Luigi Bozzini, partigiano indipendente
I lettori di questo blog
mi perdoneranno se dopo 335 articoli
prevalentemente di politica
e di religione ne dedico per la prima
volta uno a un mio fatto, parzialmente
privato.
Ha dovuto ieri dare
l’addio a Luigi Bozzini, mio cognato, amico e compagno di tante vicende e di
tante escursioni, che se ne è andato, per sua fortuna, in estrema serenità,
alla pur bella età di 88 anni.
Ho detto che si tratta di un fatto parzialmente privato,
perché Luigi come presidente provinciale dell’Aned, l’ Associazione ex
internati nei campi di concentramento
nazifascisti, aveva ritenuto di
sobbarcarsi un ruolo pubblico, andando a
raccontare nelle scuole e nelle celebrazioni della giornata della
memoria la vicenda sua e dei suoi, allora giovani compagni, che 70 anni
fa hanno rischiato più volte la pelle per partecipare a
quel movimento popolare, che si è
chiamato Resistenza, al quale tutti noi dobbiamo ben più di un fugace ricordo.
Cresciuto nell’ambito del mondo cattolico, in quegli anni, dei quali si è detto sopra, era stato arrestato, proprio
perché scoperto, tra l’altro, a distribuire il giornaletto cattolico
clandestino “il Ribelle”, redatto da Tersio
Olivelli.
Aveva poi sempre conservato quel riferimento ad un cattolicesimo
tradizionale, solido, rigido, fatto
apposta per dare certezze a chi è tanto preso dal lavoro da non avere
proprio il tempo di filosofeggiare con le sottigliezze teologiche.
Un’altra caratteristica, che ha contraddistinto tutta la sua
vita, è stata uno straordinario e orgoglioso attaccamento alla sua libera
professione di geometra progettista e amministratore di condomini
(dell’associazione dei quali è stato lungo presidente).
Figlio di un artigiano, arrivato a Pavia dalla campagna, che
con la sua attività doveva tenere in piedi una famiglia piuttosto numerosa, è
cresciuto nel culto della dedizione completa al lavoro.
Ed in particolare, del lavoro da imprenditore di sé stesso,
generatore di libertà per definizione e di
soddisfazioni solo se sei più bravo e più impegnato degli altri.
La piccola imprenditoria e la libera professione non fanno
sconti a nessuno.
Puoi arrivare in alto, puoi andare lontano, puoi
conquistarti la stima di tante persone, tutte cose esaltanti, ma non certo se
non ci metti molto del tuo.
Per lui arrivare a poter passare dal lavoro sempre da
geometra ma dipendente di un’impresa di costruzioni, alla libera professione, è
stata forse l’impresa se non la più gratificante della vita, certo quella che
più riteneva gli avesse consentito di realizzare le sue potenzialità.
In Luigi ho sempre ammirato
quest’etica quasi calvinista del lavoro, che ho sempre visto come la
dote del suo carattere più profonda.
Sempre di corsa o comunque a passo veloce.
Suo nipote, con un’intuizione felice, ha scritto per
ricordarlo, che di lui ha senso parlare
solo al presente, perché è con quel tempo verbale che meglio si rendono il
concetti del movimento, del fare, del costruire, tutte caratteristiche peculiari
di Luigi.
Lui diceva che aveva acquistato l’invidiabile forma fisica,
della quale ha sempre goduto, perché agli inizi della sua professione aveva
lavorato giovanissimo, da dipendente in imprese, che facevano strade e per di
più in montagna e quindi aveva dovuto scarpinare per delle giornate intiere per fare
i rilievi topografici, misurare distanze e curve di livello.
Forma fisica, che gli è stata di somma utilità, anche quando
i nazisti, che tenevano il campo di internamento di Bolzano, dove era finito come
prigioniero politico, dopo un breve passaggio da San Vittore,come si era
accennato sopra, hanno realizzato che la
loro guerra era irrimediabilmente persa e quindi se ne andarono alla
spicciolata, lasciando che gli internati che erano nelle condizioni fisiche per
farlo dopo mesi di lavoro forzato, per alcuni, pestaggi, torture e
denutrizione, per altri, se ne andassero
per raggiungere le loro case.
