In questi splendidi
libri più recenti, ho quasi l’impressione che l’autore voglia
quasi non dico giustificarsi, ma almeno spiegare bene al lettore di
avere affinato il suo pensiero superando definitivamente le
limitazioni che si era auto-imposto nelle sue prime opere, che erano
dei veri e propri trattati di teologia.
E’ infatti da
qualche anno che abbiamo la fortuna di leggere il Mancuso filosofo,
che si abbevera particolarmente dei grandi classici greci, degli
stoici, del suo particolarmente amato Kant fino ad arrivare ad Hannah
Arendt, Pavel Floresky, Teillard de Chardin, Raimond Panikkar,
tenendo conto delle più recenti acquisizioni delle neuroscienze e
particolarmente dal neuroscienziato cognitivo Antonio R. Damasio.
E’ come se Mancuso
dicesse, e in effetti in alcuni passi lo dice proprio apertamente,
guardate che io l’esperienza di giacere sotto il peso di una fede
dogmatica ,che costringeva all’ubbidienza verso l’autorità
esterna di una presunta rivelazione divina, con tutta la sua
arbitrarietà, l’ho fatta e l’ho sofferta tutte le volte che
dovevo rilevare l’assoluta insostenibilità logica di assunti
fondamentali di quella fede.
Ora ho trovato la
pace interiore e la sensatezza di un pensiero sistematico libero, ma
non fatemi il torto e l’offesa di pensare che chi supera quella
fede non abbia più una fede e non sia più un credente.
Semplicemente credo
in qualcosa di più sensato che reputo superiore, e cioè in una
nuova spiritualità che si abbevera dalla philosofia perennis e dalle
intuizioni di tutte le tradizioni religiose nostre occidentali e di
quelle orientali.
Avvalendomi di
quella che Theillard chiamava la ragione cosmica e non la ragione
analitica, perché la ragione analitica che è quella sulla quale
lavora la scienza è formidabile nello sviscerare le cause,
descrivere i fenomeni fisici e delinearne le leggi, ma non riesce a
parlare di scopo, di fine, di senso, come ha detto e scritto in più
punti Albert Einstein.
Credo di non avere
tradito il pensiero di fondo di Mancuso riassumendo come sopra la sua
prospettiva di pensiero attuale.
Pensare, come diceva
Giovanni Maria Martini è ancora più importante di credere, perché
rispetto al credere è una priorità.
Mancuso da buon
filosofo è molto preciso e attento alla terminologia e quindi chiedo
scusa a maggior ragione per l’approssimazione di quello che scrivo.
Individuata la
facoltà del pensare come quella distintiva della nostra
specie,l’autore esordisce sottolineando il fatto che l’atto del
pensare presuppone la capacità di uscire dal branco, l’atto di
volontà di prendere il comando in casa propria.
Naturalmente tutto
nemmeno può cominciare se uno non prende dimestichezza ad entrare
nella propria interiorità.
Perchè l’attività
intellettuale del pensare richiede la capacità di lavorare con il
proprio io profondo.
Elevarsi oltre al
proprio io guardandolo come dall’esterno e come dal di sopra.
Questa è la chiave
di tutto.
Seguire il naturale
desiderio di difendere e costruire il proprio io.
Mancuso più volte
esprime la propria contrarietà a tutte quelle filosofie e
spiritualità che propugnano come obiettivo supremo di vita il
superamento del desiderio ,dall’ atarassia, all’ impertubabilità,
al ritiro monacale dal mondo agli assurdi tormenti auto-inflitti al
proprio corpo, come se non ci fossero altre vie per coltivare la
propria dimensione razionale intellettuale e spirituale.
Mancuso non segue le
correnti di pensiero che da gran parte delle tre tradizioni religiose
abramitiche ad Agostino a Schopenhauer a Nietsche hanno una cupa
visione pessimistica dell’essere umano e quindi o approdano
all’idea di un dio redentore indispensabile per un uomo
irrimediabilmente bacato dal peccato che da sé solo non potrebbe mai
elevarsi.
Oppure arrivano al
nichilismo oggi così diffuso che proclama il non senso della vita
umana.
Sulla base delle
tradizioni filosofiche e di pensiero citate all’inizio Mancuso
invece sostiene la reale capacità dell’uomo di trovare in sé e
solo in sè, nel proprio intimo la capacità e la forza di elevarsi
sopra di sé, di arrivare all’autocoscienza ed alla proprio
crescita nella sapienza e nella saggezza.
Ma non per poi
realizzarsi seguendo un certo pensiero unico (ritenuto progressista
,lo dico io perché Mancuso è molto attendo a non prendere posizioni
che potrebbero essere equivocate come ideologiche o peggio
politiche).
Mancuso dice invece
molto chiaramente di non condividere l’etica che vorrebbe che la
realizzazione del bene passi esclusivamente dal fare per gli altri.
Definisce invece la
priorità di un etica personale rispetto ad una sociale.
Come mai questo
concetto chiave viene da un filosofo che ha e non rinnega certo le
radici che derivano dalla sua formazione negli ideali evangelici ?
Ecco questo è
importante per capire la sistematicità del pensiero attuale di Vito
Mancuso.
Perchè come si è
detto Mancuso prima rifiuta le tradizioni di pensiero che invitano al
superamento dei desideri e poi bolla come erronee quelle medesime
tradizioni che privilegiano l’etica sociale su quella personale?
Perchè il suo
pensiero in quanti sistema di pensiero compiuto egli stesso lo
definisce come “emergentismo”, confessandolo di averlo mutuato in
parte dal neuroscenziato cognitivo Damasio.
Il sua sistema ha
basi essenzialmente fisiche.
Consiste in questo.
L’osservazione
della realtà dimostra che tutto è strutturato nel senso di
aggregazioni di singole parti in strutture sempre più complesse che
arrivano a formare dei sistemi.
Perchè la forza
motrice del tutto consiste nella spinta verso la relazione.
Niente esiste senza
la relazione che spinge verso aggregazioni.
Gli elementi
subatomici per formare l’atomo.
Azoto che si aggrega
con ossigeno per formare l’aria.
Idrogeno e ossigeno
per formare l’acqua.
Cellule per formare
tessuti.
E così via.
Quattro miliardi di
anni fa le aggregazioni dal magma primitivo portano alla formazione
del primo protozoo dando origine alla vita.
La vita è un po'
l’icona della sistemazione di pensiero di Mancuso, perché questi
dice, la vita rappresenta un di più rispetto alle singole sostanze
che compongono i primi organismi, perché questi non sono spiegabili
assolutamente con i loro componenti come non è possibile arrivare
banalmente al sapore della torta partendo dal sapore della farina e
delle uova.
Non chiamiamola
finalità per non evocare teorie più o meno erronee e ideologiche,
ma parliamo di spinta alla relazione ed all’aggregazione verso
sistemi sempre più complessi.
Mi fermo qui per non
banalizzare un lavoro di pensiero egregio e di livello notevole che
merita di essere letto e studiato, sfruttando il fatto che non è
affatto di difficile lettura.
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