lunedì 27 settembre 2021

Romano Prodi con Marco Ascione : strana vita la mia – recensione

 


Ecco una biografia politica proprio in tempo per far concorrere il suo protagonista all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica verrà da dire ai più maliziosi.

Purtroppo l’innato narcisismo di noi umani ,compresi quelli di più elevata caratura come è appunto Romano Prodi consiglia di non mettere mai la mano sul fuoco, ma certo tendo a ritenere poco verosimile una tale eventualità.

Probabilmente è solo una coincidenza casuale.

Ma prendiamo questa biografia per quello che è ed a me sembra che sia un buono e onesto lavoro.

Immagino Prodi al di fuori dei giri e scadenze contingenti della politica e da quello che ho trovato leggendo il libro del quale parliamo mi è sinceramente sembrato che ci troviamo davanti alle memorie di prammatica per un ex presidente.

Oddio, l’Italia ne ha avuti tanti di capi di governo, alcuni dei quali di livello sicuramente così poco eccelso che sinceramente mi auguro che alcuni colleghi di Prodi si astengano da questa consuetudine.

Purtroppo il gioco politico mediatico nel quale Prodi si è trovato costretto dalle circostanze a divenire il federatore dell’Ulivo per sconfiggere Berlusconi lo ha costretto a a dovere recitare la parte del duellante in un continuo “Mezzogiorno di fuoco”, dove bisognava sparare per forza per non soccombere, cioè bisognava per forza avere un “nemico” da sfidare e sfidare “a morte” secondo le regole del gioco dei duelli.

Questo fatto non ha giovato a Prodi, che come il libro conferma ha sempre costruito una filosofia di vita di tutt’altro genere.

Non a caso l’autore e protagonista conclude il libro ribadendo la sua volontà di essere orgogliosamente un uomo del dialogo, ben conscio del fatto che per onorare la sua ideologia politica di tipo chiaramente “riformista” occorre esercitare sempre pazientemente la fatica di comprendere il punto di vita di chi la pensa diversamente per trovare con lui una possibilità di strada comune , tutto il contrario del dover duellare con un “nemico”.

Stando così le cose l’atteggiamento aperto al dialogo e il suo carattere emiliano doc accentuato da trtti suoi caratteriali di tipo diciamo “pacioso”, ha fatto equivocare molti nel giudizio verso di lui, quando hanno interpretato le sue aperture politiche e umane come segni di debolezza.

Non dimentichiamo che archiviata la prima repubblica nella quale comparivano solo politici di professione, per la prima volta “il duello” si svolse fra un professore digiuno di politica, come era Prodi e un imprenditore dei media scafato nell’uso più spregiudicato delle tecniche di comunicazione e di orientamento dell’opinione pubblica per di più con a disposizione una gran dovizia di mezzi economici come era ed è Berlusconi.

Il duello era francamente asimmetrico.

Però Prodi vinse per ben due volte.

Il peso della propaganda ben orientata è micidiale, anche perchè allora si era tutti impreparati a usare i media messi a disposizione delle moderne tecnologie.

Leggendo il libro si è costretti a scrollarsi di dosso almeno una parte dei luoghi comuni che la potente ed efficace propaganda berlusconiana era riuscita ad appiccicare addosso al povero Prodi.

Non si creda che il costruire con mezzi mediatici un immagine negativa e verosimile anche se totalmente falsa dell’avversario politico sia cosa di poco conto.

Pensiamo alla incredibile efficacia che ebbe l’appellativo di “sliping Joe” che Donald Trump è riuscito a cucire intorno alla figura di Joe Biden, tanto che con quella quasi ci ha vinto le elezioni.

Come costruzioni di immagini non dobbiamo andare lontano se pensiamo a quando Berlusconi aveva costruito intorno a Prodi l’immagine di “uomo mortadella”, fra il mollaccione e l’addormentato, attaccandosi ad alcuni tratti caratteriali che hanno sempre rischiato di compromettere le capacità di comunicazione del personaggio e che il medesimo non è mai riuscito a scrollarsi di dosso.

Micidiale.

Peccato che anche se solo in parte quella propaganda abbia attaccato perché Prodi proprio non se lo meritava.

Stiamo parlando dell’Italiano che ha avuto la ventura di ricoprire le cariche più elevate che siano capitate in dotazione ad solo uomo nella più recente storia d’Italia : Presidente del Consiglio due volte, Presidente della Commissione Europea, Inviato Speciale del Segretario Generale dell’Onu.

E non parliamo delle posizioni professionali con le cattedre di Economia Industriale che ha tenuto non solo all’Alma Mater della sua Bologna, ma negli Usa ed a Pechino.

E non parliamo della residenza dell’IRI tenuta in due tempi.

Ecco,vorrei invitare caldamente il lettore a focalizzarsi su questo, non sul duello con Berlusconi perché confesso di avere trovato personalmente estremamente utile questo libro proprio perché sono convinto di essere stato anch’io a suon tempo irretito dalla propaganda mediatica che mi costringeva a vedere in Prodi solo un politico che non sempre brillava e solo l’avversario di Berlusconi.

Per sua fortuna il Prodi che viene fuori dal libro è tutt’altro.

Innanzi tutto anche se ha ricoperto cariche istituzionali ed anche incarichi prettamente politici come quella derivante dall’essere stato il fondatore -federatore dell’Ulivo, Prodi si ritiene non un politico ma un professore di economia e più precisamente un professore e cultore di “economia industriale”, cioè di una branca dell’economia che richiede di tenere i piedi profondamente posati per terra.

Che fa un professore? Prodi ci dice che prima di ogni altra cosa studia e studia molto.

Poi per coltivare quel tipo di economia occorre stare molto “sul campo” che significa fra un capannone industriale e l’altro.

Non ha caso il suo lavoro scientifico che avuto più risonanza è stato quello sui “cluster”, i poli dell’industria delle piastrelle emiliane.

Inutile ribadirlo, Prodi si vede dalla prima all’ultima pagina del libro come un “tecnico” di economia politica industriale.

Anzi,anche se non lo dice mai esplicitamente ho ricavato l’impressione che la sua esperienza all’Iri sia quella nella quale si è sentito più realizzato.

Ristrutturare le più grandi industrie italiane riunite in quell’enorme conglomerato pubblico per rimetterle più sane sul mercato, è stata una grande impresa, anche se nella sua seconda esperienza era stato costretto dalla nuova politica europea a metterle sul mercato per “liberalizzare”.

Giustamente credo Prodi ribadisce più volte di avere trovato all’Iri un management di alto o altissimo livello, che non a caso dopo le privatizzazioni è emigrato ai vertici di molte industrie private e che la sua opera se pur faticosa di ristrutturazione è stata per lui molto proficua proprio anche in virtù di quel manage ment, sostenuto da uffici studi al massimo livello.

Non è infatti un caso che parallela all’esperienza industriale e istituzionale di Prodi proceda la vicinanza in prima persona a Nomisma primario istituto di ricerca e di consulenza e l’esperienza con le edizioni del Mulino.

Un tecnico di alto livello d’accordo può e deve studiare molto, ma ancora meglio se si può avvalere di una struttura di analisi e di ricerca del prestigio di Nomisma.

A mio parere questo libro vale perché ci restituisce l’immagine nella quale il protagonista si riconosce che non è quella che gli hanno cucita addosso.

Il lettore troverà anche un gustoso motivo di interesse nei numerosi siparietti nei quali ci vengono riportati i ricordi e gli inevitabili giudizi sui grandi della terra che i suoi incarichi gli hanno concesso di frequentare.




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