mercoledì 13 novembre 2013

Papa Francesco ormai si è imposto come leader di peso. Ora la gente si aspetta le vere riforme



Se anche i papi oggi si devono misurare a base di “share” (ascolti) televisivi , ebbene anche secondo questi indicatori, molto profani, papa Francesco non solo ha vinto la sua battaglia, ma sbaraglia tutti.
E’ poco noto ad esempio che la “televisione dei preti”, cioè quel canale 2000, che prima era frequentato prevalentemente da pie fedeli, che andavano in sollucchero a recitare il rosario, guidate dalla voce di papa Ratzinger in persona, e cioè era diretta a un pubblico molto di nicchia, oggi vanta ascolti, che sono cresciuti inaspettatamente in proporzione geometrica.
Addirittura le dirette dal Brasile, durante la visita del papa, hanno battuto gli indici di ascolto di qualsiasi altra televisione.
Forse papa Francesco ha goduto, diciamo, di un vantaggio competitivo, perché è arrivato sulla scena mondiale quando i leader politici ,riconosciuti come positivi, o stanno attraversando dei momenti poco felici, o sono per loro natura piuttosto modesti.
Papa Francesco è stato ancora più “fortunato” a succedere a un Benedetto XVI, in forte calo di popolarità, che decideva con un folgorante atto di evangelica umiltà di chiudere il suo non felicissimo pontificato con una procedura, quella delle dimissioni del papa in carica, inusuale e fortemente innovativa e quindi  fatta apposta per preparare la gente ad aspettarsi cose nuove dal suo successore.
In pochi mesi il nuovo papa si è imposto con uno stile del tutto nuovo, che nello stesso tempo dimostrava grande apertura al mondo moderno e grande voglia di fare tornare la corazzata chiesa alla autenticità dell’originario messaggio evangelico, nello spirito di quel Francesco, dal quale ha perso il nome con molto coraggio  e che da solo costituisce un programma.
Il messaggio di Francesco di Assisi, anche la prima persona che passa per  la strada e che non sa nulla di teologia è però ben sicura che tratta di tutto, meno che di potere e di soldi.
Ed allora, anche se ci fermassimo  solo qui, questo sarebbe più che sufficiente come programma : liberare il Vaticano e la chiesa dal potere e dai soldi per tornare a conoscere il Gesù palestinese di 2000 anni fa.
I gesti, più ancora dei discorsi e le interviste del papa, sono stati finora  coerentemente indirizzati su questa linea.
Le azioni di governo della chiesa lo stesso.
Basti pensare alla nomina del nuovo segretario di stato; alla nomina della commissione cardinalizia ristretta che lo affianca, in pratica by-passando la curia; agli interventi sullo Ior, la malfamata banca vaticana.
Sugli argomenti scottanti del ruolo della donna, dei diritti civili, compresi quelli dei gay, della libertà di coscienza, problema dei problemi questo, ha detto abbastanza da aprire nuovi scenari.
Sui problemi ancora più scottanti di potere, soldi e sesso riguardo ai chierici, religiosi  ed alle gerarchie è stato pure tutt’altro che reticente, anche se solo per accenni.
Sul piano dottrinario però non ha ancora toccato niente.
Ed è qui che lo aspettano tutti.
Se vogliamo dirla in modo molto diretto, o comincia, pure coi dovuti modi, a prendere alcuni dogmi, fra i più incompatibili con la logica ed il buon senso, e a gettarli nel cestino, o in realtà non ci sarà alcun rinnovamento effettivo e la chiesa sarà destinata a scivolare in una sempre più completa irrilevanza.
Viviamo, per nostra fortuna, in un mondo, che vuole dalla religione delle risposte sensate e appoggiabili su ragionamenti bene argomentati e convincenti e che non si accontenta più di dogmi indiscutibili, appoggiati solo sull’autorità di una mitologia- rivelazione, per di più messa in secondo piano, rispetto alla interpretazione che ne da una casta gerarchica eletta da nessuno.
E’ qui che lo aspettano al varco le varie componenti della chiesa.
