martedì 5 gennaio 2016

Nel 2016 cambierà la carta geografica del Medio Oriente



Diversi anni fa ci occupavamo del Medio Oriente perchè Israeliani, Palestinesi e le nazioni arabe della zona si facevano la guerra.
Alcuni anni fa ci interessavamo di quella zona del mondo perchè è da lì che viene il petrolio, primaria fonte di energia, anche e sopratutto per il nostro paese.
Adesso anche al bar Sport si parla di Medio Oriente perchè lì c’è l’Isis e il suo presunto Califfo, arrogante e millantatore fin che si vuole, ma perfettamente in grado di farci vedere i famosi “sorci verdi” quando e come gli pare.
E quindi tutti ce ne dobbiamo occupare, che ne abbiamo voglia o no.
Ma occuparsene è un problema.
Si fa in fretta a dire che per non parlare a vanvera è necessario informarsi, ma sfido chiunque a prendere in mano un libro di storia e leggere del Medio Oriente dalla dissoluzione dell’Impero Ottomano per più di dieci minuti senza dare in escandescenze per l’intrico di eventi che vengono narrati.
Purtroppo la storia recente del Medio Oriente  è un guazzabuglio tremendo.
E sempre purtroppo, se su questo argomento fioriscono così facilmente pregiudizi, leggende metropolitane e ostilità preconcette, condite di venature razziste è anche perchè alcuni atteggiamenti umani non dei migliori qui sono di casa.
Tanto per dirne una, che però non è poco, non è una leggenda, ma è una realtà il fatto che da queste parti è più comune che altrove fare il doppio o il triplo gioco.
Chi finanzia o comunque sostiene l’Isis? Quelli stessi che fanno finta di combatterlo.
A questo punto del ragionamento l’avventore tipo del Bar Sport comincerebbe a sparare le tipiche litanie  leghiste contro la risaputa indole infida degli arabi.
Ma problema nel problema, risulta anche che fra i  peggiori maestri del doppio gioco verso l’Isis sia stato e  si sia distinto anche   quello che per senso comune dovrebbe essere il più illibato della partita e cioè niente meno che il  presidente degli Stati Uniti.
Ed allora come biasimare il medesimo avventore del Bar Sport se perde qualsiasi velleità di affrontare quell’argomento e passa a parlare di calcio.
In conclusione : se è facile parlando di Medio Oriente lasciarsi andare a esternare giudizi preconcetti, questo è anche dovuto al fatto incontestabile che la situazione di quell’area è probabilmente la più complicata, intricata e contraddittoria  del mondo.
Personalmente, se provo fastidio quando sento sparare sentenze approssimative alla leghista, provo altrettanto fastidio quando sento parlare in proposito anche esperti qualificati, che si lasciano influenzare da pregiudizi ideologici eccessivamente “buonisti” a tutti i costi.
Come quando l’esperto di turno sostiene che  il disastro attuale sarebbe tutta colpa di noi occidentali colonialisti e imperialisti.
Quando l’argomento è complesso o molto complesso, il primo errore da esitare è quello di tagliare gli argomenti con l‘accetta : i buoni di qui e i cattivi di la.
In Medio  Oriente questo atteggiamento è particolarmente fuorviante, perchè qui hanno sbagliato tutti più e più volte.
Se generali e premier che si sono occupati di Medio Oriente nella storia recente si fossero andati a confessare da un prete cattolico, alla domanda di rito : “quante volte figliolo?”, avrebbero dovuto rispondere per essere sinceri : quasi sempre!
E in effetti non ne abbiamo quasi mai imbroccata una.
A cominciare dalla foga volgarmente accaparratrice delle potenze europee col chiodo fisso di fare deperire l’Impero Ottomano per farlo a pezzettini da dividersi fra di loro ancor prima della prima guerra mondiale.
Ecco quindi che ha radici profonde nella storia quell’atteggiamento che oggi giustamente si condanna nei due Bush, in Blair e più recentemente in Sarkosy, che consiste nel lanciare spedizioni militari in una zona senza avere prima studiato accuratamente a tavolino una strategia diretta semplicemente a questo ; facciamo fuori Saddam in Iraq, i Talebani in Afganistan, Gheddafi in Libia, ma chi mettiamo  al loro posto, che sia in grado di governare qui paesi meglio di loro?
