martedì 21 ottobre 2014

Per sbloccare il sistema occorre ripristinare l’autorità dello stato, oggi i governi non vanno da nessuna parte, perché non comanda più nessuno




Quand’anche ci fossero i soldi per far fronte alle necessità più sentite (disoccupazione, infrastrutture, ambiente, scuola ecc.), qualsiasi governo non combinerebbe pressoché nulla, perché il sistema è ormai bloccato (burocrazia, corruzione, giustizia che non funziona ecc.).
In altre parole e per condensare il concetto con poche parole, anche se imprecise, nessun governo non può combinare pressoché nulla, perché in Italia non comanda più nessuno, e  non comanda  più nessuno perché il potere reale è stato  suddiviso in troppi pezzi, per un malinteso senso di iper -democrazia e di iper- garantismo.
L’introduzione poi di un iper-federalismo, assurdo , sproporzionato e pasticcione con la riforma costituzionale del 2007, ha definitivamente messo il sistema k.o.
Ma è già da prima e cioè fino dallo stallo dei grandi  partiti di massa, cioè fino dagli anni 70 in poi, che è  cominciato il declino del sistema per incapacità di governare alcunché.
E così, strada facendo, tutti i problemi si sono incancreniti ed ora in qualsiasi settore si mettano le mani, occorre affrontare problemi sistemici.
Non è vero che oggi la società e la politica sono diventati “liquidi” a causa della fine delle ideologie e perché le distinzioni fra destra e sinistra non avrebbero più alcun significato.
Sembra che abbiano perso significato, perché la gente ha avuto modo di verificare il fatto  che, governi la destra o la sinistra, non cambia nulla, perché nessuno è più in grado di governare, non perché  siano finite le distinzioni e la diversità dei valori di riferimento fra destra e sinistra.
Si arriva così all’assurdo, che conferma pienamente quello che stiamo dicendo, che visto l’impasse, destra e sinistra si mettono a governare insieme, e che anche in queste incongrue coalizioni, nessuno riesce a combinare più nulla.
Che il sistema sia  bloccato per cause sistemiche lo si è visto in questi giorni, quando si sono verificati nuovamente gravi danni, a causa dei periodici allagamenti di vaste zone del paese.
È tempo perso, al fine della risoluzione dei problemi, andare a cercare nei singoli territori le cause ultime di quei disastri (inerzia dei responsabili, sentenze dei Tar che bloccano gli appalti , mancanza di finanziamenti ecc.).
Perchè con questo sistema non si va più da nessuna parte.
Di fronte ai disastri, come quelli degli ultimi giorni,  si sente dire dai  vari  bar sport ai  salotti televisivi, che quando questi eventi si verificano in Cina, generalmente, i problemi vengono risolti con opere sollecite ultimate in tempi record.
Verissimo, ma questo si verifica non perché la Cina disponga di capacità superiori alle nostre.
L’Italia ha infatti imprese di costruzione per grandi opere al top mondiale, quanto a capacità tecniche e organizzative, tanto che queste imprese vincono regolarmente appalti di grandi opere pubbliche in tutto il mondo.
Non è quello che ci manca, quello che ci manca è la capacità di decidere, di governare, che invece per esempio la Cina possiede.
In quel  paese si riesce a decidere in poco o pochissimo tempo e poi a governare l’attuazione dei deliberati con altrettanta velocità.
Si noti l’importanza di avere ben chiaro il concetto ,che per governare, occorre padroneggiare bene due fasi ugualmente essenziali  : quella della decisione politica che sfocia nell’adozione di atti legislativi, e poi la capacità   di gestire l’attuazione dei deliberati.
Da noi, quand’anche un governo riesca, faticosamente, a fare uscire dal consiglio dei ministri una qualunque riforma, regolarmente annacquata e divenuta incoerente o monca per accontentare tutti, questi stessi governanti, di grande prosopopea, ma spesso del tutto ignari  del funzionamento della macchina amministrativa, si limitano a  fare leggi.
