mercoledì 14 maggio 2014

Si va a votare per le europee. Allora Euro si o Euro no o cosa?







A pochi giorni  dal voto si parla di tutto meno che  di  Euro, eccetera.
Perchè i politici  sono tutti una manica di incoscienti?
Magari in parte si, ma la ragione vera è che non sanno che pesci pigliare.
Le implicazioni di Euro si, Euro no e, se Europa si, quale Europa, non sono alla loro portata, a quanto pare.
Del resto si tratta di una minorità politica che viene da lontano.
Infatti durante tutto il cinquantennio democristiano gli analisti più preparati hanno sempre sostenuto che l’Italia  non aveva mai avuto una politica estera sua, seguiva pedissequamente quella americana, anche perché la situazione geopolitica di allora (guerra fredda e posizione strategica dell’Italia in essa) dava all’Italia, terra di frontiera fra est e ovest, un vantaggio competitivo.
I nostri governanti di allora non si erano nemmeno mai curati di  imparare l’americano, non ce n’era bisogno, era talmente strategica la posizione dell’Italia che  a Washington i tappeti rossi si sprecavano per accoglierli e coccolarli.
Oggi è tutto diverso.
La guerra fredda è finita, l’Italia non è più una frontiera verso nessun avversario.
L’America da tempo  guarda all’Asia con più interesse che all’Europa, che, oltretutto, gli americani faticano a capire.
Perché mai questi europei, arroganti  e pasticcioni,  non riescono a mettersi nella testa che non conteranno  mai nulla fino a quando  non saranno  un solo  paese, possibilmente con una sola lingua  di riferimento e un solo governo, una sola economia, un solo esercito, per gli americani  risulta incomprensibile.
Per loro, formidabili pragmatici, il ragionamento è così semplice, che lo capirebbe subito anche un bambino.
Per noi invece è talmente  difficile e complicato che non ci esercitiamo nemmeno a parlare di Europa.
Stiamo per andare a votare per gli organi rappresentativi e dirigenti dell’Unione Europea, pensando solo e unicamente ai miserabili problemi del nostro pollaio politico : chi è più gallo fra Renzi, Grillo e il vecchio Berlusca?
Il nostro ragionamento politico non esce da questi confini.
Il Pd di Renzi è apertamente filoeuropeista e filo Euro.
L'unica rivendicazione dichiarata che porta a Bruxelles e Strasburgo è di sforare il limite del 3%, se lo si fa per  fare investimenti.
E' meglio che niente, ma è certo  un po' poco e comunque si tratta di una posizione del tutto insufficiente di fronte alle urgenze richieste dalla crisi economia italiana, dopo venti o trent’anni di stagnazione.
Forza Italia dell'ex cavaliere ed ex- tutto sembrava   tempo fa determinata a cavalcare in queste elezioni  la posizione tipicamente populista dell’euro-scetticismo.
Oggi l’ex tutto sembra più preso dal problema di sopravvivere al disastro delle sue pene ancora tutte da scontare e dal puro problema della sopravvivenza che da altro.
La linea per lui sono la mutua per cani e gatti e dentiere per tutti, ha appena aggiunto stipendi e pensioni alle casalinghe, ma c’è ancora una settimana per spararne di più grosse e grossolane.
L’Europa non c’è e quando ne accenna, lo fa come sempre in modo generico e ambiguo, ragionando sempre da pollaio, contro la cattiva chioccia Angela Merkel e il cattivissimo gallo rosso Schultz, venuto in Italia a sostenere un Pd sempre più politicamente penoso, per totale mancanza di idee.
Ma non entrando mai nella sostanza dei problemi :
- rispetto del tetto di deficit del 3% si o no?
- conservare il fiscal compact (impegno a ridurre il debito tagliando ogni anno 10 miliardi e quindi in pratica disfando lo stato sociale) si o no?
-rinegoziare il trattato di Maastricht si o no ?
-sul caldissimo dossier dell’immigrazione, accettare gli accordi di Dublino che accollano tutto al paese primo ospitante si o no?
Si noti bene che tutti i punti sopra elencati sono stati a suo tempo votati e firmati sia dal PD che da Berlusconi, ma forse l’avevano fatto  a loro insaputa?
Rimane per fortuna Grillo.
Euroscettico, ma trasparente, con un suo programma scritto, nero su bianco : no al tetto del 3%, no al fiscal compact, trattati di Maastricht da rinegoziare, referendum sulla permanenza nella zona Euro.
Buone o non buone queste idee, sono idee nuove da discutere, non sono ragionamenti da pollaio.
Le indagini demoscopiche dicono che l’elettorato dei 5Stelle é quello che conta il maggior numero di laureati e di giovani e che il Movimento incontra difficoltà a sfondare fra gli anziani e le casalinghe (ecco il perché della campagna pro dentiere e casalinghe di Berlusca, che ha altri difetti, ma che i sondaggi li conosce bene), ma che non ostante questo va benissimo al Sud, dove forse l’esasperazione è arrivata al culmine.
Perfino la struttura dell’elettorato sta a significare che i 5Stelle sono il nuovo e che tutti  gli altri partiti sono il vecchio e la  conservazione dell’esistente.
Vi sta bene l’esistente ? Votate PD o Berlusconi.
Volete cambiare? Votate 5Stelle.









