mercoledì 9 luglio 2014

Non ho mai amato Craxi, ma i suoi ultimi discorsi alla Camera di 21 anni fa sulla corruzione di tutto il sistema politico italiano andrebbero riletti con molta attenzione



La settimana scorsa una delle pochissime penne della grande stampa impegnate a far sopravvivere le ragioni del liberalismo classico, Piero Ostellino sul Corriere, invitava ,per l'appunto, il lettore ad andare a rileggersi i discorsi alla Camera di Craxi del luglio 1992 e dell'aprile 1993.
Perchè Ostellino li giudicava non tanto i documenti che sancivano la fine della prima Repubblica, ma piuttosto quelli che davano luogo all'inizio di un lungo periodo di decomposizione del sistema e di decadenza.
Devo confessare, che avendo dovuto subire, per ragioni professionali, la convivenza con una classe politica corrotta e inconcludente, negli anni di tangentopoli, avevo plaudito senza riserve all'operato della procura di Milano e conseguentemente avevo plaudito agli sberleffi ,alla gogna ed infine alla morte civile alle quali Craxi era stato condannato da un'opinione pubblica, come sempre largamente manipolata e aizzata dai media.
Non ricordavo di quei discorsi altro che il senso generico, ma non le argomentazioni.
Me li sono riletti e sono stato veramente scosso.
Craxi fece allora un discorso molto semplice, diretto e chiaro.
Da anni la politica ha assunto dei costi molto elevati.
Per sostenerli, tutte le forze politiche hanno fatto ricorso a massicci finanziamenti illegali.
Nessuno si illuda di potersi tirare fuori giurando di esserne fuori, perchè se lo facesse ben presto sarebbe dichiarato spergiuro.
In queste condizioni che facciamo? Diceva Craxi.
Facciamoci carico del problema, cioè riconosciamo di esserci tutti finanziati illegalmente e riscriviamo delle regole, che possano prevenire in futuro la corruzione dilagante.
Craxi voleva dire : riconosciamo che non è un problema del partito A o del partito B, ma è un problema di tutto il sistema politico e di conseguenza non possiamo assumerci la responsabilità di distruggere il sistema democratico.
Craxi non lo disse,ma è ovvio che intendeva dire implicitamente, che scrivendo nuove regole, si sarebbe contestualmente adottato un condono per il tempo pregresso, salvando così quella classe politica.
Le cose, come sappiamo , sono andate molto diversamente.
I due maggiori partiti, la DC e il Pci ,si stracciarono ipocritamente le vesti gridando allo scandalo ed addossando al solo Psi la colpa di tutto.
Fu una scelta disastrosa, che portò addirittura alla cancellazione di quei due pariti, che erano stati il cardine della politica italiana addirittura per cinquant'anni.
Erano stati la storia contemporanea del paese.
Ostellino bolla quella scelta con queste parole di fuoco :”Quella di allora era l'Italia miserabile e vile, che invece di riflettere su sé stessa, aveva trasformato uno scandalo in lotta di potere”.
E continua : quegli italiani ,che sono stati fascisti fino al 25 luglio '43, erano diventati antifascisti il 26 luglio, per trasformarsi in resistenti il 25 aprile 45.
E conclude con le parole di Giustino Fortunato :”il fascismo non è stata una rivoluzione, ma la rivelazione dell'Italia bigotta, clericale, controriformista e trasformista”.
Queste famosa asserzione di Giustino Fortunato, che condiziona tutt'ora il dibattito storiografico sulla storia del fascismo, l'avevo messa in quadro quando preparavo gli esami di storia all'università e fa parte da sempre del mio bagaglio culturale.
Mi ha quindi impressionato rivederla proporre molti decenni dopo, ribadendo una linea di fondo, che ho sviluppato e riproposto più volte su questo blog : il vero spread fra Italia e cugini europei è sempre ed esattamente questo : gli italiani culturalmente sono rimasti fascisti, non vogliono cambiare mai, usano del mondo moderno, ma culturalmente ne diffidano, come i vecchi cardinali di curia.
Distruggere e lasciare finire negli archivi della storia le tradizioni culturali e ideologiche del cattolicesimo democratico e del comunismo all'Italiana, questo è stato il vero delitto perpetrato allora, ben più grave delle ruberie di tangentopoli, che infatti sono solo state scalfite dall'azione della magistratura ,e sono riapparse oggi peggiori di prima.
Perchè è solo la politica che può curare ed estirpare i suoi mali e i suoi vizi.
La magistratura ha un altro compito e lavora in altri ambiti, non può surrogarsi compiti di sostituzione dell'azione politica.
Per definizione il diritto penale contempla reati attribuibili esclusivamente a responsabilità personali.
Non può perseguire un partito o, a maggior ragione, un sistema politico, non è affar suo.
Di conseguenza la magistratura ha perseguito una parte, una piccola, ma veramente piccola parte dell'apparato politico, perchè non poteva fare diversamente.
Facendo il suo dovere, ma facendo involontariamente danni incalcolabili.
Perchè ha finito per perseguire un politico, a danno dell'altro, come è inevitabile trattandosi di politica, finendo per di più per ingenerare teoremi assurdi.
