Non ho mai amato Craxi, ma i suoi
ultimi discorsi alla Camera di 21 anni fa sulla corruzione di tutto
il sistema politico italiano andrebbero riletti con molta attenzione
La settimana scorsa una delle
pochissime penne della grande stampa impegnate a far sopravvivere le
ragioni del liberalismo classico, Piero Ostellino sul Corriere,
invitava ,per l'appunto, il lettore ad andare a rileggersi i
discorsi alla Camera di Craxi del luglio 1992 e dell'aprile 1993.
Perchè Ostellino li giudicava non
tanto i documenti che sancivano la fine della prima Repubblica, ma
piuttosto quelli che davano luogo all'inizio di un lungo periodo di
decomposizione del sistema e di decadenza.
Devo confessare, che avendo dovuto
subire, per ragioni professionali, la convivenza con una classe
politica corrotta e inconcludente, negli anni di tangentopoli, avevo
plaudito senza riserve all'operato della procura di Milano e
conseguentemente avevo plaudito agli sberleffi ,alla gogna ed
infine alla morte civile alle quali Craxi era stato condannato da
un'opinione pubblica, come sempre largamente manipolata e aizzata dai
media.
Non ricordavo di quei discorsi altro
che il senso generico, ma non le argomentazioni.
Me li sono riletti e sono stato
veramente scosso.
Craxi fece allora un discorso molto
semplice, diretto e chiaro.
Da anni la politica ha assunto dei
costi molto elevati.
Per sostenerli, tutte le forze
politiche hanno fatto ricorso a massicci finanziamenti illegali.
Nessuno si illuda di potersi tirare
fuori giurando di esserne fuori, perchè se lo facesse ben presto
sarebbe dichiarato spergiuro.
In queste condizioni che facciamo?
Diceva Craxi.
Facciamoci carico del problema, cioè
riconosciamo di esserci tutti finanziati illegalmente e riscriviamo
delle regole, che possano prevenire in futuro la corruzione
dilagante.
Craxi voleva dire : riconosciamo che
non è un problema del partito A o del partito B, ma è un problema
di tutto il sistema politico e di conseguenza non possiamo assumerci
la responsabilità di distruggere il sistema democratico.
Craxi non lo disse,ma è ovvio che
intendeva dire implicitamente, che scrivendo nuove regole, si sarebbe
contestualmente adottato un condono per il tempo pregresso, salvando
così quella classe politica.
Le cose, come sappiamo , sono andate
molto diversamente.
I due maggiori partiti, la DC e il Pci
,si stracciarono ipocritamente le vesti gridando allo scandalo ed
addossando al solo Psi la colpa di tutto.
Fu una scelta disastrosa, che portò
addirittura alla cancellazione di quei due pariti, che erano stati il
cardine della politica italiana addirittura per cinquant'anni.
Erano stati la storia contemporanea del
paese.
Ostellino bolla quella scelta con
queste parole di fuoco :”Quella di allora era l'Italia miserabile
e vile, che invece di riflettere su sé stessa, aveva trasformato uno
scandalo in lotta di potere”.
E continua : quegli italiani ,che sono
stati fascisti fino al 25 luglio '43, erano diventati antifascisti il
26 luglio, per trasformarsi in resistenti il 25 aprile 45.
E conclude con le parole di Giustino
Fortunato :”il fascismo non è stata una rivoluzione, ma la
rivelazione dell'Italia bigotta, clericale, controriformista e
trasformista”.
Queste famosa asserzione di Giustino
Fortunato, che condiziona tutt'ora il dibattito storiografico sulla
storia del fascismo, l'avevo messa in quadro quando preparavo gli
esami di storia all'università e fa parte da sempre del mio bagaglio
culturale.
Mi ha quindi impressionato rivederla
proporre molti decenni dopo, ribadendo una linea di fondo, che ho
sviluppato e riproposto più volte su questo blog : il vero spread
fra Italia e cugini europei è sempre ed esattamente questo : gli
italiani culturalmente sono rimasti fascisti, non vogliono cambiare
mai, usano del mondo moderno, ma culturalmente ne diffidano, come i
vecchi cardinali di curia.
Distruggere e lasciare finire negli
archivi della storia le tradizioni culturali e ideologiche del
cattolicesimo democratico e del comunismo all'Italiana, questo è
stato il vero delitto perpetrato allora, ben più grave delle ruberie
di tangentopoli, che infatti sono solo state scalfite dall'azione
della magistratura ,e sono riapparse oggi peggiori di prima.
Perchè è solo la politica che può
curare ed estirpare i suoi mali e i suoi vizi.
La magistratura ha un altro compito e
lavora in altri ambiti, non può surrogarsi compiti di sostituzione
dell'azione politica.
Per definizione il diritto penale
contempla reati attribuibili esclusivamente a responsabilità
personali.
Non può perseguire un partito o, a
maggior ragione, un sistema politico, non è affar suo.
Di conseguenza la magistratura ha
perseguito una parte, una piccola, ma veramente piccola parte
dell'apparato politico, perchè non poteva fare diversamente.
Facendo il suo dovere, ma facendo
involontariamente danni incalcolabili.
Perchè ha finito per perseguire un
politico, a danno dell'altro, come è inevitabile trattandosi di
politica, finendo per di più per ingenerare teoremi assurdi.
