Chissà per quali atavici condizionamenti a noi italiani riesce così facile cacciarci in queste contrapposizioni manichee alla guelfi e ghibellini, come se il problema fosse sempre del tipo Milan-Inter o Roma-Lazio.
Del resto siamo appena reduci da un ventennio di contrapposizione feroce Berlusconi anti-Berlusconi, con il quale siamo riusciti a non combinare nulla rischiando per di più la bancarotta, perché invece di affrontare i problemi reali eravamo impegnatissimi a scaldarci su idiozie del tipo :Ruby era o non era la nipote di Mubarak?
I vicini e alleati non ci hanno giudicati bene per queste scappatelle dalla razionalità più elementare.
Ora però obiettivamente ricadere nuovamente nella spirale dei pro o contro, bianco o nero, senza occuparci di che cosa si tratti nel merito non potremo più permettercelo.
Cerchimo allora di capire almeno di cosa si sta parlando, anche se non è facile come sembra per una ragione semplicissima perché su questa vicenda ha influito in modo determinante il fattore tempo ed allora quello che era buono e giusto vent’anni fa potrebbe essere diventato una cosa senza senso oggi.
Ho paura che alla fine dei conti se si fanno alcune letture per documentarsi sul problema si finisca proprio per arrivare a questa conclusione.
Si era partiti a livello europeo con un progetto di grandi vie che unissero l’Europa con linee di comunicazione ferroviarie ad alta velocità dirette verso i quattro punti cardinali, come fossero le nuove vie consolari della moderna Europa.
Era un bel progetto di modernizzazione, una vera “grande opera” che i posteri avrebbero ammirato.
Non si è tenuto conto però del fatto che il mondo moderno va a un tipo di “grande velocità” che sembra non essere più alla portata dei politici contemporanei, che non solo rimangono sempre indietro ma non sanno nemmeno più andare avanti con la fantasia e l’immaginazione per padroneggiare e programmare gli eventi, invece di essere costretti a subirli in modo imprevisto.
Stiamo parlando di traffico ferroviario e quindi tutto il progetto era basato su precise ipotesi di sviluppo dei flussi del traffico passeggeri negli anni.
Soffermiamoci però a considerare che la civiltà umana è passata dall’età della pietra a quella del ferro, poi della ruota,…poi del motore a scoppio…fino ad arrivare ai computers e, come sappiamo, oggi il componente più significativo di queste macchine, cioè il CPU o processore diventa obsoleto in sei mesi, passati i quali il computer sul quale è installato è diventato sostanzialmente “vecchio”.
Sarà scocciante, ma sappiamo tutti che è così.
Se i tempi nel mondo moderno sono questi e non altri allora bisogna abitursi a tenerne conto e quindi stare bene attenti ad inserire nei contratti e nei trattati internazionali una clausola del tipo “rebus sic stantibus”, che vincolino o liberino le parti se gli elementi di fatto alla base dell’intesa saltassero completamente oltre un certo intervallo.
Sulla quastione dell’alta velocità Torino-Lione siamo proprio in un caso di questo tipo perché tutta la filosofia del progetto era basata sulla previsione di una forte crescita del traffico, crescita che non solo non c’è stata, ma si è verificata al contrario una forte diminuzione.
Una volta constata la svolta imprevista che scompaginava tutte le carte in tavola si è cercato di metterci una pezza ragionando non più sul traffico passeggeri, perché diventato palesemente superato dagli eventi, ma sul traffico merci.
Purtroppo però i conti non tornano affatto nemmeno per le merci nel senso che anche per questo tipo di traffico la domanda non c’è o non è tale da giustificare una tale opera.
Questi i dati tecnici facili da verificare (si vedano i numerosi interventi di Luca Mercalli o i dossiers sul sito di Beppe Grillo o quelli su la Voce it).
In una situazione di fatto già compromessa si è inserito in modo negativo anche il momentaccio che attraversa in questi ultimi anni la classe politica, che non sa più svolgere il suo ruolo con una qualche efficacia.
