Siamo abituati
all'ambiente della politica italiana che non è esattamente quello di
un collegio di educande, e quindi tendiamo a omologare con gli
stessi schemi anche le liturgie americane delle primarie
presidenziali.
Per la verità un
tempo non era così, nel senso che mentre in Italia il sistema
politico è sempre stato basato sui partiti tradizionali di massa,
ben radicati territorialmente con apparati, sezioni etc., in America
questo paesaggio europeo non è mai esistito ed al suo posto ci sono
sempre stati i così detti partiti non di massa, ma di opinione senza
apparati permanenti ma con presenza territoriale limitata nel tempo
ai singoli eventi delle primarie presidenziali oltre ovviamente alle
elezioni locali.
Più si
avvicinano le presidenziali di novembre e più coltelli prendono il
volo
Detto questo però
pur essendo diversa la struttura organizzativa, non si può certo
dire che la lotta politica in America si svolga con particolare “fair
play”.
Anche qui man mano
che ci si avvicina alle date fatidiche delle elezioni, i coltelli
cominciano a volare spesso con particolare cattiveria.
Nella tornata delle
primarie in corso la durezza della lotta è ancora più accentuata
dal fatto che sono emersi fra i candidati di spicco due “outsiders”
come sono Donald Trump, che ha sconvolto l'apparato dei Repubblicani
,presentandosi come portavoce del ceto medio che non ne può più
dell'establishment politico tradizionale e dall'altra parte Sanders
che, a sua volta, ha sconvolto l'apparato dei Democratici proponendo
delle idee “socialiste” che in America non hanno mai attecchito.
Trump ha stravinto
la sua battaglia sul fronte repubblicano, e la Clinton ha pure vinto
la sua battaglia, ma con parecchia fatica.
Non solo perché
Sanders è deciso a mollare solo quando le sue istanze saranno
accolte nel programma della Clinton, ma perché Hillary Clinton ha il
sì avuto fin dall'inizio il completo appoggio dell'apparato
democratico, ma stenta ha imporsi tra la gente.
Ha avuto due giorni
fa l'endorsment del Presidente Obama un po' all'ultimo minuto ed
“obtorto collo”.
Sulla nostra stampa
quasi non sono arrivate queste notizie dall'America, ma fra Obama e
la Clinton non c'è mai stato un gran feeling, anche se la Clinton è
stata addirittura Segretario di Stato di Obama.
I due non si sono
mai amati.
L'elegante e
sofisticata First lady Michelle, poi, pare che sia abituata a sparare
battute non propriamente eleganti sia su Hillary, sia su tutto il
clan Clinton.
Hillary
Clinton ha da sempre dei problemi a intendersi con Obama
In America é
addirittura uscito più di un libro dedicato proprio sull'odio che
coverebbe fra gli Obama e i Clinton (“Faida sanguinosa di Ed Klein
“ e “Clinton Inc.” di Daniel Harper).
E' noto che il
candidato alle primarie che Obama avrebbe preferito non è mai stata
la Clinton, ma l'attuale Vice Presidente Joe Biden, che in effetti si
era messo in lizza ma poi si era ritirato.
Ci sono tutt'ora
super-esperti di politica americana che dicono che i giochi non
sarebbero ancora conclusi, perché se l'FBI dovesse intervenire con
un formale “indictment” a carico di Hillary Clinton per avere
usato un server di posta privato quando era stata Segretario di
Stato, questa sarebbe costretta a uscire di scena e il Presidente
Obama ,in questo caso, non sarebbe per niente dispiaciuto di dovere
mettere in atto urgentemente un piano B ,che consisterebbe proprio
nello schierare all'ultimo momento di fronte ai delegati della
Convention democratica proprio il suo Vice Joe Biden, che verrebbe
immancabilmente acclamato candidato ufficiale, con buone probabilità
di prevalere poi su Donald Trump.
Come si vede non è
che noi italiani siamo gli unici ad essere macchiavellici in
politica, perché anche i nostri partner occidentali ci sanno fare
,eccome.
Sta di fatto però
che questi piani macchiavellici non sono dovuti a calcoli
strampalati, ma riflettono l'imbarazzo dell'apparato democratico di
fronte a una candidata fortissima all'interno del partito, ma
che notoriamente
trova molta difficoltà a farsi accettare dall'elettorato.
La situazione in
effetti è tutto sommato facilmente leggibile.
Donald Trump è
forse perfino volgare ma è riuscito a parlare al cuore
dell'americano medio
Da una parte c'è
quel prorompente personaggio di Donald Trump, che si è imposto a
furor di popolo anche contro l'apparato repubblicano, e che sarà un
populista fin che si vuole, ma risulta ormai un credibile porta voce
delle aspirazioni del ceto medio impoverito che ce l'ha con
l'establishment e i banchieri Wall Street, le tasse, e gli immigrati.
