giovedì 12 marzo 2020

Shoshana Zuboff Il capitalismo della sorveglianza






Lo dico subito, anche in tempo di quasi clausura causa Coronavirus, la lettura di libri di questa caratura non è una passeggiata.
Tanto per cominciare perché siamo intorno alle settecento pagine.
Poi perché tratta di un argomento sinceramente angosciante.
Questo libro è stato scritto per svelare le trame dei colossi del web per appropriarsi di tutti i dati possibili che riguardano la nostra vita e i nostri comportamenti, per elaborarli con raffinatissimi strumenti statistico-matematici fino a trarne deduzioni predittive con una approssimazione preoccupantemente vicina alla certezza.
Per farne che cosa?
Ma naturalmente per introdurci in un futuro della nuova modernità simile al paradiso terrestre, dove tutti i nostri problemi saranno risolti e ci sarà perfino risparmiato di dover lavorare per vivere.
Basterà chiedere alle nostre assistenti digitali e tutto ci verrà fornito grazie alla meritoria opera dei giovani geni che hanno inventato i vari Google,Facebook,Amazon,Macrosoft e Apple e hanno poi implementato sviluppi da fantascienza insieme alla loro corte, costituita dai migliori cervelli del mondo nel campo della raccolta e gestione dei dati.
Così dicono loro.
Ma la Zuboff, accademica alla Harvard Business School, ha dedicato sembra ben cinque anni della propria vita per scrivere questa poderosa e documentatissima analisi per smascherare coraggiosamente le pretese buoniste di questi personaggi che corrispondono tra l’altro agli uomini più ricchi del mondo.
Proprio per questo, costoro dispongono di un immenso potere non solo economico per contrastare con la massima decisione la diffusione delle idee elaborate dalla Zuboff, perché se la gente capisse e reagisse al loro soft power di persuasione, automaticamente si stopperebbe il circuito che alimenta il loro lucrosissimo business.
Perchè il meccanismo del “capitalismo della sorveglianza” è un trucchetto tipo l’inchiostro simpatico del Conte di Montecristo.
C’è un testo normale che i comuni mortali se particolarmente abili potrebbero anche materialmente mettere parzialmente in luce.
Questo testo normale conterrebbe l’insieme delle notizie riguardanti la nostra vita che noi stessi abbiamo contribuito a mettere in rete a partire dal nostro profilo su Facebook, o sugli altri social, amici, foto, like che abbiamo dato durante la navigazione, poi appunto la navigazione cioè siti visitati, foto viste, chat aperte, cose che abbiamo detto e scritto, tracciamento Gps e cioè dove eravamo, dove siamo andati, dove erano i nostri contatti eccetera e sopratutto cosa abbiamo comprato e cosa ci piace.
Già così abbiamo di fronte un enormità di dati nel corso del tempo.
Ma questa è solo la farina per impastare la torta, che consiste in ben altro.
La torta è il “testo oscuro” che diventa visibile solo con la luce posta sotto il foglio nell’inchiostro simpatico.
E questo testo oscuro lo possono conoscere e vedere solo i sacerdoti delle multinazionali del Web e pare che non sia mai pervenuto nemmeno in un solo caso in un tribunale che lo abbia richiesto, perché il capitalismo della sorveglianza si basa su un principio di segretezza assoluta.
Come mai quello che abbiamo chiamato il testo oscuro è così segreto ?
Ma è ovvio perché quello è oro puro.
Consiste nella elaborazione della montagna di dati che in parte abbiamo messo noi sul web, ma in grandissima parte ci vengono estorti a nostra insaputa, anche se da un punto di vista legale formale il consenso che abbiamo dato al trattamento dei dati pare copra la responsabilità dei giganti del web,che ce li scroccano.
I dati di per sé sembrano nulla più che oggetto di gossip da comari.
Ma nelle mani dei “data scientist” diventano oro.
Una delle tante cose inquietanti rivelate da questo libro è che i soliti giganti del web setacciano le migliori università del mondo per accaparrarsi in tempo le migliori intelligenze con questa specializzazione, dando un ulteriore vantaggio competitivo alle loro aziende.
Cerchiamo di capire la chiave di tutto che consiste proprio nella elaborazione dei dati raccolti sulle nostre vite.
Veniamo al dunque.
I sacerdoti del capitalismo della sorveglianza o dell’estrazione sono dei maghetti che usano i migliori strumenti che offrono la statistica e la matematica per fare una foto alla massima definizione possibile del nostro io.