Piccolo particolare, tornassero alle loro case,
rigorosamente “a piedi”, stante le
condizioni di strade e ferrovie in quei giorni ,ma soprattutto a causa del
problema sicurezza, che sconsigliava di farsi vedere nelle stazioni, dove si
potevano trovare ancora altri nazisti in fuga,
milizie repubblichine che non sapevano che pesci pigliare, vecchie spie
del regime, eccetera.
Sempre di corsa Luigi, come si è detto, perché un
lavoro in esecuzione da andare a seguire
ce l’aveva sempre.
Molto preso dal lavoro, orgoglioso della sua professione, ma
come si diceva, calvinisticamente anche geloso custode delle sue cose.
In Italia ci sono probabilmente centinaia di migliaia di persone, che hanno strappato allo
stato anni di anzianità figurativa, per
andare in pensione in età ridicolmente giovanile, sfruttando una dichiarazione
fasulla o farlocca di un qualche vero o
presunto capo partigiano, che certificava la loro partecipazione alla guerra
partigiana, che magari per alcuni era consistita solo nel soggiorno in una
cascina di collina per qualche tempo, in attesa di tempi migliori.
Luigi, col curriculum in materia, che si ritrova, era tanto
convinto di avere fatto quello che riteneva suo dovere di fare in quelle
circostanze, come cristiano e come cittadino, che non solo non se ne è mai
vantato, ma perfino nella ristretta
cerchia domestica, abbiamo dovuto aspettare decenni perché ogni tanto lasciasse
uscire qualche generico tassello relativo alla sua “avventura partigiana”.
Ognuno di noi ha una sua storia, che lo segna e che lo
contraddistingue da tutti gli altri.
Luigi, con la sua educazione , scuola, oratorio e famiglia,
decide di prendere posizione, se pure giovanissimo e rischia quello che rischia.
Salvata fortunosamente la pelle e ritornato a casa sente
impellente la necessità di fare in fretta l’ultimo anno di scuola superiore e
poi si butta immediatamente nel lavoro.
C’era allora, come tutti sappiamo, un’Italia distrutta e a
pezzi, e quindi per un neo- geometra non era certo necessario andare a un’agenzia di collocamento per
trovare immediatamente lavoro.
Nel lavoro ci si tuffa e praticamente non ne viene fuori
più.
Ho un po’ insistito nel descrivere il ruolo determinante del
lavoro nella sua personalità, perché solo questo riesce a spiegare quelli che
sono sempre stati i suoi ben determinati orientamenti politici.
Chi non lo ha conosciuto in profondità, visto quello che si
è detto finora sarebbe portato a pensare : se era stato un partigiano diciassettenne,
che ha rischiato la vita nella Resistenza, ovviamente doveva essere un uomo di
sinistra.
E invece , contraddicendo i luoghi comuni in materia, non lo
era affatto.
Chi ha avuto modo di conoscerlo bene, ha capito che l’apparentemente
inspiegabile sua convinta simpatia politica per il berlusconismo è stata
proprio la conseguenza logica di due elementi fondanti della sua storia personale
e della sua personalità.
L’orgoglio col quale svolgeva la libera professione, dopo
avere visto il periodo giovanile di dipendente, come un peso, una limitazione alle
sue potenzialità professionali e il suo contributo alla Resistenza, vissuto e
giustificato nel suo intimo prima di tutto come volontà di riportare in Italia
la libertà civile e la libertà economica, spiegano tutto.
Le molle della sua scelta politica, che può sembrare
singolare, ma non lo è, sono dovute a questo : la paura quasi fisica, che le
formazioni politiche, anche solo vagamente di sinistra, potessero introdurre
elementi di comunismo illiberale e di limitazione della libertà di impresa.
Avere rischiato la pelle a 16/17 anni, per ricadere dalla
padella del nazifascismo nella brace del comunismo, sarebbe folle, pensava
Luigi.
Questa sua decisa determinazione io l’ho capita quando, dopo
che sposandosi, era entrato nella mia
famiglia, e dei suoi orientamenti politici non conoscevo pressoché
ancora nulla, mi aveva quasi assalito verbalmente, una volta che sono andato in
casa sua con in mano un libro riportante una raccolta dei discorsi del primo
Fidel Castro.
Tu leggi quella roba? Mi sono sentito dire. Io risposi, ma
certo si tratta di un rivoluzionario che ha lottato per abbattere un regime
tirannico. E lui in risposta : si, va bene, ma è comunista e questo cambia
tutto.
E quindi a fondare il suo orientamento politico c’era
l’orgoglio del libero professionista, al
quale la professione aveva data anche non poche soddisfazioni, che lo spingeva naturalmente
verso formazioni politiche, che almeno nelle intenzioni, predicavano la bontà
della libertà di impresa e di professione e criticavano invece le forme di
statalismo destinato alla degenerazione burocratica.
Soprattutto il primo Berlusconi, quello del ’94, uomo del
fare, uomo e imprenditore che si era costruito da solo, ha incantato senza
difficoltà chi aveva del lavoro il culto che aveva Luigi.
Quante volte , io che in politica la penso un po’
all’opposto, come sapranno i lettori di questo blog, pur rispettando le sue
opinioni, perché ne intravedevo le motivazioni, che erano più che rispettabili,
ero portato dalla passione politica a inventarle tutte per fare traballare la
sua “fede” politica, ma non ci sono mai riuscito.
Ma questo suo orientamento politico, nel modo come lo ha
vissuto lui, non era un suo difetto, ma è stata l’ennesima dimostrazione
della determinazione, che metteva nelle cose che faceva e delle
quali era convinto.
Non sono riuscito quindi a convertire politicamente lui, ma
sono stato costretto io a dare un giudizio sul Berlusconismo, meno superficiale
e pregiudiziale, proprio pensando a come mai un uomo della caratura di Luigi
potesse essere attratto da quella proposta politica.
E per la mia maturazione politica è stato importante, perché
sono convinto che chi non è riuscito a dare un giudizio meno superficiale di
quello corrente sul berlusconismo, nei vent’anni nei quali è stato in auge, non
riuscirà a comprendere oggi il fenomeno, altrettanto eclatante, del renzismo,
ormai bene affermato, che per molti aspetti si è imposto
come successore più moderno e più presentabile del berlusconismo, del
quale interpreta in modo più convincente e credibile gran parte delle
aspirazioni iniziali.
Luigi era talmente anticomunista che quando l’allora
Presidente Ciampi, in visita a Pavia, lo ha salutato rivolgendogli parole di
ringraziamento per il suo passato nella lotta di liberazione a nome del Paese,
lui poi, pur dicendosi molto onorato e commosso non è riuscito a non dire : ma non capisco perché non riesco
a farmi accogliere semplicemente come internato politico, invece che come
partigiano, perché in Italia se dici partigiano tutti pensano che sia andato
dietro alle bandiere rosse, cosa che non avrei mai fatto.
Ecco, quello della Resistenza è stato un momento storico
complesso e con più forze in movimento, e quindi per chi la pensava come Luigi
ed erano molti (cattolici, liberali, repubblicani, socialdemocratici e perfino
monarchici) un conto era l’avversione
verso l’ideologia comunista, un conto
erano i rapporti umani con i compagni di lotta di fede comunista.
Nel caso di Luigi è in questo senso emblematica l’amicizia
fraterna che ha sempre conservato, per
citarne uno solo, con Ferruccio Belli, partigiano comunista e suo
compagno di lotta.
