venerdì 3 gennaio 2020

Vito Mancuso Il coraggio di essere liberi





Un saggio filosofico di 100 pagine intense ma leggibilissime.
Si naviga da Eraclito ai sommi greci, Parmenide, Cartesio,Pascal, Kant che rimane sempre il più nel cuore e quindi il più citato da Mancuso, fino ai suoi pure particolarmente amati Pavel Florensky e Simone Weil.
Dalla Bibbia al Gilgmesh ai classici orientali , dal poco amato Agostino ai molto amati Teillard de Chardin e Raimond Panikkar.
Saper scrivere saggi di filosofia che spaziano come questo libro da libero arbitrio a senso del dolore al problema del male, dalla teodicea al senso della morte ,libri che poi arrivano a vendere qualcosa come 800.000 copie, bisogna veramente essere bravi.
Seguo Mancuso dai suoi primi libri e quando l’ascolto nelle sue apparizioni pubbliche mi sento ancora più ben disposto nei suoi riguardi apprezzando la sua naturale umiltà , atteggiamento non certo comune.
Quando si va a sentire una conferenza di Mancuso se ne esce portandosi dietro almeno un po' della serenità che comunica questo intellettuale chiaramente completamente in pace con sé stesso.
Affronta e probabilmente aiuta a risolvere per quanto possibile problemi teorici che accompagnano la riflessione umana da secoli con una naturalezza sorprendente.
Do solo qualche accenno perché questo è un libro che va letto e sopratutto studiato, riassumerlo non ha senso.
Mancuso nel corso degli anni, sfornando pagine su pagine è partito suo malgrado dalla teologia e quindi ,mi si permetta, con la palla al piede di una dogmatica che impone addirittura obbedienza e che quindi confligge con la libertà di ricerca.
In questa situazione sicuramente penosa anche per lui ha cercato di riscrivere quella teologia evidenziando il fatto che tutta quella surdimensionata costruzione teorica andava alleggerita almeno dai “dogmi” che di fronte a una analisi critica proprio non sono mai stati in piedi e ne ha prodotto una analisi molto documentata e puntuale.
Poi affinando e irrobustendo il suo pensiero si è accorto che la strada intrapresa non portava da nessuna parte e che probabilmente la fatica non valeva la candela sia perché nel frattempo la istituzione religiosa perdeva continuamente pezzi diventando sempre più irrilevante nel mondo moderno, sia perché le gerarchie imperanti sembravano proprio non capire che senza un rinnovamento radicale le cose sarebbero andate se possibile ancora peggio.
Mancuso non è il tipo da amare la polemica o da trarre piacere dalla sconfitta intellettuale degli altri
e quindi non è interessato ad andare contro o a confutare idee altrui, o a proclamarsi credente o non credente.
Semplicemente va oltre.
Ha di fatto elaborato nel tempo una sua costruzione di pensiero sistematica e coerente ,che chiama
“emergentismo”.
Fino dalle sue prime opere di teologia sistematica si era dimostrato estremamente interessato a delineare un nuovo tipo di cosmologia.
Voglio dire che tutta la sua riflessione filosofica è sempre partita dalla fisica.
Sappiamo bene che questa era la strada percorsa da chi la filosofia l’ha inventata nella Grecia classica, ma non è certo un approccio comune oggi.
Dall’osservazione della natura a cominciare dal microcosmo derivano una serie di punti fermi fondamentali.
Le costanti (le forze) fisiche fondamentali, l’evidenza stessa di un passaggio da elementi più piccoli e più semplici ad aggregazioni più grosse e più complesse.
Dalla materia , che in una visione più aggiornata non è più materia ma si è scoperto essere energia probabilmente sotto forma di onda, per evoluzione si arriva alla vita e poi all’Homo Sapiens.
Con un processo di aggregazione verso sistemi sempre più complessi si arriva al passo più significativo quando nella mente umana si produce pensiero e autoconsapevolezza di sé.
Quando Mancuso trattava queste materie nell’ambito della teologia rischiava di incartarsi sfiorando il mito della creazione del mondo da parte di una presunta intelligenza divina e quindi rischiando di offrire la sua riflessione intellettuale di tipo cosmologico a un ragionamento di tipo teleologico.
Cioè l’evoluzione verso forme sempre più complesse sarebbe la dimostrazione di una finalità di fondo orientata da quella presunta intelligenza divina.
Questo rischio mi sembra definitivamente superato in queste sue ultime opere dove il concetto di aggregazione progressiva verso sistemi sempre più complessi, rimane alla base della sua cosmologia, ma l’orizzonte si amplia.
Ci entra con pari dignità la meccanica quantistica di Bohr,che contraddice ogni visione di necessità e di determinismo.
Insieme al principio di indeterminazione di Heisemberg.
Va bene quindi la riflessione sul processo di aggregazione progressiva verso sistemi sempre più complessi, ma guardando contemporaneamente all’azione costantemente messa in campo dal caos originario.
Mancuso ha forse giustamente una particolare simpatia per i termini del greco antico e quindi indica col termine Logos l’idea di spirito, anima del mondo.
Questo è tipico della sua cosmologia vedere il vertice dello spirituale incarnato del profondo del cosmo materiale, nel naturale, nel fisico, nel corporeo dandogli senso.
Accanto al Logos ecco in azione il Caos primordiale in continua commistione dialettica.
Da questa visione Mancuso si adopera a dare un senso al male, al dolore, alla morte, mi sembra con argomentazioni efficaci.
Non c’è la vita da una parte e la morte dall’altra, il processo va guardato nella sua unitarietà dialettica, che ci ha consentito e ci consente di vivere.
Quando leggevo il primo Mancuso teologo mi stupivo del fatto che la sua cosmologia già allora incentrata su una visione dialettica del reale, fosse da lui enunciata chiaramente, ma tentando di salvare la costruzione culturale complessiva del cattolicesimo.
Mi stupivo perché la pur stupenda costruzione illustrata da Dante nella Commedia che è una perfetta illustrazione della visione della cristianità medioevale era la rappresentazione di un mondo statico che considerava la dialettica come peccato da superare per pervenire alla immobilità assoluta della contemplazione dell’Altissimo rappresentante la fine di ogni forma di dialettica.
Le due cose non potevano stare in piedi, e infatti nel Mancuso filosofo di oggi si è arrivati a un sistema coerente tutto incentrato sulla dialettica del reale.
Buona lettura.



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