Intendiamoci a loro della nostra persona non interessa un bel fico secco, ma interessa enormemente mapparci, o meglio loro dicono “profilarci”, in modo da definire la nostra personalità con abbastanza precisione in modo tale da poter predire con precisione cosa siamo portati ad acquistare, usando i dati più aggiornati offerti dalla psicologia cognitiva e dell’economia emotiva.
Quella foto di noi scansionata da uno strizzacervelli in grado di predire quello che noi in chiaro non conosciamo nemmeno ancora in materia di acquisti futuri, è oro, è una cosa che ha un mercato ben preciso e ben fiorente.
L’azienda che la compra non solo la userà per propinarci l’offerta di un prodotto mirato ai nostri interessi specifici, ma si avvarrà addirittura di un meccanismo per il quale sarà in grado di propinarcela quando noi saremo nelle condizioni psicologicamente più adatti a decidere quell’acquisto.
Sembra fantascienza ma non lo è, si tratta invece di pura e spiacevole realtà.
Ma non è ancora finita perché non bastano i dati che lasciamo in giro navigando nei social perché c’è anche la ciliegina sulla torta che viene dalla domotica, cioè da tutti prodotti così detti smart.
Televisioni, assistenti digitali, termostati, robot aspirapolvere, bambole ed altri giochi, telecamere di sicurezza oltre che ovviamente i nostri telefonini ,che ci spiano dalla mattina alla sera.
Finito?
No, c’è ancora il sempre più promettente settore degli indumenti o degli indossabili smart, cioè indumenti pieni di sensori, orologi e chi più ne ha più ne metta.
La conclusione è sconfortante perché ben lungi da avviarci verso una utopica età dell’oro dove ci sarà garantita la felicità da appagamento desideri, la realtà è che il prezzo da pagare per fruire di tutte ste cose , che beninteso hanno anche aspetti di effettiva utilità, ci avviamo imbambolati verso un futuro di espropriazione della nostra volontà per finire appiattiti in un “grande alveare” controllato dai sacerdoti dei giganti del web.
La Zuboff tiene a sottolineare che se è vero che il capitalismo della sorveglianza è in antitesi ai principi della democrazia ed assomiglia pericolosamente a una forma di totalitarismo, gli esiti da questo provocati non avranno nulla a che fare con la violenza fisica delle dittature totalitarie del ventesimo secolo.
Magra consolazione però perché il libro dimostra che l’esito del capitalismo della sorveglianza è immancabilmente la perdita della libertà intesa come libero arbitrio, perché mira a costruire un sistema essenzialmente collettivista nel quale l’individualità con le sue scelte imprevedibili è categoricamente esclusa, perché in contrasto con l’algoritmo che spinge all’unificazione ed alla assoluta prevedibilità delle scelte per massimizzare i profitti dei pupari che muovono i fili del marketing.
Ma allora è già finita perché questa gente è troppo più potente di noi e il divario di conoscenza che stanno creando non ci consentirà mai di ribellarci ?
La Zuboff pensa che la partita sia ancora tutta da giocare, purché però la gente prenda coscienza di cosa c’è in gioco, la nostra libertà.
Gli strumenti per combattere non possono che essere leggi di tutela che oggi non ci sono in America.
Ci sono in Europa dal 2018 ma non è ancora chiara la loro efficacia.
Poi c’è la possibilità tecnica di criptare e usare altri trucchi informatici.
Molti temono che le violazioni della nostra privacy costantemente e sistematicamente praticate dal giganti del web consistano al massimo nel rivelare particolari che abbiamo postato in modo sconsiderato e che in circostanze diverse possono metterci in imbarazzo.
Ma si tratta di ben altro, non è il gossip che interessa ai capitalisti del web, è la nostra anima, la nostra libertà.
Quelli vogliono sapere tutto di noi non per sputtanarci verso i nostri amici o concorrenti, a loro interessa avere abbastanza dati da poterci controllare, predire i nostri comportamenti fino a farci fare quello che vogliono loro.
Ma il fine non è politico, il fine è banalmente solo far soldi alle nostre spalle, coi nostri dati.
E’ un gran libro questo perché è documentato a livello di pubblicazione accademica, come di fatto è.
Si può avvicinare all’opera di Thomas Piketty di dieci anni fa sul capitalismo del XXI secolo, odiatissimo dal pensiero dominante liberista o ultra liberista, anche perché ,come questo della Zuboff ,è dal loro punto di vista maledettamente troppo ben documentato per non essere preso nella dovuta considerazione.


Nessun commento: