giovedì 10 ottobre 2013

Fine del ventennio berlusconiano e inizio di non si sa che cosa



Nella politica italiana tutto è terribilmente relativo e aleatorio e quindi nessuno può dire con sicurezza se il berlusconismo è veramente finito o no.
Però dopo l’ammutinamento di Alfano e ministri vari contro la abortita decisione del loro capo di fare dimettere tutti per fare cadere il governo, molte cose sono cambiate e la posizione del capo padrone si è indebolita di parecchio.
L’opinione pubblica ha avvertito una naturale vicinanza fra Alfano e i moderati del PDL e Letta e i moderati del PD.
Sembra allora perfino, che una volta tanto nei più recenti avvenimenti politici ci sia una logica evidente : i moderati di una parte si riconoscono con i moderati dell’altra e fanno alleanza con loro.
Purtroppo però, sembra così solo a un primo giudizio superficiale.
Superficiale perché occorre tenere conto che Enrico Letta, sarà pure personalmente un moderato, anzi lo è di sicuro, ma il suo partito sarebbe quello del popolo della sinistra.
E come fa il partito che rappresenta il popolo della sinistra andare a nozze coi dei moderati fin che si vuole, ma che di fatto rappresentano le forze conservatrici ?
La logica più elementare non lo consente, anche se i grandi giornali da mesi suonano la grancassa ripetendo fino alla nausea un solo insensato motivo, per il quale priorità assoluta sarebbe la stabilità a tutti i costi e addirittura una non meglio precisata “pacificazione” nazionale.
Come se fosse  in atto una guerra civile e non invece l’espressione della semplice richiesta dei cittadini consapevoli, che la legge sia uguale per tutti e che chi si è beccato una condanna penale vada in galera, come ci andrebbe chiunque di loro,  se avesse riportato la stessa condanna.
Il ragionamento sopra enunciato  : i moderati vadano coi moderati andrebbe benissimo se il partito di Enrico Letta fosse, che so io, il partito di Monti o di Casini.
Ma non è così e il popolo della sinistra è irritato fino al limite della sopportazione a causa dei comportamenti incoerenti della sua classe dirigente da vent’anni vista come prona e subordinata alle ragioni ed alle tesi politiche del moderatismo.
E questa irritazione l’ha dimostrata facendo mancare un 10/15% di voti al Pd per riversarli sui 5 Stelle.
Non parliamo delle iscrizioni, che sono letteralmente precipitate.
Insomma le larghe intese per la base del PD sono indigeribili, perché non si vedono le ragioni che potrebbero giustificare una alleanza così innaturale, tanto più che fino a ieri l’alleanza era con un Berlusconi imperante ed in prima persona, come sempre.
Ma oggi le cose sono cambiate.
In parte sì, perché, come si è detto sopra, il trono di Berlusconi è quasi schiantato e comunque traballa.
Ma attenzione, al di fuori di ogni logica, il disegno di Enrico Letta non credo proprio che sia un semplice tirare a campare.
L’uomo è persona di buona caratura, ben temperata da decenni di militanza democristiana.
Lo si era detto più in dettaglio nel precedente post del 16-4-13.
Non è uno che si accontenta di veleggiare costeggiando, è uno che a differenza dei raccogliticci moderati del PDL, un disegno strategico per la testa ce l’ha, anche se da un punto di vista logico si tratta di pura follia.
Sono convinto che Enrico Letta punti a sostituire Berlusconi come vero e credibile leader del centro destra.
Letta non è tanto il concorrente di Renzi all’interno del PD, Letta è nel paese il vero concorrente di Alfano, perché Letta ha il famoso quid e Alfano non ce l’ha.
La strategia che presumo sia di Enrico Letta non è poi così folle come appare.
La DC ha governato cinquant’anni alternando orientamenti di sinistra con quelli moderati.
In linea di pura ipotesi non si vede perché la cosa non possa essere ripetuta.
Ci sono due o tre ostacoli ponderosi sui quali Letta si dovrà cimentare se ha veramente questa strategia.
Prima di tutto deve in qualche modi farla digerire a Renzi, appoggiandolo e facendogli conseguire in cambio la segreteria del PD.
Ma anche per fare questo deve essere capace di fare fuori politicamente la parte più potente della attuale nomenclatura del PD, quella che fa capo da sempre a baffetto D’Alema.
Non è per niente facile, ma alleandosi con i renziani, la cosa sarebbe possibile e verosimile.
Dura però fare fuori in pratica la vecchia componente ex PCI del PD, ma non impossibile.
E per fare questo non c’è che l’alleanza strategica con il rottamatore sindaco di Firenze.
Saprà questi accontentarsi della segreteria, che non è quello che voleva?
Potrebbe anche farlo, stante il fatto che la popolarità di Letta nel paese è aumentata a vista d’occhio, come registrano i sondaggi e Renzi è giovane, ma ha già una certa esperienza e potrebbe rassegnarsi ad aspettare il suo turno, che oggi sembra irrealistico.
L’altro lato del problema è la gestione dei moderati del Pdl o Forza Italia che dir si voglia.
Alfano non è certo un’aquila, ma forse non è nemmeno quel tontolone, come viene spesso descritto, e qualche sospetto di cadere dalla padella berlusconiana nella brace lettiana probabilmente ce l’avrà.
Se Letta corre nel paese per avere la leadership dei moderati, Alfano tornerà a fare il cameriere di un altro leader che lui non sarà mai.
Alfano è quindi realisticamente destinato ad essere al massimo un numero due.
Difficile per lui farlo digerire ai suoi ,ubriacati da anni dalla droga retorica del loro vecchio capo-popolo, in attesa perenne dell’avvento di una chissà quale rivoluzione, sempre descritta in termini tanto generici e anacronistici, da essersi ormai ridotta alla linea del Piave della difesa dei puri e semplici e volgari interessi dei più ricchi.
Non è roba da moderati questo decadente berlusconismo e questa è probabilmente la ragione per la quale la strategia di Enrico Letta mi sembra un po’ folle, ma anche verosimile.
In prospettiva trovare una casa per i moderati più credibile e dignitosa di quella che aveva per loro approntato il leader storico in questi ultimi vent’anni.
Ho rispetto solo per chi fa politica con una strategia e Letta sembra averla.
Personalmente  però sono molto lontano.
L’eventuale successo di Letta, sarebbe un avanzamento, rispetto al marciume (ben inteso bipartisan) del ventennio berlusconiano, ma non è certo quello nel quale si riconoscerebbe il popolo della sinistra, dei progressisti laici e dei cattolici sociali.
Rimarremmo orfani, come del resto siamo da molto tempo.
Personalmente avevo dato credito alla novità incontestabile dei 5 Stelle.
Finora ho registrato praticamente solo delusioni di fronte a una inesperienza prevedibile, ma manifestatasi in modo veramente clamoroso.
Di fronte a problemi di governance, che più passa il tempo e meno sono tollerabili, perché la figura del capo padrone non è inammissibile solo nel berlusconismo, ma lo è per definizione, per simpatico che sia.
Ma soprattutto mi urta la strategia politica, che vedo come intrinsecamente bacata se talibanamente non prevede soluzioni provvisorie intermedie.
Ci avevano già provato altri e meglio dotati a imbarcarsi per una rivoluzione proletaria, che non è arrivata mai, perché si rifiutava ogni tappa intermedia di compromesso.

Ma è talmente disastrato il panorama e mi sembra talmente indigeribile questo PD che un’ulteriore, ma magari ultima apertura di credito ai 5 Stelle non mi sembra azzardata.

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