venerdì 2 maggio 2014

Grande riforma della burocrazia, Renzi, veramente,  non sa nemmeno di cosa parla



Conoscendo come le mie tasche il mondo della pubblica amministrazione, per esperienza personale e familiare, quando ho letto l’annuncio della presunta ennesima riforma epocale di Renzi, nelle linee riportate dai giornali, ho trasecolato.
Quando poi, il giorno dopo quell’annuncio,  ho sentito il commento, una volta tanto, dettagliato e puntuale, di Brunetta, che lo demoliva con efficacia punto per punto, mi sono veramente preoccupato, perché era chiaramente la prima volta, che mi trovavo   pienamente  d’accordo con lo stesso Brunetta.
Questo economista preparato della Ca’ Foscari, per sua disgrazia, è anche  il capo gruppo alla Camera di Forza Italia,  ed a mio parere  avrebbe potuto esaltare molto meglio il suo smisurato ego,  se si fosse trovato un partito un po’ più dignitoso nel quale militare.
Il commento di Brunetta era molto semplice e chiaro, perché nella sostanza diceva una cosa ovvia : la presunta riforma della pubblica amministrazione di Renzi è tutta una bufala¸  non  una riforma, perché i punti enunciati e strombazzati, come novità epocali, (ad esempio : trasferimenti di personale in esubero in sedi o settori scoperti;  o sistema  premiale per dirigenti che raggiungono certi obiettivi;  oppure selezione ed avanzamenti per merito) sono già presenti in leggi e leggine dello stato in vigore da anni, ma disapplicate da sempre.
Quindi il problema della riforma della pubblica amministrazione è di volontà politica e non altro.
O meglio, aggiungo io, il nocciolo del problema è fare uscire la politica, tanto per cominciare, dalla selezione e dalla gestione del personale.
E mi spiego, oggi la pubblica amministrazione è un dinosauro in Italia, come in qualsiasi altro paese ma questo è un falso problema, perché il numero dei dipendenti pubblici italiani è allineato con quello degli altri paesi compresi quelli più efficienti come Germania, paesi nordici, Francia ecc.
Il problema vero è il livello di interferenza della politica nella gestione corrente  del dinosauro.
Come farebbe a funzionare la Fiat, o qualsiasi altro grosso gruppo, se a capo, che so io, del marketing, cioè di quel settore che  studia di quale tipo di auto oggi  vuole la gente, venisse messo uno chef, un cuoco, perché la direzione vuole così ?
Di questo tipo di problema ,se ne parla finalmente, ed anche seriamente, da quando è uscito il libro inchiesta di Stella e Rizzo, ottimi giornalisti del Corrierone,  sulla “casta”, uscito nel 2007, e quelli successivi su temi analoghi,  ma non credo che la gente comune si sia resa ancora conto di quale disastro sia avere tutto l’enorme settore pubblico gestito dall’incompetenza di una classe politica ignorante e corrotta.
Se l’amministrazione è ridotta così, lo ripeto, non è affatto perché gli “statali” e affini sono troppi o perché siano tutti fannulloni (ci sono anche quelli, come dappertutto del resto).
Il problema è che i funzionari , dirigenti , manager e super manager, non contano un accidente e non dirigono un accidente, perché che comanda non sono loro, ma la politica, che interferisce anche nelle scelte più minute  e in ogni fase, determinando chi assumere e chi non assumer; chi promuovere e chi non promuovere; dove comperare la roba e dove no; a chi far vincere gli appalti; a chi pagare le fatture e a chi no; dove fare investimenti e dove no.
I dirigenti ufficiali e formali eseguono non dirigono.
Ovviamente i dipendenti questo lo sanno benissimo e quindi non si preoccupano più di tanto di ubbidire e di essere ligi alle direttive del loro capo ufficiale, perché sanno bene che il loro capo è di fatto un dipendente non dello stato, ma di un preciso padrino politico e che quindi è quello il vero dominus a cui fare  riferimento.
La pubblica amministrazione è così un mostro costretto a  funzionare e lavorare, come se il personale avesse seguito un corso universitario di “dis- organizzazione aziendale”.
Nei vacui sproloqui di Renzi, di tutto questo, cioè della sostanza del problema, non c’è nemmeno un accenno.
E’ logico che ai politici, di destra o di sinistra, che siano, questa situazione va incoscientemente benissimo, perché questa è in gran parte la base più consistente del loro potere, che offre  clientele e soldi.
Non so se il cittadino medio sa che la degenerazione clientelare della gestione pubblica negli enti locali e nelle regioni ha superato al peggio quella centrale precedente.
Oggi la politica regionale ha   il potere  e questa volta non trasversale ed occulto, ma trasparente e riconosciutagli dalla legge (fatta ovviamente dagli stessi politici regionali)  di  nominare i direttori sanitari e i primari degli ospedali pubblici.
Con quale garanzia per la salute dei cittadini è facile da immaginare.
Però non risulta che ci siano partiti che facciano campagne per cambiare queste situazioni assurde e strappare la  politica dalla gestione corrente della macchina amministrativa.
Compito della politica approdata agli organi di governo in un paese civile e funzionale è quello di dare le direttive strategiche al pachiderma della pubblica amministrazione.
Punto.
La gestione, tutta la gestione per seguire quelle direttive strategiche, dovrebbe essere lasciato a una macchina aziendale, anche se pubblica, in grado di funzionare con gli stessi criteri che segue qualsiasi azienda : merito, efficienza, valutazione dei risultati.
Perché in Inghilterra, Germania, Svezia ecc. ci riescono?
Non è che da loro i politici siano poi delle aquile.
Probabilmente da loro la società è più seria, informata e pretende di più.
Sono meno creduloni, sono meno facili a cullarsi nell’illusione dei vari “grandi comunicatori” di turno.
Sono forse meno abituati a fare i furbi loro stessi nella vita di tutti i giorni, in modo da essere legittimati a chiedere la stessa serietà e rigore, che praticano loro per primi, anche ai loro politici.
Hanno capito che vivere come si fa quotidianamente in Italia, andando a elemosinare come favori, quelli che altrove sono riconosciuti nella pratica quotidiana come diritti, è una umiliazione, che è stata spazzata dalla rivoluzione francese secoli fa.
Hanno capito che non dovere andare a chiedere nulla al barone di turno e invece porre il solo criterio del merito, come elemento di avanzamento sociale, sarebbe nell’interesse di tutti e quindi anche nel loro personale interesse, perché le società che funzionano meglio della nostra seguono inevitabilmente quello stesso criterio.
E’ difficile uscire da queste situazioni.
Renzi non risulta essere per niente credibile.
Rimane solo Grillo.

Ma è un “grande comunicatore” anche lui, siamo ancora e sempre incamminati in strade traverse ed anomale, che ,secondo le credenze, dio o il caso  ce la mandino buona.

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