Ma non sanno poi governare per esempio l’emissione dei regolamenti attuativi, lasciati all’assurdo “concerto” di diversi ministeri, regioni, conferenze dei comuni eccetera, eccetera.
Figurarsi poi se sanno seguire l’attuazione vera e propria, impartendo ordini alla casta dei direttori generali dei ministeri,ormai divenuta indipendente e potere a sé.
E così, passano anni,con un nuovo decreto in vigore, nel senso che è pubblicato in gazzetta ufficiale, ma che non sarà mai attuato,anche solo per la pratica macchinosità di questi “concerti”.
Poi bisogna vedere se il decreto sarà coperto da un finanziamento effettivo e non di fantasia e quand’anche superi tutte le burocratiche strettoie, per fare qualsiasi opera di un qualche rilievo occorre,,n caso di opere,fare un appalto.
Occorre quindi che organi tecnici dell’amministrazione preparino un capitolato e si arrivi alla gara.
Spesso, essendo questa classe politica corrotta fino al midollo, ci si cura solo che il capitolato venga cucito su misura della ditta, che si vuole far vincere, annullando così il senso della gara.
Ma anche ammettendo che la corruzione non si intrometta, ecco che tutto rallenta,  un po’ perché l’amministrazione stessa non dispone più di organi tecnici adeguati, un po’ perché le leggi sugli appalti, sono state combinate in modo pazzesco, con un regolamento di seicento e rotti articoli.
In questo labirinto, scritto volutamente in sanscrito, gli unici che ci sguazzano sono i legali, i commercialisti ed i consulenti delle ditte, che ci mettono del loro per ricorrere ai Tar e bloccare tutto.
Perchè sui seicento articoli, appena nominati, anche un avvocaticchio di provincia non fa fatica a trovare l’articolo  il comma o il codicillo ,per giustificare una causa.
E tutto si ferma, dopo avere transitato a velocità da lumaca per anni.
E così non si fa nulla, anche quando i soldi ci sono, e spesso ci sono, come nel caso dei lavori di sistemazione del corso del Bisagno a Genova.
Poi bisogna porre rimedio al balletto  dei ricorsi ai Tar.
Sacrosanto, ovviamente, garantire la tutela giurisdizionale, ma fissando tempi stretti quando ci sono in ballo opere di primaria importanza ed, a maggior ragione, se sono attinenti alla sicurezza del paese.
Non sto  certo a tessere le lodi del sistema politico decisionista, anche perché semidittatoriale, della Cina, sto solo dicendo, che se il nostro sistema è inceppato da decenni, occorre prenderne atto, farsene una ragione e attuare i correttivi  necessari, superando tabù e pregiudizi.
L’aveva capito la DC di De Gasperi nell’ormai  lontanissimo 1952, che occorreva dare al  governo quel potere di governare, che la costituzione repubblicana, costruita nel timore di impedire il ritorno dell’autoritarismo fascista, aveva di fatto negato, quando tentò di far passare ,senza riuscirci, una legge elettorale con premio di maggioranza.
Da allora è prevalso il mito della costituzione più bella del mondo da tenere imbalsamata per sempre, in un mondo che corre a perdifiato.
Quel volpone di Berlusconi disse e ridisse, durante il suo ventennio, di non avere il potere sufficiente per governare, forse anche per giustificare i suoi scarsi o nulli risultati, ma non ebbe mai il coraggio di fare proposte di leggi  costituzionali di riforma.
Renzi, almeno, ci sta provando, sia pure con un testo molto discutibile (quello che prevede l’abolizione del Senato elettivo) ,ma questo è almeno il segno, che c’è finalmente  la consapevolezza del problema.
Nella prassi, poi, Renzi e Napolitano hanno introdotto di fatto anche di più che riforme costituzionali, per rafforzare il potere del premier a danno di quello del parlamento.