E non è per caso, che le componenti più conservatrici, attaccate al potere o semplicemente attaccate ai loro preconcetti ed alle loro pigrizie ,con la abituale perfidia, hanno iniziato a sparare sui media un fuoco di sbarramento insidioso, perché mai trasparente e diretto, ma sempre impostato per vie traverse.
All’inizio, hanno cercato di fare lo stesso gioco, che avevano fatto col povero Giovanni Paolo I,  descrivendo papa Francesco come un populista sempliciotto, che non sarebbe stato in grado di inserirsi nei complicati meandri del governo vaticano.
Poi, quando i mesi hanno cominciato a passare, si sono resi conto che sotto alla bonomia esteriore c’era un poso di ferro, hanno avuto paura di prendersi delle scoppole e hanno cominciato a mettere in atto manovre di disinformazione sistematica.
Tirano fuori dagli archivi vecchi scritti o interventi di Bergoglio in Argentina, elaborati al tempo, per scopi diversi e in tutt’altro contesto storico, per cercare di dimostrare, che in realtà Bergoglio, sarebbe sempre stato un tradizionalista conservatore su qualsiasi argomento dogmatico e che quindi gli scoppiettanti interventi odierni sarebbero solo fumo per accattivarsi il consenso della gente e rendersi simpatico, ma che sui dogmi non toccherà una virgola.
Finora hanno avuto buon gioco, perché in effetti, papa Francesco, al momento, sul piano della teologia dogmatica ha fatto intuire idee parecchio innovative, ma non ha ancora cambiato una virgola.
Si tratta di puro buon senso ed elementare prudenza, che consigliano si muoversi con accortezza in un mondo dove i coltelli e i veleni sono di casa da sempre?
Probabilmente si, e questa ipotesi è avvalorata dalla recente iniziativa di richiedere il parere della “base” della chiesa, cominciando dalle parrocchie con un questionario a proposito dei problemi principali sul tappeto.
Non c’è niente di più populistico  o, se vogliamo, addirittura “socialista”, che il ricorso al popolo se non addirittura alla piazza, ma sarebbe consigliabile una lettura, anche elementare e frettolosa, degli atti degli apostoli, che fanno pure parte integrale dei Vangeli canonici, per renderci conto, che questa era la regola nella chiesa, quando questa era originaria e quindi storicamente molto più vicina al suo fondatore e quindi più vicina alla autenticità.
E’ una iniziativa innovativa e di grande impatto, anche se i precedenti relativi a più ristrette “consultazioni” papali,  fatte nella storia recente, hanno avuto esiti  del tutto negativi, nel senso che quelle rare volte che è successo (ad esempio la consultazione di Paolo VI sui contraccettivi) il papa ha poi fatto esattamente il contrario di quello che gli era stato consigliato di fare.
C’è poi un’altra cosa, che osta psicologicamente a fare cambiamenti dottrinari per un gesuita ed è il fatto che, disgraziatamente, il fondatore Ignazio ha lasciato insieme a cose profonde, anche scritti che oggi si riconoscerebbero proprie di un autentico “talebano”.
Come quello , cito a memoria, dove dice, che se si fosse trovato a dover scegliere fra quello che gli suggeriva la sua ragione e quello, ovviamente contrastante, che diceva il papa, avrebbe fatto senza esitazioni quello che diceva il papa.
Papa Francesco ha però il vantaggio, che forse Ignazio non aveva contemplato, nemmeno come ipotesi, di comporre nella sua stessa persona il gesuita e il papa regnante.
E’ talmente mal ridotta oggi, la barca di Pietro, appesantita fino a rischiare il naufragio da potere soldi , sesso e soprattutto da montagne di dogmi, che l’unico modo, almeno di tentare di non farla naufragare, è di gettare a mare l’enorme  carico superfluo.
Ci saranno, anzi ci sono già, strida ed alte grida a questa prospettiva, ma la via più opportuna per farlo, mi sembra proprio questa del ricorso al popolo.
Ma non al solo  popolo cristiano che è rimasto.
Il papa sarà veramente un grande della storia se riuscirà a prendere come suo interlocutore primario l’umanità, non la chiesa.
