giovedì 25 giugno 2015

Il Papa verde





Abbiamo conosciuto da sempre il papa in bianco, abbiamo conosciuto il papa nero (così è sempre stato definito il Generale dei Gesuiti) ,andando indietro nella storia, sembra che agli inizi usasse il papa  rosso, adesso ci si è presentato il papa verde.
Che l’ultima enciclica di papa Francesco lo qualifichi  per questo titolo non ci sono dubbi.
Il pontificato di questo papa si era presentato da subito  come orientato decisamente soprattutto verso
Il ritorno all’originale sensibilità sociale del messaggio evangelico ed a una contestuale  scarso interesse verso le questioni dottrinali.
Si è da tempo anche rilevato che  il nuovo papa fosse particolarmente portato a valorizzare la prassi, cioè gli atti concreti rispetto ai così detti  interventi magisteriali.
E infatti l’autorità morale del papa è tale da dare immediatamente al suo modo di muoversi ed agire  un significato simbolico, che la gente percepisce meglio delle fromulazioni dottrinali.
Vorrei fornire un primo commento alla nuova enciclica non andando  oltre ad una  riflessione non sui singoli punti  trattati, ma solo in via preliminare sul senso e sulla efficacia di  una enciclica sull’ambiente e sulla  dottrina sociale  della chiesa  oggi.
Cominciamo quindi sull’uso  dello strumento “lettera enciclica”.
L’enciclica è un classico strumento usato per  esercitare l’ autorità magisteriale, che come è noto rientra sotto l’ombrello del discutibile dogma della presunta “infallibilità pontificia, sancito dal Concilio Vaticano I, solo se il papa scrive di trattare argomenti ritenuti verità di fede.
E dal momento che, con tutta evidenza, gli argomenti trattati dalla “dottrina sociale” sono per loro natura legati ad analisi e considerazioni storiche di non facile valutazione sotto l’aspetto “tecnico scientifico” questo fatto fa si che si è sempre considerata la medesima dottrina come materia non rientrante nella copertura della presunta infallibilità pontificia, pur rientrando ovviamente a pieno titolo nel campo delle pronunce magisteriali.
Chiarito il senso della veste formale dello strumento “enciclica” occorre però valutare la sua efficacia pratica.
E qui sorge il primo problema, perché è universalmente riconosciuto all’interno del mondo cattolico che
le encicliche finiscono per non essere più lette seriamente nemmeno dagli addetti ai lavori , pur rimanendo utili come strumento per fissare storicamente la posizione dell’autorità papale.
Quindi buono strumento  d’archivio  per  gli  storici  futuri, ma  strumento non più  efficace per  diffondere il pensiero del papa.
Per qualche giorno i giornali  parlano  delle encicliche riportando con titoli ad effetto solo uno o due dei problemi trattati , riportandoli in modo più o meno superficiale e portando ogni testata acqua al proprio mulino ideologico, e poi tutto finisce in biblioteca.
E’ utile allora che i papi oggi, ricorrano alle encicliche ?
Francamente ne dubito molto, e nel caso particolare di papa Francesco avevo scritto più volte su questo blog, che la strategia che mi sembrava azzeccata ed efficace di questo papa fosse quella di esprimersi con la prassi, con le azioni e non con pronunciamenti più o meno dottrinali.
Avevo scritto più volte che a mio parere (che può essere ovviamente sbagliato) la chiesa cattolica ha accumulato un ritardo incolmabile sul piano della revisione della montagna dottrinale che la stessa chiesa ha ritenuto di costruire nei secoli.
Che questa montagna di teorie e pronunce dogmatiche non è mai stata sostenuta da una adeguata  base di argomentazioni logicamente appoggiate ed argomentate, e che quindi queste non sono più spendibili nel mondo moderno, tanto che le chiese vanno svuotandosi a ritmo sostenuto in tutte quelle parti del  mondo nel quale il livello della scolarizzazione e della cultura diviene elevato e quindi non ci si accontenta più di rifugiarsi nella fede (voler credere in qualcosa di non dimostrabile), ma si pretende la conoscenza e cioè si da credito solo ad affermazioni sostenibili sul piano delle argomentazioni logiche.
Quand’anche un papa avesse il coraggio di pronunciare l’abolizione anche solo dei dogmi più incerti e traballanti sul piano della logica, la reazione probabilmente sarebbe controproducente.
Sulla base di queste considerazioni avevo quindi da tempo sostenuto che papa Francesco, da subito presentatosi come papa non in continuità, rispetto ai suoi predecessori, ma  con una forte volontà di innovare sarebbe stato tanto più efficace nella sua azione, quanto più si sarebbe espresso con la prassi e non invischiandosi in dispute dottrinali.
La palese insostenibilità di tanta parte della  dogmatica cattolica, avevo scritto ,finirà per cadere nell’oblio per consunzione.
Come nel campo della legge positiva degli stati moderni, certe norme anche se non vengono abrogate esplicitamente, diventano obsolete, cioè perdono valore quando nessuno , autorità comprese, fa più riferimento a loro.
