Sfascio romano col timbro del neo-fascismo sociale
Era perfino riuscito a
rendersi simpatico Alemanno
quando con piglio decisionista si presentava come
l’incarnazione dell’ala “sociale “ del neofascismo, che vive in mezzo alla
gente e della gente si occupa.
Ed era in effetti spesso presente come sindaco e della gente
si occupava parecchio, soprattutto quando si agitava per trovare un posto di lavoro ad una marea di
persone.
Buon per loro, ma non certamente per l’equilibrio dei
bilanci e l’efficienza dei servizi di una metropoli con problemi ed opportunità
uniche al mondo.
Se le accuse che la
procura addebita a questa cupola mafioso-fascista verranno confermate si
dimostrerà che il neofascismo “sociale” a Roma era andato ben al di là delle
buone intenzioni.
Diventare collaterali della mafia, della criminalità
organizzata, dei servizi più o meno deviati è ben altra cosa della
sensibilità sociale.
Ma non facciamo finta
di sorprenderci più di tanto.
Chi si tiene informato dovrebbe sapere bene che non è affatto
la prima volta che a Roma si muovono in sintonia queste cloache sotterranee di
malaffare, per quanto sia sconvolgente constatare al loro presenza.
E’ appena stato proiettato
dalla tv di stato lo sceneggiato sulla vicenda di Ambrosoli, che metteva
ben in luce le trame che allora venivano mosse da Andreotti, Sindona, la mafia
e il Vaticano.
Chi se ne fosse
dimenticato, avrà avuto modo di rinfrescarsi la memoria.
Ci avrà trovato quel lato nero del potere, nel senso di
sottobosco col piglio manageriale della destra neo fascista, con potenti appoggi oltre Tevere, ma
soprattutto con agganci nell’organizzazione criminale principe di Roma, la famosa banda della Magliana, che si gioca
tutto per compiacere e poi per condizionare anche pezzi da novanta della
politica mettendoli a libro paga, senza avere alcun interesse a distinguere fra
destra, sinistra e centro.
Non possiamo che essere inorriditi, anche se,
obiettivamente, come italiani, ci ritenevamo
e ci riteniamo migliori dei politici,
che ci hanno governato, usando anche
quei metodi.
Siamo inorriditi proprio per la sovrapposizione di due cose
che non stanno insieme : la dignità unica al mondo per storia e per cultura di
una città come Roma, e i metodi da
politici centro- africani, usati dalla cupola, svelata dalla Procura.
Eppure si tratta di gente che in Campidoglio ci era arrivata
con un largo suffragio popolare.
E se questo non bastasse, nella rete degli inquirenti sono
finiti parecchi esponenti del centro-sinistra, a fare compagnia agli uomini della
destra.
Alcuni personaggi come Mussolini sono stati dileggiati dalla storia, che è venuta dopo i
loro, probabilmente in parte a torto, per il fatto che si è fatta
acriticamente, nel giudicarli, di ogni
erba un fascio.
Per loro la condanna è stata pressoché unanime.
Inquieta vedere però, che altri personaggi, non meno
tenebrosi come l’ Andreotti, evocato dall’ambiente del quale stiamo parlando, siano riusciti a conservare un’aura
di rispettabilità, che probabilmente non si meritano affatto.
Se vent’anni e più, dopo che Andreotti aveva dovuto
abbandonare il giro delle poltrone, anche per banali ragioni anagrafiche,
risputano trame di potere che sembrano uscire dai risvolti della sua peggiore
biografia, la cosa è scioccante.
Oggi che il suo fantasma viene di nuovo evocato da questi
fatti di cronaca giudiziaria viene spontaneo chiedersi come abbia potuto
esistere nella recente storia d’Italia un simile politico che seppe frequentare sia il meglio della classe
politica degasperiana, alta e
rispettabile coi suoi successori, spesso di alo livello; sia addirittura la
mafia della quale è stato dichiarato contiguo fino a una certa data da una
sentenza passata in giudicato; sia finanzieri lestofanti ,come Sindona; il
gusto di avere contatti con gente infrequentabile come l’entourage della
Magliana; e poi lo stomaco per andare alla sera a fare una bella conferenza
sullo Spirito Santo, oltre Tevere, applaudissimo da una schiera di cardinali,
in gran spolvero.
Nella commedia umana, si vede che era necessario avere anche
un personaggio che sapesse incarnare quello che viene dottamente definito “il
gusto demoniaco del potere”.
Per lui, che per altro, era persona di intelligenza
sicuramente parecchio superiore alla media ed uomo di cultura, come
testimoniano i suoi libri, il tipo umano
onesto “senza se e senza ma”, come Ambrosoli, era un marziano, col quale non
riusciva a relazionarsi, non riusciva sinceramente a capire come potesse anche
solo esistere, una persona senza prezzo, andava in corto circuito, il suo
subconscio sul potere non lo tollerava.
Se il potere diventa il vero dio di riferimento, del quale
inevitabilmente ci si ritiene sommo sacerdote, la politica diviene il male
assoluto.
E a quanto pare a Roma più di qualcuno ci è ricaduto.
Questa volta pare non esserci coinvolto il Vaticano, forse
il lavoro di ramazza di papa Francesco è stato più incisivo di quello che
appare al di fuori.
Ma che brutto spettacolo.
Sarà magari anche per un giustificabile shock iniziale, ma
mi sembra che la prima reazione dei due “castiga- matti” del momento, Matteo Renzi e Matteo Salvini, non sia stata
proporzionata alla gravità dei fatti.
Anzi in Renzi ho avvertito qualche scontato appello al
garantismo che mi è apparso sovrabbondante date le circostanze.
O forse si da già per
scontato che la magistratura giudicante abbia veramente e deliberatamente
cambiato indirizzo e che adesso assolverà tutti per mancanza di prove abbastanza
certe, come ha vaticinato questa mattina l’ immoralista per vocazione, Giuliano
Ferrara ?
Questa invece potrebbe essere un’occasione da non perdere per Renzi ora che
gli viene offerto su un piatto d’argento
l’opportunità di lasciare il fioretto, per passare a una più risolutiva
accetta.
C’è molto da tagliare.
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