venerdì 14 ottobre 2011

Olmi : la domanda di assoluto e la chiesa che non sa rispondere

Anche con il suo film più recente Ermanno Olmi torna a volare altissimo.
Non farà cassetta ma che importa, mica tutti sono omologati al pensiero unico corrente per il quale dio sono i soldi.
Olmi è credente non ci sono dubbi.
Come sempre però quando uno dice di credere in dio in realtà non ha detto molto.
Il problema vero è quale dio, ovviamente non nel senso pedestre di Cristo Budda o Visnù, che se siamo seri sappiamo dipendere solo e unicamente da dove siamo nati.
Da anni le indagini di sociologia religiosa dicono che sono talmente tante le credenze personali nei paesi così detti cattolici che gli studiosi hanno ormai definito la cosa come definendo le effettive credenze attuali come quelle di un “dio à la carte”, nel senso che ognuno si crea un suo universo di credenze, che hanno poco in comune con le costruzioni dogmatiche ufficiali.
E questo non sarebbe un male se fosse il sintomo di un diffuso pensiero critico.
Purtroppo però c’è un altro dato di cui tenere conto ed è quello che ci fornisce sempre la sociologia religiosa secondo il quale in Italia a fronte di un 25% di italiani definibili cattolici nel senso che si conformano alla formalità della messa domenicale, si riscontra un oltre 30% che si rivolge a maghi chiromanti sette varie e cose del genere.
E questo fa pensar male nel senso che occorre probabilmente includere nella grande maggioranza dei credenti di un dio à la carte molti che si sono creati un patchwork di credenze per ignoranza.
Ho iniziato il discorso con questi dati per evidenziare alcuni fatti difficilmente contestabili:
1- comunque se la passi la chiesa cattolica anche in Italia è da tempo una minoranza non ostante i periodici allestimenti di manifestazioni “trionfalistiche”.
Del resto questo papa avrà altri difetti ma su questo punto è sempre stato chiaro se non addirittura spietato e nei suoi recenti viaggi nel nord europa ha invitato i cristiani ad essere una minoranza viva e quindi ha sempre data come acquisita la consapevolezza di questa realtà.
2- credere in dio non vuol dire automaticamente credere nei dogmi strutturati della chiesa gerarchica.
Questa premessa è un po’ lunga ma credo sia indispensabile per capire chi sono gli uomini, gli intellettuali gli artisti e le persone comuni che la pensano come il regista Ermanno Olmi.
Sono persone che non hanno difficoltà e dirsi credenti, non atei e nemmeno agnostici, ma esplicitamente dicono di non sentirsi rappresentati di questa chiesa.
Sperano che questa chiesa possa finalmente ritornare ad essere la chiesa di Gesù di Nazaret, ma anche se non ci riuscisse non ne farebbero un dramma essendo loro non contro ma “oltre”.
L’ultimo film di Olmi “Il villaggio di cartone” racconta la storia di un vecchio parroco che assiste alla trasformazione della sua chiesa, dismessa perché non serve più, la sua chiesa è semidistrutta, ma una notte arriva una moltitudine di persone, sono immigrati clandestini che hanno bisogno di aiuto ancora di più proprio perché per la legge sono clandestini. Clandestini che si ritrovano a costruire un vero e proprio piccolo villaggio con dei semplici cartoni all’interno della chiesa, svuotata di tutto sotto gli occhi del prete che per anni ha detto messa al suo interno. Inutile dire che il prete torna a fare il prete e finalmente si sente veramente utile.
Come in tutti i film di Olmi ci si imbatte in mille metafore e simboli, che però non sono certo di difficile lettura.
E’ evidente che la metafora della chiesa svuotata di tutto, che riacquista il suo significato quando si riempie degli evangelici “ultimi” è una forte polemica contro la chiesa istituzionale, che attaccandosi al potere alle ricchezze ed al possesso di cose ha perso sé stessa e i fedeli.
Olmi fa dire ai suoi personaggi che il bene è di più della fede.
Questa sola frase è un gran bell’elemento di meditazione.
Tutti i grandi artisti sono grandi perché sanno andare all’essenziale dell’umano.
Benedetto Croce aveva scritto una monumentale estetica, libro di culto per decenni, per dire in sostanza questo che l’arte è arte quando raggiunge gli elementi universali dell’umano e quindi viene riconosciuta da tutti dal colto e dall’ignorante.
Olmi ci arriva con facilità.
Col linguaggio dell’arte cinematografica Olmi riesce ha costringere gli spettatori a un tipo di discorso che molto difficile fare in Italia.
Essere un credente o addirittura un cattolico adulto perché dotato di senso critico verso quello che è diventata la chiesa istituzionale oggi in Italia è difficile e non è comune.
Sempre la sociologia religiosa ci segnala che il “dio à la carte” confezionato dai credenti ha la caratteristica comune di essere fondato su un alcune credenze di tipo molto elementare se non addirittura infantili.
La conseguenza è che usare il senso critico verso le proprie credenze religiose come si fa per qualsiasi altra cosa della vita è bypassato dai più , senza nemmeno rifletterci ,anzi proprio evitando di rifletterci, per paura che tale atteggiamento li possa condurre all’inferno.
