giovedì 26 marzo 2015

Il modo impacciato e farisaico col quale si reagisce alle minacce del terrorismo islamico fa capire quali distorsioni mentali hanno provocato decenni di buonismo vuoto



La recente tragedia della disintegrazione dell’Airbus tedesco Barcellona- Düsseldorf contro le Alpi francesi, ha fornito un esempio di come ci troviamo impreparati e impauriti di fronte alle pressanti minacce del terrorismo islamico.
Al momento non ci sono ancora né prove, né indizi di una causa terroristica, ma, trattandosi di una vicenda rimasta finora senza spiegazioni plausibili, è fuori discussione che tutti si sia stati portati a pensare alla possibilità di un attacco terroristico, fin dalle prime notizie di quel disastro.
Eppure è successo che nelle conferenze stampa ufficiali e sulla quasi totalità dei siti e della stampa è come se giornalisti e personaggi istituzionali si fossero accordati preventivamente per non pronunciare nemmeno la parola “terrorismo”.
Questa incredibile autocensura simultanea e preventiva è risultata talmente evidente, che ha finito per sottolineare, invece che esorcizzare ,la paura diffusa per il terrorismo.
L’assoluto eccesso di prudenza che ne è venuto fuori ,non è che uno dei sintomi più che evidenti dell’imbarazzo e dell’impreparazione generale ad affrontare questa nuova ondata di terrorismo islamico, che può colpire in qualsiasi momento ,anche a casa nostra.
Sull’argomento è magari anche legittimo essere sorpresi e disorientati a causa della sua ferocia e della velocità con la quale si è diffuso.
Si possono formulare diverse strategie ed azioni per contrastarlo, ma è difficile non riconoscere che se la prima reazione che ci viene spontanea di fronte a una tale sciagura, che può anche avere cause legate al terrorismo, è quella di mettere la testa nella sabbia per non  essere costretti a pensarci ed a parlarne, vuol dire che stiamo partendo col piede sbagliato.
Si può capire che il papa e la chiesa abbiano aspettato di  vedere le comunità cristiane fuggire ed essere perseguitate fino ad essere praticamente estirpate dal Medio Oriente ,prima di decidersi a realizzare che il terrorismo islamico non si contrasta con le Ave Marie, me che purtroppo lo si può fermare solo coi Kalashnikov.
Non è lecito però aspettare chissà che , perché  chi ha responsabilità di governo si decida a valutare l’enorme pericolo che l’Italia corre ,in quanto porto di sbarco dei dannati della terra ,che fuggono da Africa e Medio Oriente.
Come non è lecito continuare a tagliare i bilanci della difesa, come se fosse scoppiata un’utopica pace  universale , in un mondo che è ,invece ed al contrario, scosso da un’infinità di conflitti se pure “locali” e non mondiali.
Occorre poi recuperare un ruolo per l’Italia in politica estera, ben attento ai nostri interessi nazionali, che non sono sovrapponibili a quelli dei nostri tradizionali maggiori alleati, la Germania e gli Usa, e che quindi vanno individuati e vanno esposti con chiarezza ai nostri alleati ed ai nostri partner dell’Unione Europea.
Tento per fare un’ esempio ,va bene assecondare gli sforzi internazionali per convincere le maggiori fazioni libiche a federarsi per parlare con una voce unica e per convergere contro i terroristi.
Ma siccome i barconi arrivano in Italia, siamo noi i primi che dobbiamo andare materialmente a delineare un blocco navale davanti a quelle coste, per controllare una situazione, che potrebbe diventare disastrosa  per noi, se i numeri attuali degli sbarchi dovessero essere volutamente aumentati per essere usati come una clava  contro noi e l’Europa dai folli dello Stato Islamico.
Il venire alla luce di questi  feroci integralisti islamici ha spazzato via quanto era rimasto  di  quella ideologia pacifista a tutti i costi  “senza se e senza ma”, come si diceva vent’anni fa , senza riflettere sulla irragionevolezza di fondo di quei discorsi, anche se quegli ideali utopici erano sostenuti da personaggi degnissimi come Gino Strada e Padre Zanotelli.
Ma oggi, di fronte alla cieca ferocia dei seguaci del califfo, sostenere ancora idee pacifiste è una pura manifestazione di masochismo.
Anzi, succede che  per una delle periodiche ironie della storia, si stanno delineando degli scenari obbligati, che ben lungi dal consentire la prosecuzione di discorsi  “buonisti” e “politicamente corretti”, stanno riproponendo l’attualità di eventi addirittura arcaici.
Il fatto è questo, che se oramai si riconosce in modo assolutamente unanime, che se con il sedicente califfo ed i suoi seguaci non è assolutamente possibile instaurare alcuna forma di dialogo o di trattativa, qual è l’unica strada praticabile se non  la guerra allo stato islamico, cioè l’eliminazione fisica dei Jihadisti?
Sarà, anzi è del tutto spiacevole, ma la ferocia di coloro, ci sta portando a riproporre lo spirito delle crociate.
Non c’è nessuna Gerusalemme con annesso sepolcro di Cristo da riandare a conquistare, ma gli Jiahdisti  abbattono le croci sulle chiese per issare al loro posto le loro bandiere nere.
Oltre naturalmente a tagliare materialmente la gola ai cristiani nei quali si imbattono.
Non c’è niente di simbolicamente più evocativo delle foto che testimoniano quelle scene, riportando alla nostre memorie le corrispondenti scene, immaginate nel corso della nostra formazione scolastica, dei Saraceni che sbarcavano sulle nostre coste per assalire e devastare le nostre città e le nostre chiese.
D’accordo, viviamo da decenni in un Occidente secolarizzato e quindi divenuto laico  a grande maggioranza, ma nessuno di noi è figlio di nessuno e le nostre radici culturali e storiche sono quelle che sono e il simbolo della croce ci tocca  sia che si vada ancora in chiesa o non ci si vada  più.
Anzi, proprio coloro che in chiesa non ci vanno più dovrebbero essere i più sensibili ,perché se il loro non andare più in chiesa significa il rifiuto di un integralismo basato su dogmi, invece che sul ragionamento, non c’è niente per loro di più intollerabile della pretesa del califfo e seguaci di “sottomettere” il resto del mondo alle loro  leggi integraliste , dogmatiche e del tutto indifferenti all’uso della ragione.
Ma se i nostri personaggi istituzionali ed i nostri mezzi di comunicazione si autocensurano per non  nominare nemmeno la parola “terrorismo”, come faranno  ineluttabilmente ad andare a dire alla gente che l’unica soluzione è quella di “fare fuori” materialmente gli Jiahdisti?



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