Se anche i papi oggi si devono misurare a base di “share”
(ascolti) televisivi , ebbene anche secondo questi indicatori, molto profani,
papa Francesco non solo ha vinto la sua battaglia, ma sbaraglia tutti.
E’ poco noto ad esempio che la “televisione dei
preti”, cioè quel canale 2000, che prima era frequentato prevalentemente da pie
fedeli, che andavano in sollucchero a recitare il rosario, guidate dalla voce
di papa Ratzinger in persona, e cioè era diretta a un pubblico molto di
nicchia, oggi vanta ascolti, che sono cresciuti inaspettatamente in proporzione
geometrica.
Addirittura le dirette dal Brasile, durante la
visita del papa, hanno battuto gli indici di ascolto di qualsiasi altra
televisione.
Forse papa Francesco ha goduto, diciamo, di un
vantaggio competitivo, perché è arrivato sulla scena mondiale quando i leader
politici ,riconosciuti come positivi, o stanno attraversando dei momenti poco
felici, o sono per loro natura piuttosto modesti.
Papa Francesco è stato ancora più “fortunato” a
succedere a un Benedetto XVI, in forte calo di popolarità, che decideva con un folgorante
atto di evangelica umiltà di chiudere il suo non felicissimo pontificato con
una procedura, quella delle dimissioni del papa in carica, inusuale e
fortemente innovativa e quindi fatta
apposta per preparare la gente ad aspettarsi cose nuove dal suo successore.
In pochi mesi il nuovo papa si è imposto con uno
stile del tutto nuovo, che nello stesso tempo dimostrava grande apertura al
mondo moderno e grande voglia di fare tornare la corazzata chiesa alla
autenticità dell’originario messaggio evangelico, nello spirito di quel
Francesco, dal quale ha perso il nome con molto coraggio e che da solo costituisce un programma.
Il messaggio di Francesco di Assisi, anche la
prima persona che passa per la strada e
che non sa nulla di teologia è però ben sicura che tratta di tutto, meno che di
potere e di soldi.
Ed allora, anche se ci fermassimo solo qui, questo sarebbe più che sufficiente come
programma : liberare il Vaticano e la chiesa dal potere e dai soldi per tornare
a conoscere il Gesù palestinese di 2000 anni fa.
I gesti, più ancora dei discorsi e le interviste
del papa, sono stati finora coerentemente indirizzati su questa linea.
Le azioni di governo della chiesa lo stesso.
Basti pensare alla nomina del nuovo segretario di
stato; alla nomina della commissione cardinalizia ristretta che lo affianca, in
pratica by-passando la curia; agli interventi sullo Ior, la malfamata banca
vaticana.
Sugli argomenti scottanti del ruolo della donna,
dei diritti civili, compresi quelli dei gay, della libertà di coscienza,
problema dei problemi questo, ha detto abbastanza da aprire nuovi scenari.
Sui problemi ancora più scottanti di potere, soldi
e sesso riguardo ai chierici, religiosi
ed alle gerarchie è stato pure tutt’altro che reticente, anche se solo
per accenni.
Sul piano dottrinario però non ha ancora toccato
niente.
Ed è qui che lo aspettano tutti.
Se vogliamo dirla in modo molto diretto, o
comincia, pure coi dovuti modi, a prendere alcuni dogmi, fra i più
incompatibili con la logica ed il buon senso, e a gettarli nel cestino, o in
realtà non ci sarà alcun rinnovamento effettivo e la chiesa sarà destinata a
scivolare in una sempre più completa irrilevanza.
Viviamo, per nostra fortuna, in un mondo, che
vuole dalla religione delle risposte sensate e appoggiabili su ragionamenti
bene argomentati e convincenti e che non si accontenta più di dogmi indiscutibili,
appoggiati solo sull’autorità di una mitologia- rivelazione, per di più messa
in secondo piano, rispetto alla interpretazione che ne da una casta gerarchica
eletta da nessuno.
E’ qui che lo aspettano al varco le varie
componenti della chiesa.
