venerdì 4 ottobre 2013

Questi coraggiosi migranti sono gente che già da “bambini vivevano nella contemplazione della morte”






A scuoterci dalla condizione di raccapriccio nella quale ci precipita quotidianamente una politica indegna del nostro paese è venuta questa immane tragedia di Lampedusa.
Una tragedia di proporzioni mai viste prima.
Il sofferente sud del mondo, che sbarca sulle nostre coste più meridionali non più uomini ma un numero incredibile di cadaveri galleggianti.
In un paese cloroformizzato da un insinuante e aggressivo apparato di media televisivi, che ci costringono a ingurgitare quotidianamente  una ebete sequenza di programmi di “evasione” , ci eravamo abituati a vivere fra gente, che ormai sembrava incapace di  reagire , divenuta cinica, insensibile e piena di gretto  egoismo.
Però, poi abbiamo visto alla fine dell’estate le ricreanti immagini di bagnanti, che lasciano ombrellone e bimbi per correre in mare ad aiutare lo sbarco degli ennesimi migranti sfiniti  condividendo con loro acqua ,teli spugna e merendine.
C’è ancora speranza?
Probabilmente si.
Questa mattina, ho dovuto registrare un fatto scioccante e inatteso, che si pone sulla stessa linea di un paese che sembra dare finalmente qualche segno di risveglio ad atteggiamenti di più alta umanità.
Nella rassegna stampa di prima mattina su Radio Rai 3, il giornalista di turno, che era Ugo Tramballi, del Sole 24 Ore, quando ha preso a leggere l’articolo  sulla tragedia di Lampedusa, dell’ormai famoso, suo malgrado, Domenico Quirico de la Stampa , ha dovuto interrompersi, perché commosso fino alle lacrime.
Quirico diceva fra l’altro, che questi africani coraggiosi, che si lanciano in orribili viaggi per deserti, taglieggiati da trafficanti della peggiore specie, sono persone che a differenza di noi europei, immersi nel benessere, fino da bambini vivono nella contemplazione della morte.
Bambini che vivono nella contemplazione della morte.
Questa frase efficacissima è una vera sferzata sulla nostra faccia.
Mi ha subito richiamato quei terribili versi di Leopardi nel “canto notturno di un pastore errante nell’Asia” sulla durezza della condizione umana.
Comincia con quel famosissimo e bellissimo : “che fai tu luna in ciel, dimmi che fai?”
E poi, più avanti, recita : “a che vale al pastor la sua vita, la nostra vita a voi (astri del cielo) ?
Ove tende questo vagar?....Nasce l’uomo a fatica ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento per prima cosa, e in sul principio stesso la madre e il genitore il prende a consolar dell’esser nato”.
Condividiamo la perenne durezza della condizione umana, che nessun idiota programma televisivo di “evasione” potrà mai farci superare.
Piuttosto dobbiamo ritrovare il senso della nostra responsabilità.
Questo nostro mondo ormai definitivamente globalizzato ci mostra in modo plastico che oggi ognuno di noi è responsabile di tutti.
Le piccole patrie sono amati luoghi di provenienza, ma è ormai il mondo il paese nostro e dei nostri figli e nipoti.
E del mondo dobbiamo occuparci.
Cominciando da casa nostra.
Torniamo all “I care” il “me ne importa”,” me ne occupo”, lo slogan divenuto simbolo di Don Lorenzo Milani e di John F.Kennedy.
Occupiamoci di politica, per toglierla dalle mani di questi buffoni e ladroni.
Per chi proviene dal mondo cattolico ci si occupi di incoraggiare e portare avanti i nuovi indirizzi di papa Francesco.
La Chiesa è il maggiore proprietario immobiliare d’Italia, e allora non c’è posto per i migranti?
Intendiamoci, la chiesa nelle sue estesissime diramazioni sul territorio è fortunatamente l’istituzione già oggi più presente e facente, ma le dimensioni del fenomeno migratorio sono epocali.
Le supposte politiche di contenimento sono tutte vane esercitazioni verbali, buone solo per chi non sa nemmeno di cosa si sta parlando : c’è un intero mondo che preme e che non si farà fermare da quattro razzisti ignoranti.
Si dovrebbero trovare meccanismi internazionali per stoppare e deporre i ladri dittatori che governano i paesi di provenienza dei migranti, ma siamo lontani, troppo lontani da soluzioni del genere, anche se queste devono essere un fine da perseguire.
E allora occorre qualche idea intermedia realistica da proporre e sostenere con determinazione in Europa, questo è il compito della politica.
E ricordiamoci della massima : se noi non ci occupiamo di politica sarà comunque la politica ad occuparsi di noi.


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