Stimme erheben : Nie wieder Juden-hass
Alzate la voce : mai più odio contro
gli Ebrei
Fa un po' accapponare la pelle il
titolo in gigantografia apparso sulla prima pagina del popolare
quotidiani tedesco “Bild” di venerdì scorso, perchè, scritto in
tedesco ,quel JUDEN, non può non richiamare alla mente il ben più
tragicamente celebre : “Juden raus” , “via gli ebrei”, della
propaganda nazista.
Siamo settantacinque anni dopo ai
crimini razziali nazi- fascisti e per fortuna tutto è diverso, a
cominciare dai cugini tedeschi.
Se però, il sopra citato giornale a
grande diffusione popolare sente la necessità di mettere in prima
pagina e con tanto rilievo, un richiamo diretto contro
l'antisemitismo, una ragione ci sarà.
E' chiaro a tutti che la ragione sta
nella reazione suscitata nel mondo dall'invasione israeliana di Gaza.
Non è la prima volta che Israele
reagisce pesantemente agli estremisti di Hamas che minacciano la sua
sicurezza.
Ma anche Israele non più quello di
prima.
Lo stesso esercito israeliano non è
più quello di Moshè Dayan, il mitico generale- archeologo, ministro
della difesa , con benda da pirata ,che ha causato agli arabi la loro
più disastrosa sconfitta, quando Israele era completamente isolato
ed aveva contro tutto il mondo arabo nella guerra dei sei giorni nel
1967.
Sopratutto non è più quello di prima
il livello di consenso e di copertura che Israele ha nel mondo e
negli Usa in particolare.
Una recente indagine dice che il
consenso presso i giovani americani è il più basso di sempre,
25%, così pure il consenso fra le donne appena sopra il 30%, e così
pure presso afro-americani, ispanici e asiatici, che rappresentano,
almeno demograficamente, l'America di domani al 25%.
In Europa non è che le cose vadano
meglio per Israele, anzi la presenza ovunque di corpose comunità di
immigrati musulmani influenzano il giudizio degli europei che già
non era per niente entusiasta.
In queste condizioni Israele rischia
sempre di più, quand'anche avesse pienamente ragione a reagire.
Questo non significa che lo scarso
consenso verso Israele significhi un altrettanto inverso forte
consenso agli integralisti islamici.
Dopo una lunga fase di consenso
ideologico delle sinistre europee genericamente verso il mondo arabo
è seguita una successiva fase di acritico buonismo favorevole
pregiudizialmente agli arabi, visti come il Golia della situazione,
minacciato dal gigante tecnologico israeliano.
I movimenti delle primavere arabe hanno
illuso che si fosse aperta la via dell'ingresso del mondo arabo nella
modernità, dopo la sopportazione di dittature medioevali.
Oggi si è dovuto prendere atto
addirittura che quelle dittature erano indegne, ma che per noi
europei era meglio quando loro tiranneggiavano i loro popoli, ma
almeno si sapeva chi comandava, che non ora che delle milizie
islamiche, ancora più barbare dei precedenti tiranni, sguazzano nel
caos più totale.
Il livello di consenso verso gli
estremisti islamici, che siano i sunniti di Hamas, di Boko Haram,
dell'Isis o gli Hezbollah sciiti libanesi, è estremamente basso,
talmente disprezzabili sono le loro azioni.
La gente però è catturata dal
problema umanitario che esiste, anche se enfatizzato dai media con
immagini orribili, che non aiutano a capire un bel nulla, perchè in
queste situazioni il cinismo degli israeliani è spesso battuto
dall'insensibilità morale dei capi di Hamas, che quanto meno non
alzano un dito per cercare di limitare le perdite, anzi, spingono o
costringono a una resistenza assurda in una città abitata da 400.000
abitanti, quale è Gaza City.
I poveracci fra i civili che ci
lasciano quotidianamente la pelle non hanno colpa se non di essere
nati o finiti in uno dei posti più sbagliati di questo pur vasto
mondo.
Non hanno dove andare !,dicono a
sproposito diplomatici anche e soprattutto dell'Onu.
Ma questa è una colossale fandonia.
La striscia di Gaza è un bel po' più
grande della citta di Gaza.
Gaza City, se Hamas fosse gestita da
persone responsabili, che si fanno carico degli interessi del loro
popolo e non da politicanti fanatici, che pensano prima di tutto alla
loro carriera ed ai loro affari, dovrebbe essere evacuata, essendo in
corso una guerra.
Così come sono state evacuate, pochi
mesi fa, per non andare lontano nel tempo, le città siriane sulla
linea del fronte.
L'Onu, se sapesse fare altro che
esercitazioni verbali, dovrebbe essere in prima linea a costruire
campi profughi fuori da Gaza.
Non parliamo di Obama, della sua
diplomazia, che non ne azzecca una o dell'Europa che passa da una
conferenza all'altra senza idee se non quella di non avere più il
fastidio di occuparsi di Medio Oriente.
Sarebbe auspicabile e possibile trovare
e attuare soluzioni umanitarie, almeno questo.
Perchè risolvere il dilemma politico,
che oppone arabi ad ebrei è quasi impossibile, per la semplice
ragione che ambedue le parti sono da sempre nella più completa
malafede.
La nascita dello stato di Israele a
coronamento dell'idea del ritorno al mito biblico è stata una
insensatezza assoluta dal punto di vista logico e storico.
Era giustificata solamente dal ricatto
dei sentimenti ,che ha spinto allora i vincitori della seconda guerra
mondiale a risarcire in qualche modo concreto gli ebrei per aver
subito l'enormità della Shoàh, perpetrata direttamente dai
nazisti, ma nell'indifferenza degli alleati, che non hanno ritenuto
prioritario salvare la vita dei reclusi nei campi di sterminio
nazisti in mezza Europa.
Mettere gli ebrei in Palestina
significava cacciare gli arabi che c'erano nati e che avevano il
sacrosanto diritto di rimanerci.
Fatta la frittata, era inevitabile
trovarsi nei decenni successivi in un pasticcio insolubile.
Gli israeliani riempendo la West Bank
di insediamenti di coloni hanno a fatti e non a parole reso
assolutamente impossibile la creazione di uno stato palestinese.
La creazione di colonie che continua e
che non si è mai arrestata significa puramente e semplicemente che
la linea strategica è quella di arrivare a espellere i palestinesi.
I giornali dei coloni saranno
estremisti, ma almeno queste cose le dicono chiaramente e i partiti
dei coloni sostengono l'attuale governo.
Quindi invocare uno stato palestinese è
una pura esercitazione verbale.
Dall'altra parte i palestinesi, vivono
in una condizione impossibile cioè sostanzialmente da reclusi,
governati da politici corrotti spesso in affari con gli israeliani,
che campano su questa situazione di stallo, con il paracadute dei
conti personali in Svizzera.
Illudono la gente perpetuando il mito
assurdo della chiave, la chiave della casa dalla quale sono stati
cacciati dagli Israeliani.
La realtà è che i palestinesi non
hanno alcun futuro in Palestina.
Unica soluzione verosimile che
contempli la convivenza sullo stesso territorio di arabi ed ebrei ci
sarebbe se col tempo cambiassero tanto gli ebrei come i palestinesi.
Se Israele fosse capace di trasformarsi
da stato anacronistico confessionale -teocratico, in uno stato come
tutti gli altri, prendendo atto del fatto che la secolarizzazione
morde in Israele come in qualsiasi altra parte del mondo, e gli arabi
avessero l'opportunità di vivere alla pari con gli israeliani, cosa
che oggi è lontanissima.
L'unica speransa sarebbe quella di
trovarco domani con nuove generazioni completamente diverse e libere
da pregiudizi e indottrinamenti.
Purtroppo le durezze degli scontri
periodici fanno sì che le due comunità cerchino sicurezza e rifugio
nella riaffermazione della loro contrapposta identità, cedendo al
richiamo religioso- propagandistico, che porta come conseguenza a
costringere i loro figli a sorbirsi scuole coraniche da una parte e
scuole rabbiniche dall'altra.
E questo è quello che uccide la
speranza di un futuro ragionevole.
Che uccide il Medio Oriente, al
contrario di quello che si ripete continuamente, sono i libri
ritenuti sacri e i luoghi ritenuti sacri.
Occorrerebbero molto meno libri sacri e
molto più Voltaire e Darwin.
Ma oggi le cose stanno andando al
contrario.
A Gaza da una parte ci sono i figli
spirituali di quello sceicco Yassin, fondatore di Hamas, che è stato
una delle figure più bieche, che l'umanità abbia conosciuto e
dall'altra c'è la strategia dei coloni israeliani per i quali gli
arabi se ne devono andare.
E infatti si attribuisce all'attuale
dirigenza israeliana l'intenzione strategica di contrattare con
l'Egitto un esodo della popolazione della striscia di Gaza nel Sinai
egiziano.
La politica farà il suo corso più o
meno civile, ma non ci si può esimere dall'affrontare almeno il
problema umanitario che esiste ed è immediato.
Servirebbe almeno cominciare a finirla
di raccontare alla gente quasi solo panzane, perchè se si
cominciasse a dire la verità ,si potrebbe anche delineare un futuro
sensato per quei due popoli.