Devo rilevare che papa Francesco, ha quasi sempre seguito questa strategia vincente.
Ma non sempre.
Si è infatti impantanato nel “Sinodo sulla famiglia” che nella lunga ed estenuante fase preparatoria non è riuscito a cavare un ragno dal buco nemmeno nella questione minima della “comunione di divorziati”, dimostrando che la quasi totalità delle persone coinvolte dia l’impressione di non avere mai fatto la fatica di leggere le solidissime opere che i sociologi della famiglia hanno sfornato in questi ultimi decenni per descrivere cosa è la materia  del loro discutere, cioè cosa è la famiglia oggi, non quella di ieri che non esiste più da tempo, essendo finita da decenni la civiltà contadina che la supportava con le linee che aveva allora.
Ma allora queste persone, sicuramente nella massima buona fede ed animati dalle migliori intenzioni, di cosa parlano, se dimostrano di non essersi studiata la realtà della quale vogliono parlare?
E cosa produrrà questo consesso che sembra un’orchestra nella quale ognuno suoni uno spartito diverso dall’altro?
Verrà fuori probabilmente il solito pateracchio col quale si ribadisce la validità di principi tradizionali da tempo insostenibili, superati però da una provvidenziale prassi “misericordiosa”, cercando di salvare capra e cavoli, dando però un’impressione penosa di impotenza.
Che utilità può avere una tale operazione se non quella di diminuire ulteriormente il prestigio e l’autorevolezza delle gerarchie ecclesiastiche?
Non avrebbe il papa fatto meglio a incoraggiare di fatto i preti che “misericordiosamente” già oggi usano il minimo di buon senso che ci vuole per ammettere di fatto anche i divorziati alla comunione senza andare a
Incoraggiare con un Sinodo formale, le solite discussioni sul “sesso degli angeli” di medioevale memoria, che oggi suscitano solo disagio e irritazione in quasi tutte le persone moderne.
E a che a servirà questa nuova enciclica?
Che papa Francesco sia uomo di idee evangeliche socialmente avanzate, o se vogliamo parlare in termini “populistici” sia un “papa di sinistra” l’avevamo capito da soli, anche se non avesse dato alle stampe questa nuova enciclica.
Chiunque abbia una cultura nelle materie sociali (economia, sociologia, teorie politiche ecc.) almeno di base, sa che le teorie  alle quali questo papa si è ispirato per scrivere questa nuova enciclica circolano da decenni (e sono quelle di Rifkin, Krugman, Vandana Shiva, Stiglitz ,Amartya Sen, tanto per fare due nomi) e sono gli attrezzi da lavoro dei politici e degli operatori sociali di orientamento progressista in qualsiasi parte del mondo.
Il papa, probabilmente in modo imprudente, si avventurato anche oltre  nella “terra incognita” delle “teorie della decrescita” considerate quasi universalmente strampalate in campo accademico, ma di questo parleremo analizzando il documento nel merito.
Ma allora perché un papa ritiene di entrare nel merito di argomenti discutibili, facendoli propri con un documento molto articolato?
Evidentemente perché ritiene che queste linee di pensiero più si  avvicinano al messaggio evangelico, rispetto ad altre od a quelle ideologicamente opposte.
E’ una scelta comprensibile soprattutto se si realizza il fatto che questo papa viene e si ritiene espressione di quel “terzo mondo” o mondo “in via di sviluppo” che ha problemi e sensibilità molto diversi dai nostri.
Il papa ritiene che l’avvenire della chiesa si giochi praticamente tutto da quelle parti, (essendo la partita in occidente quasi persa).
Rispetto le considerazioni implicite nella strategia di questo papa, ma quest’enciclica nei suoi panni non l’avrei scritta e non perché non condivida le idee che sostiene, che anzi ho fatto mie da decenni.
Non l’avrei scritta per una serie di ragioni :
Come già detto sopra perché l’ enciclica si sta dimostrando sempre più  inefficace, come strumento di diffusione delle idee.
Poi perché forse l’essenziale in materia di “dottrina sociale” è sostanzialmente già stato detto  dai suoi predecessori e soprattutto da Paolo VI.
Perché le idee esposte dal papa sono già ben note, assimilate e usate come base ideologica da tutti i movimenti politici progressisti di tutto il  mondo da decenni e quindi non sono particolarmente originali.
Perché avventurarsi in affermazioni su argomenti particolari in campo socio-economico-politico è un’operazione discutibile, perché la materia è di per sé in costante evoluzione e quindi mal si presta alla formulazione di giudizi, che potrebbero essere smentiti dal mutare delle condizioni socio-economiche, sulle quali quegli stesi giudizi sono basati.
Sinceramente sono convinto che il papa avrebbe fatto meglio a continuare nella strategia dei gesti , dei fatti concreti in evidente contrasto e discontinuità col passato ,anche prossimo.
Faccio un esempio evidente.
Tutti i giornali di   destra o di sinistra hanno quasi unanimemente dato il massimo risalto alla recentissima affermazione del papa ,  molto critica nel riguardi delle banche e del loro salvataggio pubblico, usando risorse che sarebbe stato più proficuo usare per fini sociali.