Verrebbe da dire se siamo a questo punto è meglio lasciar perdere, ma invece è proprio perché la gran massa di coloro che si ritengono credenti vive in questo tipo di cattolicesimo infantile, che non è mai cresciuto perché nessuno lo ha più alimentato di cose serie di argomenti, di ragionamenti, è fondamentale la voce degli Olmi per dare un elemento di riflessione.
Il Cardinale Bagnasco nella sua prolusione recente al consiglio della Cei non ha cercato nemmeno di dare colpi di belletto, come facevano prima di lui su una situazione sociale e morale dell’Italia contemporanea che fa pena da tutti i lati e questo è un bene.
La chiesa non riesce più a rispondere in modo convincente alla domanda di senso che le fa la gente, compresa la sua gente e questo forse le gerarchie cominciano a capirlo e ad esserne turbate.
Ma questo non vuol dire che abbia perduto ancora il patrimonio di valori e di cultura che ha accumulato nei secoli.
Però guai se si chiude nelle mura di una difesa identitaria, guai se considera nemici i cristiani adulti, cioè critici e i laici in ricerca e li chiude fuori.
I nemici della chiesa non sono nemmeno i laici, gli agnostici in ricerca e nemmeno coloro che si dicono atei, ma credono nei valori umani anche senza bisogno di dio.
I veri nemici sono coloro che non credono in niente, aderendo acriticamente al pensiero unico corrente che ha sostituito i valori e la cultura con il culto del successo facile , dell’apparire e non dell’essere, dei soldi ottenuti con qualsiasi mezzo, e interpretati come benedizione divina che sanerebbe qualsiasi peccato.
I credenti e cristiani adulti chiedono alla chiesa di abbandonare potere beni privilegi dogmi irrazionali per riscoprire sé stessa e di allearsi con i laici ,gli agnostici in ricerca, gli atei che credono nei valori umani per costruire insieme il futuro.
Esistono per fortuna illustri ecclesiastici che la pensano sostanzialmente così, si pensi a Martini e la sua “cattedra per i non credenti”, allo stesso Ravasi e il suo “cortile dei Gentili”, per non parlare dei così detti “preti da strada” Don Riboldi, Don Ciotti e altri 100 o 1000, che sono quelli che con la loro testimonianza presso gli “ultimi”, come il vecchio prete di Olmi, tengono ancora accesa la luce del messaggio di Gesù di Nazaret.
Ratzinger ripropone una visione tradizionale : o si riconosce dio e il trascendente come fondamento della morale e del cosmo o si vive nel nulla, senza valori e quindi allo sbando.
E’ sbagliato , è un modo per mettersi il paraocchi per non vedere che le cose stanno diversamente e che cioè in autonomia e quindi senza riferimenti al trascendente in modo clamoroso dall’illuminismo in poi l’uomo ha delineato la dichiarazione dei diritti dell’uomo.
La scienza nel suo progresso vistoso ha in autonomia fatto i veri miracoli salvando innumerevoli vite e ,migliorando la qualità della vita in modo prima inimmaginabile.
La modernità autonomamente “etsi deus non daretur” (come se dio non ci fosse, quello che il papa non vorrebbe proprio sentire) ha creato un suo progresso e un suo codice di leggi morali che sono il diritto positivo, non quello naturale, dal quale si è andati oltre.
La chiesa forse non saprà emendarsi e riformarsi. Sarebbe un peccato, sarebbe rendere meno credibile e lasciare inutilizzato una formidabile ricchezza culturale, accumulata nei secoli.
Ma tutto andrebbe avanti lo stesso, perché l’umanità ha una sua direzione di progresso “etsi deus non daretur” , perché da tempo si è resa autonoma.
Sarebbe bello però che la chiesa facesse finalmente i conti con l’illuminismo, la modernità e la scienza e riconoscesse le sfere di autonomia dal trascendente che già ci sono e che comunque consentono all’umanità che si è resa indipendente di andare avanti.
Sarebbe bello che la chiesa facesse i conti con quelle autonomie che sono realtà, ne prendesse atto e riformulasse le ragioni della sua presenza in modo da poter procedere insieme agli uomini di buona volontà che si sono affrancati definitivamente da vecchi miti riscoprendo l’essenziale del suo messaggio e lo mettesse a disposizione di tutti.
La facesse finita quindi con il criterio della teologia medioevale del dentro e fuori dalla chiesa.
Gli uomini di bona volontà non hanno nessuna necessità e nessun desiderio di essere inseriti in una cinta di mura, di essere o meno benedetti, ci sono e basta.
Sarebbe terribilmente sciocco se la chiesa si condannasse a non contare più nulla morendo di consunzione chiesa vuota e dismessa una dopo l’altra, seminari e ordini religiosi verso l’estinzione, per difendere una identità costruita artificialmente dopo il messaggio di Gesù di Nazaret con una soffocante e ingessante camicia di forza di dogmi in grandissima parte senza relazione con quel messaggio.
Invece di fare uno sforzo per riconoscere l’essenziale del messaggio originario e rinunciare a tutto il resto.
Certo costa fatica vendere la Mecedes e mettersi ad andare in bicicletta, ma non vedo altra strada.

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