sabato 14 novembre 2020

Recensione : Non sprechiamo questa crisi di Mariana Mazzucato

 




L’autrice è una delle teste d’uovo dell’economia che più si sono messe in luce in questi ultimi tempi.

Il suo profilo su Wikipedia recita : è un economista italiana con cittadinanza statunitense e spiega che è figlia di un fisico italiano che nel 1972 si è trasferito con la famiglia a Princeton avendo trovato un posto in quella Università.

La Mazzucato studia negli Usa e diventa professore di economia alla New York University per poi passare ad altri incarichi fin quando approda alla London Business School e poi arriva alla cattedra RM Philips in Economics of Innovation in SPRU dell’Università del Sussex e infine all’University College London alla cattedra di economia dell’innovazione e del valore pubblico e diventa la fondatrice direttrice dell’Institute for Innovation and Pubblic Purpose IIPP.

Nel marzo di questo 2020 entra nella task force di Giuseppe Conte per predisporre il così detto piano Colao, che però non firma e quindi verosimilmente non condivide.

Persona di evidente carattere.

Il suo orientamento nel mondo dell’economia è di aperta critica alla prevalente ideologia neoliberista.

I titoli dei suoi libri che l’hanno resa nota anche al grande pubblico già fanno capire di cosa stiamo parlando : Lo stato innovatore del 2014; Ripensare il capitalismo 2017;Il valore di tutto, chi lo produce e chi lo sottrae all’economia globale 2018.

Il libro del quale stiamo parlando ha un primo pregio del tutto evidente, e cioè è molto agile trovandosi al filo delle 100 pagine.

I capitoli sono piuttosto brevi quasi tutti firmati dalla Mazzucato ognuno con un collaboratore diverso e questo fa pensare che il libro sia una raccolta di saggi assemblati ovviamente per il vasto pubblico dei lettori, ma anche per essere usato come un vademecum per i politici che devono trovare idee innovative per far fronte alla sfida totalmente nuova che ha presentato loro la pandemia in atto del Covid 19.

L’idea centrale dalla quale si diparte la riflessione della Mazzucato è che la politica economica che quasi tutti i paesi avanzati hanno seguito dopo la crisi del 2008 definita “di austerità” è stata erronea nel senso che non ha affatto prodotto un veloce ritorno allo sviluppo e sopratutto ha fortemente indebolita la capacità degli stati di far fronte a eventi imprevedibili globali come l’attuale epidemia.

A partire dagli anni 80 i governi si sono orientati a fare un passo indietro per lasciare spazio alle imprese.

L’idea che fosse lo stato almeno ad orientare le direzioni di sviluppo dell’economia veniva considerata una innominabile oscenità.

Si è seguito il principio di privilegiare il pareggio di bilancio ispirando la politica economica degli stati a quella familiare, commettendo così un errore di valutazione pesante.

Si è data di conseguenza priorità a ridurre il debito pubblico considerandolo un peccato di cui pentirsi.

Il nemico pubblico numero uno era l’inflazione.

Seguendo questi principi si è proceduto a privatizzazioni selvagge,tagli pesanti della spesa pubblica in sanità istruzione e ricerca, outsourcing, delocalizzazioni.

Nel privato si è spinto sulla finanziarizzazione dell’economia privilegiando la ricerca della massimizzazione dei dividendi per gli azionisti invece che su investimenti ricerca e innovazione.

Si è affrontata la crisi del 2008 inondando il mondo di liquidità senza condizionare la concessione di aiuti e crediti a un uso per finalità di sviluppo sistemiche, come ad esempio contribuire a un un economia sostenibile in termini di inquinamento atmosferico.

Arrivati a dover affrontare la presente pandemia del Covid 19,gli stati si sono trovati così gravemente indeboliti dalla nefasta politica economica precedente e rischiano di ripetere i medesimi errori fatti nel post 2008, cioè dare aiuti a pioggia e senza condizioni utili per costruire una nuova politica economica centrata sull’innovazione.

Occorre per la Mazzucato superare il pregiudizio anti -interventismo della stato installato dal Tatcherismo, perché il vero motore della modernità, compresa quella che ha cambiato la faccia del mondo a partire dalla Silicon Valley è stato l’intervento statale con finanziamenti di elevatissimo importo.

Come aveva già spiegato in modo dettagliato nel suo precedente saggio intitolato “Lo stato innovatore”, la Mazzucato chiarisce che paradossalmente è proprio uno stato largamente ispirato al liberismo come gli Usa che ha operato negli anni un decisivo finanziamento della ricerca orientata all’innovazione partendo dal settore militare.

È poco noto ma Internet è nato da un ingente investimento del Pentagono per far comunicare i satelliti e da Internet è nato tutto quell’enorme cambiamento incentrato sull’uso del Web.

Più precisamente l’investimento è venuto dalla Darpa Defense Advanced Research Projects Agency.

Lo stesso tipo di intervento ha fatto in Gran Bretagna il Government Digital Service, e il programma Yozma in Israele.

Dall’algoritmo delle funzioni di ricerca di Google. Ai touch screen , al Gps, al riconoscimento vocale, alla Tesla di Elon Musk, l’investimento iniziale è giunto dal settore pubblico dice la Mazzucato.

