martedì 26 gennaio 2016

Celebriamo nuovamente la giornata della memoria. Benissimo, ricordiamoci però che continueranno ad esserci reduci di serie A sotto i riflettori e reduci di serie B ignorati, e questo non è giusto



Chiamiamolo caso, chiamiamola ironia della storia, ma è veramente singolare che dobbiamo ringraziare per avere a suo tempo introdotta la giornata della memoria con una legge ,un raffinato intellettuale “liberal” come Furio Colombo , che l'ha ideata, e un notissimo politico di estrazione ex- fascista come Gianfranco Fini, che è stato determinante nel lavoro parlamentare per fare approvare quella legge nel luglio 2000.
Tramandare la memoria di quel “male assoluto”, causato dal nazi-fascismo è un dovere morale essenziale, almeno per far sì che le idee che hanno partorito quei fatti, rimangano maledette per sempre nella coscienza collettiva, così da impedire che facciano nuovamente presa, sotto altre forme.
Tramandare è anche suscitare emozioni.
E questo hanno fatto con encomiabile sacrificio personale i reduci da quei fatti, che in tarda età si sono spesi per raccontare a innumerevoli scolaresche in giro per l 'Italia, le storie personali, che in gioventù li avevano portati a finire nei lager nazi-fascisti.
Oggi per ragioni anagrafiche è divenuto estremamente problematico trovare ancora qualcuno di quei reduci in grado di ripetere quel rito-servizio civico.
Peccato, perché le testimonianze dirette coinvolgendo emotivamente hanno più efficacia.
Ma di quelle persone sono comunque rimasti gli scritti, che oggi sono diventati testimonianze essenziali nelle mani degli storici e dei cittadini tutti.
Ed è quindi agli storici che oggi passa il testimone, tocca quindi a loro ed agli insegnanti studiare, documentarsi e tramandare.
Non avranno un compito particolarmente difficile perché la documentazione sull'argomento è imponente.
Vengono i brividi anche solo a rievocare queste cose, ma se oggi come si diceva la documentazione è imponente e inconfutabile è anche a causa del fatto che la “banalità del male” aveva indotto i nazi-fascisti nella loro folle mentalità a considerare i lager come un qualunque “stabilimento” e quindi a dimostrare ai posteri di essere stati efficienti contabili dello sterminio.
Fatto sta che avevano tenuto delle scritture persino pedanti che documentavano tutto : ingressi e uscite da ogni campo, elenchi dettagliati degli “effetti personali” di ognuno e via di seguito da orrore ad orrore.
Parte di quelle scritture ovviamente i responsabili dei campi, avevano tentato di bruciare all'arrivo degli Alleati, ma la gran parte è stata ritrovata dalle truppe alleate e portata in archivi ora consultabili.
Quindi se mettiamo insieme questi archivi sui lager e le testimonianze dei reduci, su quei fatti sappiamo moltissimo.
Come abbiamo detto dovremo per forza maggiore rinunciare alla frustata emotiva che derivava dal sentire i racconti dalla viva voce dei protagonisti, ma tutto quello che fa “conoscenza” e “informazione” è lì disponibile per essere trasmessa alle nuove generazioni, sulla base di documentazioni particolarmente solide, e nel campo della storia questo capita raramente.
Ecco percò che così siamo arrivati al punto evocato dal titolo.
Reduci di serie A e reduci di serie B.
Purtroppo è così e i media nemmeno vanno oltre a un accenno , quando lo fanno, a questa perdurante disparità di trattamento, profondamente ingiusta.
Tutti i riflettori sono puntati sulle storie dei reduci dai lager, nei quali erano finiti a causa di loro coraggiosissime e rischiosissime prese di posizioni ,che si mettevano di traverso al nazi-fascismo.
Onore a loro ed alla loro memoria, senza se e senza ma.
Però perché ignorare del tutto la realtà parallela di quasi mezzo milione di italiani ,che erano finiti in lager , di altra denominazione, rispetto a quelli “dedicati” allo sterminio di ebrei e anti-fascisti, ma nei quali il trattamento e le condizioni di vita non erano certo molto migliori.
