Lo dico subito,
anche in tempo di quasi clausura causa Coronavirus, la lettura di
libri di questa caratura non è una passeggiata.
Tanto per cominciare
perché siamo intorno alle settecento pagine.
Poi perché tratta
di un argomento sinceramente angosciante.
Questo libro è
stato scritto per svelare le trame dei colossi del web per
appropriarsi di tutti i dati possibili che riguardano la nostra
vita e i nostri comportamenti, per elaborarli con raffinatissimi
strumenti statistico-matematici fino a trarne deduzioni predittive
con una approssimazione preoccupantemente vicina alla certezza.
Per farne che cosa?
Ma naturalmente per
introdurci in un futuro della nuova modernità simile al paradiso
terrestre, dove tutti i nostri problemi saranno risolti e ci sarà
perfino risparmiato di dover lavorare per vivere.
Basterà chiedere
alle nostre assistenti digitali e tutto ci verrà fornito grazie alla
meritoria opera dei giovani geni che hanno inventato i vari
Google,Facebook,Amazon,Macrosoft e Apple e hanno poi implementato
sviluppi da fantascienza insieme alla loro corte, costituita dai
migliori cervelli del mondo nel campo della raccolta e gestione dei
dati.
Così dicono loro.
Ma la Zuboff,
accademica alla Harvard Business School, ha dedicato sembra ben
cinque anni della propria vita per scrivere questa poderosa e
documentatissima analisi per smascherare coraggiosamente le pretese
buoniste di questi personaggi che corrispondono tra l’altro agli
uomini più ricchi del mondo.
Proprio per questo,
costoro dispongono di un immenso potere non solo economico per
contrastare con la massima decisione la diffusione delle idee
elaborate dalla Zuboff, perché se la gente capisse e reagisse al
loro soft power di persuasione, automaticamente si stopperebbe il
circuito che alimenta il loro lucrosissimo business.
Perchè il
meccanismo del “capitalismo della sorveglianza” è un trucchetto
tipo l’inchiostro simpatico del Conte di Montecristo.
C’è un testo
normale che i comuni mortali se particolarmente abili potrebbero
anche materialmente mettere parzialmente in luce.
Questo testo normale
conterrebbe l’insieme delle notizie riguardanti la nostra vita che
noi stessi abbiamo contribuito a mettere in rete a partire dal nostro
profilo su Facebook, o sugli altri social, amici, foto, like che
abbiamo dato durante la navigazione, poi appunto la navigazione cioè
siti visitati, foto viste, chat aperte, cose che abbiamo detto e
scritto, tracciamento Gps e cioè dove eravamo, dove siamo andati,
dove erano i nostri contatti eccetera e sopratutto cosa abbiamo
comprato e cosa ci piace.
Già così abbiamo
di fronte un enormità di dati nel corso del tempo.
Ma questa è solo la
farina per impastare la torta, che consiste in ben altro.
La torta è il
“testo oscuro” che diventa visibile solo con la luce posta sotto
il foglio nell’inchiostro simpatico.
E questo testo
oscuro lo possono conoscere e vedere solo i sacerdoti delle
multinazionali del Web e pare che non sia mai pervenuto nemmeno in un
solo caso in un tribunale che lo abbia richiesto, perché il
capitalismo della sorveglianza si basa su un principio di segretezza
assoluta.
Come mai quello che
abbiamo chiamato il testo oscuro è così segreto ?
Ma è ovvio perché
quello è oro puro.
Consiste nella
elaborazione della montagna di dati che in parte abbiamo messo noi
sul web, ma in grandissima parte ci vengono estorti a nostra
insaputa, anche se da un punto di vista legale formale il consenso
che abbiamo dato al trattamento dei dati pare copra la
responsabilità dei giganti del web,che ce li scroccano.
I dati di per sé
sembrano nulla più che oggetto di gossip da comari.
Ma nelle mani dei
“data scientist” diventano oro.
Una delle tante cose
inquietanti rivelate da questo libro è che i soliti giganti del web
setacciano le migliori università del mondo per accaparrarsi in
tempo le migliori intelligenze con questa specializzazione, dando un
ulteriore vantaggio competitivo alle loro aziende.
Cerchiamo di capire
la chiave di tutto che consiste proprio nella elaborazione dei dati
raccolti sulle nostre vite.
Veniamo al dunque.
I sacerdoti del
capitalismo della sorveglianza o dell’estrazione sono dei maghetti
che usano i migliori strumenti che offrono la statistica e la
matematica per fare una foto alla massima definizione possibile del
nostro io.
