Aveva cominciato il
Corriere nelle pagine di Milano a pubblicare alcune interviste con
parroci di quella Milano che un tempo era l'icona della città “col
cuore in mano”, che testimoniavano le grandi difficoltà che
questi preti incontravano presso i fedeli per cercare di spendersi al
fine di dare assistenza temporanea ai migranti di passaggio, in
contraddizione rispetto agli appelli all'azione di Papa e
Arcivescovo.
Ora, il numero
dell'Espresso in edicola, riporta un bel'articolo, ben documentato,
del giornalista di inchiesta Fabrizio Gatti, ben noto come autore di
memorabili analisi dal caporalato nel nostro Meridione,
all'immigrazione dal Sahara.
Gatti si è
presentato sotto le finte spoglie di un profugo in transito verso il
Nord Europa in trenta parrocchie italiane dalle Marche a Val d'Aosta
e Alto Adige per chiedere un posto da dormire per una, due notti e si
è ritrovato con sorpresa a prendersi la porta in faccia ben 29 volte
,spesso anche in malo modo.
C'è il racconto ,
ci sono le foto e il giornale ovviamente disporrà delle
registrazioni.
Una sola volta su
trenta il giornalista- profugo è stato accolto con umanità
evangelica.
E' agghiacciante.
Molti dei parroci,
preti e frati, che compaiono in questo reportage, incalzati dal
giornalista, finto profugo, che ovviamente sa fare il suo mestiere,
si esibiscono in dichiarazioni di questo genere : ma sì il Papa
parla, dice tante cose, (che dovremmo accogliere chi viene a bussare)
ma la realtà è un'altra cosa.
Viene da chiedersi,
va bene, ma allora perché queste persone non hanno fatto un'altro
mestiere, ammesso e non concesso affatto, che fare il prete o il
frate, sia un mestiere come un'altro.
Difficile contestare
che se il Cristianesimo ha un senso, lo ha nella misura in cui
risponde al precetto dei precetti contenuti nei Vangeli : “non fare
agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te” o “ama
gli altri come tè stesso”.
Punto.
Questo lo sanno e lo
capiscono tutti, senza bisogno di catechismi, sinodi, dogmi e
quant'altro.
E questa è
l'ispirazione alla quale Papa Francesco sta tentando disperatamente
di riportare una chiesa impantanata nella gestione di soldi e potere,
tutta presa da ritualismi formalistici ,senza più un contenuto reale
di spiritualità evangelica.
La gente non va più
in chiesa, seminari e conventi sono sempre più vuoti, questa è una
realtà, ma non è questa la realtà peggiore.
Il problema vero è
che se 29 ecclesiastici su trenta non sanno più accogliere nemmeno
temporaneamente persone bisognose, la chiesa non serve più, perché
significa che è già divenuta irrilevante, non è più sé stessa,
non ha più una missione visibile da testimoniare.
Se il prete è
finito per ridursi ad essere percepito come l'impiegato addetto ad
erogarti qualche sacramento, il più delle volte dietro
corrispettivo, per darti l'illusione che così saresti una brava
persona e non andrai all'Inferno, allora la chiesa può anche
chiudere bottega domani mattina, perché Gesù di Nazareth non ha
messo su nessuna bottega, né ha autorizzato nessuno a fare
l'impiegato.
Qualche anima bella,
magari si scrollerebbe di dosso disinvoltamente l'estremo disagio,
al quale portano queste considerazioni, tirando fuori il solito
logoro argomento di chi oramai si è perso in una vano
fondamentalismo utilitaristico affermando : non è una novità, è
sempre stato così, ma nonostante questo la chiesa è resistita
duemila anni.
Questa classica
giustificazione di ogni pigrizia è in realtà frutto di non
conoscenza della storia, perché se la chiesa è durata duemila anni
è perché ininterrottamente da Costantino all'era moderna e
contemporanea, cioè fino a ieri, il cristianesimo era coccolato
dal potere politico ,come suo principale “instrumentum regni” ed
era sostenuto non dal ragionamento e dal libero convincimento, come
avviene nelle società moderne, ma dalla spada del potere politico,
che, non a caso, promuoveva i concordati per fare diventare le norme
di comportamento interne, leggi degli stati, sanzionate in ultima
analisi dagli apparati polizieschi, in cambio di potere .
Cioè la chiesa
otteneva l'esclusiva del proprio marchio, riconosciuto come
“religione di stato” dal potere politico che a sua volta otteneva
la sottomissione dei fedeli.
Ma questi tempi sono
finiti da un pezzo,anche se culturalmente e politicamente sono
sopravvissuti dei fantasmi (sempre di meno) che vorrebbero far
tornare indietro la storia.
Se il cristiano non
si lascia riconosce, non da proclamazioni autoreferenziali, o da
attivismo in politica, ma nel suo umile agire quotidiano, il
cristianesimo ha esaurito la sua spinta vitale.
Basta la
testimonianza di quell'unico ecclesiastico coerente con la sua
vocazione su trenta ?
Gli eterni
giustificazionisti di ogni turpitudine diranno di si con
convinzione, tirando fuori le solite vecchie scuse infantili :
basterebbe uno solo, dio lo vede, lui solo salverebbe il mondo.
Ma questi sono gli
sragionamenti da quattro soldi, che inducono al sonno della ragione e
sono esattamente questi che hanno portato alla chiusura delle chiese
di mezza Europa.
Ci hanno purtroppo
indottrinati fin da bambinetti con queste insensatezze, ma ora è
venuto il momento di ragionare e di reagire, diversamente fra poco
non ci sarà più nemmeno quel prete su trenta, capace di
testimoniare coerenza evangelica.
Papa Francesco lo sa
bene,ma che fatica ci vuole per scuotere il corpaccione dormiente
della chiesa dei preti- impiegati da una parte e dei fedeli -clienti
dall'altra.
Sembra di essere
tornati alla logica in voga ai tempi delle indulgenze vendute a
pagamento.
Forse è troppo
tardi per testimoniare un cambiamento convincente, ma sarebbe folle
disperdere tutto il patrimonio degli “uomini di buona volontà”
di ieri e di oggi.
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