cioè “politico” che solo gli eletti sono legittimati a trattare per elementare definizione delle istituzioni democratiche, perché così è la democrazia.
La “moral suasion” del Quirinale, che viene regolarmente invocata in questi casi dai “padri nobili”, in genere ex membri della Consulta vissuti per anni a quasi mezzo milione al mese alla nostra salute
è del tutto insufficiente e sopratutto manca del requisito essenziale della trasparenza.
La “moral suasion” officiata dal Vice presidente del Csm è ancor meno trasparente e spesso pare che proprio non ci si sforzi più di tanto.
E allora?
E allora il sistema attuale di equilibrio dei poteri per quanto riguarda la magistratura è sbilanciato.
Ai tempi deprecati della DC, la balena bianca, il potere che quel partito assommava in sé era tale per cui nei caso sopra citati, bastava che il presidente del consiglio del momento alzasse il telefono per parlare con qualche toga di alto livello e il problema si risolveva miracolosamente.
Ma oggi siamo lontanissimi da quei tempi e non è affatto male che sia così.
Oggi c’è lo strombazzato “governo del cambiamento” e quindi che la cosa ci sia o non ci sia nel “contratto”, dovrebbe essere evidente ai due partiti partner che il problema della giustizia è grosso come una casa e che quindi è una delle priorità metterci le mani.
Se il prode “Giggino” di Maio lo capisse prima di beccarsi la sgradevole comunicazione giudiziaria che prima o poi capiterà anche a lui, sarà veramente una bella cosa.


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