giovedì 8 maggio 2014



I segnali di debolezza dello stato  sono  troppi,  occorre reagire




I fischi  che hanno accolto  l’inno  nazionale all’inizio della famosa  partita di coppa Italia  Fiorentina-Napoli saranno stati meno gravi della  sparatoria, che ha  accompagnato  quell’evento nella cronaca, ma il suo significato simbolico  è devastante.
Chi fischia  l’inno nazionale fischia  sé stesso, le sue radici, il suo passato.
Non ci si  può dimettere da italiano, come non ci si può dimettere dall’essere uomo.
Eppure è successo e ci sono state pure le  deliranti  giustificazioni leghiste.
Arrivati a questo punto occorrerà pure prendere coscienza che se si continua a tollerare l’intollerabile,  si inizia  a scivolare sempre più giù e sempre più lontani  dai cugini  europei, che ci  guardano  ormai sgomenti.
Si  chiedono  come sia possibile  che gli eredi  della maggiore  concentrazione di  geni  dell’umanità nel campo  delle  arti  ecc. si siano ridotti  a lasciarsi cadere così in basso.
Un osservatore esterno di qualità come Alan Friedman, del quale abbiamo parlato più diffusamente nel post del 17 aprile  scorso, ha scritto che la pessima qualità della classe politica , che abbiamo continuato imperterriti a  votare e  rivotare, ci ha  fatto perdere almeno vent’anni, durate i quali gli altri si adeguavano al mondo moderno e noi dormivamo, cadendo nella palude della  stagnazione.
L’ultimo biennio poi è stato  disastroso, da quando l’anziano inquilino  del  Quirinale si è intestardito cocciutamente a confondere  stabilità con immobilismo, ha imposto alleanze politiche innaturali, improponibili in  Italia e impedito al paese di andare  alle urne tutte le volte che sarebbe stato necessario per trovare una  maggioranza politica  vera.
Questo impuntamento da solo è stata una  impressionante causa del deterioramento della vita civile, che stiamo  osservando.
La recentissima  farsa di un pregiudicato, condannato  in  via  definitiva per una frode fiscale  ingente, affidato  ai  servii  sociali, formalmente  per favorire una sua improbabile rieducazione,  senza che si fossero manifestatati  gli indispensabili fattori né del pentimento, né del riconoscimento delle proprie malefatte, da parte dell’interessato, fattori richiesti a tutti gli altri  mortali, per scansare gli arresti e fruire dell’affidamento  ai  servizi  sociali.
Questo vulnus delle prescrizioni e del più elementare buon senso, ha  statuito la mostruosità che la legge non è uguale per tutti, avrà  conseguenze imprevedibili a causa della notorietà e dell’esposizione mediatica del soggetto.
E’ questo il prezzo che i vertici  delle istituzioni hanno ritenuto di pagare per garantire la continuità  dell’immobilismo, e per giovare a chi?
E’ inquietante dovere porsi queste domande.
Siamo davvero al governo di una rinata e più forte P2, dei poteri forti, delle banche, delle multinazionali  finanziarie ecc. come dice Grillo?
Gli indizi  ci sono.
Ma il caso dell’ex cavaliere ed ex senatore, non è unico, gli organi dirigenti delle istituzioni sono  ben forniti di pregiudicati e rinviati a giudizio, ed i partiti imperterriti continuano a candidare gente che non sarebbe in grado di esibire un certificato di carichi pendenti pulito.
Questi fatti sono una fonte terribile e ben giustificata di  sfiducia nello stato.
La casta politica, che ha dato per anni una pessima prova di sé, continua ad  essere mantenuta a nostre spese con stipendi , pensioni e benefit vari, talmente eccessivi  da essere un insulto per il cittadino.
Ecco un  altro elemento di  deterioramento dell’immagine dello stato.
La casta della magistratura, che pure lei, gode  di stipendi sproporzionati, ha dimostrato nel  suo insieme, di non riuscire a produrre, nel suo lavoro,  un livello di efficienza nemmeno minimale, se si guarda alla durata intollerabile dei processi.
Il  suo organo di autogoverno non ha fatto nulla di efficace per organizzare e riorganizzare la  macchina  della giustizia in modo da renderla funzionale  alla sua missione.
