A scuoterci dalla condizione di raccapriccio nella
quale ci precipita quotidianamente una politica indegna del nostro paese è
venuta questa immane tragedia di Lampedusa.
Una tragedia di proporzioni mai viste prima.
Il sofferente sud del mondo, che sbarca sulle
nostre coste più meridionali non più uomini ma un numero incredibile di
cadaveri galleggianti.
In un paese cloroformizzato da un insinuante e
aggressivo apparato di media televisivi, che ci costringono a ingurgitare
quotidianamente una ebete sequenza di
programmi di “evasione” , ci eravamo abituati a vivere fra gente, che ormai
sembrava incapace di reagire , divenuta
cinica, insensibile e piena di gretto
egoismo.
Però, poi abbiamo visto alla fine dell’estate le
ricreanti immagini di bagnanti, che lasciano ombrellone e bimbi per correre in
mare ad aiutare lo sbarco degli ennesimi migranti sfiniti condividendo con loro acqua ,teli spugna e
merendine.
C’è ancora speranza?
Probabilmente si.
Questa mattina, ho dovuto registrare un fatto
scioccante e inatteso, che si pone sulla stessa linea di un paese che sembra
dare finalmente qualche segno di risveglio ad atteggiamenti di più alta
umanità.
Nella rassegna stampa di prima mattina su Radio
Rai 3, il giornalista di turno, che era Ugo Tramballi, del Sole 24 Ore, quando
ha preso a leggere l’articolo sulla
tragedia di Lampedusa, dell’ormai famoso, suo malgrado, Domenico Quirico de la
Stampa , ha dovuto interrompersi, perché commosso fino alle lacrime.
Quirico diceva fra l’altro, che questi africani
coraggiosi, che si lanciano in orribili viaggi per deserti, taglieggiati da
trafficanti della peggiore specie, sono persone che a differenza di noi europei,
immersi nel benessere, fino da bambini vivono nella contemplazione della morte.
Bambini che vivono nella contemplazione della
morte.
Questa frase efficacissima è una vera sferzata
sulla nostra faccia.
Mi ha subito richiamato quei terribili versi di
Leopardi nel “canto notturno di un pastore errante nell’Asia” sulla durezza
della condizione umana.
Comincia con quel famosissimo e bellissimo : “che
fai tu luna in ciel, dimmi che fai?”
E poi, più avanti, recita : “a che vale al pastor
la sua vita, la nostra vita a voi (astri del cielo) ?
Ove tende questo vagar?....Nasce l’uomo a fatica
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento per prima cosa, e in sul principio
stesso la madre e il genitore il prende a consolar dell’esser nato”.
Condividiamo la perenne durezza della condizione
umana, che nessun idiota programma televisivo di “evasione” potrà mai farci
superare.
Piuttosto dobbiamo ritrovare il senso della nostra
responsabilità.
Questo nostro mondo ormai definitivamente
globalizzato ci mostra in modo plastico che oggi ognuno di noi è responsabile
di tutti.
Le piccole patrie sono amati luoghi di
provenienza, ma è ormai il mondo il paese nostro e dei nostri figli e nipoti.
E del mondo dobbiamo occuparci.
Cominciando da casa nostra.
Torniamo all “I care” il “me ne importa”,” me ne
occupo”, lo slogan divenuto simbolo di Don Lorenzo Milani e di John F.Kennedy.
Occupiamoci di politica, per toglierla dalle mani
di questi buffoni e ladroni.
Per chi proviene dal mondo cattolico ci si occupi
di incoraggiare e portare avanti i nuovi indirizzi di papa Francesco.
La Chiesa è il maggiore proprietario immobiliare
d’Italia, e allora non c’è posto per i migranti?
Intendiamoci, la chiesa nelle sue estesissime
diramazioni sul territorio è fortunatamente l’istituzione già oggi più presente
e facente, ma le dimensioni del fenomeno migratorio sono epocali.
Le supposte politiche di contenimento sono tutte
vane esercitazioni verbali, buone solo per chi non sa nemmeno di cosa si sta
parlando : c’è un intero mondo che preme e che non si farà fermare da quattro
razzisti ignoranti.
Si dovrebbero trovare meccanismi internazionali
per stoppare e deporre i ladri dittatori che governano i paesi di provenienza
dei migranti, ma siamo lontani, troppo lontani da soluzioni del genere, anche
se queste devono essere un fine da perseguire.
E allora occorre qualche idea intermedia realistica
da proporre e sostenere con determinazione in Europa, questo è il compito della
politica.
E ricordiamoci della massima : se noi non ci
occupiamo di politica sarà comunque la politica ad occuparsi di noi.
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