mercoledì 25 febbraio 2015




Luigi Bozzini, partigiano indipendente



I  lettori di questo blog mi perdoneranno se dopo 335 articoli  prevalentemente di  politica e  di religione ne dedico per la prima volta uno  a un mio fatto, parzialmente privato.
Ha dovuto ieri  dare l’addio a Luigi Bozzini, mio cognato, amico e compagno di tante vicende e di tante escursioni, che se ne è andato, per sua fortuna, in estrema  serenità,  alla pur bella età di  88 anni.
Ho detto che si tratta di un fatto parzialmente privato, perché Luigi come presidente provinciale dell’Aned, l’ Associazione ex internati  nei campi di concentramento nazifascisti,  aveva ritenuto di sobbarcarsi un ruolo pubblico,  andando a raccontare nelle scuole e nelle celebrazioni della giornata  della  memoria la vicenda sua e dei suoi, allora giovani compagni, che 70 anni fa hanno rischiato più volte la pelle per partecipare  a  quel  movimento popolare, che si è chiamato Resistenza, al quale tutti noi dobbiamo ben più di un fugace ricordo.
Cresciuto nell’ambito del mondo cattolico,  in quegli anni, dei quali si è  detto sopra, era stato arrestato, proprio perché scoperto, tra l’altro, a distribuire il giornaletto cattolico clandestino “il Ribelle”, redatto da Tersio  Olivelli.
Aveva poi sempre conservato quel riferimento ad un cattolicesimo tradizionale, solido, rigido, fatto  apposta per dare certezze a chi è tanto preso dal lavoro da non avere proprio il tempo di filosofeggiare con le sottigliezze teologiche.
Un’altra caratteristica, che ha contraddistinto tutta la sua vita, è stata uno straordinario e orgoglioso attaccamento alla sua libera professione di geometra progettista e amministratore di condomini (dell’associazione dei quali è stato lungo presidente).
Figlio di un artigiano, arrivato a Pavia dalla campagna, che con la sua attività doveva tenere in piedi una famiglia piuttosto numerosa, è cresciuto nel culto della dedizione completa al lavoro.
Ed in particolare, del lavoro da imprenditore di sé stesso, generatore di libertà per definizione e di  soddisfazioni solo se sei più bravo e più impegnato  degli altri.
La piccola imprenditoria e la libera professione non fanno sconti a nessuno.
Puoi arrivare in alto, puoi andare lontano, puoi conquistarti la stima di tante persone, tutte cose esaltanti, ma non certo se non ci metti molto del tuo.
Per lui arrivare a poter passare dal lavoro sempre da geometra ma dipendente di un’impresa di costruzioni, alla libera professione, è stata forse l’impresa se non la più gratificante della vita, certo quella che più riteneva gli avesse consentito di realizzare le sue potenzialità.
In Luigi ho sempre ammirato  quest’etica quasi calvinista del lavoro, che ho sempre visto come la dote del suo carattere più profonda.
Sempre di corsa o comunque a passo veloce.
Suo nipote, con un’intuizione felice, ha scritto per ricordarlo, che di lui ha senso  parlare solo al presente, perché è con quel tempo verbale che meglio si rendono il concetti del movimento, del fare, del costruire, tutte caratteristiche peculiari di Luigi.
Lui diceva che aveva acquistato l’invidiabile forma fisica, della quale ha sempre goduto, perché agli inizi della sua professione aveva lavorato giovanissimo, da dipendente in imprese, che facevano strade e per di più in montagna e quindi aveva dovuto  scarpinare per delle giornate intiere per fare i rilievi topografici, misurare distanze e curve di livello.
