Per sbloccare il sistema occorre ripristinare l’autorità
dello stato, oggi i governi non vanno da nessuna parte, perché non comanda più
nessuno
Quand’anche ci fossero i soldi per far fronte alle necessità
più sentite (disoccupazione, infrastrutture, ambiente, scuola ecc.), qualsiasi
governo non combinerebbe pressoché nulla, perché il sistema è ormai bloccato
(burocrazia, corruzione, giustizia che non funziona ecc.).
In altre parole e per condensare il concetto con poche
parole, anche se imprecise, nessun governo non può combinare pressoché nulla,
perché in Italia non comanda più nessuno, e
non comanda più nessuno perché il
potere reale è stato suddiviso in troppi
pezzi, per un malinteso senso di iper -democrazia e di iper- garantismo.
L’introduzione poi di un iper-federalismo, assurdo ,
sproporzionato e pasticcione con la riforma costituzionale del 2007, ha
definitivamente messo il sistema k.o.
Ma è già da prima e cioè fino dallo stallo dei grandi partiti di massa, cioè fino dagli anni 70 in
poi, che è cominciato il declino del
sistema per incapacità di governare alcunché.
E così, strada facendo, tutti i problemi si sono
incancreniti ed ora in qualsiasi settore si mettano le mani, occorre affrontare
problemi sistemici.
Non è vero che oggi la società e la politica sono diventati
“liquidi” a causa della fine delle ideologie e perché le distinzioni fra destra
e sinistra non avrebbero più alcun significato.
Sembra che abbiano perso significato, perché la gente ha
avuto modo di verificare il fatto che,
governi la destra o la sinistra, non cambia nulla, perché nessuno è più in grado
di governare, non perché siano finite le
distinzioni e la diversità dei valori di riferimento fra destra e sinistra.
Si arriva così all’assurdo, che conferma pienamente quello
che stiamo dicendo, che visto l’impasse, destra e sinistra si mettono a
governare insieme, e che anche in queste incongrue coalizioni, nessuno riesce a
combinare più nulla.
Che il sistema sia
bloccato per cause sistemiche lo si è visto in questi giorni, quando si
sono verificati nuovamente gravi danni, a causa dei periodici allagamenti di
vaste zone del paese.
È tempo perso, al fine della risoluzione dei problemi,
andare a cercare nei singoli territori le cause ultime di quei disastri
(inerzia dei responsabili, sentenze dei Tar che bloccano gli appalti , mancanza
di finanziamenti ecc.).
Perchè con questo sistema non si va più da nessuna parte.
Di fronte ai disastri, come quelli degli ultimi giorni, si sente dire dai vari
bar sport ai salotti televisivi,
che quando questi eventi si verificano in Cina, generalmente, i problemi
vengono risolti con opere sollecite ultimate in tempi record.
Verissimo, ma questo si verifica non perché la Cina disponga
di capacità superiori alle nostre.
L’Italia ha infatti imprese di costruzione per grandi opere
al top mondiale, quanto a capacità tecniche e organizzative, tanto che queste imprese
vincono regolarmente appalti di grandi opere pubbliche in tutto il mondo.
Non è quello che ci manca, quello che ci manca è la capacità
di decidere, di governare, che invece per esempio la Cina possiede.
In quel paese si riesce
a decidere in poco o pochissimo tempo e poi a governare l’attuazione dei
deliberati con altrettanta velocità.
Si noti l’importanza di avere ben chiaro il concetto ,che
per governare, occorre padroneggiare bene due fasi ugualmente essenziali : quella della decisione politica che sfocia
nell’adozione di atti legislativi, e poi la capacità di gestire l’attuazione dei deliberati.
Da noi, quand’anche un governo riesca, faticosamente, a fare
uscire dal consiglio dei ministri una qualunque riforma, regolarmente
annacquata e divenuta incoerente o monca per accontentare tutti, questi stessi
governanti, di grande prosopopea, ma spesso del tutto ignari del funzionamento della macchina
amministrativa, si limitano a fare
leggi.
Ma non sanno poi governare per esempio l’emissione dei
regolamenti attuativi, lasciati all’assurdo “concerto” di diversi ministeri,
regioni, conferenze dei comuni eccetera, eccetera.
Figurarsi poi se sanno seguire l’attuazione vera e propria,
impartendo ordini alla casta dei direttori generali dei ministeri,ormai
divenuta indipendente e potere a sé.
E così, passano anni,con un nuovo decreto in vigore, nel
senso che è pubblicato in gazzetta ufficiale, ma che non sarà mai attuato,anche
solo per la pratica macchinosità di questi “concerti”.
Poi bisogna vedere se il decreto sarà coperto da un
finanziamento effettivo e non di fantasia e quand’anche superi tutte le
burocratiche strettoie, per fare qualsiasi opera di un qualche rilievo occorre,,n
caso di opere,fare un appalto.
Occorre quindi che organi tecnici dell’amministrazione
preparino un capitolato e si arrivi alla gara.
Spesso, essendo questa classe politica corrotta fino al
midollo, ci si cura solo che il capitolato venga cucito su misura della ditta,
che si vuole far vincere, annullando così il senso della gara.
Ma anche ammettendo che la corruzione non si intrometta,
ecco che tutto rallenta, un po’ perché
l’amministrazione stessa non dispone più di organi tecnici adeguati, un po’
perché le leggi sugli appalti, sono state combinate in modo pazzesco, con un regolamento
di seicento e rotti articoli.
In questo labirinto, scritto volutamente in sanscrito, gli
unici che ci sguazzano sono i legali, i commercialisti ed i consulenti delle
ditte, che ci mettono del loro per ricorrere ai Tar e bloccare tutto.
Perchè sui seicento articoli, appena nominati, anche un
avvocaticchio di provincia non fa fatica a trovare l’articolo il comma o il codicillo ,per giustificare una
causa.
E tutto si ferma, dopo avere transitato a velocità da lumaca
per anni.
E così non si fa nulla, anche quando i soldi ci sono, e
spesso ci sono, come nel caso dei lavori di sistemazione del corso del Bisagno
a Genova.
Poi bisogna porre rimedio al balletto dei ricorsi ai Tar.
Sacrosanto, ovviamente, garantire la tutela giurisdizionale,
ma fissando tempi stretti quando ci sono in ballo opere di primaria importanza
ed, a maggior ragione, se sono attinenti alla sicurezza del paese.
Non sto certo a tessere
le lodi del sistema politico decisionista, anche perché semidittatoriale, della
Cina, sto solo dicendo, che se il nostro sistema è inceppato da decenni,
occorre prenderne atto, farsene una ragione e attuare i correttivi necessari, superando tabù e pregiudizi.
L’aveva capito la DC di De Gasperi nell’ormai lontanissimo 1952, che occorreva dare al governo quel potere di governare, che la
costituzione repubblicana, costruita nel timore di impedire il ritorno
dell’autoritarismo fascista, aveva di fatto negato, quando tentò di far passare
,senza riuscirci, una legge elettorale con premio di maggioranza.
Da allora è prevalso il mito della costituzione più bella
del mondo da tenere imbalsamata per sempre, in un mondo che corre a perdifiato.
Quel volpone di Berlusconi disse e ridisse, durante il suo
ventennio, di non avere il potere sufficiente per governare, forse anche per
giustificare i suoi scarsi o nulli risultati, ma non ebbe mai il coraggio di
fare proposte di leggi costituzionali di
riforma.
Renzi, almeno, ci sta provando, sia pure con un testo molto
discutibile (quello che prevede l’abolizione del Senato elettivo) ,ma questo è
almeno il segno, che c’è finalmente la
consapevolezza del problema.
Nella prassi, poi, Renzi e Napolitano hanno introdotto di
fatto anche di più che riforme costituzionali, per rafforzare il potere del
premier a danno di quello del parlamento.
