mercoledì 18 maggio 2011

Chi ha cantato per primo il "de profundis" per Berlusconi come leader

Mi piace commentare la clamorosa caduta di Berlusconi nelle elezioni amministrative dell'altro ieri, che lui stesso aveva trasformate incautamente e con la solita arroganza nell’ennesimo referendum pro o contro lui stesso con un taglio parecchio inusuale.
La penosa “fregola” che da quasi vent’anni ha costretto gli italiani ad essere prigionieri di una dichiarazione di fede pro o contro questo anomalo personaggio, che ho scritto e ripetuto, è tutto meno che un grande leader carismatico e che, a bocce ferme, risulterà un ben modesto uomo di governo, è ora che si faccia tutti qualcosa per farla finire, prima sarà e meglio sarà per la dignità di questo paese e nostra personale come cittadini.
Mi sbaglierò,ma mi sembra documentabile che il “de profundis” al Berlusconismo lo abbia cantato con la consueta veste delle prese di posizioni curiali ,ma con cristallina chiarezza il Pontefice in persona nei discorsi che ha fatto a Venezia meno di dieci giorni fa e che la stampa ha praticamente snobbato.
A un cattolico poco o niente ortodosso e comunque tutt’altro che tradizionalista, come chi scrive, costa dover lodare colui che viene descritto come la personificazione del tradizionalismo, ma tant’è questa è l’evidenza delle cose e l’evidenza bisogna riconoscerla.
Ratzinger a Venezia, davanti a una folla inconsueta e inaspettata ha parlato su argomenti di dottrina sociale cristiana, riecheggiando le posizioni del migliore e più coraggioso Papa Montini, che per intenderci e semplificando le cose fino a rischiare la banalità, fu “il più a sinistra” dei papi in questa materia :
- no alla paura degli immigrati e invece apertura verso la loro accoglienza;
- rispetto verso di loro, basato sulla mutua conoscenza e fondato sul porre con loro relazioni di amicizia;
- lavorare per costruire un futuro migliore, con la fiducia di essere in grado di farlo, purché lo si voglia e ci si impegni su questa strada;
- essere aperti verso la modernità, che vuol dire non chiudersi di fronte al diverso, ma dialogare con lui,unico modo per conoscerlo, superando i propri pregiudizi, facendosi guidare dall’impulso a comprendere le ragioni del cuore dell’uomo moderno;
- fare tutto questo significa riscoprire le radici cristiane, basate sulla lotta all’ingiustizia, alla sopraffazione dei più deboli, vincendo la paura degli estranei e dei lontani;
- ritornare alla logica della comunione, della solidarietà e della condivisione per ritrovare slancio missionario, fervore apostolico, dinamismo pastorale;
- L’autentica realizzazione dell’uomo non di trovano nel potere, nel successo, nel denaro, ma solo in Dio;
- La chiesa si deve impegnare per superare la mentalità individualista e relativista;
- Non cedere mai alla cultura edonistica e consumistica;
- Il fenomeno immigrazione e le situazioni del tutto nuove prodotte dalla globalizzazione possono essere il punto di partenza per rinsaldare l’unità spirituale del genere umano;
- Le aspirazioni alla giustizia ed alla pace spingono a superare le divisioni che le vanificano (mi sembra di interpretare correttamente se traduco questo ultimo concetto, espresso in modo un po involuto, come hanno fatto spesso i papi per non parlare come i socialisti, sostituendo la parola “divisioni” con “disuguaglianze”,del resto comune nella dottrina sociale della chiesa).
Non sto a commentare i singoli concetti sopra espressi, ma ritengo che anche il lettore meno portato alle analisi del linguaggio sottile e complesso dei papi e in particolare di un papa intellettuale di professione come papa Ratzinger si accorgerà con chiarezza che la dottrina sociale sopra enunciata è l’esatto contrario della filosofia sociale e politica, nonché sopratutto della prassi del Berlusconismo.
Ma diranno i Berluscones di turno,ammesso che si curino di leggere i discorsi del Papa, il Papa pensava a ben altro, lui parla sempre al mondo, della politica italiana non si ne cura.
“Ma vai raccontarlo a tua sorella!”, dicono i romani in questi casi.
E’ sicuramente un’espressione poco elegante ma rende l’idea, anche perché è noto che i papi non parlano mai a caso né senza avere misurato accuratamente le parole.
Se la chiesa è durata due mila anni è anche perché chi la rappresenta nella storia più o meno degnamente, sa fare con la massima naturalezza di queste cose un po’ kafkiane.
Pensiamo infatti che la chiesa italiana fino all’altro ieri aveva sostenuto apertamente il Berlusconismo, cominciando a criticarne l’inadeguatezza dell’azione di governo e personale di Berlusconi, solo con sommessi sospiri, paga della sostanziosa contropartita ricevuta sotto forma di privilegi e finanziamenti, fino a che lo “governo” del paese e lo stile di vita le premier non hanno costretto il Vaticano a dire una volta per tutte :ora basta! o con il Berlusconismo in declino andiamo a bagno anche noi.
Non meno kafkiano il fatto che il papa abbia sempre parlato a Venezia di fronte al più autorevole porporato di origine ciellina, cioè di un movimento cattolico la cui denominazione Comunione e Liberazione, ora è da molti letta ,con dileggio, storpiata in “Comunione e Fatturazione” per sottolineare la sua degenerazione in una specie di massoneria più dedita all’accaparramento dei posti di potere che all’apostolato e che in ogni caso è schierata tutt’ora col Berlusconismo senza se e senza ma, nonché senza la minima crisi di coscienza o il minimo senso critico.
Anzi la dottrina sociale, che viene fuori dalle sue pubblicazioni appare come una sorprendente e quasi ingenua riscoperta tardiva de :”il capitalismo è bello, essere ricchi non è peccato”.
Ma fortunatamente la chiesa non è CL, tanto che il medesimo porporato, cioè il Card.Scola, essendosi messo da tempo a studiare da papa, non può certo negare le sue origini cielline, ma è obiettivamente aperto per esempio alle problematiche dell’immigrazione e della globalizzazione seguendo una filosofia sostanzialmente vicina a quella sopra enunciata da papa Ratzinger, come dimostrano le pubblicazioni del Patriarcato di Venezia.
Filosofia ben lontana dal Berlusconismo, compreso quello con la casacca di CL, come dimostra la sua ormai lunga attività non solo culturale per promuovere il dialogo con il mondo islamico.
E’ da tempo ormai che la chiesa ha fatto le sue scelte,si potrebbe obiettare forse un po’ tardive,ma le ha fatte.
Berlusconi non è più il suo cavallo, questo è certo. Saranno arrivati un po’ troppo in ritardo è vero, però comunque hanno anticipato l’elettorato, questo è un fatto.
Uno a zero per il Vaticano sulla politica italiana.

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