Per esempio la gente fini per credere,che le percentuali chieste sugli appalti puzzassero di fango, mentre le valigiate di rubli, che esponenti di primo piano del PCI andavano sistematicamente a prendere a Mosca, la più grande e inumana dittatura del mondo di allora , fossero una fonte onestissima di finanziamento.
Siamo caduti tutti o quasi nell'inganno logico, che i media di allora hanno cavalcato spregiudicatamente ,seguendo, come sempre, gli istinti meno elevati della gente, invece di proporre informazione distaccata e analisi seria.
Facile cavalcare l'onda emozionale del mostro in prima pagina, incarcerato dai procuratori, novelli Robin Hood, senza ambizioni e senza macchia.
Sull'onda di quelle emozioni abbiamo lasciato seppellire la DC e il Pci, per prenderci, niente po po' di meno, che un Berlusconi a governarci per vent'anni e non è ancora finita.
Vent'anni dopo, la follia di quella scelta si è trasformata, come sempre, da tragedia in farsa, perchè sulle virtù di Berlusconi si può solo ridere, ed è sempre penoso ridere alla fine di noi stessi.
Berlusconi con l'ausilio di uno stuolo mai visto prima di avvocati -deputati al suo servizio oltre al suo impero mediatico, ha avuto facile gioco ad attaccarsi alle incongruenze della magistratura
per suonare per vent'anni la tiritera della congiura e del fumus persecutionis messo in atto da presunti procuratori rossi.
E poi da Berlusconi siamo passati a Renzi, con una veloce puntatina inconcludente su Grillo.
Visto che siamo partiti dalla citazione di un editoriale del Corriere (che, intendiamoci, qualche volta ne imbrocca una, ma che è ben lungi dall'essere esente dai mali cronici del resto dei grandi giornali italiani) mi sembra opportuno citare anche un buon editoriale sempre della settimana scorsa di Galli della Loggia.
Galli della Loggia, quando fa il suo mestiere di politologo, come ha fatto in questo caso, invece di scrivere un articolo, scrive praticamente un saggio, annoiando magari i lettori più frettolosi, ma è solo così che si può fare un lavoro serio, non bastano due parole a effetto, bisogna avere lo spazio per argomentare.
Ebbene l'editoriale di Galli della Loggia era dedicato a spiegare ai lettori perchè Renzi manchi ancora di qualcosa di fondamentale per essere un vero leader aggiungendo, che quella stessa cosa era ancora più radicalmente assente in Berlusconi.
Un leader politico, che pensi che sia sufficiente avere vinto le elezioni per cambiare il paese, commette un errore di valutazione madornale.
Non basta vincere le elezioni, o meglio, non basta acquisire il consenso elettorale, per ampio che sia, dice Della Loggia, occorre qualcosa di più profondo, occorre costruire e poi acquisire un consensi ideologico – culturale.
Se si vuole imprimere al paese una svolta profonda, che ne modifichi regole e mentalità, bisogna essere consapevoli del fatto, che questi propositi comporteranno l'immediata reazione delle corporazioni, delle lobby, di chi campa su vantaggi competitivi.
Non basta avere vinto le elezioni per battere questi potentissimi fattori di conservazione e di immobilismo.
Occorre fornire ai cittadini una visione, Galli dice : una nuova narrazione di sé.
Gli italiani si devono chiarire cosa sono , cosa vogliono, qual'è il loro passato.
Il vero leader è colui che sappia indurre il proprio popolo a elaborare questa sua nuova coscienza, perchè solo questo può indurre gli appartenenti alle corporazioni, lobby eccetera a convincersi a sacrificare dei propri privilegi a favore della polis.
E' una buona esposizione del problema dei problemi italiani, che consiste, alla fin fine, nella necessità di uscire dal proprio famoso “particulare” di guicciardiniana memoria.
Per farlo, occorre acquisire un meta, un ideale collettivo.
La parte positiva, se volgiamo tornare a Fortunato, la parte “rivoluzionaria” del fascismo, ci aveva provato, a cercare e a proporre mete collettive , ma poi è naufragata nella palude del nazionalismo becero , anacronistico e anti-moderno, col quale ha giustificato la guerra.
Democristiani, comunisti, socialisti, liberali, negli anni della prima repubblica ,ci avevano pure provato, pervenendo alla sintesi della attuale Costituzione.
Non è stato poco, perchè quel tanto di moderno e di sviluppo, che abbiamo avuto e che ancora oggi ci accomuna ai cugini europei, più avanti di noi , ce lo hanno fatto acquisire quegli anni e quelle forze, in questi ultimi anni, stupidamente svalutati dall'incultura berlusconiana.
Dopo il ventennio perso del berlusconismo, Renzi sarà capace di assumersi questo compito di portata epocale?
Della Loggia pare propendere per un'apertura di credito.
Ostellino, da liberale aborre l'idea dell' “uomo solo al comando” in ogni caso, e quindi diffida del modo col quale Renzi si atteggia.
Io ci credo veramente poco in Renzi, ma certo non mi dispiacerebbe, come italiano impantanato, come tutti, se la “nuova narrazione”, auspicata da Della Loggia, potesse riuscire.
La cartina di tornasole sarà il superamento delle così dette “larghe intese” col pregiudicato nazionale e l'apertura a intese un po più serie con i 5Stelle.
Senza di che c'è poco da comporre “nuove narrazioni”.

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