Non riesce a gestire le assunzioni e le  progressioni di carriera nonchè le assegnazioni alle sedi  in modo appena adeguato e non riesce a punire gli incapaci o chi prende cantonate clamorose.
Questo è un altro elemento che produce il deterioramento  dello stato, dato che fin dalla  notte dei tempi, la gente guarda alla magistratura, come titolare di una missione quasi  sacrale e quindi si aspetterebbe parecchio di più.
Le cronache ci hanno  raccontato, in questi giorni, di una assemblea sindacale di poliziotti dove si sono applauditi per  diversi minuti alcuni colleghi condannati per  omicidio  colposo di un cittadino privato della libertà.
Questo è altro fatto  di  inusitata gravità perché porterà ad alienare  la fiducia nelle forze dell’ordine, che sono uno degli ultimi baluardi della credibilità dello stato.
Se i cittadini continuano a verificare tutti i giorni che per acquisire quello che è un loro pacifico diritto, non basta che lo chiedano nei modi di legge, ma sono messi  nelle condizioni  di dover  rivolgersi  al signor barone locale  o nazionale  di turno, come nel medio evo, questo mina la credibilità e la forza dello stato.
Se i giovani sono costretti a rilevare  che gli articoli della costituzione che proclamano  il lavoro come un diritto  così come l’essere valutati in base alle  proprie attitudini, competenze e meriti , sono  messi nella prassi sotto i piedi per favorire le  clientele  delle caste, questo mina la credibilità dello stato.
E che dire dei milioni di lavoratori in cassa integrazione, costretti a perdere la propria dignità passando le giornate a guardare il soffitto, perché questa classe dirigente non ha la fantasia minima necessaria per impiegarli più utilmente e più dignitosamente per loro a realizzare quei lavori pubblici di manutenzione del patrimonio pubblico che sarebbe indispensabile ; dalle scuole al verde, eccetera?
C’è un’occasione per offrire ai cittadini l’opportunità di farsi servitori dello stato, cioè della loro comunità e questa non viene nemmeno messa allo studio.
E poi c’è un altrettanto  numeroso esercito di  giovani  in cerca di prima occupazione  che sarebbero ben  lieti di  essere  impiegato  a servii civili, anche con rimborsi simbolici,  ma tali da rendere  loro la dignità di membri attivi  della  comunità nazionale.
Ma non se ne fa nulla, forse perché caste, poteri forti e banche,  non ci vedono la possibilità di prendersi una fetta di profitto.
E poi stiamo fronteggiando con assoluta inconsapevolezza il problema epocale di una  migrazione  gigantesca dall’Africa all’Europa, senza fare assolutamente alcunché, se non vaneggiare sulla possibilità di fermare la storia.
Questi politici senza idee, né forti né deboli, non riescono a pensare a mettere in piedi una  vera cooperazione internazionale  a parità di costi, che convinca coi fatti chi è disposto a rischiare la vita per emigrare a fermarsi nel suo paese.
Ma allora  bisogna impiegare parte dei nostri  disoccupati  e  giovani in attesa di  occupazione ad attuare i microprogetti, che le missioni cattoliche e le Ong  sono impegnate a fare nei mille villaggi di quel continente, ma che non possono produrre più di una pur ammirevole testimonianza a  causa del numero sproporzionatamente sottodimensionato di operatori.
Si potrebbero citare chissà quante altre iniziative fattibili, se ci fosse la fantasia e la volontà politica per ricostruire la fiducia e la forza dello stato, che una volta veniva chiamato patria, con tutta la forza evocativa e simbolica, che avrebbe questo termine, e che si chiamerà ancora patria, quando lo stato medesimo riuscisse a riacquistare la forza che gli viene sottratta dalle consorterie al potere.
Due settimane e si va a votare, purtroppo, solo per le europee e per elezioni locali.
Si spera che la  molta gente esasperata capisca almeno la nozione basica, che la  logica insegnerebbe di applicare in questi casi.
Se andrà a votare ,con le motivazioni più assurde, ancora  gli stessi che hanno depredato lo stato, si tirerà la zappa sui piedi.