Da quello che si è intuito della cultura di papa Francesco, sembra che l’uomo abbia chiaro in mente questo concetto, che, come si è accennato più volte nei post precedenti, corrisponde al messaggio evangelico originario, che non contemplava una chiesa.
Il migliore Paolo VI usava spesso una espressione molto bella, che si colloca proprio su questa linea : “Noi osiamo parlarvi in quanto esperti di umanità”
Se non schianta o non lo faranno schiantare, sarebbe bello vederlo all’opera.
Purtroppo per lui ora vive praticamente in Italia e in questo paese prosperano, tra l’altro, le mafie che oggi, come tutti sappiamo, hanno messo le coppole nell’armadio e operano soprattutto nel campo asettico della finanza.
Hai! Questo è il problema.
Per imperizia, per ignoranza pressoché totale della materia o  per colpevole sottovalutazione del problema, i papi precedenti non si sono probabilmente resi conto che il Vaticano, gli ordini religiosi, diversi movimenti, forse la maggioranza delle parrocchie del sud, sono nel tempo diventati pericolosamente contigui alle mafie finanziarie.
Non c’è solo lo scandalo enorme dello Ior, la banca vaticana, che si è prestata per anni a fare da lavandaia ai soldi sporchi della mafia; ci sono gli ingenti patrimoni dei dicasteri di curia messi  a reddito per realizzare indegni progetti di lusso, vedi Propaganda Fide a Roma; ci sono gli ingenti patrimoni degli ordini religiosi, vedi le vicende finanziarie dei Salesiani e vedi le recentissime tragicomiche vicende dei Camilliani; c’è il terreno viscido della sanità vaticano-cattolica, dal San Raffaele, all’Istituto Dermopatico dell’Immacolata a Roma; c’è quella parte di CL, che ha prosperato sugli affari e sui faccendieri, per non parlare dei Legionari di Cristo; c’è una galassia dei gestori del turismo religioso, aduso a praticare un tutt’altro che evangelico vantaggio competitivo, evitando di pagare le tasse, che pagano i loro concorrenti.
Qui purtroppo non siamo al caso della mela marcia isolata, qui abbiamo un esercito di gente in gonnella pretesca o suoro- fratesca, che è da anni adusa a campare sul malaffare.
Fosse per loro, sarebbe ancora niente.
Il problema è che l’Italia è uno dei paesi più corrotti dell’occidente e quindi cos’è successo?
E’ successo che la mafia, che oggi, come si è detto, ha lasciato la coppola per la finanza, ha subito intuito le opportunità di questo nuovo business e si inserita ormai da anni nel ricco filone dei soldi, mal gestiti dal clero e affini.
Alla mafia ed alla ndrangheta, che agiscono nella finanza, nulla importa che il papa sia di destra o di sinistra, tradizionalista o progressista, a loro interessa che  i soldi, in quel settore, continuino a girare.
E  adesso hanno capito che a papa Francesco non sta bene che le cose vadano avanti in questo modo e che nel suo programma c’è il blocco di quel fiume di denaro.
I giornali, proprio oggi, hanno dato la notizia che la ndrangheta avrebbe messo il papa nel mirino.
Speriamo che si renda conto di quello che sta rischiando, ed adotti un minimo di contromisure  di sicurezza.
Sarebbe terribile se il primo papa progressista da decenni fosse fatto  fuori non metaforicamente dalle trame dei conservatori in abito talare, ma realmente da ndranghetisti dalla pistola facile, perché i suoi predecessori non sono riusciti a capire quanto sia potente il potere corruttivo del danaro.
Le battaglie per i valori non negoziabili della così detta bioetica, hanno nascosto, nei passati decenni, delle pericolose cloache, che quei crociati benpensanti non hanno saputo vedere, perché avevano la vista annebbiata dalla prospettiva di usare i soldi di qualunque provenienza per estendere il potere ecclesiastico.
Diamo loro, magnanimamente, il beneficio della buona fede, ma ora la frittata è fatta ed è difficile rimediare.
Il lavoro che spetta a papa Francesco è titanico, ma non deve farlo da solo.