Forma fisica, che gli è stata di somma utilità, anche quando i nazisti, che tenevano il campo di internamento di Bolzano, dove era finito come prigioniero politico, dopo un breve passaggio da San Vittore,come si era accennato sopra,  hanno realizzato che la loro guerra era irrimediabilmente persa e quindi se ne andarono alla spicciolata, lasciando che gli internati che erano nelle condizioni fisiche per farlo dopo mesi di lavoro forzato, per alcuni, pestaggi, torture e denutrizione, per altri,  se ne andassero per raggiungere le loro case.
Piccolo particolare, tornassero alle loro case, rigorosamente  “a piedi”, stante le condizioni di strade e ferrovie in quei giorni ,ma soprattutto a causa del problema sicurezza, che sconsigliava di farsi vedere nelle stazioni, dove si potevano trovare ancora altri nazisti in fuga,  milizie repubblichine che non sapevano che pesci pigliare, vecchie spie del regime, eccetera.
Sempre di corsa Luigi, come si è detto, perché un lavoro  in esecuzione da andare a seguire ce l’aveva sempre.
Molto preso dal lavoro, orgoglioso della sua professione, ma come si diceva, calvinisticamente anche geloso custode delle sue cose.
In Italia ci sono probabilmente centinaia di migliaia  di persone, che hanno strappato allo stato  anni di anzianità figurativa, per andare in pensione in età ridicolmente giovanile, sfruttando una  dichiarazione  fasulla o farlocca di un qualche vero o  presunto capo partigiano, che certificava  la loro partecipazione alla guerra partigiana, che magari per alcuni era consistita solo nel soggiorno in una cascina di collina per qualche tempo, in attesa di tempi migliori.
Luigi, col curriculum in materia, che si ritrova, era tanto convinto di avere fatto quello che riteneva suo dovere di fare in quelle circostanze, come cristiano e come cittadino, che non solo non se ne è mai vantato, ma  perfino nella ristretta cerchia domestica, abbiamo dovuto aspettare decenni perché ogni tanto lasciasse uscire qualche generico tassello relativo alla sua “avventura partigiana”.
Ognuno di noi ha una sua storia, che lo segna e che lo contraddistingue da tutti gli altri.
Luigi, con la sua educazione , scuola, oratorio e famiglia, decide di prendere posizione, se pure giovanissimo e rischia quello che rischia.
Salvata fortunosamente la pelle e ritornato a casa sente impellente la necessità di fare in fretta l’ultimo anno di scuola superiore e poi si butta immediatamente nel lavoro.
C’era allora, come tutti sappiamo, un’Italia distrutta e a pezzi, e quindi per un neo- geometra non era certo necessario  andare a un’agenzia di collocamento per trovare  immediatamente lavoro.
Nel lavoro ci si tuffa e praticamente non ne viene fuori più.
Ho un po’ insistito nel descrivere il ruolo determinante del lavoro nella sua personalità, perché solo questo riesce a spiegare quelli che sono sempre stati i suoi ben determinati orientamenti politici.
Chi non lo ha conosciuto in profondità, visto quello che si è detto finora sarebbe portato a pensare  : se era stato un partigiano diciassettenne, che ha rischiato la vita nella Resistenza, ovviamente doveva essere un uomo di sinistra.
E invece , contraddicendo i luoghi comuni in materia, non lo era affatto.
Chi ha avuto modo di conoscerlo bene, ha capito che l’apparentemente inspiegabile sua convinta simpatia politica per il berlusconismo è stata proprio la conseguenza logica di due elementi fondanti della sua storia personale e della sua personalità.
L’orgoglio col quale svolgeva la libera professione, dopo avere visto il periodo giovanile di dipendente, come un peso, una limitazione alle sue potenzialità professionali e il suo contributo alla Resistenza, vissuto e giustificato nel suo intimo prima di tutto come volontà di riportare in Italia la libertà civile e la libertà economica, spiegano tutto.
Le molle della sua scelta politica, che può sembrare singolare, ma non lo è, sono dovute a questo : la paura quasi fisica, che le formazioni politiche, anche solo vagamente di sinistra, potessero introdurre elementi di comunismo illiberale e di limitazione della libertà di impresa.