Questa affermazione è chiaramente piuttosto avventata e discutibile perché si avventura in un giudizio basato su argomenti tecnici che non sono affatto pacifici né di tutta evidenza e che quindi non sembrano proprio consoni ad una pronuncia papale.
Ma al di là  delle considerazioni su quella affermazione, a me sembra che avrebbe avuto ben maggior risalto non una pronuncia teorica su un terreno discutibile, quanto dei fatti assunti su casi concreti, di competenza proprio del Vaticano.
Tutti sappiamo dalle informazioni di stampa che la tentata riforma della banca vaticana il famoso IOR , sulla quale il papa è impegnato da tempo, non sta andando affatto bene e che i vecchi marpioni che la usavano per fare gli affari loro, continuerebbero a farli, come se niente fosse.
Se il papa avesse avuto il coraggio di fare un gesto eclatante come ordinare la abolizione dello IOR, allora sì che il mondo avrebbe capito tutto quello che c’era da capire, altro che dedicarsi un’enciclica che non leggerà quasi nessuno.
A che serve scrivere un’enciclica auspicando una maggiore sensibilità sociale e ambientale, se nel terreno di sua stretta competenza il papa non riesce a superare quella che agli occhi di tutti appare  come una autentica mostruosità.
Mi spiace, perché papa Francesco rappresenta una grande speranza per un'umanità che dispone di pochissimi leader credibili , ma c’è una contraddizione nel suo agire.
Non serve a nulla predicare anche bene, ma poi non sapere agire per realizzare quelle idee.
Comprendiamo le enormi difficoltà che incontra, ma insomma è il papa e dispone di un potere immenso.
Che se ne fa il Vaticano di una banca?
Una volta ci raccontavano che serviva per esercitare le sue opere di carità.
Oggi sappiamo che le opere di carità consistevano nel tenere conti correnti segreti a servizio dei peggiori politici , alimentati dagli affari nei quali si cimentano abitualmente quei politici, nella migliore delle ipotesi ,o  nelle attività di lavanderia dei soldi depositati da esponenti mafiosi nella peggiore delle ipotesi.
Se il papa fosse stato capace di eliminare il marcio di casa sua almeno nelle sue espressioni più vistose e più conosciute e fonte di scandalo, avrebbe ottenuto un risultato concreto assolutamente eclatante, avrebbe dato quell’esempio che serve di monito per i corrotti e di incoraggiamento per gli onesti.
Con questa ultima enciclica rischia di dare senza volerlo un segnale di debolezza e di scarsa efficacia.
Il Sinodo della famiglia e ora questa enciclica  sono due operazioni  che rischiano di riportare il papato di Francesco nella palude di woytiliana e ratzingeriana memoria.
Sul piano degli atti concreti  la gente ha capito  benissimo che questo papa sta lottando contro un sistema di corruzione esteso e radicato nella curia vaticana, ma passa il tempo e si vista qualche giubilazione ,ma non sembra esserci la capacità di mettere mano a quella riforma radicale della curia, che non è riuscita nemmeno al Concilio di Trento cinque secoli fa, quel concilio che ha pontificato su tutto, ma che di fronte al potere delle porpore cardinalizie si è arrestato.
Abbiamo assistiti disgustati per l'ennesima volta a quanto emerso da intercettazioni telefoniche di una delle porpore che prendeva disinvoltamente per il naso il pontefice sui conti della finanza vaticana relativa alla sanità vaticana.
Già, che se ne fa il Vaticano della gestione diretta di ospedali?
Forse non è finito il medioevo ,quando gli “ospitali”  messi su da preti e monaci erano la prima e unica forma di assistenza pubblica?
Forse non esiste un sistema di welfare pubblico ormai da 60 anni?
E poi, visto che la tesi centrale di quest'enciclica risiede nell'affermazione che il peso del maltrattamento dell'ambiente causa conseguenze negative che ricadono in modo disuguale sull'umanità, pesando tutto sui poveri, che se ne fa il Vaticano della più vasta rete di proprietà immobiliari d'Italia, costituita per lo più da conventi svuotati da tempo o usati solo per millesime parti?
Non è forse vero che se il papa si fosse avvalso del potere di unico sovrano assoluto rinascimentale rimasto per imporre l' impiego di quelle proprietà, sia pure parziale, per ospitare innanzitutto quelle disgraziate comunità cristiane costrette a fuggire dal medio oriente o dall'Africa musulmanizzati con la forza, avrebbe fatto un atto più efficace di qualsiasi enciclica?
E potremmo andare avanti sul medesimo spartito.
In Vaticano viene praticata la raccolta differenziata dei rifiuti e il consumismo è stato sostituito dalla sobrietà?
Eccetera, eccetera.
L'enciclica, lo vedremo analizzandola nei dettagli dice cose molto interessanti, condivisibili e utili per l'umanità se venissero applicate, ma le stesse cose le dicono anche gran parte dei politici del mondo e poi agiscono in altre direzioni.
Almeno dal papa ci aspetteremmo più fatti e meno belle parole.




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