giovedì 9 gennaio 2020

Vito Mancuso Il bisogno di pensare






In questi splendidi libri più recenti, ho quasi l’impressione che l’autore voglia quasi non dico giustificarsi, ma almeno spiegare bene al lettore di avere affinato il suo pensiero superando definitivamente le limitazioni che si era auto-imposto nelle sue prime opere, che erano dei veri e propri trattati di teologia.
E’ infatti da qualche anno che abbiamo la fortuna di leggere il Mancuso filosofo, che si abbevera particolarmente dei grandi classici greci, degli stoici, del suo particolarmente amato Kant fino ad arrivare ad Hannah Arendt, Pavel Floresky, Teillard de Chardin, Raimond Panikkar, tenendo conto delle più recenti acquisizioni delle neuroscienze e particolarmente dal neuroscienziato cognitivo Antonio R. Damasio.
E’ come se Mancuso dicesse, e in effetti in alcuni passi lo dice proprio apertamente, guardate che io l’esperienza di giacere sotto il peso di una fede dogmatica ,che costringeva all’ubbidienza verso l’autorità esterna di una presunta rivelazione divina, con tutta la sua arbitrarietà, l’ho fatta e l’ho sofferta tutte le volte che dovevo rilevare l’assoluta insostenibilità logica di assunti fondamentali di quella fede.
Ora ho trovato la pace interiore e la sensatezza di un pensiero sistematico libero, ma non fatemi il torto e l’offesa di pensare che chi supera quella fede non abbia più una fede e non sia più un credente.
Semplicemente credo in qualcosa di più sensato che reputo superiore, e cioè in una nuova spiritualità che si abbevera dalla philosofia perennis e dalle intuizioni di tutte le tradizioni religiose nostre occidentali e di quelle orientali.
Avvalendomi di quella che Theillard chiamava la ragione cosmica e non la ragione analitica, perché la ragione analitica che è quella sulla quale lavora la scienza è formidabile nello sviscerare le cause, descrivere i fenomeni fisici e delinearne le leggi, ma non riesce a parlare di scopo, di fine, di senso, come ha detto e scritto in più punti Albert Einstein.
Credo di non avere tradito il pensiero di fondo di Mancuso riassumendo come sopra la sua prospettiva di pensiero attuale.
Pensare, come diceva Giovanni Maria Martini è ancora più importante di credere, perché rispetto al credere è una priorità.
Mancuso da buon filosofo è molto preciso e attento alla terminologia e quindi chiedo scusa a maggior ragione per l’approssimazione di quello che scrivo.
Individuata la facoltà del pensare come quella distintiva della nostra specie,l’autore esordisce sottolineando il fatto che l’atto del pensare presuppone la capacità di uscire dal branco, l’atto di volontà di prendere il comando in casa propria.
Naturalmente tutto nemmeno può cominciare se uno non prende dimestichezza ad entrare nella propria interiorità.
Perchè l’attività intellettuale del pensare richiede la capacità di lavorare con il proprio io profondo.
Elevarsi oltre al proprio io guardandolo come dall’esterno e come dal di sopra.
Questa è la chiave di tutto.
Seguire il naturale desiderio di difendere e costruire il proprio io.
Mancuso più volte esprime la propria contrarietà a tutte quelle filosofie e spiritualità che propugnano come obiettivo supremo di vita il superamento del desiderio ,dall’ atarassia, all’ impertubabilità, al ritiro monacale dal mondo agli assurdi tormenti auto-inflitti al proprio corpo, come se non ci fossero altre vie per coltivare la propria dimensione razionale intellettuale e spirituale.
Mancuso non segue le correnti di pensiero che da gran parte delle tre tradizioni religiose abramitiche ad Agostino a Schopenhauer a Nietsche hanno una cupa visione pessimistica dell’essere umano e quindi o approdano all’idea di un dio redentore indispensabile per un uomo irrimediabilmente bacato dal peccato che da sé solo non potrebbe mai elevarsi.
Oppure arrivano al nichilismo oggi così diffuso che proclama il non senso della vita umana.
Sulla base delle tradizioni filosofiche e di pensiero citate all’inizio Mancuso invece sostiene la reale capacità dell’uomo di trovare in sé e solo in sè, nel proprio intimo la capacità e la forza di elevarsi sopra di sé, di arrivare all’autocoscienza ed alla proprio crescita nella sapienza e nella saggezza.
Ma non per poi realizzarsi seguendo un certo pensiero unico (ritenuto progressista ,lo dico io perché Mancuso è molto attendo a non prendere posizioni che potrebbero essere equivocate come ideologiche o peggio politiche).
Mancuso dice invece molto chiaramente di non condividere l’etica che vorrebbe che la realizzazione del bene passi esclusivamente dal fare per gli altri.
Definisce invece la priorità di un etica personale rispetto ad una sociale.
Come mai questo concetto chiave viene da un filosofo che ha e non rinnega certo le radici che derivano dalla sua formazione negli ideali evangelici ?
Ecco questo è importante per capire la sistematicità del pensiero attuale di Vito Mancuso.
Perchè come si è detto Mancuso prima rifiuta le tradizioni di pensiero che invitano al superamento dei desideri e poi bolla come erronee quelle medesime tradizioni che privilegiano l’etica sociale su quella personale?
Perchè il suo pensiero in quanti sistema di pensiero compiuto egli stesso lo definisce come “emergentismo”, confessandolo di averlo mutuato in parte dal neuroscenziato cognitivo Damasio.
Il sua sistema ha basi essenzialmente fisiche.
Consiste in questo.
L’osservazione della realtà dimostra che tutto è strutturato nel senso di aggregazioni di singole parti in strutture sempre più complesse che arrivano a formare dei sistemi.
Perchè la forza motrice del tutto consiste nella spinta verso la relazione.
Niente esiste senza la relazione che spinge verso aggregazioni.
Gli elementi subatomici per formare l’atomo.
Azoto che si aggrega con ossigeno per formare l’aria.
Idrogeno e ossigeno per formare l’acqua.
Cellule per formare tessuti.
E così via.
Quattro miliardi di anni fa le aggregazioni dal magma primitivo portano alla formazione del primo protozoo dando origine alla vita.
La vita è un po' l’icona della sistemazione di pensiero di Mancuso, perché questi dice, la vita rappresenta un di più rispetto alle singole sostanze che compongono i primi organismi, perché questi non sono spiegabili assolutamente con i loro componenti come non è possibile arrivare banalmente al sapore della torta partendo dal sapore della farina e delle uova.
Non chiamiamola finalità per non evocare teorie più o meno erronee e ideologiche, ma parliamo di spinta alla relazione ed all’aggregazione verso sistemi sempre più complessi.
Mi fermo qui per non banalizzare un lavoro di pensiero egregio e di livello notevole che merita di essere letto e studiato, sfruttando il fatto che non è affatto di difficile lettura.







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