A leggere i giornali di questa mattina viene da chiedersi :
ma è possibile che in un paese di antica civiltà come il nostro non ci sia
stato un solo commentatore dotato di sufficiente indipendenza intellettuale ,
magari anche solo per il gusto di fare il bastian contrario, per prendere in
qualche modo le difese di Marino.
Niente da fare da destra a sinistra, laici e clericali, da
tutti quanti sono venuti unanimi
giudizi, per di più declassati a lazzi e sberleffi.
Marino poteva rimanere a Pittsburgh in Pensylvannia e a Filadelfia a fare il suo mestiere di
chirurgo dei trapianti, invece che rispondere al desiderio di venire in Italia
e per di più a Palermo per fondare un centro per trapianti di fegato nel 1999,
che poi ha lasciato per tornare a Filadelfia.
Infine nel 2006 ha risposto a una insana pulsione che lo ha
spinto a entrare in politica in Italia presentandosi alle politiche ed
uscendone come senatore, e come tale è stato rieletto nel 2008 e come senatore
si è prevalentemente occupato di sanità.
L’anno successivo partecipa alle primarie del PD per
concorrere alla segreteria nazionale.
Arriverà ultimo dietro a Bersani ed a Franceschini, ma
raccogliendo sempre un 12%.
Sarà rieletto nel 2013, anno nel quale partecipa alle
primarie del PD per il sindaco di Roma, le vince e viene eletto sindaco.
In quella veste prende subito posizione su unioni civili e
matrimoni gay.
Senza voler fare della dietrologia, forse questo è stato il
primo cappio politico che si è messo al collo.
Dopo la gestione inqualificabile della destra di Alemanno,
ben attenta però a compiacere i desiderata dei clericali d’oltre Tevere, le
idee liberali di Marino sui diritti
civili sono state fortemente avversate.
Papa Francesco o non Papa Francesco si evidenzia che in
Vaticano molti di fronte all’arretramento inarrestabile della chiesa cattolica
nel resto d’Europa, hanno deciso che l’Italia
e Roma debbano essere prese come la linea del Piave da difendere con qualsiasi
mezzo.
A mio avviso questo è stata la prima mossa che già due anni
fa ha messo insieme lobby potenti contro Marino.
Poi si sono unite a quelle truppe quei notabili ex comunisti
che oggi sono indicati come la minoranza del PD, che erano evidentemente
abituati da molto tempo a entrare in ogni affare anche quando al governo di
Roma c’era la destra.
Non a caso il povero Marino nei documenti molto polemici coi
quali ha annunciato le sue dimissioni estorte ha usato più e più volte la
parola consociativismo, che indica l’unione innaturale di forze politiche
diverse e contrarie per divdersi il potere e fare affari insieme, contro la
volontà di chi li ha eletti.
Purtroppo per lui, Marino ,però, ci ha messo molto del suo
per farsi affondare.
L’uomo chiaramente non è affatto un “marziano a Roma” come
hanno scritto quasi tutti, avendo alle spalle una carriera politica ai massimi
livelli durata anni, ma sicuramente non è un buon ascoltatore né tanto meno un
buon comunicatore.
Non ha saputo ascoltare e parlare con la gente di Roma,
questo è indiscutibile.
Faceva lo sforzo di essere presente, ma forse per le sue caratteristiche caratteriali,
rimaneva distaccato e lontano.
Per fare politica a quei livelli occorre avere almeno in
parte un po’ di carisma.
La gente a ragione o a torto ti da credito se riesci a
recitare bene la tua parte e ti fai percepire come “uno di loro” che come tale
è in grado di capire i tuoi problemi.
Diventi credibile politicamente, purtroppo, anche se sei un gran
mascalzone, purchè però tu sappia toccare le corde giuste, che la sensibilità
della gente esige siano toccate.
Pensate un po’ a Berlusconi, maestro per vent’anni nel
propinare alla gente su tutti i canali TV al suo servizio esattamente quello
che loro volevano sentirsi dire.
Erano quasi tutte panzane, ma erano le panzane giuste.
Marino era lontanissimo dall’avere questa sensibilità.
Peccato perché lui non raccontava panzane, aveva detto che avrebbe rivoluzionato il Campidoglio e lo
ha fatto stoppando le camarille consociative degli affari, che si erano
comprate tutti i politici comprabili, cioè praticamente tutti.
Quando la magistratura ha scoperchiato il pentolone degli
appalti capitolini, quello sarebbe stato il momento del suo trionfo, ma come
sempre lui non ha saputo comunicare per rivendicare in modo credibile e
documentato quello che aveva già fatto lui autonomamente per fare pulizia.
Gli ha giocato contro anche l’ampiezza della corruzione che
aveva infettato da chissà quanto tempo l’apparato amministrativo
capitolino e la classe politica che
amministrava Roma.
Non faceva in tempo a denunciare una situazione scandalosa,
che già scoppiava con gran clamore uno scandalo successivo.
La vastità della corruzione, non percepita nel resto
d’Italia, e la successione temporale a mitraglia di notizie di scandali hanno dato alla gente la
sensazione palpabile che il sindaco se pure schierato dalla parte delle guardie
e non dei ladri, si trovasse a gestire una situazione del tutto fuori
controllo.
Di fonte a quei disastri ci vuole tempo, parecchio tempo
anche solo per stoppare i ladri e cominciare a raddrizzare tutto quanto.
Marino in quella situazione anche se avesse avuto un
carattere e capacità politiche del tutto diverse non avrebbe potuto mai farcela da solo.
Avrebbe dovuto assolutamente trovare il modo di mettersi
sotto l’ampio ombrello del suo partito e di farsi percepire come espressione di
quel partito.
Ma purtroppo per lui il grande capo del partito e del governo
Matteo Renzi, appartiene a una tipologia antropologicamente troppo diversa
dalla sua.
I due sono fatti per non intendersi.
Renzi, di fatto successore di Berlusconi e
contemporaneamente capo del PD, e quindi gestore di un potere enorme, prima
pensa alla strategia giusta per comunicare e poi a cosa ha da dire.
Fosse stato lui al posto di Marino, i Romani gli avrebbero già innalzato un monumento.
Ma Marino era solo Marino e se Renzi non gli telefonava, non
osava telefonargli lui.
Sembrano magari stupidaggini, ma queste impuntature
caratteriali sono quelle cose che fanno si che spesso la storia vada in un modo
o nell’altro.
Peccato perché da un maggiore e reciproco sforzo di parlarsi
e di intendersi ci avrebbe guadagnato anche Renzi, che per mesi ha dimostrato
di non sapere che pesci pigliare, e che ora, scaricato ufficialmente Marino, si
trova a gestire elezioni difficilissime per il Pd, che potrebbe benissimo
perderle.
L’arroganza e la supponenza non si addicono a chi fa
politica.
In queste condizioni la parola d’ordine probabilmente sarà :
tirarla in lunga con la scusa del Giubileo, avvenimento internazionale, che
deve avere la precedenza come fino a ieri è stato per l’Expo, con commissario
possibilmente un magistrato o un manager di provate capacità.
Questa vicenda ha messo in evidenza anche lo stato
disastrato della stampa in Italia.
Quando tutte le testate dicono la stessa cosa, c’è aria che
puzza.
E poi la politica che sta cambiando con clamorosa velocità
da agorà dove si incontravano partiti storici ben definiti, a “plaza de toros”,
dove si esibisce o l’uomo solo al comando o l’aspirante uomo solo al comando.
Non è affatto una bella notizia e difficilmente può
promettere niente di buono.
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