E non è per caso, che le componenti più
conservatrici, attaccate al potere o semplicemente attaccate ai loro
preconcetti ed alle loro pigrizie ,con la abituale perfidia, hanno iniziato a
sparare sui media un fuoco di sbarramento insidioso, perché mai trasparente e diretto,
ma sempre impostato per vie traverse.
All’inizio, hanno cercato di fare lo stesso gioco,
che avevano fatto col povero Giovanni Paolo I,
descrivendo papa Francesco come un populista sempliciotto, che non
sarebbe stato in grado di inserirsi nei complicati meandri del governo
vaticano.
Poi, quando i mesi hanno cominciato a passare, si
sono resi conto che sotto alla bonomia esteriore c’era un poso di ferro, hanno
avuto paura di prendersi delle scoppole e hanno cominciato a mettere in atto
manovre di disinformazione sistematica.
Tirano fuori dagli archivi vecchi scritti o
interventi di Bergoglio in Argentina, elaborati al tempo, per scopi diversi e
in tutt’altro contesto storico, per cercare di dimostrare, che in realtà Bergoglio,
sarebbe sempre stato un tradizionalista conservatore su qualsiasi argomento
dogmatico e che quindi gli scoppiettanti interventi odierni sarebbero solo fumo
per accattivarsi il consenso della gente e rendersi simpatico, ma che sui dogmi
non toccherà una virgola.
Finora hanno avuto buon gioco, perché in effetti,
papa Francesco, al momento, sul piano della teologia dogmatica ha fatto intuire
idee parecchio innovative, ma non ha ancora cambiato una virgola.
Si tratta di puro buon senso ed elementare prudenza,
che consigliano si muoversi con accortezza in un mondo dove i coltelli e i
veleni sono di casa da sempre?
Probabilmente si, e questa ipotesi è avvalorata
dalla recente iniziativa di richiedere il parere della “base” della chiesa,
cominciando dalle parrocchie con un questionario a proposito dei problemi
principali sul tappeto.
Non c’è niente di più populistico o, se vogliamo, addirittura “socialista”, che
il ricorso al popolo se non addirittura alla piazza, ma sarebbe consigliabile
una lettura, anche elementare e frettolosa, degli atti degli apostoli, che fanno
pure parte integrale dei Vangeli canonici, per renderci conto, che questa era
la regola nella chiesa, quando questa era originaria e quindi storicamente molto
più vicina al suo fondatore e quindi più vicina alla autenticità.
E’ una iniziativa innovativa e di grande impatto,
anche se i precedenti relativi a più ristrette “consultazioni” papali, fatte nella storia recente, hanno avuto esiti
del tutto negativi, nel senso che quelle
rare volte che è successo (ad esempio la consultazione di Paolo VI sui
contraccettivi) il papa ha poi fatto esattamente il contrario di quello che gli
era stato consigliato di fare.
C’è poi un’altra cosa, che osta psicologicamente a
fare cambiamenti dottrinari per un gesuita ed è il fatto che, disgraziatamente,
il fondatore Ignazio ha lasciato insieme a cose profonde, anche scritti che
oggi si riconoscerebbero proprie di un autentico “talebano”.
Come quello , cito a memoria, dove dice, che se si
fosse trovato a dover scegliere fra quello che gli suggeriva la sua ragione e
quello, ovviamente contrastante, che diceva il papa, avrebbe fatto senza
esitazioni quello che diceva il papa.
Papa Francesco ha però il vantaggio, che forse
Ignazio non aveva contemplato, nemmeno come ipotesi, di comporre nella sua
stessa persona il gesuita e il papa regnante.
E’ talmente mal ridotta oggi, la barca di Pietro,
appesantita fino a rischiare il naufragio da potere soldi , sesso e soprattutto
da montagne di dogmi, che l’unico modo, almeno di tentare di non farla
naufragare, è di gettare a mare l’enorme carico superfluo.
Ci saranno, anzi ci sono già, strida ed alte grida
a questa prospettiva, ma la via più opportuna per farlo, mi sembra proprio
questa del ricorso al popolo.
Ma non al solo
popolo cristiano che è rimasto.
Il papa sarà veramente un grande della storia se
riuscirà a prendere come suo interlocutore primario l’umanità, non la chiesa.
