sabato 23 ottobre 2021

Giuseppe Remuzzi : Le impronte del signor Neardenthal. Come la scienza ricostruisce il passato e disegna il futuro – recensione

 




L’autore che è il direttore attuale del Mario Negri, ha avuto la fortuna di formarsi alla scuola di Silvio Garattini, fondatore del medesimo Istituto di Ricerche Farmacologiche , scienziato di chiara fama e volto familiare al grande pubblico per le sue numerose apparizioni alla TV fin dai tempi delle prime trasmissioni di giornalismo di inchiesta dedicate alla tutela dei consumatori con conduttore Antonio Lubrano.

E’ uno dei più noti ricercatori italiani ed è stato già apprezzato per sue capacità di divulgazione scientifica anche attraverso diversi interventi sul Corriere della Sera.

Questo libro probabilmente raccoglie una serie di articoli del massimo interesse.

Personalmente ho una formazione culturale di tipo umanistico e quindi fin quando si parla di DNA o di RNA va tutto bene, ma quando senza ulteriori spiegazioni il Prof. Remuzzi spara termini come “allele” o “mitocondri” mi trovo piuttosto in difficoltà.

Ma tutto sommato il libro è scritto in modo da essere abbastanza comprensibile anche a chi come me non ha una preparazione specifica.

Trovo estremamente interessante quando capita di essere costretti da libri del genere ad allontanarsi dalle preoccupazioni e dalle beghe quotidiane per percepire quanto sia lungo e profondo il respiro della storia.

La storia dell’universo sappiamo che ci riporta addirittura a 14 miliardi di anni fa, una dimensione che ci fa rabbrividire.

Restringendo un po’ la storia della nostra specie Homo Sapiens si fa risalire dai 300.000 ai 130.000 anni fa.

Il Neardenthal è vissuto fra i 200.00 e i 40.000 anni fa quando la sua specie si è estinta, mentre la nostra ha vinto la battaglia dell’evoluzione.

La scienza con queste acquisizioni rende molto relative le dispute fra i diversi miti religiosi che hanno tutti la vista molto corta, basti pensare che secondo i calcoli basati sulla narrazione fatta dalla Bibbia la creazione dell’universo sarebbe avvenuta fra i il 4.000 e il 5.000 a.C.

La realtà come si vede è molto ma molto diversa.

Il Prof. Remuzzi ci proietta nelle età quando alcuni i Sapiens hanno incontrato i Neardenthal e in più occasioni tempi e luoghi diversi con i Neardenthal si sono incrociati.

Come facciamo a saperlo?

Ora lo sappiamo con sicurezza perché abbiamo imparato a sequenziare il DNA.

Ma non basterebbe questo e infatti siamo arrivati a sequenziare il DNA dei Neardenthal lavorando sugli scheletri di esemplari di Neardenthal rinvenuti in più luoghi diversi dagli archeologi e dai paleontologi e questo ha permesso di confrontarlo con quello della nostra specie per verificarne identità e differenze.

Non entro nei particolari perché come ho detto sopra in questa materia non nuoto nelle mie acque abituali, ma Remuzzi ci spiega che effettuando questi confronti si è potuto appurare prima di tutto il fatto che le due specie si sono incrociate e poi che dai Neardenthal abbiamo ereditato sia elementi positivi che ci hanno consentito di difenderci ad esempio dalle malattie infettive, ma anche degli elementi negativi come la predisposizione al diabete.

La spiegazione Remuzzi la presenta su basi strettamente scientifiche, ma si può anche verosimilmente dedurre dalle nozioni storiche che abbiamo.

I Neardenthal hanno popolato le terre più a Nord appena le glaciazioni hanno cominciato e recedere e quindi dovevano adattarsi ad un clima estremamente freddo, ecco allora che il loro organismo si organizzava in modo da immagazzinare grasso e allungare i peli per aumentare la protezione naturale.

Le mutazioni che si formano nel DNA per adattarsi all’ambiente una volta avvenute lo sono per sempre e quindi vengono riprodotte nelle generazioni successive fino a noi che proprio di grasso in eccesso non abbiamo bisogno.