In montagna o nei campi di concentramento o in esilio la
lotta era comune e tutti rischiavano la pelle fianco a fianco, ma se finivano
per discutere di come volevano lo stato e la società da costruire dopo avere
abbattuto la dittatura, erano guai, perché lì si dividevano.
Di Luigi poi non posso non citare come elementi fondanti
della sua storia e del suo carattere, il suo viscerale amore per la montagna e
in genere per la natura, per l’aria aperta.
In questo ci eravamo veramente ritrovati pienamente
come fratelli, condividendo le medesime
passioni.
Quando scarpinavamo per ore e ore sui sentieri di montagna.
A volte scoppiava prima lui, ma non perché io fossi più bravo, ma solo perché venivano
fuori gli anni in meno, che giocavano a mio favore.
Aveva un passo che avrebbe stroncato anche un mulo.
Ma non si camminava per fare solo dell’esercizio fisico o
per vedere dei paesaggi, che ripagavano della fatica fatta, perché ambedue
avevamo un forte interesse per la storia, per la civiltà contadina da andare a
scoprire, il gusto di cercare di capire come si viveva indietro nel tempo, avendo molto rispetto per chi ci aveva
preceduti.
La montagna ha il fascino che le si riconosce, anche perché
è in qualche modo una cattedrale particolare, forse la migliore possibile.
Quel geniaccio di Teyllard de Chardin, teologo gesuita,
nonché paleontologo famoso, scioccamente messo in quarantena da Woytila ed ora
fatto tornare prepotentemente in auge da papa Francesco, diceva, a questo
proposito ,che quando ci si immerge nella contemplazione della natura, si
diventa tutti concelebranti di una “messa cosmica”.
Il paesaggio, la vastità degli spazi, i silenzi dei luoghi
evocano inevitabilmente pensieri alti.
Ricordo una volta che ,conclusa una escursione su una vetta
dell’alto Appennino ligure, nella catena che dal Lesima va all’Antola, dopo qualche ora di
cammino, avevamo deciso che avevamo ancora abbastanza gambe per andare ad
esplorare il versante successivo, che si presentava interessante perché appariva particolarmente
selvaggio e incontaminato.
Inoltratici in quel nuovo versante, dopo una mezz’ora di
cammino, gli dei ci hanno concesso uno di quei “momenti della verità”, che
capitano raramente, ma che, quando ci si passa, non si dimenticano più.
Siamo infatti finiti, dopo una curva nel sentierino che
percorrevamo e che da tempo si faceva sempre più solo accennato appena, appena,
perché l’asprezza della natura si stava rimangiando tutto, nell’ambiente
irreale e senza tempo di un gruppo di vecchie case, che una volta erano una
frazione, completamente disabitate da anni, se non da decenni.
Naturalmente abbiamo voluto attraversarlo tutto, guardandoci
intorno con attenzione per vedere se per caso non ci fosse ancora qualche pur
improbabile abitante. Confermando l’impressione iniziale non abbiamo trovato
nessun segno di presenza umana, ma finito il paese siamo quasi stati
risucchiati nel vecchio campo santo abbandonato, che proprio non ci aspettavamo
di trovare in un ex paese così piccolo e come si dice, stuato “a casa del
diavolo”, in una posizione scoscesa e
lontana da strade carreggiabili.
I pochi sepolcri erano ormai quasi nascosti da erbe alte ed
eternamente sferzati dal vento, data l’altitudine e la posizione, in un silenzio
per il resto, assoluto e in una solitudine ancora più percepibile.
Rimanendo in silenzio ci siamo fermati lunghi minuti, ognuno
di noi in dialogo con chi ci figuravamo come l’Assoluto.
Luigi probabilmente con l’”Aeterne rerum conditor” dei sempre
splendidi salmi 18 e 148 ed io probabilmente col più razionale “Deus sive
natura” di Baruch Spinosa e di Giordano Bruno.
In quei momenti, quando il tempo si ferma, si recupera la
reale misura delle cose, la sensazione dell’immensità del creato, che contrasta
con la presunta grandezza degli uomini, che passano come il vento che soffiava
su quelle tombe, quasi risucchiate dalla natura, alla quale tutto ritorna.
