lunedì 28 dicembre 2020

Jim Al Kalili “il futuro che verrà” recensione

 





Come di consueto nelle mie recensioni riporto per estratto la voce di Wikipedia relativa all’autore.

Jim Al Kalili professore di fisica teorica all’Università del Surrey è nato a Bagdad ma vive in Inghilterra dal 1979.

E’ noto al grande pubblico sopratutto per la sua attività come divulgatore scientifico, tramite diverse produzioni edite dalla BBC.

Conduce la rubrica La vita scientifica sul canale 4 della medesima BBC.

E’ presidente della Associazione Umanistica Britannica,che “rappresenta le persone che hanno deciso di vivere serenamente senza religione né superstizione, che tra l’altro sostiene l’abolizione dei privilegi goduti dalle religioni in ambito legale e sui media”.

Traducendo in italiano tutto questo se mi posso permettere ci vedo una evidente sintonia con la galassia radicale.

Iniziando a parlare del libro non posso nascondere che durante la lettura mi veniva spontaneo confrontare le argomentazioni esposte con quelle sui medesimo argomenti che ritroviamo nella trilogia di Yuval Noah Harari.

Harari non è uno scienziato come Al Kalil è uno storico e la differenza di approccio fra i due sta proprio in questo.

Harari in più di una occasione mi ha dato l’impressione di tendere un po’ a farsi prendere la mano dando per scontate certe sue previsioni e deduzioni come se fossero dimostrate forse per sorprendere e destabilizzare il lettore stroncando le sue opinioni correnti.

Tanto per fare un esempio cito il discorso di Harari sulla presunta inevitabile scomparsa dell’ “io”.

Al Kalil da fisico qual’è azzarda molto meno o non azzarda praticamente mai, dato che previsioni e deduzioni le enuncia solo accompagnandole con la citazione della loro verosimile probabilità sulla base delle conoscenze scientifiche dimostrabili.

Harari sopratutto quando enuncia la “pars destruens” delle sue argomentazioni ,mirata a fare traballare e cascare i pregiudizi correnti compie a mio avviso un lavoro meritevole per aprire la mente dei lettori.

Ma se ci rivolgiamo alla enunciazione degli scenari futuri più probabili e vicini, il lavoro di Al Kalil è senz’altro più accurato e attendibile.


Questo libro è una raccolta di saggi di specialisti nei vari settori dall’intelligenza artificiale alla robotica alla bioingegneria alla fisica quantistica, ovviamente interpellati da Al Kalil, che direttamente si limita a contribuire con il saggio conclusivo che coglie un po’ di sorpresa.

Perchè a differenza degli altri autori che si occupano dell’argomento “futuro” si scrolla di dosso ogni pregiudizio scaramantico e apertamente affronta il tema dei possibili scenari apocalittici.

Cioè non solo le possibili evenienze distopiche, ma quelle apocalittiche pure e semplici.

Da una eruzione tipo Pompei operata però da un maxi-vulcano come quello di Yellostone ,all’impatto con un meteorite o addirittura con una cometa, ad emissioni solari di tipo catastrofico.

Tutte cose purtroppo scientificamente possibili, delle quali però è praticamente impossibile verificare la probabilità.

Per la nostra salute mentale allora focalizziamoci saggiamente sul bicchiere mezzo pieno e godiamoci ancora una volta il panorama dei favolosi scenari futuri fondati su tecnologie che in gran parte già esistono e che quindi non sono questionabili sul “se mai si potranno applicare” ma solo sul “quando”.

Di grandissimo interesse ad esempio il saggio sulle prospettive dei viaggi interplanetari.

Per andare su Marte ci vuole quasi un anno.

Probabilmente è troppo e quindi si stanno studiando forme di propulsione diverse da quelle usate oggi.

Elon Musk dovrà pazientare un po’, anche se il suo impulso è forse determinante per convincere tutti che la conquista dello spazio non è una chimera.

La robotica ha raggiunto livelli di diffusione a costi contenuti dei quali non ci si rende ancora conto.

Nella assistenza familiare come baby sitter o come badante per esempio.