Così come l’esistenza dei farmaci più innovativi è legata all’investimento in ricerca del National Institutes of Health, che spende la bellezza di 40 miliardi all’anno nel settore sanitario.

Come è attiva sempre nel settore sanitario la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi).

Sembra che i propagatori del neoliberismo non abbiano mai letto la loro bibbia che dovrebbe risiedere nel pensiero di Adam Smith il cui ideale di ”libero mercato” intendeva libero dalle rendite ma non dall’intervento dello stato.

Le Business School statunitensi hanno spinto la dottrina del New Public Managment secondo la quale bisignava trasferire nel pubblico l’idea base sulla quale è fondata l’economia del settore privato risiedente nella ricerca del profitto.

E quindi secondo questa teoria occorreva tradurre “profitto” con “ricerca dell’efficienza” declinata tra l’altro nella definizione in singoli obiettivi sul riuscito raggiungimento dei quali premiare economicamente i funzionari pubblici.

Ma il risultato dell’applicazione di questa metodologia è stato ovunque un più o meno clamoroso flop che ha portato alla fine a nient’altro che a una sempre più largo uso dell’outsorcing ritrovabile in modo ben visibile ad esempio nella svendita della sanità pubblica a favore del settore privato.

Vediamo oggi quanto sia stato disastroso questo andazzo quando gli stati si trovano scoperti ad affrontare l’emergenza della pandemia a causa dei tagli di organici e di finanziamenti avvenuti a favore del privato.

Così come la strategia dell’outsourcing appaltando ai privati servizi prima gestiti dal pubblico non hanno dato benefici di risparmio di risorse.

L’applicazione di queste politiche non ha affatto diminuito i costi del settore pubblico, ma in compenso lo ha depotenziato in modo pericoloso.

Ma se superiamo il pregiudizio tutto ideologico contro l’interventismo dello stato in economia, come può lo stato medesimo comportarsi in modo virtuoso?

Secondo la Mazzucato usufruendo dell’ enorme opportunità offerta dalla attuale emergenza.

Per rispondere a questa emergenza gli stati stanno mettendo a disposizione cifre mai viste prima e di per sé questo è un fatto largamente positivo.

Ma è essenziale legare questi aiuti crediti e finanziamenti a condizionalità precise ispirate a una strategia di innovazione che si ispiri prima di tutto a un Green Deal.

Alcuni stati questo lo stanno già facendo.

La Francia ad esempio condiziona gli aiuti al fatto che le aziende riceventi non abbiano sedi in paradisi fiscali per evadere il pagamento delle tasse.

Lo stesso l’Austria.

Lo stesso la Danimarca che chiede alle aziende riceventi di porsi come obiettivo strategico non solo la remunerazione degli azionisti con dividendi come priorità, ma l’interesse di tutti gli stakeholders, cioè i portatori i interessi.

In questo modo ad esempio Air France ha ricevuto aiuti consistenti dal governo francese ma condizionati a ridurre le emissioni di Co2 in modo significativo.

La Nuova Zelanda è una storia di successo da quando ha cambiato rotta dalla politica dell’outsourcing precedentemnete praticata assumendo un etica di servizio e di cura nei servizi pubblici con la predisposizione di un budget per il benessere.

L’Alaska paga ai cittadini un dividendo di cittadinanza attraverso il Permanent Fund legato agli introiti per l’estrazione del petrolio.

Il Governatore della California Gavin Newsom sta studiando il versamento ai cittadini di un “dividendo dati”.

Cioè spiega la Mazzucato deve esserci un modo perché i cittadini si sentano partecipi dei benefici di uno stato investitore di prima istanza.

Una lode dalla Mazzucato arriva anche alla Germania che ha saputo tenere un settore della sanità pubblico debitamente finanziato, del quale oggi si scoprono tutti i vantaggi, così come gli istituti a favore del sostegno ai lavoratori in difficoltà come il Kurzarbeit cioè la riduzione di orario di lavoro automatica a carico dello stato per evitare licenziamenti.

Occorre cioè trovare il modo di costituire fondi dei quali i cittadini siano azionisti e dai quali possano ricevere una forma di dividendo di cittadinanza.

Oppure possano per esempio usufruire di un ritorno degli ingenti investimenti pubblici nella ricerca farmaceutica.

Che i vaccini diventino gratuiti e che i prezzi dei medicinali siano ridotti tenendo conto dell’investimento pubblico iniziale.

Brevetti e licenze sono un ostacolo all’innovazione in questo campo dice la Mazzucato, ma non avanza suggerimenti specifici.

E poi c’è l’enorme campo dello sfruttamento dei dati personali.

La Mazzucato propone che gli stati intervengano con loro piattaforme pubbliche per la raccolta e la gestione dei dati.

Utilizzando anche quelli esistenti, la Mazzucato fa l’esempio dei dati generati da Google Maps, Uber etc affermando che l’utilizzazione di questi dati sarebbe essenziale per migliorare il trasporto pubblico anziché essere semplicemente monetizzati.

Finito il libro mi verrebbe da dire : finalmente qualcosa di sinistra, scritto non dal solito politichino di scarso studio, ma da una autentica autorità accademica.

Ma probabilmente nominando il termine sinistra non faccio un favore alla Mazzucato.









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