Nella politica italiana tutto è terribilmente
relativo e aleatorio e quindi nessuno può dire con sicurezza se il
berlusconismo è veramente finito o no.
Però dopo l’ammutinamento di Alfano e ministri
vari contro la abortita decisione del loro capo di fare dimettere tutti per
fare cadere il governo, molte cose sono cambiate e la posizione del capo
padrone si è indebolita di parecchio.
L’opinione pubblica ha avvertito una naturale
vicinanza fra Alfano e i moderati del PDL e Letta e i moderati del PD.
Sembra allora perfino, che una volta tanto nei più
recenti avvenimenti politici ci sia una logica evidente : i moderati di una
parte si riconoscono con i moderati dell’altra e fanno alleanza con loro.
Purtroppo però, sembra così solo a un primo
giudizio superficiale.
Superficiale perché occorre tenere conto che
Enrico Letta, sarà pure personalmente un moderato, anzi lo è di sicuro, ma il
suo partito sarebbe quello del popolo della sinistra.
E come fa il partito che rappresenta il popolo
della sinistra andare a nozze coi dei moderati fin che si vuole, ma che di
fatto rappresentano le forze conservatrici ?
La logica più elementare non lo consente, anche se
i grandi giornali da mesi suonano la grancassa ripetendo fino alla nausea un
solo insensato motivo, per il quale priorità assoluta sarebbe la stabilità a
tutti i costi e addirittura una non meglio precisata “pacificazione” nazionale.
Come se fosse
in atto una guerra civile e non invece l’espressione della semplice
richiesta dei cittadini consapevoli, che la legge sia uguale per tutti e che
chi si è beccato una condanna penale vada in galera, come ci andrebbe chiunque
di loro, se avesse riportato la stessa
condanna.
Il ragionamento sopra enunciato : i moderati vadano coi moderati andrebbe
benissimo se il partito di Enrico Letta fosse, che so io, il partito di Monti o
di Casini.
Ma non è così e il popolo della sinistra è
irritato fino al limite della sopportazione a causa dei comportamenti incoerenti
della sua classe dirigente da vent’anni vista come prona e subordinata alle
ragioni ed alle tesi politiche del moderatismo.
E questa irritazione l’ha dimostrata facendo
mancare un 10/15% di voti al Pd per riversarli sui 5 Stelle.
Non parliamo delle iscrizioni, che sono
letteralmente precipitate.
Insomma le larghe intese per la base del PD sono
indigeribili, perché non si vedono le ragioni che potrebbero giustificare una alleanza
così innaturale, tanto più che fino a ieri l’alleanza era con un Berlusconi imperante
ed in prima persona, come sempre.
Ma oggi le cose sono cambiate.
In parte sì, perché, come si è detto sopra, il
trono di Berlusconi è quasi schiantato e comunque traballa.
Ma attenzione, al di fuori di ogni logica, il
disegno di Enrico Letta non credo proprio che sia un semplice tirare a campare.
L’uomo è persona di buona caratura, ben temperata
da decenni di militanza democristiana.
Lo si era detto più in dettaglio nel precedente
post del 16-4-13.
Non è uno che si accontenta di veleggiare
costeggiando, è uno che a differenza dei raccogliticci moderati del PDL, un
disegno strategico per la testa ce l’ha, anche se da un punto di vista logico
si tratta di pura follia.
Sono convinto che Enrico Letta punti a sostituire
Berlusconi come vero e credibile leader del centro destra.
Letta non è tanto il concorrente di Renzi all’interno
del PD, Letta è nel paese il vero concorrente di Alfano, perché Letta ha il
famoso quid e Alfano non ce l’ha.
La strategia che presumo sia di Enrico Letta non è
poi così folle come appare.
La DC ha governato cinquant’anni alternando
orientamenti di sinistra con quelli moderati.
In linea di pura ipotesi non si vede perché la
cosa non possa essere ripetuta.