venerdì 2 maggio 2014

Grande riforma della burocrazia, Renzi, veramente,  non sa nemmeno di cosa parla



Conoscendo come le mie tasche il mondo della pubblica amministrazione, per esperienza personale e familiare, quando ho letto l’annuncio della presunta ennesima riforma epocale di Renzi, nelle linee riportate dai giornali, ho trasecolato.
Quando poi, il giorno dopo quell’annuncio,  ho sentito il commento, una volta tanto, dettagliato e puntuale, di Brunetta, che lo demoliva con efficacia punto per punto, mi sono veramente preoccupato, perché era chiaramente la prima volta, che mi trovavo   pienamente  d’accordo con lo stesso Brunetta.
Questo economista preparato della Ca’ Foscari, per sua disgrazia, è anche  il capo gruppo alla Camera di Forza Italia,  ed a mio parere  avrebbe potuto esaltare molto meglio il suo smisurato ego,  se si fosse trovato un partito un po’ più dignitoso nel quale militare.
Il commento di Brunetta era molto semplice e chiaro, perché nella sostanza diceva una cosa ovvia : la presunta riforma della pubblica amministrazione di Renzi è tutta una bufala¸  non  una riforma, perché i punti enunciati e strombazzati, come novità epocali, (ad esempio : trasferimenti di personale in esubero in sedi o settori scoperti;  o sistema  premiale per dirigenti che raggiungono certi obiettivi;  oppure selezione ed avanzamenti per merito) sono già presenti in leggi e leggine dello stato in vigore da anni, ma disapplicate da sempre.
Quindi il problema della riforma della pubblica amministrazione è di volontà politica e non altro.
O meglio, aggiungo io, il nocciolo del problema è fare uscire la politica, tanto per cominciare, dalla selezione e dalla gestione del personale.
E mi spiego, oggi la pubblica amministrazione è un dinosauro in Italia, come in qualsiasi altro paese ma questo è un falso problema, perché il numero dei dipendenti pubblici italiani è allineato con quello degli altri paesi compresi quelli più efficienti come Germania, paesi nordici, Francia ecc.
Il problema vero è il livello di interferenza della politica nella gestione corrente  del dinosauro.
Come farebbe a funzionare la Fiat, o qualsiasi altro grosso gruppo, se a capo, che so io, del marketing, cioè di quel settore che  studia di quale tipo di auto oggi  vuole la gente, venisse messo uno chef, un cuoco, perché la direzione vuole così ?
Di questo tipo di problema ,se ne parla finalmente, ed anche seriamente, da quando è uscito il libro inchiesta di Stella e Rizzo, ottimi giornalisti del Corrierone,  sulla “casta”, uscito nel 2007, e quelli successivi su temi analoghi,  ma non credo che la gente comune si sia resa ancora conto di quale disastro sia avere tutto l’enorme settore pubblico gestito dall’incompetenza di una classe politica ignorante e corrotta.
Se l’amministrazione è ridotta così, lo ripeto, non è affatto perché gli “statali” e affini sono troppi o perché siano tutti fannulloni (ci sono anche quelli, come dappertutto del resto).
Il problema è che i funzionari , dirigenti , manager e super manager, non contano un accidente e non dirigono un accidente, perché che comanda non sono loro, ma la politica, che interferisce anche nelle scelte più minute  e in ogni fase, determinando chi assumere e chi non assumer; chi promuovere e chi non promuovere; dove comperare la roba e dove no; a chi far vincere gli appalti; a chi pagare le fatture e a chi no; dove fare investimenti e dove no.