E’ verissimo che il “guazzabuglio” del Medio Oriente attuale ha due autori da manuale nell’ accordo Skyes- Picot  negoziato fra il 1915 e 1916 con il quale Russia, Francia e Gran Bretagna si spartirono i territori arabi dell’Impero Ottomano, che consistevano per farla breve in tutta l’area a sud della Turchia.
Tagliarono  linee di confine cervellotiche che sembrano tracciate a casaccio.
Il loro lavoro aveva sopratutto  un peccato originale, che consisteva nel fatto che gli autori e i paesi che rappresentavano ragionavano da europei  con canoni e parametri adatti agli stati ed alla storia europea, che è radicalmente diversa da quella araba, sopratutto nel fatto che in quelle regioni si ragionava e si ragiona per zone di influenza di determinate tribù, e non di stati nazionali.
Se qualche lettore vuole sincerarsi della preminenza del concetto di lealismo alla tribù prima che a qualsiasi altra cosa in Medio Oriente, lo  pregherei di leggere un qualsiasi articolo o saggio sulla Libia, che costituisce l’esempio paradigmatico di questa tesi perchè Gheddafi è noto che nulla fece per costruire uno stato come noi lo intendiamo.
Per lui esercitare il potere ha sempre significato ricercare un equilibrio fra il potere territoriale delle singole tribù.
La sua era una tribù estremamente  minoritaria, ma ricercando abilmente alleanze alla fine veniva fuori un equilibrio che gli garantì un potere incontrastato per decenni.
Una conferma esplicita alla diversa concezione di popolo, nazione, stato che hanno gli arabi rispetto al nostro modo di pensare si ritrova nell’ultimo sermone  dello Shahik Nimr shiita, decapitato dalla monarchia Saudita tre giorni fa, nel quale tra l’altro dice “il nostro lealismo non è diretto allo stato ma prima ad Allah e poi al nostro gruppo etnico”.
Non si riesce a interpretare nulla del Medio Oriente se non si fa lo sforzo di entrare nella logica della loro filosofia politica che è profondamente diversa dalla nostra e che è fortemente influenzata oltre che da percorsi culturali diversi, anche da situazioni geografiche stringenti.
Per fare un esempio quale stato se pure efficiente sarebbe in grado di controllare come si fa in Europa i confini a meridione della Libia? O quelli fra Iraq e Siria, o quelli dell’Afganistan?
ll grado di lealismo delle tribù a uno stato è sempre relativo rispetto ai canoni occidentali.
Questo fatto ha delle conseguenze molto serie perchè ad esempio la concezione rigidamete scolastica di democrazia che cercano regolarmente di applicare gli americani in quelle zone  rischia regolarmente di formalizzarsi in parlamenti e governi che non contano nulla, perchè trascurano la tradizione socio-politica della realtà tribale.
A che è servito ad esempio un parlamento e un governo “regolarmente” eletti in Iraq se l’intera etnia dei Sunniti prima al governo con Saddam non ha avuto il suo “stato”, regione o territorio nel quale gestirsi e vivere in pace?
Per risolvere  la situazione da tempo deflagrata in guerra civile della Siria allo stesso modo non si approderà a nulla se non si prevederà uno stato da dare ai Sunniti.
In Libia la situazione è ancora più irrisolvibile se Onu e potenze varie non si decideranno a capire che i parlamenti di Tobruk e di Tripoli se pure “regolarmente” eletti non contano pressochè  nulla in un paese da sempre basato su una società tribale.
Sono le tribù che vanno interpellate e coinvolte, non è democratico per noi , ma lo è per loro, e fino a prova contraria sono loro che è giuso che si gestiscano in casa loro.
Bisogna trovare le giuste forme con la dovuta fantasia e apertura mentale.
Diversamente si passerà di continuo da Al Qayda, all’Isis ad altre sigle, che coprono milizie usate dalla potenze esterne per farsi la guerra per procura, ma che sono anche il sintomo del fatto che gli “esterni” hanno sbagliato di grosso nel delineare l’assetto politico di quelle terre.

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