Avevo “conosciuto” Nicoletti seguendo Radio 24 e proprio rimanendo fedele alla sua rubrica per un certo tempo, ho trovato rimarchevole il modo di parlare del suo gigantesco problema personale, cioè di essere padre di un figlio autistico, ormai grande, che gli condiziona totalmente la vita.
Mi era da subito piaciuto il suo modo singolare di affrontare, anche con gli ascoltatori ,il problema dell’autismo, che si pone oggi come la prima fonte di handicap e che purtroppo segna dei numeri elevati e con tendenza all’ aumento.
Avevo appena letto e recensito il libro di argomento analogo, scritto dal Prof.Alberto Vanolo : “la città autistica”, e, dato che prima di leggerlo ignoravo totalmente cosa fosse l’autismo, ho trovato lo stimolo ad approfondire l’argomento, leggendo anche il libro di Nicoletti, che essendo un giornalista e conduttore noto,che ha scritto più libri sull’argomento, fra i quali questo di cui parliamo, riuscendo a farlo diventare un best seller.
L’autore è un autentico personaggio.
Riesce a farci capire qual’ è il mondo degli autistici portandoci con mano leggera a ripercorrere la giornata normale di un genitore, che si è posta la missione di accudire un figlio, che praticamente non ha mai parlato se non con pochissimi monosillabi, che non sa scrivere, né fare di conto,che non è in grado di attraversare una strada, che se andasse in giro da solo oltre ad andare sotto alle macchine non saprebbe ritornare a casa, eccetera.
Si dice che l’autismo comporta l’incapacità di comunicare, ma se non si entra nella vita privata di tutti i giorni ,difficilmente si riesce a cogliere cosa vuol dire realmente.
Saltano tutte le convenzioni sociali con conseguenze paradossali.
Prendere un autobus o la metro, andare a un ristorante, a un cinema fare un giro in bicicletta, sembra semplice, ma se si accompagna un figlio autistico in queste occasioni di socializzazione si devono fronteggiare continuamente problemi imprevisti, perché l’autistico è per definizione imprevedibile, proprio nel senso che non si conforma a regole, che non lo toccano.
Fa pensare molto questo libro, perché ci interroga proprio sul senso di moltissime cose.
Casualmente prima di scrivere queste righe avevo letto un articolo di giornale che ricorda il centenario della nascita del più noto psichiatra italiano, Franco Basaglia.
Ebbene uno dei pensieri chiave di Basaglia era proprio questo : non esiste un modello obiettivo al quale l’umanità debba conformarsi e quindi quello che vediamo come imperfezione, diversità eccetera ha piena legittimità di esistenza.
Questo non significa che la malattia mentale non esiste, ma il folle lo si cura curando la società.
Se le regole sociali non sono altro che convenzioni, ebbene possiamo sempre metterle in discussione per far posto anche ai diversi.
Gestire un figlio autistico è estremamente pesante, ci fa capire Nicoletti , che descrivendo come si svolge la giornata nei dettagli, ci fa anche capire che non sempre è materialmente possibile accollarsi questo compito.
E’ antipatico dirlo, ma lo stesso Basaglia, non a caso affermava che la malattia psichica o come diceva lui il disagio psichico è un disagio classista.
Nel caso dell’autismo ancora di più, perché se è vero che un figlio autistico ha bisogno di assistenza o comunque di essere tenuto d’occhio 24 ore su 24, perché se no, tanto per dirne una, potrebbe buttarsi giù dalla finestra, per il semplice fatto che non riesce a distinguere fra la vita reale e la finzione scenica dei cartoni, dove se uno si butta, rimbalza allegramente, il genitore che lo accudisce come fa ad andare a lavorare?
Ricorrere a badanti, terapisti, addetti ai servizi socio-sanitari, non è affatto gratuito, come era gratuito il manicomio, che Basaglia ha chiuso, meritevolmente per certi versi, discutibilmente per certi altri, senza che sia stato rimpiazzato da servizi pubblici più complessi e più costosi.
Se non si hanno i mezzi, né le obiettive condizioni logistiche per dedicare quasi tutta la giornata al figlio autistico, lo stesso Nicoletti riconosce che bisognerebbe ricorrere alle strutture esistenti che riducono tutto a una perenne sedazione per di più immagino , per niente gratuita, oppure la sedazione la si svolge in ambiente casalingo.
O se hanno i mezzi e la possibilità di conciliare alcuni tipi di lavoro con la disponibilità del resto della famiglia e il fegato personale di dedicarvi la vita, lo fanno direttamente.
Tanto di cappello a Nicoletti!
La lettura del suo libro è illuminante e come già accennato fa pensare tra l’altro al senso ed ai limiti delle nostre regole sociali, ma solleva anche serissimi problemi etici e filosofici.
Devo confessare che se da una parte la lettura di questo libro mi ha parecchio interessato perché mi ha aperto alla conoscenza di un mondo prima sconosciuto, che però esiste e tocca molte famiglie, dall’altra mi ha rattristato non poco.
Leggendo non riuscivo a non pormi la domanda più scomoda che è questa : ribadito il tanto di cappello a Nicoletti, è lecito porsi la domanda se ne vale la pena di prodigarsi in tanto sforzo e partecipazione quando la persona autistica alla quale si dedica la vita non dico non è in grado di ricambiare nemmeno una qualche forma obiettiva di riconoscenza, ma allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non sembra poter trarre dall’assistenza umana o sovra-umana dei vari Nicoletti, che pure ci sono e sono a quanto pare numerosi, alcuna possibilità non dico di guarire, ma nemmeno di costruire qualunque cosa dentro di sé.
Ma ha coscienza di sé una persona autistica ? Questo forse è il più grosso e delicato dei problemi.
E qui sinceramente è meglio fermarsi, perché se no si va a picchiare la testa contro il muro e si rischia di pensare cose che non fa bene nemmeno pensare.
Questo è un libro duro, al di là della grande abilità dell’autore, perché è duro l’argomento.
Ma quando c’è un’occasione di interpellare e condividere la comune umanità, è sempre buona cosa non girare la testa dall’altra parte.
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