I dirigenti ufficiali e formali eseguono non dirigono.
Ovviamente i dipendenti questo lo sanno benissimo e quindi non si preoccupano più di tanto di ubbidire e di essere ligi alle direttive del loro capo ufficiale, perché sanno bene che il loro capo è di fatto un dipendente non dello stato, ma di un preciso padrino politico e che quindi è quello il vero dominus a cui fare  riferimento.
La pubblica amministrazione è così un mostro costretto a  funzionare e lavorare, come se il personale avesse seguito un corso universitario di “dis- organizzazione aziendale”.
Nei vacui sproloqui di Renzi, di tutto questo, cioè della sostanza del problema, non c’è nemmeno un accenno.
E’ logico che ai politici, di destra o di sinistra, che siano, questa situazione va incoscientemente benissimo, perché questa è in gran parte la base più consistente del loro potere, che offre  clientele e soldi.
Non so se il cittadino medio sa che la degenerazione clientelare della gestione pubblica negli enti locali e nelle regioni ha superato al peggio quella centrale precedente.
Oggi la politica regionale ha   il potere  e questa volta non trasversale ed occulto, ma trasparente e riconosciutagli dalla legge (fatta ovviamente dagli stessi politici regionali)  di  nominare i direttori sanitari e i primari degli ospedali pubblici.
Con quale garanzia per la salute dei cittadini è facile da immaginare.
Però non risulta che ci siano partiti che facciano campagne per cambiare queste situazioni assurde e strappare la  politica dalla gestione corrente della macchina amministrativa.
Compito della politica approdata agli organi di governo in un paese civile e funzionale è quello di dare le direttive strategiche al pachiderma della pubblica amministrazione.
Punto.
La gestione, tutta la gestione per seguire quelle direttive strategiche, dovrebbe essere lasciato a una macchina aziendale, anche se pubblica, in grado di funzionare con gli stessi criteri che segue qualsiasi azienda : merito, efficienza, valutazione dei risultati.
Perché in Inghilterra, Germania, Svezia ecc. ci riescono?
Non è che da loro i politici siano poi delle aquile.
Probabilmente da loro la società è più seria, informata e pretende di più.
Sono meno creduloni, sono meno facili a cullarsi nell’illusione dei vari “grandi comunicatori” di turno.
Sono forse meno abituati a fare i furbi loro stessi nella vita di tutti i giorni, in modo da essere legittimati a chiedere la stessa serietà e rigore, che praticano loro per primi, anche ai loro politici.
Hanno capito che vivere come si fa quotidianamente in Italia, andando a elemosinare come favori, quelli che altrove sono riconosciuti nella pratica quotidiana come diritti, è una umiliazione, che è stata spazzata dalla rivoluzione francese secoli fa.
Hanno capito che non dovere andare a chiedere nulla al barone di turno e invece porre il solo criterio del merito, come elemento di avanzamento sociale, sarebbe nell’interesse di tutti e quindi anche nel loro personale interesse, perché le società che funzionano meglio della nostra seguono inevitabilmente quello stesso criterio.
E’ difficile uscire da queste situazioni.
Renzi non risulta essere per niente credibile.
Rimane solo Grillo.

Ma è un “grande comunicatore” anche lui, siamo ancora e sempre incamminati in strade traverse ed anomale, che ,secondo le credenze, dio o il caso  ce la mandino buona.