Da quello che si è intuito della cultura di papa
Francesco, sembra che l’uomo abbia chiaro in mente questo concetto, che, come
si è accennato più volte nei post precedenti, corrisponde al messaggio
evangelico originario, che non contemplava una chiesa.
Il migliore Paolo VI usava spesso una espressione
molto bella, che si colloca proprio su questa linea : “Noi osiamo parlarvi in
quanto esperti di umanità”
Se non schianta o non lo faranno schiantare,
sarebbe bello vederlo all’opera.
Purtroppo per lui ora vive praticamente in Italia
e in questo paese prosperano, tra l’altro, le mafie che oggi, come tutti
sappiamo, hanno messo le coppole nell’armadio e operano soprattutto nel campo asettico
della finanza.
Hai! Questo è il problema.
Per imperizia, per ignoranza pressoché totale
della materia o per colpevole
sottovalutazione del problema, i papi precedenti non si sono probabilmente resi
conto che il Vaticano, gli ordini religiosi, diversi movimenti, forse la
maggioranza delle parrocchie del sud, sono nel tempo diventati pericolosamente
contigui alle mafie finanziarie.
Non c’è solo lo scandalo enorme dello Ior, la
banca vaticana, che si è prestata per anni a fare da lavandaia ai soldi sporchi
della mafia; ci sono gli ingenti patrimoni dei dicasteri di curia messi a reddito per realizzare indegni progetti di
lusso, vedi Propaganda Fide a Roma; ci sono gli ingenti patrimoni degli ordini
religiosi, vedi le vicende finanziarie dei Salesiani e vedi le recentissime
tragicomiche vicende dei Camilliani; c’è il terreno viscido della sanità vaticano-cattolica,
dal San Raffaele, all’Istituto Dermopatico dell’Immacolata a Roma; c’è quella
parte di CL, che ha prosperato sugli affari e sui faccendieri, per non parlare
dei Legionari di Cristo; c’è una galassia dei gestori del turismo religioso,
aduso a praticare un tutt’altro che evangelico vantaggio competitivo, evitando
di pagare le tasse, che pagano i loro concorrenti.
Qui purtroppo non siamo al caso della mela marcia
isolata, qui abbiamo un esercito di gente in gonnella pretesca o suoro- fratesca,
che è da anni adusa a campare sul malaffare.
Fosse per loro, sarebbe ancora niente.
Il problema è che l’Italia è uno dei paesi più
corrotti dell’occidente e quindi cos’è successo?
E’ successo che la mafia, che oggi, come si è
detto, ha lasciato la coppola per la finanza, ha subito intuito le opportunità
di questo nuovo business e si inserita ormai da anni nel ricco filone dei soldi,
mal gestiti dal clero e affini.
Alla mafia ed alla ndrangheta, che agiscono nella
finanza, nulla importa che il papa sia di destra o di sinistra, tradizionalista
o progressista, a loro interessa che i
soldi, in quel settore, continuino a girare.
E adesso
hanno capito che a papa Francesco non sta bene che le cose vadano avanti in
questo modo e che nel suo programma c’è il blocco di quel fiume di denaro.
I giornali, proprio oggi, hanno dato la notizia
che la ndrangheta avrebbe messo il papa nel mirino.
Speriamo che si renda conto di quello che sta
rischiando, ed adotti un minimo di contromisure
di sicurezza.
Sarebbe terribile se il primo papa progressista da
decenni fosse fatto fuori non metaforicamente
dalle trame dei conservatori in abito talare, ma realmente da ndranghetisti
dalla pistola facile, perché i suoi predecessori non sono riusciti a capire
quanto sia potente il potere corruttivo del danaro.
Le battaglie per i valori non negoziabili della
così detta bioetica, hanno nascosto, nei passati decenni, delle pericolose
cloache, che quei crociati benpensanti non hanno saputo vedere, perché avevano
la vista annebbiata dalla prospettiva di usare i soldi di qualunque provenienza
per estendere il potere ecclesiastico.
Diamo loro, magnanimamente, il beneficio della
buona fede, ma ora la frittata è fatta ed è difficile rimediare.
Il lavoro che spetta a papa Francesco è titanico,
ma non deve farlo da solo.
