Era parecchio tempo che non affrontavo libri di neuroscienze, anche se l’argomento è sempre stato per me di grande interesse.
Raffaele Morelli oltre a impegnarsi in apparizioni televisive e sopratutto nella direzione di Riza Psicosomatica la rivista,che ha fondato e che è divenuta un gruppo editoriale, ha scritto decine e decine di piccoli saggi sul tema della psicoterapia, volti ad aiutare a vincere i più diffusi disagi psichici del nostro tempo.
Ansie, panico, problema di elaborare lutti, abbandoni, o traumi, che ci si porta dietro dall’infanzia, ecco un elenco piccolo, ma nel quale gran parte di noi si possono ritrovare, perché così è la vita.
Il libro essendo scritto da uno psicoterapeuta con l’esperienza dell’autore è leggibilissimo.
Fin dalle prime pagine però, pur ritrovandomi fortemente interessato mi è venuto di dover constatare che questa materia non è una scienza esatta e che di conseguenza esistono diverse impostazioni e quindi approcci molto diversi fra chi pratica la psicoterapia.
L’autore infatti ,praticamente da subito, stoppa il possibile paziente, che si aspetta di sedersi sul divano del Dr.Freud, di sua scelta, e di sentirsi domandare e ridomandare di raccontargli la propria vita, fin dall’infanzia, per collegare il problema psichico, che lo fa soffrire ,con una possibile causa che viene da lontano.
Errore madornale, da non fare secondo l’autore, che propone, al contrario, un approccio assolutamente opposto.
Del resto addirittura il sottotitolo del libro enuncia la filosofia, che sottende la tesi argomentata nel saggio : “come smettere di rimuginare sul passato e ricominciare a vivere”.
Sinceramente ero convinto ,che la psicoterapia fosse ancorata alle procedure mentali ,che abbiamo acquisito leggendo Freud, cioè spingere il paziente a farsi una autoanalisi ,che conducesse a rilevare il trauma psichico residente regolarmente nel passato.
Ma Morelli ci dice : se non vuoi uscire dalla tua sofferenza vai pure avanti a flagellarti ,rimuginando di continuo su quello che ritieni che sia la causa del tuo male , vedrai che starai sempre peggio.
E’ un bello sberlone in faccia alle credenze comuni, magari supportato anche da non pochi colleghi del Morelli.
Ma sinceramente la sua proposta terapeutica mi è apparsa da subito basata su argomentazioni estremamente verosimili e funzionali alla pratica moderna del “problem solving” ,invece che alle precedenti abitudini mentali dirette ad andare a cercare tutte le possibili soluzioni ai nostri problemi nelle religioni, ideologie eccetera, portatrici di presunte verità più o meno assolute.
Morelli lo confesso, oltre che per l’impostazione “pratica” ,sopra accennata, ha man in mano guadagnato la mia simpatia e fiducia ,appoggiando le sue argomentazioni sul pensiero dei grandi filosofi greci, sopratutto presocratici, ma non solo ,e ad alcune tradizioni della saggezza orientale come i Veda, molto lontane dai nostri schemi mentali occidentali, ma di grande profondità.
Siamo troppo abituati a matematizzare il mondo.
Fenomeno, ricerca della causa, soluzione del problema.
Ma il mondo e sopratutto noi, siamo troppo complessi per essere riducibili a questo schema logico.
Non siamo solo razionali, anzi!, ci dice Morelli.
In noi, nella nostra psiche ,convivono addirittura più persone.
Il momento di disagio o di vera e propria sofferenza ci porta dolore, che va preso come fosse il dolore del parto, argomenta Morelli, con un paragone efficacissimo.
Cioè quel momenti di sofferenza va utilizzato per venirne fuori il più presto possibile con una vita nuova.
Dobbiamo essere capaci di partorire un altra parte del nostro essere ,che da sempre conviveva con noi, ma della quale non avevamo avuta ancora consapevolezza.
Ecco una altra delle parole chiave di questo libro acquisire la consapevolezza di una parte nuova del nostro sé.
Usciamo dall’illusione di poter razionalizzare tutto, non servirebbe ,perché il nostro essere non è soltanto il visibile.
Per risolvere un nostro problema psichico, che ci fa soffrire bisogna anzitutto finire di rimuginarci sopra.
Bisogna decisamente allontanarlo da noi, obbligarci ,quando ci viene in mente, a pensare ad altro.
A guardare le cose da un altro e diverso punto di vista.
Smetti di pensare a tè stesso e pensa ad altro!
Avrai pure degli interessi, coltivali!
Queste parte dell’analisi di Morelli ,mi fatto tornare in mente le argomentazioni di Seneca, nelle Consolazioni, che mi avevano molto colpito.
Alle amiche ed amici ,che avevano subito un lutto e che non sapevano come elaborare la sofferenza, legata a quel lutto, Seneca ,sorprendentemente ,consigliava di mettersi a studiare una materia che fosse di qualche interesse.
Anche questa era una proposta molto pratica e funzionale che mi pare sulla stessa linea: tieni la mente occupata di tutt’altro, rispetto a quello che ti fa soffrire.
Una volta si parlava di “filosofia perennis”, e beh se non è perennis questa...