Intendiamoci a loro
della nostra persona non interessa un bel fico secco, ma interessa
enormemente mapparci, o meglio loro dicono “profilarci”,
in modo da definire la nostra
personalità con abbastanza precisione in modo tale da poter predire
con precisione cosa siamo portati ad acquistare, usando i dati
più aggiornati offerti
dalla psicologia cognitiva e
dell’economia emotiva.
Quella foto di noi scansionata da uno strizzacervelli in grado di
predire quello che noi in chiaro non conosciamo nemmeno ancora in
materia di acquisti futuri, è oro, è una cosa che ha un mercato ben
preciso e ben fiorente.
L’azienda che la compra non solo la userà per propinarci l’offerta
di un prodotto mirato ai nostri interessi specifici, ma si avvarrà
addirittura di un meccanismo per il quale sarà in grado di
propinarcela quando noi saremo nelle condizioni psicologicamente più
adatti a decidere quell’acquisto.
Sembra fantascienza ma non lo è, si tratta invece di pura e
spiacevole realtà.
Ma non è ancora finita perché non bastano i dati che lasciamo in
giro navigando nei social perché c’è anche la ciliegina sulla
torta che viene dalla domotica, cioè da tutti prodotti così detti
smart.
Televisioni, assistenti digitali, termostati, robot aspirapolvere,
bambole ed altri giochi, telecamere di sicurezza oltre che ovviamente
i nostri telefonini ,che ci spiano dalla mattina alla sera.
Finito?
No,
c’è ancora il sempre più promettente settore degli indumenti o
degli indossabili smart, cioè
indumenti pieni di sensori, orologi e chi più ne ha più ne metta.
La conclusione è sconfortante perché ben lungi da avviarci verso
una utopica età dell’oro dove ci sarà garantita la felicità da
appagamento desideri, la realtà è che il prezzo da pagare per
fruire di tutte ste cose , che beninteso hanno anche aspetti di
effettiva utilità, ci avviamo imbambolati verso un futuro di
espropriazione della nostra volontà per finire appiattiti in un
“grande alveare” controllato dai sacerdoti dei giganti del web.
La
Zuboff tiene a sottolineare
che se è vero che il capitalismo della sorveglianza è in antitesi
ai principi della democrazia ed assomiglia pericolosamente a una
forma di totalitarismo, gli esiti da questo provocati non avranno
nulla a che fare con la violenza fisica delle dittature totalitarie
del ventesimo secolo.
Magra
consolazione però perché il libro dimostra che l’esito del
capitalismo della sorveglianza è immancabilmente la perdita della
libertà intesa come libero arbitrio, perché mira a costruire un
sistema essenzialmente collettivista nel quale l’individualità con
le sue scelte imprevedibili è categoricamente esclusa, perché in
contrasto con l’algoritmo che spinge all’unificazione ed alla
assoluta prevedibilità delle scelte per massimizzare i profitti dei
pupari che muovono i fili del
marketing.
Ma allora è già finita perché questa gente è troppo più potente
di noi e il divario di conoscenza che stanno creando non ci
consentirà mai di ribellarci ?
La
Zuboff pensa che la partita sia ancora tutta da giocare, purché però
la gente prenda coscienza di cosa c’è in gioco, la
nostra libertà.
Gli
strumenti per combattere non possono che essere leggi di tutela che
oggi non ci sono in America.
Ci sono in Europa dal 2018 ma non è ancora chiara la loro efficacia.
Poi
c’è la
possibilità tecnica di criptare e usare altri trucchi informatici.
Molti
temono che le violazioni della nostra privacy costantemente e
sistematicamente praticate dal giganti del web consistano al massimo
nel rivelare particolari che abbiamo postato
in modo sconsiderato e che in circostanze diverse possono metterci in
imbarazzo.
Ma si tratta di ben altro, non è il gossip che interessa ai
capitalisti del web, è la nostra anima, la nostra libertà.
Quelli vogliono sapere tutto di noi non per sputtanarci verso i
nostri amici o concorrenti, a loro interessa avere abbastanza dati da
poterci controllare, predire i nostri comportamenti fino a farci fare
quello che vogliono loro.
Ma il fine non è politico, il fine è banalmente solo far soldi alle
nostre spalle, coi nostri dati.
E’ un gran libro questo perché è documentato a livello di
pubblicazione accademica, come di fatto è.
Si
può avvicinare all’opera di Thomas Piketty di dieci anni fa sul
capitalismo del XXI secolo, odiatissimo dal pensiero dominante
liberista o ultra liberista, anche
perché ,come questo della Zuboff ,è dal loro punto di vista
maledettamente troppo ben documentato per non essere preso nella
dovuta considerazione.
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