Avere rischiato la pelle a 16/17 anni, per ricadere dalla padella del nazifascismo nella brace del comunismo, sarebbe folle, pensava Luigi.
Questa sua decisa determinazione io l’ho capita quando, dopo che sposandosi, era entrato nella mia  famiglia, e dei suoi orientamenti politici non conoscevo pressoché ancora nulla, mi aveva quasi assalito verbalmente, una volta che sono andato in casa sua con in mano un libro riportante una raccolta dei discorsi del primo Fidel Castro.
Tu leggi quella roba? Mi sono sentito dire. Io risposi, ma certo si tratta di un rivoluzionario che ha lottato per abbattere un regime tirannico. E lui in risposta : si, va bene, ma è comunista e questo cambia tutto.
E quindi a fondare il suo orientamento politico c’era l’orgoglio del  libero professionista, al quale la professione aveva data anche non poche soddisfazioni, che lo spingeva naturalmente verso formazioni politiche, che almeno nelle intenzioni, predicavano la bontà della libertà di impresa e di professione e criticavano invece le forme di statalismo destinato alla degenerazione burocratica.
Soprattutto il primo Berlusconi, quello del ’94, uomo del fare, uomo e imprenditore che si era costruito da solo, ha incantato senza difficoltà chi aveva del lavoro il culto che aveva Luigi.
Quante volte , io che in politica la penso un po’ all’opposto, come sapranno i lettori di questo blog, pur rispettando le sue opinioni, perché ne intravedevo le motivazioni, che erano più che rispettabili, ero portato dalla passione politica a inventarle tutte per fare traballare la sua “fede” politica, ma non ci sono mai riuscito.
Ma questo suo orientamento politico, nel modo come lo ha vissuto lui, non era  un suo  difetto, ma è stata l’ennesima dimostrazione della  determinazione,  che metteva nelle cose che faceva e delle quali era convinto.
Non sono riuscito quindi a convertire politicamente lui, ma sono stato costretto io a dare un giudizio sul Berlusconismo, meno superficiale e pregiudiziale, proprio pensando a come mai un uomo della caratura di Luigi potesse essere attratto da quella proposta politica.
E per la mia maturazione politica è stato importante, perché sono convinto che chi non è riuscito a dare un giudizio meno superficiale di quello corrente sul berlusconismo, nei vent’anni nei quali è stato in auge, non riuscirà a comprendere oggi il fenomeno, altrettanto eclatante, del renzismo, ormai bene affermato, che per molti aspetti si è  imposto  come successore più moderno e più presentabile del berlusconismo, del quale interpreta in modo più convincente e credibile gran parte delle aspirazioni iniziali.
Luigi era talmente anticomunista che quando l’allora Presidente Ciampi, in visita a Pavia, lo ha salutato rivolgendogli parole di ringraziamento per il suo passato nella lotta di liberazione a nome del Paese, lui poi, pur dicendosi molto onorato e commosso non è riuscito  a non dire : ma non capisco perché non riesco a farmi accogliere semplicemente come internato politico, invece che come partigiano, perché in Italia se dici partigiano tutti pensano che sia andato dietro alle bandiere rosse, cosa che non avrei mai fatto.
Ecco, quello della Resistenza è stato un momento storico complesso e con più forze in movimento, e quindi per chi la pensava come Luigi ed erano molti (cattolici, liberali, repubblicani, socialdemocratici e perfino monarchici)  un conto era l’avversione verso l’ideologia comunista, un conto  erano i rapporti umani con i compagni di lotta di fede comunista.
Nel caso di Luigi è in questo senso emblematica l’amicizia fraterna che ha sempre conservato, per  citarne uno solo, con Ferruccio Belli, partigiano comunista e suo compagno di lotta.
In montagna o nei campi di concentramento o in esilio la lotta era comune e tutti rischiavano la pelle fianco a fianco, ma se finivano per discutere di come volevano lo stato e la società da costruire dopo avere abbattuto la dittatura, erano guai, perché lì si dividevano.
Di Luigi poi non posso non citare come elementi fondanti della sua storia e del suo carattere, il suo viscerale amore per la montagna e in genere per la natura, per l’aria aperta.
In questo ci eravamo veramente ritrovati pienamente come  fratelli, condividendo le medesime passioni.
Quando scarpinavamo per ore e ore sui sentieri di montagna.
A volte scoppiava prima lui, ma non perché io  fossi più bravo, ma solo perché venivano fuori gli anni in meno, che giocavano a mio favore.
Aveva un passo che avrebbe stroncato anche un mulo.
Ma non si camminava per fare solo dell’esercizio fisico o per vedere dei paesaggi, che ripagavano della fatica fatta, perché ambedue avevamo un forte interesse per la storia, per la civiltà contadina da andare a scoprire, il gusto di cercare di capire come si viveva indietro nel tempo,  avendo molto rispetto per chi ci aveva preceduti.
La montagna ha il fascino che le si riconosce, anche perché è in qualche modo una cattedrale particolare, forse la migliore possibile.
Quel geniaccio di Teyllard de Chardin, teologo gesuita, nonché paleontologo famoso, scioccamente messo in quarantena da Woytila ed ora fatto tornare prepotentemente in auge da papa Francesco, diceva, a questo proposito ,che quando ci si immerge nella contemplazione della natura, si diventa tutti concelebranti di una “messa cosmica”.
Il paesaggio, la vastità degli spazi, i silenzi dei luoghi evocano inevitabilmente pensieri alti.
Ricordo una volta che ,conclusa una escursione su una vetta dell’alto Appennino ligure, nella catena che dal  Lesima va all’Antola, dopo qualche ora di cammino, avevamo deciso che avevamo ancora abbastanza gambe per andare ad esplorare il versante successivo, che si presentava  interessante perché appariva particolarmente selvaggio e incontaminato.
Inoltratici in quel nuovo versante, dopo una mezz’ora di cammino, gli dei ci hanno concesso uno di quei “momenti della verità”, che capitano raramente, ma che, quando ci si passa, non si dimenticano più.
Siamo infatti finiti, dopo una curva nel sentierino che percorrevamo e che da tempo si faceva sempre più solo accennato appena, appena, perché l’asprezza della natura si stava rimangiando tutto, nell’ambiente irreale e senza tempo di un gruppo di vecchie case, che una volta erano una frazione, completamente disabitate da anni, se non da decenni.
Naturalmente abbiamo voluto attraversarlo tutto, guardandoci intorno con attenzione per vedere se per caso non ci fosse ancora qualche pur improbabile abitante. Confermando l’impressione iniziale non abbiamo trovato nessun segno di presenza umana, ma finito il paese siamo quasi stati risucchiati nel vecchio campo santo abbandonato, che proprio non ci aspettavamo di trovare in un ex paese così piccolo e come si dice, stuato “a casa del diavolo”,  in una posizione scoscesa e lontana da strade carreggiabili.
I pochi sepolcri erano ormai quasi nascosti da erbe alte ed eternamente sferzati dal vento, data l’altitudine e la posizione, in un silenzio per il resto, assoluto e in una solitudine ancora più percepibile.
Rimanendo in silenzio ci siamo fermati lunghi minuti, ognuno di noi in dialogo con chi ci figuravamo come l’Assoluto.
Luigi probabilmente con l’”Aeterne rerum conditor”   dei sempre splendidi salmi 18 e 148 ed io probabilmente col più razionale “Deus sive natura” di Baruch Spinosa e di Giordano Bruno.
In quei momenti, quando il tempo si ferma, si recupera la reale misura delle cose, la sensazione dell’immensità del creato, che contrasta con la presunta grandezza degli uomini, che passano come il vento che soffiava su quelle tombe, quasi risucchiate dalla natura, alla quale tutto ritorna.