Non c’è da scandalizzarsi, perché a questo punto, la direzione sembra quella giusta.
Oramai i governi, governano per decreti o quasi e raramente passano per il parlamento presentando disegni di legge, che richiedono un iter ben più lungo.
Ma è essenziale prendere coscienza, che quando si è fatta una legge, anche per decreto, si è ancora ben lontani  dall’aver  fatto una riforma.
Perché se l’apparato amministrativo non la applica, a causa del fatto che una classe politica impreparata, non è in grado di governarlo, la riforma è come se non esistesse.
Sono perfino ridicoli, nella loro insipienza, quei governanti, che, pensano di rendersi popolari con l’opinione pubblica, danno dei fannulloni agli impiegati pubblici e additando al disprezzo della gente  la pubblica amministrazione.
Come fanno a non capire, che, senza una pubblica amministrazione forte, preparata e motivata, anche finanziariamente, il paese non si può governare, ma si fanno solo proclami e grida manzoniane.
L’Italia non ha una scuola superiore di pubblica amministrazione, di un qualche livello, e questo è significativo del fatto che il problema non è ancora stato realizzato dalla classe politica.
Purtroppo, come si  diceva sopra, il colpo di grazia alla funzionalità dell’apparato amministrativo è stato dato da una legislazione folle sul federalismo, per rincorrere le idee confuse e incolte della Lega.
Ora bisogna ristabilire l’autorità e le competenze dello stato, per esempio  riducendo in modo drastico il  numero delle regioni,   da 15 a 10; abolire le 5 a statuto speciale; ridurre in modo ancora più drastico il numero dei comuni da 9.000 a 1.000.
Queste cose, fra l’altro,  c’erano nel programma di Renzi ai tempi (vicini) delle elaborazioni dei suoi programmi alla, ormai famosa, Leopolda a Firenze.
Occorrerebbe tirarli fuori.
I disastri ambientali ed i non minori disastri provocati dalla corruzione negli appalti delle grandi opere, fanno pensare, che la situazione dello stato, come decisore, sia diventata tanto miserevole, da dover richiedere sempre di più interventi in deroga alla intricatissima normativa vigente, con decreti ad hoc, che nominino commissari “ad acta” per la realizzazione delle singole opere.
Rischioso e scivoloso,certo, come insegna  l’esperienza del famoso, ed anche lui, energetico, Bertolaso a suo tempo capo di una Protezione Civile tuttofare, ma, a questo punto, o si fa così o si finisce nella palude.
Attenzione però, con tutti i suoi limiti e difetti, Bertolaso era un manager tecnico, non un politico.
E infatti occorre questo genere di commissari, non un politico mascherato da commissario, come insensatamente si era fatto a Genova,  nominando commissario per i Bisagno, niente meno che il presidente della regione, cioè praticamente il committente.
Questo fatto evidenzia bene da solo la spaventosa confusione di idee di questa classe politica.
Renzi, se ne sarà capace, ha ancora qualche mese di tempo per dimostrare se vuole davvero intraprendere la strada, che si è accennata sopra.
Se tutti gli altri starnazzano, può essere anche, perché hanno capito, che potrebbe veramente cambiare il sistema, se Renzi riuscisse.
Quando nell’articolo del 25 settembre scorso, mi ero chiesto : “meglio Renzi, o meglio la Troika?” si era nella stessa  linea di pensiero, nel  senso, che si ponevano come alternative possibili due “commissari”, uno interno e l’altro esterno, dando, in ognuno dei due casi,  come scontato che il sistema attuale va comunque superato o bypassato.

Si era detto allora, Renzi non mi è simpatico, e in effetti tuttora non mi entusiasma, ma questo non mi impedisce di augurargli di riuscire, solo però se sarà capaci di porsi come un “commissario generale”,incaricato di riformare radicalmente il sistema. 

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