Non c’è da scandalizzarsi, perché a questo punto, la
direzione sembra quella giusta.
Oramai i governi, governano per decreti o quasi e raramente
passano per il parlamento presentando disegni di legge, che richiedono un iter
ben più lungo.
Ma è essenziale prendere coscienza, che quando si è fatta
una legge, anche per decreto, si è ancora ben lontani dall’aver
fatto una riforma.
Perché se l’apparato amministrativo non la applica, a causa
del fatto che una classe politica impreparata, non è in grado di governarlo, la
riforma è come se non esistesse.
Sono perfino ridicoli, nella loro insipienza, quei
governanti, che, pensano di rendersi popolari con l’opinione pubblica, danno
dei fannulloni agli impiegati pubblici e additando al disprezzo della gente la pubblica amministrazione.
Come fanno a non capire, che, senza una pubblica
amministrazione forte, preparata e motivata, anche finanziariamente, il paese
non si può governare, ma si fanno solo proclami e grida manzoniane.
L’Italia non ha una scuola superiore di pubblica
amministrazione, di un qualche livello, e questo è significativo del fatto che
il problema non è ancora stato realizzato dalla classe politica.
Purtroppo, come si
diceva sopra, il colpo di grazia alla funzionalità dell’apparato
amministrativo è stato dato da una legislazione folle sul federalismo, per
rincorrere le idee confuse e incolte della Lega.
Ora bisogna ristabilire l’autorità e le competenze dello
stato, per esempio riducendo in modo
drastico il numero delle regioni, da 15 a
10; abolire le 5 a statuto speciale; ridurre in modo ancora più drastico il
numero dei comuni da 9.000 a 1.000.
Queste cose, fra l’altro,
c’erano nel programma di Renzi ai tempi (vicini) delle elaborazioni dei
suoi programmi alla, ormai famosa, Leopolda a Firenze.
Occorrerebbe tirarli fuori.
I disastri ambientali ed i non minori disastri provocati
dalla corruzione negli appalti delle grandi opere, fanno pensare, che la
situazione dello stato, come decisore, sia diventata tanto miserevole, da dover
richiedere sempre di più interventi in deroga alla intricatissima normativa
vigente, con decreti ad hoc, che nominino commissari “ad acta” per la realizzazione
delle singole opere.
Rischioso e scivoloso,certo, come insegna l’esperienza del famoso, ed anche lui,
energetico, Bertolaso a suo tempo capo di una Protezione Civile tuttofare, ma,
a questo punto, o si fa così o si finisce nella palude.
Attenzione però, con tutti i suoi limiti e difetti,
Bertolaso era un manager tecnico, non un politico.
E infatti occorre questo genere di commissari, non un
politico mascherato da commissario, come insensatamente si era fatto a
Genova, nominando commissario per i Bisagno,
niente meno che il presidente della regione, cioè praticamente il committente.
Questo fatto evidenzia bene da solo la spaventosa confusione
di idee di questa classe politica.
Renzi, se ne sarà capace, ha ancora qualche mese di tempo
per dimostrare se vuole davvero intraprendere la strada, che si è accennata
sopra.
Se tutti gli altri starnazzano, può essere anche, perché
hanno capito, che potrebbe veramente cambiare il sistema, se Renzi riuscisse.
Quando nell’articolo del 25 settembre scorso, mi ero chiesto
: “meglio Renzi, o meglio la Troika?” si era nella stessa linea di pensiero, nel senso, che si ponevano come alternative
possibili due “commissari”, uno interno e l’altro esterno, dando, in ognuno dei
due casi, come scontato che il sistema
attuale va comunque superato o bypassato.
Si era detto allora, Renzi non mi è simpatico, e in effetti
tuttora non mi entusiasma, ma questo non mi impedisce di augurargli di riuscire,
solo però se sarà capaci di porsi come un “commissario generale”,incaricato di
riformare radicalmente il sistema.
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