In uno sceneggiato televisivo l’ultima riuscita ricerca di
Liliana Cavani su Francesco d’Assisi
Viene spontaneo chiedersi come mai una intellettuale laica,
come la Cavani sia stata talmente
intrigata dalla personalità storica di Francesco d’Assisi da essere arrivata a
condurre una lunga ricerca pervenuta,
con lo sceneggiato appena trasmesso da Rai 1, ben al terzo film a lui dedicato.
Ma non è difficile
rispondere al quesito, posto sopra.
Quasi al termine della prima puntata dello sceneggiato del quale stiamo parlando, la
risposta me l’ha fornita Bruno Vespa quando annunciava la sua imminente puntata
di Porta a Porta, tutta dedicata a Medjugorie
e dintorni.
Vespa, con la sua usuale disinvolta furbizia, sembrava dire
ai telespettatori : seguitemi fra dieci minuti e vedrete come vi farò
commuovere.
Ebbene, la chiave di lettura della Cavani, che viene da una
cultura diversissima rispetto a quella di Vespa, vuole rappresentare
esattamente il contrario : guardate il
mio film e vedrete come vi farò ragionare.
La ragione, contro la
fede miracolistica.
Il Francesco della Cavani, che ritengo corrisponda
fortemente a quello storico, non vuole
fare commuovere nessuno, ma invece vuole convincere.
Convincere del fatto che è possibile tornare a riproporre il
messaggio nudo del fondatore del cristianesimo, sfrondandolo
dal peso di montagne di teologia
dogmatica ed altrettante montagne di
errori e infedeltà commessi dai suoi chierici e dalle sue gerarchie, che lo
hanno stravolto, rendendo la chiesa sempre meno credibile e svuotando le
chiese.
La storia è arcinota e quindi bene ha fatto la Cavani a
conservare un canovaccio minimale, ma a costruire il film approfondendo solo
gli episodi, che sono la colonna portante dell’eredità di Francesco.
Mi ha colpito molto l’interpretazione che la Cavani ha fatto
dare da Francesco stesso a un seguace che si disponeva ad andare riluttante e
pieno di vergogna a predicare in un ambiente nel quale era ben conosciuto, al
fattore della nudità.
L’interpretazione del fatto più eclatante delle varie storie
di Francesco :il ricorso volutamente provocatorio alla nudità.
A chi si presenta senza abiti arriva immediatamente la
reazione sbeffeggiante di amici a conoscenti : ma sei matto? Credi di essere
bello?
La provocazione, pur essendo forte, ha una sua ragion
d’essere radicale e innegabile, è forse la metafora più efficace per dire a
tutti, io sono uguale e te e tu sei uguale a me.
I vestiti, sono invece la metafora di ceto e cultura che ci dividono.
Ma senza i vestiti, che a quell’epoca, molto più di oggi,
qualificavano le divisioni, siamo tutti umani
allo stesso modo ed in modo evidente, come era all’inizio dei tempi.
Francesco doveva trovare il modo per parlare di fratellanza
in modo radicale.
La chiesa nelle liturgie ufficialmente predicava anche
allora come sempre anche la fratellanza, ma la pratica era esattamente il
contrario, di quella proclamazione.
Le gerarchie erano corrotte e dedite ad arricchire le loro
famiglie nobiliari, per altro già ricche e potenti.
I preti facevano i
loro affari, sbrigavano le liturgie e facevano più gli impiegati del potere
politico che i pastori dediti alla sorte ed
al benessere delle loro greggi.
In altre parole non erano più per niente credibili e la
gente si lasciava andare al ritorno al miracolismo animistico ancestrale, se
pure furbescamente battezzato dai riti cristiani.
Il messaggio evangelico era contraddetto tutti i giorni
prima di tutto dai suoi chierici, che pure dovevano essersi resi conto che
avevano portato la chiesa a uno dei punt
i più bassi della storia.
Era quindi difficilissima la vita anche per i robusti e
determinati visionari come Francesco, che quel messaggio volevano ripresentare
nella sua semplice nudità.
Avevano di fronte un muro per niente disposto a mettere in
discussione i propri privilegi, potere e
ricchezze, accumulati in completo disprezzo di quel messaggio.
Immaginiamoci andare dalla curia romana a parlare di
povertà.
Era una follia, era la parola che proprio non volevano
sentire pronunciare.
E, in effetti, la battaglia a favore della povertà,
Francesco storicamente l’ha persa e non poteva essere diversamente, perché
il sistema non poteva consentire che
nemmeno un piccolissimo ramo della chiesa
vivesse in assoluta povertà, perché
quello sarebbe stato un atto d’accusa permanente nei confronti delle ricchezze delle
gerarchie e dei chierici e ancora di più
sarebbe stato un mettere in discussione
la struttura del potere e della società,
alla quale struttura la chiesa faceva da guardiana in quanto sistema di
controllo delle coscienze, per conto del potere civile e del suo.
Anche un minimo
esponente della chiesa non poteva andare in giro vestito da straccione o
dormire in una capanna, perché quello stesso comportamento avrebbe messo in
discussione il potere del sistema.
E questo infatti disputavano i cardinali quando Francesco si
era convinto di dovere andare dal papa a Roma a
chiedere una sua autorizzazione.
Senza di quella sarebbe stato considerato un eretico a rischio della vita stessa.
L’autorizzazione in realtà non c’è mai stata, perché la
regola poi approvata non era quella di
Francesco, ma quella di Elia, che Francesco non condivideva e bene a
fatto la Cavani a non nascondere il sostanziale fallimento di Francesco su questo
punto.