Per esempio la gente fini per
credere,che le percentuali chieste sugli appalti puzzassero di
fango, mentre le valigiate di rubli, che esponenti di primo piano del
PCI andavano sistematicamente a prendere a Mosca, la più grande e
inumana dittatura del mondo di allora , fossero una fonte
onestissima di finanziamento.
Siamo caduti tutti o quasi nell'inganno
logico, che i media di allora hanno cavalcato spregiudicatamente
,seguendo, come sempre, gli istinti meno elevati della gente, invece
di proporre informazione distaccata e analisi seria.
Facile cavalcare l'onda emozionale del
mostro in prima pagina, incarcerato dai procuratori, novelli Robin
Hood, senza ambizioni e senza macchia.
Sull'onda di quelle emozioni abbiamo
lasciato seppellire la DC e il Pci, per prenderci, niente po po' di
meno, che un Berlusconi a governarci per vent'anni e non è ancora
finita.
Vent'anni dopo, la follia di quella
scelta si è trasformata, come sempre, da tragedia in farsa, perchè
sulle virtù di Berlusconi si può solo ridere, ed è sempre penoso
ridere alla fine di noi stessi.
Berlusconi con l'ausilio di uno stuolo
mai visto prima di avvocati -deputati al suo servizio oltre al suo
impero mediatico, ha avuto facile gioco ad attaccarsi alle
incongruenze della magistratura
per suonare per vent'anni la tiritera
della congiura e del fumus persecutionis messo in atto da presunti
procuratori rossi.
E poi da Berlusconi siamo passati a
Renzi, con una veloce puntatina inconcludente su Grillo.
Visto che siamo partiti dalla citazione
di un editoriale del Corriere (che, intendiamoci, qualche volta ne
imbrocca una, ma che è ben lungi dall'essere esente dai mali cronici
del resto dei grandi giornali italiani) mi sembra opportuno citare
anche un buon editoriale sempre della settimana scorsa di Galli della
Loggia.
Galli della Loggia, quando fa il suo
mestiere di politologo, come ha fatto in questo caso, invece di
scrivere un articolo, scrive praticamente un saggio, annoiando magari
i lettori più frettolosi, ma è solo così che si può fare un
lavoro serio, non bastano due parole a effetto, bisogna avere lo
spazio per argomentare.
Ebbene l'editoriale di Galli della
Loggia era dedicato a spiegare ai lettori perchè Renzi manchi
ancora di qualcosa di fondamentale per essere un vero leader
aggiungendo, che quella stessa cosa era ancora più radicalmente
assente in Berlusconi.
Un leader
politico, che pensi che sia sufficiente avere vinto le elezioni per
cambiare il paese, commette un errore di valutazione madornale.
Non basta
vincere le elezioni, o meglio, non basta acquisire il consenso
elettorale, per ampio che sia, dice Della Loggia, occorre qualcosa di
più profondo, occorre costruire e poi acquisire un consensi
ideologico – culturale.
Se si vuole
imprimere al paese una svolta profonda, che ne modifichi regole e
mentalità, bisogna essere consapevoli del fatto, che questi
propositi comporteranno l'immediata reazione delle corporazioni,
delle lobby, di chi campa su vantaggi competitivi.
Non basta avere
vinto le elezioni per battere questi potentissimi fattori di
conservazione e di immobilismo.
Occorre fornire
ai cittadini una visione, Galli dice : una nuova narrazione di sé.
Gli italiani si
devono chiarire cosa sono , cosa vogliono, qual'è il loro passato.
Il vero leader è
colui che sappia indurre il proprio popolo a elaborare questa sua
nuova coscienza, perchè solo questo può indurre gli appartenenti
alle corporazioni, lobby eccetera a convincersi a sacrificare dei
propri privilegi a favore della polis.
E' una buona
esposizione del problema dei problemi italiani, che consiste, alla
fin fine, nella necessità di uscire dal proprio famoso “particulare”
di guicciardiniana memoria.
Per farlo,
occorre acquisire un meta, un ideale collettivo.
La parte
positiva, se volgiamo tornare a Fortunato, la parte “rivoluzionaria”
del fascismo, ci aveva provato, a cercare e a proporre mete
collettive , ma poi è naufragata nella palude del nazionalismo
becero , anacronistico e anti-moderno, col quale ha giustificato la
guerra.
Democristiani,
comunisti, socialisti, liberali, negli anni della prima repubblica
,ci avevano pure provato, pervenendo alla sintesi della attuale
Costituzione.
Non è stato
poco, perchè quel tanto di moderno e di sviluppo, che abbiamo avuto
e che ancora oggi ci accomuna ai cugini europei, più avanti di noi ,
ce lo hanno fatto acquisire quegli anni e quelle forze, in questi
ultimi anni, stupidamente svalutati dall'incultura berlusconiana.
Dopo il
ventennio perso del berlusconismo, Renzi sarà capace di assumersi
questo compito di portata epocale?
Della Loggia
pare propendere per un'apertura di credito.
Ostellino, da
liberale aborre l'idea dell' “uomo solo al comando” in ogni
caso, e quindi diffida del modo col quale Renzi si atteggia.
Io ci credo
veramente poco in Renzi, ma certo non mi dispiacerebbe, come italiano
impantanato, come tutti, se la “nuova narrazione”, auspicata da
Della Loggia, potesse riuscire.
La cartina di
tornasole sarà il superamento delle così dette “larghe intese”
col pregiudicato nazionale e l'apertura a intese un po più serie con
i 5Stelle.
Senza di che c'è
poco da comporre “nuove narrazioni”.
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