Essenziale nella sua posizione è la scelta dei collaboratori in base alla capacità e non alla fedeltà incondizionata come si è fatto nei decenni passati.
Essenziale sarà la capacità di decentrare il potere alle conferenze episcopali nazionali ai sinodi eccetera.
Ma la vera cartina di tornasole per un innovamento effettivo sarà il coraggio o meno di usare la forbice sui dogmi.
La gerarchia per secoli ha coltivato l’idea sbagliata che per conservare il suo potere sarebbe stato essenziale difendere con le unghie e coi denti “la teoria del domino” in base alla quale se si negasse la validità anche di un solo tassello dogmatico, cadrebbe giù tutta la montagna.
E’ una teoria tutta ideologica e politica finalizzata esclusivamente alla conservazione del massimo potere possibile, che non ha fondamenti né logici né storici e che nel mondo moderno non ha più nessun credito.
Ma avendola praticata per secoli e secoli oggi dall’ultimo sacrista al papa ci si è convinti che sia essenziale.
Oggi però è venuto il momento di togliersi le fette di salame dagli occhi .
Perché quello che si è pomposamente definito con reverenza come il “depositum fidei”, cioè l’insieme dei dogmi non è affatto qualcosa di sacrale derivante se pure indirettamente da dio stesso.
Ma è in vece un insieme di teorie umane elaborate nei secoli dalla fazione della gerarchia che al tempo risultava di volta in volta maggioritaria.
Non è quindi per nulla un “corpus” dotato di una sua coerenza intrinseca, anzi molte definizioni dogmatiche, anche di prima grandezza, soffrivano fin dalla loro definizione della “eterogenesi dei fini” nel senso che non avevano affatto lo scopo primario di chiarire un aspetto fondamentale della fede, ma erano emesse per rafforzare in quel momento storico il potere ecclesiastico e siccome lo scopo vero era quello, gli estensori del momento non si curavano troppo che la presunta “verità di fede” presentasse teorie completamente strampalate.
Per fare tre esempi abbastanza recenti si pensi :
- alla definizione dogmatica della immacolata concezione di Maria proclamato da Pio IX 8 dicembre 1854;
- alla definizione dogmatica dell’infallibilità pontificia proclamato da Pio IX il 18 luglio 1870 ;
- alla definizione dogmatica dell’Assunzione di Maria al cielo proclamata da Pio XII il 1 novembre 1950.
Gli storici non hanno dubbi nell’ ascrivere i primi due alla volontà di Pio IX di rafforzare il potere papale appena prima ed appeno dopo la perdita del potere temporale, vissuto in termini apocalittici.
Così come per il terzo Pio XII alla fine della guerra intendeva riportare la chiesa a manifestazioni trionfalistiche di massa e quel dogma veniva incontro al desiderio di una parte del popolo  cristiano di riconoscersi nelle celebrazioni mariane di massa.
Si tratta di tre “storie” un tempo ritenute edificanti, prive di qualsiasi appoggio logico, storico o di mero buon senso e per di più del tutto estranee e irrilevanti sulla base del messaggio evangelico.
Occorre prendere atto che oggi la “base” della chiesa non è più costituita dalle masse contadine ignoranti del tempo di  Pio IX ,alle quali appunto si potevano raccontare storie edificanti.
Oggi la base rimasta è costituita da gente sempre più scolarizzata alla quale si possono sempre meno raccontare delle storie, per quanto esse pretendano di essere edificanti.
La gente in religione, come in qualsiasi altra materia, pretende che le cose che le si raccontano abbiano una qualche base logica e siano convincenti in quanto appoggiate su argomentazioni robuste.
Oggi la gente più scolarizzata e più avvertita è abituata ad usare il pensiero critico e quando comincerà a fare passare i dogmi al vaglio di una critica razionale minima saranno guai.

Chi è ancora presente, perché non considera irrilevante il messaggio evangelico, dopo essersi informato ed avere studiato almeno un poco la teologia finirà inevitabilmente per dire : caro papa o fuori loro (i dogmi più assurdi) o fuori noi.

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