L’ordine francescano si è storicamente costituito su regole
addomesticate, che stravolgevano il pensiero di Francesco, ma quello era il
prezzo da pagare per la sua
sopravvivenza.
O così o sul rogo.
Molto efficace la scelta della Cavani di accentuare con un importantissimo dettaglio visivo
e di abbigliamento la differenza
fra i vestiti da straccione o da pastore dei discepoli più
stretti di Francesco e quelli invece dei conventuali che portavano il loro saio
ben ordinato ed uguale per tutti.
Conventuali che parlavano già un’altra lingua Francesco
vivente, quando, per esempio, gli dicono : noi dobbiamo parlare anche ai colti
e per parlare con loro debbiamo studiare sui libri e parlare latino.
Ecco il salto che Francesco, fosse stato per lui non avrebbe
mai voluto fare.
Lui voleva che si facesse riferimento solo al Vangelo e
senza commenti.
Passare allo studio ed all’uso della teologia, la vedeva
come una forma di tradimento della purezza del messaggio.
Ma questo concetto era assolutamente irricevibile per la
gerarchia, esattamente come irricevibile era quello della povertà.
Perché la teologia dogmatica era usata per scardinare il
messaggio originario a favore del potere della gerarchia.
Ed anche questa battaglia del solo Vangelo nudo, Francesco,
storicamente, l’ha persa completamente, e quindi giusto e doveroso era metterlo
in evidenza, contrariamente a quello che fanno le ricostruzioni zuccherose della vita di
Francesco, fatte per commuovere e non per far capire chi era stato veramente
quel personaggio.
Mi ha colpito parecchio anche l’episodio di Francesco che
scappa a gambe levate quando vede per la
prima volta la folla che si era radunata per vederlo e sentirlo parlare.
Bellissimo. Come il Gesù storico, suo riferimento assoluto, Francesco ha temuto e aborrito la
tentazione del potere.
Come il Gesù storico, Francesco era uomo dotato di forte
carattere e di evidente carisma.
Facile fare il capo-popolo con quelle caratteristiche.
Solo che la gestione
del potere era tutto il contrario
di quello che Francesco voleva fare, non sfuggiva alle responsabilità di
guidare i seguaci, ma temeva come la peste la istituzionalizzazione del potere.
E, tanto per cambiare, anche questa battaglia il Francesco
storico l’ha persa, ma non si può negare che anche quella l’abbia combattuta e
con determinazione.
Immagino l‘estrema difficoltà per una sofisticata
intellettuale laica come la Cavani trovarsi nella necessità di dover parlare
dell’indicibile, come è l’argomento delle stimmate.
Lo fa in modo misurato e con il taglio giusto, quando fa
dire a Chiara, che constata l’evento : ecco, lo ha tanto amato, che ha voluto
essere uguale a lui, anche in questo.
E’ il modo giusto che non è quello di imporci di credere a
un prodigio, a un miracolo oggettivo, che per chi crede nel primato della ragione non esiste.
Ci presenta un fatto : Francesco è soggettivamente testimone
di una situazione che desidera e che accetta.
Non è necessario che gli altri credano.
Molto interessante la continua dialettica Francesco – Elia (amico, consigliere,
avvocato che tiene i rapporti coi
potenti e che materialmente redige la regola che sarà approvata).
Il fondatore da una parte
e il futuro capo, che istituzionalizzerà un movimento, che il fondatore
non desiderava affatto istituzionalizzare.
Sembra proprio di ripercorrere la storia della chiesa primitiva : Gesù, il fondatore, che non amava istituzioni ,
potenti e ricchi, e che secondo molti
storici non ha mai, in realtà, fondato
nessuna chiesa e il fondatore effettivo della chiesa cattolica, come
istituzione : Paolo di Tarso.
Il secondo che, in buona fede quanto si vuole, tradisce in
gran parte il messaggio originario.
Un’ultima annotazione.
La Cavani, accentua per la prima volta la promiscuità
fra i seguaci originari di Francesco,
che fossero maschi o che fossero donne, in nome del principio cardinale del
francescanesimo che è quello della fratellanza, che non può fare
distinzioni nemmeno di genere.
Questa era senza dubbio l’intenzione originaria di
Francesco.
Mai prima c’erano state ricostruzioni, che pure con sobrietà
e delicatezza abbiano saputo illustrare quali situazioni si sarebbero create in pratica.
Molto bene h fatto la Cavani a provare a descriverle quelle
situazioni, perché anche quella promiscuità era estremamente coerente al
francescanesimo.
L’istituzione chiesa gerarchica ha naturalmente fatto
perdere a Francesco anche questa estrema battaglia, ma è giusto mettere bene in
evidenza il fatto che lui l’aveva fatta e
che il tempo e la storia gli hanno dato pienamente ragione, anche in
questo campo, facendoci apparire ancora più straordinaria la testimonianza storica di Francesco d’Assisi.
Come abbiamo visto la storia ha riservato una sorte molto
singolare a Francesco,
Questo uomo ha
formalmente perso tutte le battaglie, che ha combattuto con determinazione nella sua vita, ma ha
vinto la guerra, nel senso, che la gente nel corso dei secoli lo ha percepito e lo percepisce
tuttora come il mortale che ha fatto di più per avvicinarsi e riproporre la
figura e il messaggio del fondatore del cristianesimo.
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