Ci sono due o tre ostacoli ponderosi sui quali
Letta si dovrà cimentare se ha veramente questa strategia.
Prima di tutto deve in qualche modi farla digerire
a Renzi, appoggiandolo e facendogli conseguire in cambio la segreteria del PD.
Ma anche per fare questo deve essere capace di
fare fuori politicamente la parte più potente della attuale nomenclatura del
PD, quella che fa capo da sempre a baffetto D’Alema.
Non è per niente facile, ma alleandosi con i
renziani, la cosa sarebbe possibile e verosimile.
Dura però fare fuori in pratica la vecchia
componente ex PCI del PD, ma non impossibile.
E per fare questo non c’è che l’alleanza
strategica con il rottamatore sindaco di Firenze.
Saprà questi accontentarsi della segreteria, che
non è quello che voleva?
Potrebbe anche farlo, stante il fatto che la
popolarità di Letta nel paese è aumentata a vista d’occhio, come registrano i
sondaggi e Renzi è giovane, ma ha già una certa esperienza e potrebbe rassegnarsi
ad aspettare il suo turno, che oggi sembra irrealistico.
L’altro lato del problema è la gestione dei
moderati del Pdl o Forza Italia che dir si voglia.
Alfano non è certo un’aquila, ma forse non è
nemmeno quel tontolone, come viene spesso descritto, e qualche sospetto di
cadere dalla padella berlusconiana nella brace lettiana probabilmente ce l’avrà.
Se Letta corre nel paese per avere la leadership
dei moderati, Alfano tornerà a fare il cameriere di un altro leader che lui non
sarà mai.
Alfano è quindi realisticamente destinato ad
essere al massimo un numero due.
Difficile per lui farlo digerire ai suoi
,ubriacati da anni dalla droga retorica del loro vecchio capo-popolo, in attesa
perenne dell’avvento di una chissà quale rivoluzione, sempre descritta in
termini tanto generici e anacronistici, da essersi ormai ridotta alla linea del
Piave della difesa dei puri e semplici e volgari interessi dei più ricchi.
Non è roba da moderati questo decadente
berlusconismo e questa è probabilmente la ragione per la quale la strategia di
Enrico Letta mi sembra un po’ folle, ma anche verosimile.
In prospettiva trovare una casa per i moderati più
credibile e dignitosa di quella che aveva per loro approntato il leader storico
in questi ultimi vent’anni.
Ho rispetto solo per chi fa politica con una
strategia e Letta sembra averla.
Personalmente
però sono molto lontano.
L’eventuale successo di Letta, sarebbe un
avanzamento, rispetto al marciume (ben inteso bipartisan) del ventennio
berlusconiano, ma non è certo quello nel quale si riconoscerebbe il popolo
della sinistra, dei progressisti laici e dei cattolici sociali.
Rimarremmo orfani, come del resto siamo da molto
tempo.
Personalmente avevo dato credito alla novità
incontestabile dei 5 Stelle.
Finora ho registrato praticamente solo delusioni
di fronte a una inesperienza prevedibile, ma manifestatasi in modo veramente
clamoroso.
Di fronte a problemi di governance, che più passa
il tempo e meno sono tollerabili, perché la figura del capo padrone non è inammissibile
solo nel berlusconismo, ma lo è per definizione, per simpatico che sia.
Ma soprattutto mi urta la strategia politica, che
vedo come intrinsecamente bacata se talibanamente non prevede soluzioni
provvisorie intermedie.
Ci avevano già provato altri e meglio dotati a
imbarcarsi per una rivoluzione proletaria, che non è arrivata mai, perché si
rifiutava ogni tappa intermedia di compromesso.
Ma è talmente disastrato il panorama e mi sembra
talmente indigeribile questo PD che un’ulteriore, ma magari ultima apertura di
credito ai 5 Stelle non mi sembra azzardata.
Nessun commento:
Posta un commento