lunedì 26 ottobre 2015

Preti che sbattono le porte in faccia a chi chiede assistenza, corruzione dilagante, ma allora la Chiesa a che serve



Aveva cominciato il Corriere nelle pagine di Milano a pubblicare alcune interviste con parroci di quella Milano che un tempo era l'icona della città “col cuore in mano”, che testimoniavano le grandi difficoltà che questi preti incontravano presso i fedeli per cercare di spendersi al fine di dare assistenza temporanea ai migranti di passaggio, in contraddizione rispetto agli appelli all'azione di Papa e Arcivescovo.
Ora, il numero dell'Espresso in edicola, riporta un bel'articolo, ben documentato, del giornalista di inchiesta Fabrizio Gatti, ben noto come autore di memorabili analisi dal caporalato nel nostro Meridione, all'immigrazione dal Sahara.
Gatti si è presentato sotto le finte spoglie di un profugo in transito verso il Nord Europa in trenta parrocchie italiane dalle Marche a Val d'Aosta e Alto Adige per chiedere un posto da dormire per una, due notti e si è ritrovato con sorpresa a prendersi la porta in faccia ben 29 volte ,spesso anche in malo modo.
C'è il racconto , ci sono le foto e il giornale ovviamente disporrà delle registrazioni.
Una sola volta su trenta il giornalista- profugo è stato accolto con umanità evangelica.
E' agghiacciante.
Molti dei parroci, preti e frati, che compaiono in questo reportage, incalzati dal giornalista, finto profugo, che ovviamente sa fare il suo mestiere, si esibiscono in dichiarazioni di questo genere : ma sì il Papa parla, dice tante cose, (che dovremmo accogliere chi viene a bussare) ma la realtà è un'altra cosa.
Viene da chiedersi, va bene, ma allora perché queste persone non hanno fatto un'altro mestiere, ammesso e non concesso affatto, che fare il prete o il frate, sia un mestiere come un'altro.
Difficile contestare che se il Cristianesimo ha un senso, lo ha nella misura in cui risponde al precetto dei precetti contenuti nei Vangeli : “non fare agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te” o “ama gli altri come tè stesso”.
Punto.
Questo lo sanno e lo capiscono tutti, senza bisogno di catechismi, sinodi, dogmi e quant'altro.
E questa è l'ispirazione alla quale Papa Francesco sta tentando disperatamente di riportare una chiesa impantanata nella gestione di soldi e potere, tutta presa da ritualismi formalistici ,senza più un contenuto reale di spiritualità evangelica.
La gente non va più in chiesa, seminari e conventi sono sempre più vuoti, questa è una realtà, ma non è questa la realtà peggiore.
Il problema vero è che se 29 ecclesiastici su trenta non sanno più accogliere nemmeno temporaneamente persone bisognose, la chiesa non serve più, perché significa che è già divenuta irrilevante, non è più sé stessa, non ha più una missione visibile da testimoniare.
Se il prete è finito per ridursi ad essere percepito come l'impiegato addetto ad erogarti qualche sacramento, il più delle volte dietro corrispettivo, per darti l'illusione che così saresti una brava persona e non andrai all'Inferno, allora la chiesa può anche chiudere bottega domani mattina, perché Gesù di Nazareth non ha messo su nessuna bottega, né ha autorizzato nessuno a fare l'impiegato.
Qualche anima bella, magari si scrollerebbe di dosso disinvoltamente l'estremo disagio, al quale portano queste considerazioni, tirando fuori il solito logoro argomento di chi oramai si è perso in una vano fondamentalismo utilitaristico affermando : non è una novità, è sempre stato così, ma nonostante questo la chiesa è resistita duemila anni.
Questa classica giustificazione di ogni pigrizia è in realtà frutto di non conoscenza della storia, perché se la chiesa è durata duemila anni è perché ininterrottamente da Costantino all'era moderna e contemporanea, cioè fino a ieri, il cristianesimo era coccolato dal potere politico ,come suo principale “instrumentum regni” ed era sostenuto non dal ragionamento e dal libero convincimento, come avviene nelle società moderne, ma dalla spada del potere politico, che, non a caso, promuoveva i concordati per fare diventare le norme di comportamento interne, leggi degli stati, sanzionate in ultima analisi dagli apparati polizieschi, in cambio di potere .
Cioè la chiesa otteneva l'esclusiva del proprio marchio, riconosciuto come “religione di stato” dal potere politico che a sua volta otteneva la sottomissione dei fedeli.
Ma questi tempi sono finiti da un pezzo,anche se culturalmente e politicamente sono sopravvissuti dei fantasmi (sempre di meno) che vorrebbero far tornare indietro la storia.
Se il cristiano non si lascia riconosce, non da proclamazioni autoreferenziali, o da attivismo in politica, ma nel suo umile agire quotidiano, il cristianesimo ha esaurito la sua spinta vitale.
Basta la testimonianza di quell'unico ecclesiastico coerente con la sua vocazione su trenta ?
Gli eterni giustificazionisti di ogni turpitudine diranno di si con convinzione, tirando fuori le solite vecchie scuse infantili : basterebbe uno solo, dio lo vede, lui solo salverebbe il mondo.
Ma questi sono gli sragionamenti da quattro soldi, che inducono al sonno della ragione e sono esattamente questi che hanno portato alla chiusura delle chiese di mezza Europa.
Ci hanno purtroppo indottrinati fin da bambinetti con queste insensatezze, ma ora è venuto il momento di ragionare e di reagire, diversamente fra poco non ci sarà più nemmeno quel prete su trenta, capace di testimoniare coerenza evangelica.
Papa Francesco lo sa bene,ma che fatica ci vuole per scuotere il corpaccione dormiente della chiesa dei preti- impiegati da una parte e dei fedeli -clienti dall'altra.
Sembra di essere tornati alla logica in voga ai tempi delle indulgenze vendute a pagamento.
Forse è troppo tardi per testimoniare un cambiamento convincente, ma sarebbe folle disperdere tutto il patrimonio degli “uomini di buona volontà” di ieri e di oggi.




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