Deve essere stato terribile per un megalomane come
Berlusconi tentare un rilancio politico, nel quale non crede più nemmeno lui,
dovendo nel contempo riconoscere l’impotenza della sua attuale posizione : “non
siamo più in grado di far cadere il governo”.
Affermazione che in poche parole significa : non
contiamo più niente.
La furbizia volpina, che era stata la sua forse
unica virtù lo ha ormai abbandonato.
Il discorso del rilancio è stato di fatto il mesto
discorso del commiato tutto diretto a mettere insieme i cocci per cercare di
tirarci fuori la massa d’urto che nella sua allucinazione potrebbe, anzi deve
evitargli la galera.
Il presunto grande leader populista che come Peron
in Argentina aveva illuso tanta gente non c’è più.
L’armata di cortigiani –clienti che lo segue ancora, ormai non può più nascondere si essere
di caratura così bassa, da essere lì solo per raccogliere le ancora pur ricche briciole
di potere, che il famigerato “porcellum” consentirà al padrone di elargire loro
alle prossime elezioni.
Fanno molta più pena loro, del capo, perché il
capo decaduto dal potere si porta dietro comunque una qualche aura di tragico,
che gli conquista umana compassione.
Loro invece sono lì solo per raccattare i
privilegi della casta.
Il berlusconismo è finito malamente, ma il potere
televisivo, tutt’ora detenuto dal capo-padrone, una più che discreta manciata
di voti la garantirà ancora per un po’.
Le due ore di discorso all’ Eur, penso che
l’abbiamo seguito solo coloro che dovevano farlo per dovere di professione o
per interesse storico alla materia.
Una noia mortale per tutti, ma in particolare una
sofferenza pungente per gli ingenui, che avevano creduto al mito berlusconiano e
che dall’occasione si aspettavano almeno di celebrare con nostalgia quelli che
avevano equivocato come i fasti passati del grande condottiero.
Essendo stato sempre fortemente ostile al berlusconismo, avrei
dovuto gioire di vedere la sua fine, celebrata in un modo così penoso, ma, come
penso la grandissima maggioranza degli italiani, sento di essere arrivato a un
tale punto di saturazione, di fastidio fisico per queste sceneggiate e per
queste corti anacronistiche, da avere raggiunto una posizione di assoluta
estraneità.
Qualsiasi cosa fosse successo o Berlusconi avesse
detto in quella assemblea , non avrebbe
suscitato in me alcuna emozione.
Mi ha solo stupito la sensazione di fragilità
umana di fronte a certi implacabili meccanismi della psiche, che le
neuroscienze oggi illustrano con sempre maggiore chiarezza.
Ad esempio era politicamente insensato, in quella
occasione, andare a rivangare tangentopoli
e peggio ancora, costruirci sopra l’architrave del discorso per
giustificarla.
Eppure Berlusconi lo ha fatto, probabilmente senza
volerlo, costretto dal suo inconscio, che, come sul divano dello psicoanalista,
costringeva il grande faccendiere -corruttore
a cascare nel meccanismo perverso della “excusatio non petita”, cioè di esporre
la giustificazione di un peccato, del quale nessuno lo accusava, con ciò stesso
confessando di sentirsi colpevole.
Il personaggio, come da copione, ha dedicato la parte
centrale del suo discorso alla solita litania del pericolo comunista e dei
meriti storici che si sarebbe conquistato difendendo l’Italia dai pericolosi
comunisti, che lasciati soli avrebbero chissà come aumentato le tasse.
Argomento talmente trito ,irreale e per lui
controproducente, che sembra impossibile, che venga ancora usato, in un paese
nel quale la pressione fiscale è già oltre tutti i limiti, dopo vent’anni di
berlusconismo, che avrebbe dovuto abbassare le tasse.
Ma la cosa veramente strana, se non strampalata, è
che quel solito argomento l’ha usato per dire che il comunismo era nelle
condizioni per andare al potere a causa dell’enorme flusso di rubli che
arrivavano dalla Russia.
Di conseguenza cosa potevano fare le sane forze
politiche, che facevano da barriera all’avanzata dei rossi, se non cercare
capitali privati per organizzarsi politicamente e fare muto contro al rischio
della tirannia comunista, ha argomentato il Cavaliere.
Ed ecco allora, uscita dal suo cappello di
prestigiatore, la giustificazione, per ricoprire di una aura di nobiltà il sistema di ruberie di tangentopoli.
Bisognava mettere insieme capitali privati da dare
al partiti anticomunisti per sbarrare la strada alla possibile dittatura
bolscevica.
Perché una ricostruzione storica così strampalata?
Tutti sanno, che negli anni della guerra fredda, se
da una parte arrivavano rubli puzzolenti, dall’altra arrivavano dollari, che non
odoravano di roselline, ma soprattutto, che i soldi alla DC, arrivavano dalle
imprese pubbliche Iri e non dai privati.
Ma che
senso aveva cercare di giustificare tangentopoli, proprio oggi, quando la gente
è più che mai esasperata per i privilegi
delle caste e di quella politica in particolare?
Berlusconi ha veramente perso la bussola.
Nessun commento:
Posta un commento