venerdì 20 febbraio 2015

Il Califfato islamico minaccia il cupolone di San Pietro : alle armi! alle armi! o no ?




Una volta tanto non è colpa nostra e non siamo andati a cercarcela, ma certo che la totale situazione di anarchia nella quale versa la  Libia è una bella gatta da pelare.
Quando nel 2011  la Total ha spinto Sarkosy  a mettere in piedi un intervento militare per abbattere il regime di Gheddafi, l'Italia per mille ragioni non poteva starsene in disparte, perchè, anche se lo avesse fatto, Sarkosy e Cameron avrebbero lo stesso cercato e ottenuto l'appoggio americano per partire da soli. 
Dire oggi che quell'intervento è stato un'idiozia è perfino troppo facile.
Mai muoversi armi in mano se non si sa con sicurezza cosa si vuole fare e chi si vuole mettere al potere al posto  di chi si abbatte.
 La storia non insegna mai nulla, ma questa massima è la prima cosa da tenere presente oggi, quando l'ipotesi di un ulteriore intervento militare potrebbe essere più giustificato di quanto lo fu quello del 2011.  
Disgraziatamente oggi la situazione è estremamente complicata.  
Non c'è più un Gheddafi da abbattere e quindi non si può affatto contare come allora di trovare in loco l'appoggio di chi era perseguitato o contrario a quel regime.                                                            Oggi c'è il caos.                                                                                                                                         Ci sono due governi, uno a Tripoli e l'altro a Tobruk, ognuno dei quali conta come il famoso fante di picche, anche se solo uno, quello di Tobruk è internazionalmente riconosciuto ed a lui fa capo non un esercito, del quale nessuna fazione  dispone, ma almeno l'unico nucleo di milizie organizzate sotto il comando, ironia della sorte di un generale di Gheddafi.                        
Poi ci sono  i gruppi islamisti collaterali di al Quaida a Derna, che oggi hanno giurato fedeltà al Califfato.                                                                                                                                                
E questo è il fatto più pericoloso.                                                                                                              In Siria, dove pure regna il caos completo, sono presenti una costellazione di gruppuscoli compresi quelli che si riconoscono nell'Islam fondamentalista e terrorista, ma questi sono in lotta fra di loro.                                                                                   
In Libia non è più così, in Libia il Califfato ha per tempo fiutato l'aria ed ha capito che qui erano presenti tre elementi di grandissimo interesse per loro : un insieme disordinato di gruppuscoli estremisti, incapaci di coordinarsi per contare qualcosa, un sacco di armi abbastanza moderne, ammassate dal vecchio regime e l'oro nero dei pozzi petroliferi.                                      
L'occasione era troppo ghiotta per non provarci, e il Califfato ha infiltrato a poco a poco suoi emissari per contattare i gruppuscoli ideologicamente più vicini, cominciando ovviamente da quelli di Derna e della Cirenaica e di Bengasi, tutti posti da sempre più permeabili al fondamentalismo, che il laico Gheddafi aveva sempre tenacemente combattuto.                     
Non c'è  dubbio che il Califfato, sembra tutto una sceneggiata tenuta insieme da quattro personaggi strampalati, che in altri tempi non sarebbero andati oltre a perdere il tempo per bar e moschee.                                                                                                                                                  Ma come sempre il caso, cioè una serie di circostanze riescono a trasformare un ambizioso caporale in un Napoleone.                                                                                                                  
Speriamo che questo  non sia il caso dell'auto- proclamatosi Califfo Al Bagdadi, ma certo questa gente se pure spregevole e fuori dal tempo e dalla storia non ne sta sbagliando una, nel senso che quello che fanno sta avendo un impatto clamoroso e trascinante su una massa enorme di arabi senza lavoro e senza la ragionevole aspettativa di trovarne mai uno.                      
Il Califfo da loro il modo di vivere pericolosamente, ma con un riferimento ideologico scritto in uno dei venerati libri sacri dell'umanità, il Corano, per larga parte basato sulla Bibbia ebraico- cristiana,  che se preso alla lettera giustifica le loro anacronistiche follie.                                         
La storia ci insegna che nulla più  di un mito religioso è efficace per fornire una solo
ida e credibile identità  a delle società che si sentono umiliate e prive di prospettive.                     Sappiamo anche sempre dalla storia e dalla psicologia ,che una forte identità in costruzione, richiede come l'altra faccia della medaglia l'auto- creazione di un nemico da sterminare.                                     Gli ebrei per i nazisti, gli Americani e gli occidentali in genere per gli islamisti, dai Wahabiti, agli ideologi dei Fratelli Musulmani in campo Sunnita, a Komeini in campo  Shiita.                                      
I cristiani hanno già dato con le crociate, l'inquisizione e le guerre di religione, ma oggi hanno imparato l'educazione alla modernità, gli Islamici no.                                                                           Non sto a ripetere che chi si appella alla presunta maggioranza di islamici presunti moderati racconta delle fandonie, che non hanno alcun fondamento nella realtà, anche se qualcosa ha cominciato a muoversi.                                                                                                                                    E' stata una ben piacevole sorpresa sentire il capo dello stato più importante e popoloso del Nord Africa, l'egiziano, generale Al Sissi, pronunciare all'università coranica sunnita più importante, al Ahzar un discorso nel quale invocava una rivoluzione nella sua religione per  non diventare stranei e irrilevanti nel mondo moderno.                                                                    