Non avessi condiviso altro con Luigi, quei lunghi minuti mi basterebbero.
E poi, la comune passione per la pesca e soprattutto per quella nei torrenti di montagna.
Quelle spedizioni, quando ancora il sole non si era alzato dietro le montagne, con un freddo cane, anche in piena estate, in quel tratto genovese del Trebbia, dopo Gorreto.
Dove si trovava un’acqua limpidissima, in gole naturali di una bellezza impressionante e si andava a fare danzare il “cucchiaino”,  cioè l’esca artificiale, davanti al naso di bellissime trotelle fario di torrente.
C’eravamo impratichiti e senza pesce non si tornava mai.
Ed anche in questa attività “di evasione” la sua caparbietà si rivelava determinante.
Anche quando io avrei lasciato perdere, perché in quella giornata non si riusciva a prendere nulla, lui non mollava e si studiava una nuova e particolare montatura, o andava a lanciare da un posto  più nascosto, e scosceso  e, come sempre, la costanza veniva ripagata da prede prese con fatica e quindi con ancora più soddisfazione.
Una ulteriore  annotazione, senza la quale questo tentativo di succinto ritratto non sarebbe completo, l’amore per la musica classica.
Amava ascoltarsela in casa, come tutti gli  appassionati, ma non trascurava le occasioni, che offrivano i concerti, ovviamente, Arena di Verona, compresa.
Ma anche  in ambienti molto meno blasonati, ma non meno adatti a fare risaltare la suggestione della grande musica.
Ricordo che più volte ci siamo avventurati per le strade ancora della Val Trebbia, non   per andare a pescare, ma anche di sera , per partecipare ai piccoli festival di musica classico- operistica ,che venivano organizzati nel suggestivo  chiostro dell’antico  monastero di Bobbio.
Magari non c’erano grandi interpreti, ma l’ambiente era impagabile.
Un’altra sfaccettatura di quella personalità era questa.
Oggi molti si riempiono la bocca per dire o perché gli altri dicano di noi : il tale fa volontariato.
Molte persone, che conoscevano Luigi, magari anche abbastanza bene, non diranno oggi che faceva volontariato, non perché non lo abbia fatto, ma semplicemente  perché   lo faceva in modo da non farlo a sapere  a nessuno e quindi loro non potevano saperlo.
Luigi era un credente all’antica e quindi certe cose a lui bastava che  a  sapere che le aveva fatte fosse solo “Colui”, come diceva il Manzoni, colui che attera e suscita, che affanna e che consola.
Quanti lavori, anche impegnativi, Luigi avrà fatto, mandando col pensiero una fattura pro forma a Colui e a nessun altro.
Li faceva perché ci credeva e  basta.
Non è un caso che tante persone anziane, che lo hanno conosciuto per ragioni di lavoro od altro, dopo aver scoperto che una cosa era il professionista, ma che finito il professionista,  dove con molti altri finiva tutto, nel suo caso , cominciava l’uomo , all’uomo  si rivolgevano, magari anche abusando della sua ampia disponibilità e lo assillavano con richieste di favori ,di pratiche da seguire in settori, che, spesso e volentieri, nulla c’entravano con la sua professione.
La sua disponibilità era talmente ampia che a volte a giudicare dalle telefonate che riceveva a casa e non in studio, sembrava che avesse un debole per i vecchietti rompi-scatole, ma non ostante i rimbrotti che riceveva bonariamente in casa a quei vecchietti dedicava lo stesso tempo e lo stesso impegno, che avrebbe riservato ad un cliente danaroso.
Arrivati a questo punto spero di essere riuscito a spiegare il senso di quel titolo di “partigiano indipendente”.

Tutte le persone che sanno costruirsi un carattere forte e determinato, come quello di Luigi sono partigiani indipendenti.

Nessun commento: