martedì 21 settembre 2021

Antonio Giustozzi : The Islamic State in Khorsan – recensione

 





L’autore è uno dei maggiori islamisti esperti della regione alla quale appartiene l’Afghanistan ed è autore di diverse pubblicazioni sull’argomento.

E’ Visiting Professor al King’s College.

Il libro del quale parliamo è un’opera tipicamente accademica, per intenderci la classificherei fra quei saggi che vengono scelti dai cultori della Geopolitica come fonti.

Sì perché non è un’analisi costruita su opere già esistenti, né tanto meno la sintesi di un lavoro di reportage sul campo.

E’ qualcosa di più essendo tutto basato su interviste fatte sul campo a capi o semplici miliziani del così detto Stato Islamico o Daesh,Talibani, membri di Al Quaida eccetera.

Lo dico subito è una lettura abbastanza impegnativa non tanto per la mole accettabile di poco più di trecento pagine, ma per il livello di dettaglio delle informazioni che fornisce.

Ma l’ho trovata una lettura assolutamente illuminante.

Non voglio denigrare i bravi corrispondenti dei grandi giornali che si affannano in questi giorni (settembre 2021) a darci notizie su cosa succede in Afganistan dopo la presa del potere da parte dei Talibani senza colpo ferire, ma i loro reportage sembrano davvero generici e approssimativi se ci si avvicina all’argomento dopo aver consultato fonti del livello del libro del quale stiamo parlando.

I giornalisti fanno il loro mestiere e per farsi leggere sono costretti a semplificare e ridurre all’osso, ma assicuro il lettore che se si legge questo libro si tocca con mano un livello di complessità che sconcerta.

Cercherò di dare qualche dritta per non perdersi.

Innanzi tutto occorre ricordarsi che siamo in Asia, non in Europa e che quindi per capirci qualcosa dobbiamo avvicinarci a quelle civiltà con metri diversi dai nostri.

Mi fanno ridere i commentatori che danno per scontato che gli asiatici a qualsiasi livello di sviluppo siano arrivati , debbano passare per gli stessi stadi che hanno costituito il nostro sviluppo storico cioè per intenderci : Medio Evo-Rinascimento-Illuminismo-Liberalismo e democrazia rappresentativa.

No non funziona così, se si ragiona così non si può capire nulla dell’Asia.

Che è un continente con altre filosofie, culture, storie.

Andando sul campo non possiamo capire l’Afghanistan se non facciamo preventivamente almeno un’analisi del linguaggio.

Voglio dire, che se per esempio diamo per scontato che l’Afghanistan sia uno stato nazionale come una qualunque nazione europea siamo completamente fuori strada, perché non è mai stato uno stato nazionale come lo intendiamo noi, nel senso che il potere centrale è sempre stato molto più attenuato e che i confini sono estremamente porosi, altro che muri e reticolati.

Ne consegue che con buona pace dei nazional -populisti oggi di moda, l’idea di nazione, o stato nazionale come elemento identitario è immersa nella nebbia e quasi scompare di fronte ad altri elementi più vicini e più sentiti dalla gente come famiglia allargata, tribù, Shura di riferimento (specie di Consiglio Tribale arabo tradizionale) etc.

Non parliamo della società che è spaventosamente plurale.

Come abbiamo accennato sopra : famiglia, famiglia allargata, sotto tribù locale, tribù su base locale più ampia, etnia di riferimento,

fin quando è un legame di sangue come quelli elencati prima è quello che è, ma quando il legame avviene per scelta su base ideologica o religiosa allora questo riferimento spesso cambia nel tempo, e poi ma solo per ultimo anche in senso di importanza viene un vago riferimento nazionale astratto.

Quanto all’affiliazione religiosa la cesura maggiore è probabilmente fra Sunniti e Sciiti, questo sì, ma poi all’interno dei due campi fondamentali le cose si complicano.

Se rimaniamo fra i Sunniti bisogna vedere di quale sotto denominazione è il Mullah o Imam di riferimento in un ventaglio molto ampio che va dai moderati ai fondamentalisti Salafiti, Wahabiti eccetera ed anche in questo caso trattandosi di una affiliazione per scelta spesso varia nel tempo.

Non parliamo dell’affiliazione ad una milizia : Talibani, Dahesh, Al Quaida , Signori della Guerra,Esercito Nazionale qui per la stessa persona è spesso è un andare e venire continuo nel tempo, diciamolo pure seguendo spesso considerazioni più mercenarie che ideali.

Ma non basta ancora, in Afghanistan si parlano lingue diverse a seconda della zona geografica al punto che ci dice Giustozzi, quando i miliziani di Dahesh cominciarono a infiltrarsi in Afghanistan, dopo aver fatto le prime affiliazioni sentirono la necessità di fare fare ai nuovi adepti corsi di arabo, perché arabo e Pashtun, la lingua locale prevalente non sono esattamente la stessa cosa tanto che stavano verificando che rischiavano di dare ordini che proprio non venivano nemmeno capiti bene per ragioni banalmente linguistiche.