Essenziale nella sua posizione è la scelta dei
collaboratori in base alla capacità e non alla fedeltà incondizionata come si è
fatto nei decenni passati.
Essenziale sarà la capacità di decentrare il
potere alle conferenze episcopali nazionali ai sinodi eccetera.
Ma la vera cartina di tornasole per un innovamento
effettivo sarà il coraggio o meno di usare la forbice sui dogmi.
La gerarchia per secoli ha coltivato l’idea sbagliata
che per conservare il suo potere sarebbe stato essenziale difendere con le
unghie e coi denti “la teoria del domino” in base alla quale se si negasse la
validità anche di un solo tassello dogmatico, cadrebbe giù tutta la montagna.
E’ una teoria tutta ideologica e politica
finalizzata esclusivamente alla conservazione del massimo potere possibile, che
non ha fondamenti né logici né storici e che nel mondo moderno non ha più
nessun credito.
Ma avendola praticata per secoli e secoli oggi
dall’ultimo sacrista al papa ci si è convinti che sia essenziale.
Oggi però è venuto il momento di togliersi le
fette di salame dagli occhi .
Perché quello che si è pomposamente definito con
reverenza come il “depositum fidei”, cioè l’insieme dei dogmi non è affatto
qualcosa di sacrale derivante se pure indirettamente da dio stesso.
Ma è in vece un insieme di teorie umane elaborate
nei secoli dalla fazione della gerarchia che al tempo risultava di volta in
volta maggioritaria.
Non è quindi per nulla un “corpus” dotato di una
sua coerenza intrinseca, anzi molte definizioni dogmatiche, anche di prima
grandezza, soffrivano fin dalla loro definizione della “eterogenesi dei fini”
nel senso che non avevano affatto lo scopo primario di chiarire un aspetto
fondamentale della fede, ma erano emesse per rafforzare in quel momento storico
il potere ecclesiastico e siccome lo scopo vero era quello, gli estensori del
momento non si curavano troppo che la presunta “verità di fede” presentasse
teorie completamente strampalate.
Per fare tre esempi abbastanza recenti si pensi :
- alla definizione dogmatica della immacolata
concezione di Maria proclamato da Pio IX 8 dicembre 1854;
- alla definizione dogmatica dell’infallibilità
pontificia proclamato da Pio IX il 18 luglio 1870 ;
- alla definizione dogmatica dell’Assunzione di
Maria al cielo proclamata da Pio XII il 1 novembre 1950.
Gli storici non hanno dubbi nell’ ascrivere i primi
due alla volontà di Pio IX di rafforzare il potere papale appena prima ed
appeno dopo la perdita del potere temporale, vissuto in termini apocalittici.
Così come per il terzo Pio XII alla fine della
guerra intendeva riportare la chiesa a manifestazioni trionfalistiche di massa
e quel dogma veniva incontro al desiderio di una parte del popolo cristiano di riconoscersi nelle celebrazioni mariane
di massa.
Si tratta di tre “storie” un tempo ritenute
edificanti, prive di qualsiasi appoggio logico, storico o di mero buon senso e
per di più del tutto estranee e irrilevanti sulla base del messaggio
evangelico.
Occorre prendere atto che oggi la “base” della
chiesa non è più costituita dalle masse contadine ignoranti del tempo di Pio IX ,alle quali appunto si potevano
raccontare storie edificanti.
Oggi la base rimasta è costituita da gente sempre
più scolarizzata alla quale si possono sempre meno raccontare delle storie, per
quanto esse pretendano di essere edificanti.
La gente in religione, come in qualsiasi altra
materia, pretende che le cose che le si raccontano abbiano una qualche base
logica e siano convincenti in quanto appoggiate su argomentazioni robuste.
Oggi la gente più scolarizzata e più avvertita è
abituata ad usare il pensiero critico e quando comincerà a fare passare i dogmi
al vaglio di una critica razionale minima saranno guai.
Chi è ancora presente, perché non considera
irrilevante il messaggio evangelico, dopo essersi informato ed avere studiato
almeno un poco la teologia finirà inevitabilmente per dire : caro papa o fuori
loro (i dogmi più assurdi) o fuori noi.
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