Navigando sempre intorno ai 50.000 anni fa Remuzzi espone dei dati di estremo interesse che sarebbe bene che fossero acquisiti da tutti per quello che sono : acquisizioni scientifiche dimostrate e dimostrabili che come tali non possono essere né di destra né di sinistra ma che dimostrano in modo inconfutabile che non è possibile sostenere l’esistenza di presunte identità etniche, perché la storia è storia di continue migrazioni di massa, per la qual cosa non esiste in assoluto al mondo,nè è mai esistito alcun gruppo etnico che si trovi dove era nato se non unico caso in assoluto quello degli Aborigeni australiani.

Le identità etniche sono in realtà tutte inventate, miti, racconti, storie, niente di più.

Di estremo interesse anche il capitolo che dimostra l’enorme influenza che ha avuto fino dalla notte dei tempi la presenza umana sulla terra, prima addirittura della comparsa della nostra specie quella del Sapiens, perché anche gli ominidi sapevano cacciare e caccia oggi, caccia domani hanno cambiato insieme a noi la faccia della terra, dove prima della nostra comparsa giravano indisturbati mammiferi enormi, Remuzzi parla di Mammuth grossi quattro volte un elefante.

Dopo decine di migliaia di anni di caccia con strumenti sempre più sofisticati, e sopratutto tattiche di caccia sempre più invasive abbiamo sterminato le specie preistoriche e la taglia degli animali si è incredibilmente a poco a poco ridotta.

Forte interesse ha suscitato in mè anche il capitolo sui pipistrelli.

Sapevamo che i virus per lo più scelgono come ospiti degli animali e che poi questi dopo processi in molti casi estremamente lunghi, si possono trasmettere all’uomo.

Non credo sia noto però che la vita dei virus è anche più vecchia di quella dell’uomo.

La cosa veramente incredibile però è che i pipistrelli ospitano virus dai tempi preistorici senza sviluppare alcuna malattia.

Come mai? Se lo scoprissimo potremmo debellare molte specie di virus, ma ancora non lo sappiamo.

Ho trovato invece sinceramente poco convincenti i capitoli che Remuzzi dedica al rapporto fra scienza e fede ed alle lodi sperticate che spende per Papa Francesco.

A mio avviso non basta scrivere una buona enciclica con la quale si accettano gran parte delle acquisizioni scientifiche che i Papi nel passato avevano messe all’indice, per dare fatta la pace fra scienza e fede.

E’ proprio vero che quando qualcuno esce dall’ambito delle competenze nelle quali eccelle e si avventura in campi che probabilmente conosce poco, fine per non fare ottima figura.

Questo mi sembra il caso.

Fra scienza e fede è non solo mia opinione ma opinione della quasi totalità di epistemologi e logici, non c’è e non ci può essere intesa perché l’una visione del mondo esclude l’altra.

La fede è per definizione accettazione di presunte verità assolute che sarebbero rivelate da un’autorità esterna, mentre la scienza è acquisizione di conoscenze verificabili dimostrabili e riproducibili, senza la pretesa di proclamare verità assolute ma basate al contrario sulla massima probabilità che possono essere contraddette o migliorate per definizione.

Le due cose non possono stare insieme.

Papa Francesco è forse il personaggio più popolare al mondo, ma non sono pochi i vaticanisti che lo giudicano un personaggio quanto meno ambiguo, capace di bellissime parole, di aperture fantastiche, ma poi se si va a vedere fermo e immobile sulla teologia dogmatica e sulla morale tradizionale.

Fortunatamente il Remuzzi che rimane nel suo ambito di studio conclude il libro prima con un capitolo sul possibile Rinascimento che ci potrebbe stare davanti se sapremo divulgare le conoscenze scientifiche moderne e significativamente lo finisce con un altro capitolo intitolato fede nella scienza.

Bene, anzi benissimo.

Questo libro di circa 250 pagine lo ripeto è leggibile senza difficoltà anche per chi come mè non ha nozioni specifiche su genetica e biologia e solo questo è un punto di merito per uno scienziato che vuole proprio rivolgersi a una platea non specializzata.

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