L’Afghanistan è una realtà complessa anche per chi ci si avvicina per studiarla.

Tanto per fare un esempio, il Paese è diviso in Provincie delle dimensioni delle regioni europee,ma nella quasi totalità ognuna delle 34 provincie-regioni non prende il nome dal capoluogo, ma porta un altro nome.

Le Provincie sono poi divise in Distretti il cui nome non è detto corrisponda a quello del comune capoluogo.

Il libro di Giustozzi riporta molto a proposito delle cartine per indicare la concentrazione media di aderenti a Dahesh, Al Quaida,Talibani eccetera, cartine preziose, perché da loro si evince una distribuzione estremamente non omogenea dei vari gruppi sul territorio.

Ad esempio Talibani e Dahesh hanno una netta prevalenza nelle province dell’Est e Nord Est ai Confini col Pakistan e una copertura statisticamente quasi nulla in grandi aree del Sud ai confini col Baluchistan pakistano ed all’Ovest al confine con l’Iran,, per cui quando si legge sui giornali che dall’agosto 20121 i Talebani hanno occupato tutto l’Afghanistan, la cosa va molto ma molto ridimensionata, perché l’Afghanistan come entità unitaria probabilmente non l’ha mai controllata nessuno, figuriamoci nella situazione di oggi.

Il nostro libro ci parla con estremo dettaglio della presenza delle milizie dello Stato Islamico in Afghanistan fino alla sconfitta dello stesso dopo la caduta della sua capitale Raqqa nell ‘ottobre 2017, ma per fare questo ci dà contemporaneamente una lettura altrettanto dettagliata della storia dell’Afghanistan nel medesimo periodo,ovviamente vicende dei Talebani compresi.

Consiglio quindi la lettura del libro a chi a seguito del penoso e maldestro ritiro degli Occidentali dell’agosto 21 vuole consultare una fonte estremamente diretta e quindi attendibile.

I Talebani nella testimonianza dei miliziani di Daesh fanno veramente la figura degli ultimi della classe.

Con scarsa o nulla istruzione, con pochi soldi, malvestiti, con armamenti per lo più residuati russi, logistica e organizzazione estremamente carente, comandanti promossi per nepotismo od altro ma in pochi casi per merito e comunque professionalmente insufficienti, perfino carente la cultura religiosa, in poche parole vengono descritti come i barbari della regione.

Con tutto questo i rapporti fra Daesh e Talibani sono stati all’insegna del tira e molla con molti o moltissimi che sono stati per un po di tempo di qui e per un po di tempo di là e vice versa.

Come stanno le cose oggi?

Se ne parla troppo poco probabilmente perché se ne sa troppo poco.

Sulla base delle informazioni del libro si possono azzardare delle ipotesi verosimili.

Quello che si può dare per certo è che i miliziani di Daesh si saranno tenute ben lontane dall’esercito fantasma di Kabul.

Molti si saranno dispersi fra Siria, Pakistan e Africa.

Quelli di origine afgana probabilmente si sono assimilati ai Talebani a meno che non fossero di formazione salafita o peggio ,sopratutto nelle province fra Kabul e il Pakistan a cominciare dal territorio di cultura di tutti questi movimenti insurrezionalisti islamici, la provincia di Nangahar da dove andare a Peshawar in Pakistan è particolarmente veloce.

E qui siamo arrivati ad uno dei tanti misteri dell’Afghanistan , il ruolo del Pakistan.

Nel libro ci sono un sacco di interviste a miliziani Isis che concordemente e con convinzione ripetono di essere certi che il movimento Talebano sia una creazione dei servizi segreti del Pakistan e la cosa ha trovato conferma nelle cronache proprio di questo inizio di autunno 2021 quando hanno riportato la visita del generale Akhtar capo di quei servizi alla nuova dirigenza talebana, che lui stesso avrebbe scelto.

E sì ma allora com’è che il Pakistan è anche ritenuto l’alleato strategico principale degli Usa nella regione assieme all’India,USA che di fatto lo armano e finanziano da decenni ?

Che gioco giocano gli Stati Uniti?

Molto difficile rispondere, perché la loro posizione è talmente ambigua da sembra veramente assurda.

Sulla base delle ricche informazioni del libro si può pensare che i Talebani riusciranno a dare stabilità al loro regime?

Si direbbe proprio di no, sia perché non controllano affatto tutto il paese né l’hanno mai controllato, si perché non sembra proprio che ne abbiano la capacità tecnico- amministrativa per farlo.

Peccato che questo libro non abbia una traduzione italiana, e temo che essendo un po di nicchia nemmeno l’avrà ma assicuro è una vera miniera di dati di prima mano non reperibili altrove e per questo ne consiglio la lettura.




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