Per mettere in cantiere opere del genere si sa che è essenziale saper ascoltare le ragioni delle popolazioni attraversate dall’opera e che se si verificasse il caso che per questi cittadini i vantaggi non risultassero evidenti o peggio gli svantaggi fossero superiori ai vantaggi, occorrerebbe guadagnarne la fiducia offrendo “compensazioni” adeguate, che vanno da posti di lavoro ad opre pubbliche da realizzare a vantaggio di quelle comunità.
Purtroppo su questo piano le cose sono andate subito storte nel senso che il politico territorialmente di riferimento, che era la pur navigata Mercedes Bresso governatrice del Piemonte non ha saputo trovare una sintesi fra le posizioni dei valligiani fortemente divisi fra loro.
Con pazienza la Bresso ha allestito tavoli su tavoli per discutere il problema sia sul piano tecnico che sul piano politico, ma le divisioni restavano ed alla fine ci si è accontetati di una formale maggioranza numerica di favorevoli e su quella base si sono avviate le procedure che hanno portato a firmare un accordo con la Francia.
Dopo di che i rappresentanti delle istituzioni locali pare siano stati completamante ignorati mentre il tempo passava, i progetti operativi venivano cambiati anche tadicalmente ma la sostanza del problema cioè l’utilità dell’opera diventava sempre meno difendibile.
E siamo paradossalmente arrivati al governo tecnico che finge di ignorare il fatto che oggi la stragrande maggioranza dei tecnici che si occupano di economia dei trasporti, di impatto ambientale e di problemi sanitari connessi sono armai nettametne contrari al progetto sulla base dei dati che hanno studiato.
Non è una grande figura quella che sta facendo il governo Monti se l’unico argomento che porta in proposito pare non sia molto diverso da questo : a questo punto cosa andiamo a raccontare ai francesi ed a Bruxelles, non è il momento di non mantenere i patti.
Il ragionamento è obiettivamente talmente terra terra da non essere proprio all’altezza della fama dei tecnici.
Se ci sono ragioni tecniche, e ce ne sono una valanga, per uscire da quel progetto, si esca e si portino a giustificazione quelle ragioni, tanto più che i soldi necessari per realizzare la Torino Lione sono dello stesso ordine di grandezza di quelli che sarebbero stati buttati per le olimpiadi, per stoppare le quali fortunatamente i tecnici al governo hanno avuto il buon senso e la determinazione di dire di no in modo secco.
Il fatto che le ragioni del no siano state cavalcate nel modo peggiore dal popolo dell’antagonismo alla ricerca narcisistica delle telecamere per dimostrare di esistere ancora non sposta nulla nell’aritmetica della questione, un’opera inutile rimane un’opera inutile.
E non scordiamoci di un ultimo particolare e cioè che in questo paese corroso da una corruzzione dilagante, un’opera inutile per la collettività non è affatto inutile per i soliti noti.
Per esempio è sgradevolissimo il fatto che il progetto sia sostenuto con decisione non solo dalla destra, che è stata in questi ultimi anni il naturale riferimento politico delle cricche di costruttori e faccendieri di tutt’altro che specchiata moralità, ma anche dal PD e che si parli della Cooperativa muratori di Ravenna CMC, colosso espressione delle cooperative ex rosse, come di una delle principali ditte interessate.
Difficile non porsi allora domande imbarazzanti sul conto dei dirigenti DS.
Non che le cose sarebbero diverse se si parlasse per esempio di Impregilo, ogni impresa fa il suo lavoro e la CMC è ormai un colosso del settore più che in grado di realizzare l’opera a regola d’arte.
Il legittimo sospetto però che una parte del PD sia portata a sponsorizzare l’opera per conto di una impresa storicamente vicina agli ex comunisti e non per ragioni di merito sulla utiòità dell’opera, non giova certo alla credibilità di quel partito già parecchio mal ridotto.
Nessun commento:
Posta un commento