Ma, come al solito e come è  avvenuto prima nel cattolicesimo sono state le ragioni di potere a precedere la teologia.                                                                                                            
Ed ' stato al Sissi l'unico a mandare gli aerei a bombardare i seguaci del Califfato a Derna senza sottomettersi prima al rito  spesso farisaico della richiesta dell'ombrello  Onu.                          
Bene ha fatto Al Sissi, anche perchè aveva da reagire allo sgozzamento di alcuni suoi connazionali, se pure Copti e non Musulmani.                                                                                        
Ma noi che facciamo?                                        
Noi contiamo pochino e temo che non facciamo la minima paura ai brutti ceffi del Califfato, ma un armamento moderno e un esercito, una marina e un'aviazione passabile li abbiamo.           
Nei loro confronti avremmo una superiorità tecnologica assoluta.                                                      Ma,  diceva quel genio di Tolstoi in Guerra e Pece, la guerra la vince l'esercito che è più determinato dell'altro.                                                                                                                                
E qui cascheremmo, è inutile raccontarci della favole.                                                              
Può essere che oltre agli armamenti, si abbiano anche dei generali preparati, ma ve l'immaginate la gestione politica di un eventuale intervento militare?                                                
Ho sentito in una trasmissione televisiva di approfondimento un ex generale, che  era stato anche capo di stato maggiore, dire : saremmo tecnicamente in grado di fare un intervento militare, ma sia chiaro, se si decidesse di andare, "à la guerre, comme à la guerre".                                         
Il generale voleva dire  credo giustamente : niente buffonate, se tecnicamente ci vogliono cento mila uomini , una manciata di miliardi, e disgraziatamente, ma inevitabilmente, almeno decine di morti, si va, se si è disposti a pagare il prezzo per quel tipo di impegno, diversamente è meglio rimanere a casa.                                                                                                                          
E questa è  la prima ragione per non andare, se proprio gli eventi non ci tirassero per i capelli.
La seconda ragione per non andare è quest' altra : un intervento militare in un paese diviso per una costellazione di milizie e per circa duecento tribù, e per di più un intervento prevalentemente europeo (agli Usa della Libia non importa nulla perchè hanno raggiunto l'auto- sufficienza petrolifera) avrebbe l'effetto indesiderato di mettere d'accordo tutti quanti : gruppuscoli,  milizie e tribù contro un visibile e ben identificato nemico comune.                                                                                               
La cosa più  sensata al momento sembra essere quella di cercare un mediatore di livello sufficientemente elevato per fare dialogare i governi, milizie, tribù e stati esteri interessati a metterci le mani : Egitto, Emirati, Sauditi, Turchia, Algeria, Lega Araba, Consiglio Pan-Africano in chiave anti- terroristica.                                                                                                                                     
E' una bella impresa, ma è possibile e spetta in primis a noi italiani metterci in evidenza e cercare quel ruolo per una serie di ragioni.                                                                                         
Siamo la  potenza ex- coloniale di riferimento, che ha con la   Libia più interessi, conoscenze ed entrature, più di qualsiasi altra potenza.                                                                                      Abbiamo gli uomini.                                                                                                                  L'ambasciatore d'Italia che ha  dovuto rientrare in patria, era l'unico diplomatico sul campo in grado di far dialogare i due governi contrapposti.                                                                                     
E' vero che  ci comportiamo spesso in modo cialtronesco, come i politici che esprimiamo, ma sarebbe stupido non riconoscere le eccellenze, dove siamo riusciti a crearne.                         
Tanto  per fare un esempio significativo il banchiere centrale della Libia e il capo dell'istituto di sorveglianza libico sono, guarda caso, due ex- funzionari dell'Eni e la stessa Eni dispone notoriamente  di un apparato che è in grado di dialogare in modo credibile con tutte le realtà locali di quel complicatissimo paese.                                                                                                          
E' stato fatto  in questi ultimi giorni anche il nome di Romano Prodi, come figura di prestigio internazionale, che possa avvalersi di tutte le entrature che l'Italia ha in loco per tentare una mediazione.                                                                                                                                  
Prodi ha la competenza, la capacità e il prestigio per rivestire un tale ruolo, il governo Renzi si dovrebbe impegnare a fondo per sostenere la sua candidatura, a meno che Renzi, come al solito, non abbia paura di suscitare il fantasmi di  un suo eventuale competitore.                         
Per Prodi sarebbe un'impresa ben difficile perchè in questi casi si è credibili, se si ha qualche decina di migliaia di marines pronti a sbarcare e una selva di missili pronti ad essere lanciati.

Ma vale comunque la pena di provarci.                                               

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