Non avessi condiviso altro con Luigi, quei lunghi minuti mi
basterebbero.
E poi, la comune passione per la pesca e soprattutto per
quella nei torrenti di montagna.
Quelle spedizioni, quando ancora il sole non si era alzato
dietro le montagne, con un freddo cane, anche in piena estate, in quel tratto genovese
del Trebbia, dopo Gorreto.
Dove si trovava un’acqua limpidissima, in gole naturali di
una bellezza impressionante e si andava a fare danzare il “cucchiaino”, cioè l’esca artificiale, davanti al naso di
bellissime trotelle fario di torrente.
C’eravamo impratichiti e senza pesce non si tornava mai.
Ed anche in questa attività “di evasione” la sua caparbietà
si rivelava determinante.
Anche quando io avrei lasciato perdere, perché in quella
giornata non si riusciva a prendere nulla, lui non mollava e si studiava una
nuova e particolare montatura, o andava a lanciare da un posto più nascosto, e scosceso e, come sempre, la costanza veniva ripagata da
prede prese con fatica e quindi con ancora più soddisfazione.
Una ulteriore
annotazione, senza la quale questo tentativo di succinto ritratto non
sarebbe completo, l’amore per la musica classica.
Amava ascoltarsela in casa, come tutti gli appassionati, ma non trascurava le occasioni,
che offrivano i concerti, ovviamente, Arena di Verona, compresa.
Ma anche in ambienti molto
meno blasonati, ma non meno adatti a fare risaltare la suggestione della grande
musica.
Ricordo che più volte ci siamo avventurati per le strade ancora
della Val Trebbia, non per andare a pescare, ma anche di sera , per
partecipare ai piccoli festival di musica classico- operistica ,che venivano
organizzati nel suggestivo chiostro
dell’antico monastero di Bobbio.
Magari non c’erano grandi interpreti, ma l’ambiente era
impagabile.
Un’altra sfaccettatura di quella personalità era questa.
Oggi molti si riempiono la bocca per dire o perché gli altri
dicano di noi : il tale fa volontariato.
Molte persone, che conoscevano Luigi, magari anche
abbastanza bene, non diranno oggi che faceva volontariato, non perché non lo
abbia fatto, ma semplicemente perché lo
faceva in modo da non farlo a sapere a
nessuno e quindi loro non potevano saperlo.
Luigi era un credente all’antica e quindi certe cose a lui
bastava che a sapere che le aveva fatte fosse solo “Colui”,
come diceva il Manzoni, colui che attera e suscita, che affanna e che consola.
Quanti lavori, anche impegnativi, Luigi avrà fatto, mandando
col pensiero una fattura pro forma a Colui e a nessun altro.
Li faceva perché ci credeva e basta.
Non è un caso che tante persone anziane, che lo hanno
conosciuto per ragioni di lavoro od altro, dopo aver scoperto che una cosa era
il professionista, ma che finito il professionista, dove con molti altri finiva tutto, nel suo caso
, cominciava l’uomo , all’uomo si
rivolgevano, magari anche abusando della sua ampia disponibilità e lo
assillavano con richieste di favori ,di pratiche da seguire in settori, che, spesso
e volentieri, nulla c’entravano con la sua professione.
La sua disponibilità era talmente ampia che a volte a
giudicare dalle telefonate che riceveva a casa e non in studio, sembrava che
avesse un debole per i vecchietti rompi-scatole, ma non ostante i rimbrotti che
riceveva bonariamente in casa a quei vecchietti dedicava lo stesso tempo e lo
stesso impegno, che avrebbe riservato ad un cliente danaroso.
Arrivati a questo punto spero di essere riuscito a spiegare
il senso di quel titolo di “partigiano indipendente”.
Tutte le persone che sanno costruirsi un carattere forte e
determinato, come quello di Luigi sono partigiani indipendenti.