Si tratta dei “prigionieri di guerra” la cui unica colpa era stata quella di essere italiani, che un governo di incapaci e una monarchia di irresponsabili aveva messo nella situazione impossibile di ex alleati dei nazisti, divenuti nuovi nemici , dopo l'armistizio l'8 settembre '43 e poi, disprezzati, inaffidabili collaborazionisti, dopo l'insediamento del governo di Salò.
Erano i militari italiani, rastrellati in massa dai Nazisti che si erano subito indicato come obiettivo strategico la deportazione del maggior numero possibile di loro, usando della solita lucida formidabile efficienza, che a noi mancava cronicamente.
Stavano per perdere la guerra i nazisti ed avevano bisogno di adibire al lavoro forzato, quanti più prigionieri potevano, perché era loro esigenza mandare tutti i tedeschi sui troppi fronti di battaglia.
Per decenni la infausta “retorica resistenziale” pompata dalla propaganda del PCI e subita spesso acriticamente da tutte le altre forze politiche, aveva diffuso un “pensiero unico” per il quale sarebbe stato imbarazzante parlare di quei militari in quanto sarebbero stati in gran parte ex fascisti.
Accusa ingiuriosa, storicamente insensata, perché come sanno anche i sassi, durante il ventennio essere iscritti alle associazioni fasciste non era una scelta ma un obbligo e quindi c'erano iscritti tutti d'ufficio, come nell'iscrizione all'anagrafe.
Nei testi di storia più datati si raccontava perfino la panzana che se questi militari avessero aderito alla Repubblica Sociale, non sarebbero stati deportati e sarebbero divenuti dei privilegiati.
Ma in realtà le cose sono andate diversamente per la semplice ragione che i nazisti, che sapevano bene quel che volevano, come detto sopra e come documentato oggi dagli storici (si veda ad esempio il lavoro di Gabriele Hammerman : gli internati militari italiani in Germania 1943-1945, edito dal Mulino nel 2004) era obiettivo strategico dei vertici nazisti rastrellare il maggior numero possibile di mano d'opera coatta, e del penoso regime di Salò non avevano il minimo rispetto, né considerazione.
Ragione per cui nei campi di lavoro forzato ci finivano praticamente tutti.
Orari di lavoro impossibili, condizioni di alloggio da lager, vitto più che precario, dato che più si avvicinava la fine della guerra, e più mancavano provviste anche per gli stessi tedeschi.
E poi la Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra quasi sempre violata perfino bloccando l'invio e il ricevimento della corrispondenza e dei pacchi dalle famiglie.
Infine le condizioni logistiche materiali.
Si trattava di mano d'opera forzata impiegata per lo più in grandi fabbriche che erano situate non in aperta campagna ma nelle grandi città, sulle quali piovevano le bombe dei bombardamenti a tappeto decisi dagli Alleati.
Le condizioni di vita erano quindi parecchio vicine a quelle dei lager.
Privilegi per gli Italiani, in quanto rappresentati in parte da un governo collaborazionista?
Si è già detto che non ce ne sono proprio stati.
Secondo gli storici c'è stato nella classifica dell'orrore un piccolo vantaggio di trattamento per gli italiani nel senso che i russi e gli altri militari dei paesi dell'Est, a causa dell'odio ideologico per il comunismo venivano trattati come cani.
Stiamo parlando di una prigionia- lavoro forzato durata mediamente un anno e mezzo e in quelle condizioni non è stato uno scherzo.
Senza contare che il rientro a casa per i fortunati sopravvissuti, come è capitato a tutti i prigionieri di guerra è stato procrastinato a volte anche di molto dopo la fine della guerra sia per ragioni politiche e strategiche volute dagli Alleati, sia per le difficoltà materiali di fare spostare un numero enorme di persone in un paese che non aveva più infrastrutture funzionanti.
Questi militari- prigionieri di guerra ,hanno acquisito di fronte alla storia meno meriti rispetto ai coraggiosi che hanno sfidato apertamente il nazi- fascismo?

Va bene, anche se fare le classifiche delle sofferenze e delle vittime non appare cosa né sensata, né moralmente accettabile, ma almeno che questi italiani ,che hanno fatto il loro dovere con dignità vengano ricordati e onorati, come si meritano.

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