Concordo pienamente con Al Kalil quando dice che i problemi etici (i bimbi e gli anziani non possono prescindere da un rapporto affettivo con chi si occupa di loro) oltre a quelli pratici (cancellazione di posti di lavoro) inducono a concentrarsi non sulla ricerca del robot umanoide tutto fare o capace di espletare tutte le mansioni di una baby sitter o di una badante, ma solo su un formidabile ausilio per espletare compiti limitati come per esempio sollevare correttamente persone allettate per metterle in poltrona o in una vasca da bagno.

Anche questo libro solleva il tema della città del futuro che dovrà essere smart e quindi completamente riprogettata.

Il concetto di proprietà verrà completamente rimodulato.

Non avrà più senso ad esempio avere una macchina di proprietà se si pensa alla percentuale ridicola di uso effettivo.

Le strade per cambiare direzione sono molteplici dal car sharing al funzionamento senza guidatore, fino all’avveniristico ma possibile radicale miglioramento del trasporto pubblico impiegando una specie di razzo che corre in un tubo, capace di unire città lontane con la cadenza e i tempi di percorrenza usuali in una metropolitana.

Non può mancare la prossima rivoluzione dell’assistenza sanitaria fruibile anche nei paesi meno dotati di mezzi, con l’impiego a tappeto della tele medicina, nel campo diagnostico mettendo a disposizione banche dati immense che renderebbero le diagnosi enormemente più accurate, o con la possibilità di consultare i migliori specialisti di una materia anche dalla parte opposta del mondo in collegamento telematico.

Per non parlare della tele chirurgia anche impiegando robot molto più precisi nei micro-movimenti di qualsiasi umano.

Con il dovuto realismo questo libro parla anche, anzi parte proprio dall’esame del problema demografico.

Argomento quanto mai spinoso perché considerato politicamente scorretto e divisivo.

Se mettiamo i piedi per terra però non possiamo non sapere che non ha alcun senso pensare che le condizioni attuali del mondo sviluppato possano essere condivise da chi la lotteria biologica ha messo a vivere nei paesi meno sviluppati, per la semplice ragione che gli specialisti hanno fatto due calcoli dai quali hanno dedotto che per dare il medesimo livello di vita a tutta l’umanità attuale occorrono le risorse di tre pianeti Terra e non di uno solo.

Questa è l’evidenza, ma come si fa ad andare a dire agli abitanti del terzo mondo che solo loro devono finirla di fare figli?

E’ un problema etico obiettivamente serio, ma quanto meno va messo in discussione senza nascondersi dietro a un dito, anche perché una delle ovvie e macroscopiche conseguenze di questa situazione consiste nell’altrettanto enorme e irrisolto problema delle migrazioni incontrollate.

Un libro del genere non poteva non parlare di “machine learning”, di “singularity” e di “transumanesimo”.

Per singularity gli specialisti del settore intendono il momento storico che si verificherà non solo quando la potenza computazionale di computer sopravanzerà in modo irreversibile l’intelligenza umana, ma anche il punto quando il processo di autoapprendimento delle macchine tramite intelligenza artificiale doterà le macchine medesime di facoltà molto simili alla coscienza di sé.

A questi punti la cosa più verosimile sarebbe una ibridazione fra uomo e macchina con un superamento della biologia come la conosciamo oggi.

E’ chiaro che il punto nel quale si arriverà è quello che Harari chiama l’Homo Deus e che rappresenta la vetta di tutte le argomentazioni sul futuro.

Verosimile? Possibile? E quando?

I pareri dei vari specialisti divergono su questi parametri.

L’inventore della singularity Raymon Kurzweil vedeva questo punto storico estremamente vicino.

Harari non si sbilancia troppo sui tempi ma ritiene l’evento praticamente sicuro e inevitabile.

Al Kalil è più pragmatico.

Ritiene la cosa possibile e verosimile ma non si pronuncia sui tempi e sopratutto si interroga sugli enormi problemi etici e filosofici che comporterebbe una simile evenienza.

Mi sembra che tenda ad affrontare questo problema come ha fatto relativamente alla robotica, cioè invitando a non concentrarsi su un diverso tipo di uomo che ibridando la propria biologia con parti cibernetiche inorganiche diventi ormai altra cosa diversa dall’Homo Sapiens, ma piuttosto ci si limiti ad accontentarsi di usare queste forme di ibridazione ormai possibili per migliorare in modo sorprendente la macchina umana in modo progressivo.

Libro di enorme interesse, che si lascia leggere bene pur essendo scritto da specialisti.





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