Dall'altra una
Hillary Clinton, che è un politico di lungo corso, con un carattere
molto tosto e determinato, ma che può presentarsi in qualsiasi modo,
ma non certo come un personaggio nuovo.
Per di più la
Clinton viaggia sfruttando colossali finanziamenti che le vengono
proprio da quei banchieri, sui quali spara Trump.
Si pensi poi che
Trump, le spara un po troppo grosse, ed è sicuramente un populista
all'eccesso, ma è anche indubbio, che ha trovato un seguito molto
ampio nel paese, giocando da solo e questa posizione non è affatto
facile.
Hillary Clinton,
purtroppo per lei ,si trova anche nell'imbarazzante posizione di chi
verrà chiamato dall' elettorato a pagare il conto della presidenza
Obama, che non è stata certo esaltante.
Ha realizzato poco,
troppo poco e sopratutto ha lasciato l' impressione di una presidenza
debole e incerta.
Amleto alla Casa
Bianca è quello che gli americani non avrebbero mai voluto, per la
semplice ragione che sono tutt'ora la principale potenza militare del
pianeta.
Non è un caso che
lo slogan principale di Donald Trump sia : io riporterò l'America
alla sua grandezza.
La Clinton
deve smarcarsi da un Obama che non ha affatto realizzato una
presidenza esaltante
La Clinton per una
delle solite ironie della storia quando ha ricoperto la carica di
Segretario di Stato con Obama, è stata quasi sempre in contrasto col
presidente proprio a causa della sua perenne indecisione e la sua
tendenza ad un moderatismo esasperato, ed ha quasi sempre tentato di
fargli prendere posizioni più coraggiose e definite, ma non
riuscendoci quasi mai.
Ma ne pagherà lo
stesso il conto, perché così funzionano le cose in politica, perché
la gente la percepisce come uno dei pilastri dell' establishment.
Non bastasse questo,
va altresì tenuto conto del fatto che c'è la sensazione diffusa che
gli americani abbiano cominciato a guardare con fastidio e
irritazione a questo fenomeno del perdurare delle dinastie politiche
, che hanno prosperato (i Kennedy, i Bush, e ora proprio i Clinton),
ma che sono sicuramente un'anomalia per la cultura politica
americana.
Le monarchie in
America sono viste con interesse , ma come cose molto folkloristiche,
che divertono, affascinano, ma sono un genere assolutamente infantile
che non può essere preso sul serio.
A leggere la sua
autobiografia, la Clinton ne viene fuori come un personaggio che ha
tutte le caratteristiche e la caratura per essere Presidente del suo
paese, ma oggi probabilmente l'elettorato americano vorrebbe un
presidente fuori dagli schemi e molto più decisionista.
Purtroppo la Clinton
fa troppo parte del sistema e dei suoi schemi consolidati.
Non è facile per
noi italiani ed europei in genere avere una idea chiara delle cose
americane, perché quella storia e quella cultura hanno le stesse
radici delle nostre, ma sono state coniugate in modo del tutto
diverso.
Un esempio banale,
la maggior parte di chi segue i media americani dall'Europa, al 90%
legge il New York Times e cerca i filmati della CNN international.
Ora è ben noto che
l'americano medio non legge il NYT e non vede la CNN International,
perché li vede come roba da intellettuali.
Donald Trump
non va preso sottogamba
E quindi ancora per
esempio noi tendiamo a dare per scontato che uno che dice le cose che
escono dai discorsi di Donald Trump, fa folklore ma non vincerà
mai un'elezione presidenziale.
Probabilmente non è
così affatto, perché l'America non è l'Europa, a votare ci vanno
veramente in pochi e le minoranze etniche che ovviamente non tifano
per Trump sono quelle che vanno a votare meno numerose.
Poi la mentalità
politica americana è modellata in gran parte su un pragmatismo molto
accentuato per cui uno non vota per l'”ideologia” e per i
“valori” per i quali ha sempre votato, ma segue un ragionamento
basato sul momento nel quale si vota, per cui oggi così, domani
chissà.
Inutile dire che
siamo abituati da decenni a importare quasi tutto dall'America,
compreso i modi di fare e che questo costume politico finiremo per
copiarlo, ma oggi non ci siamo ancora abituati.
Lo si è detto più
volte nei post precedenti, l'elettorato italiano ed europeo sta
diventando sempre più “liquido”.
In America è sempre
stato mobile.
Queste
caratteristiche del sistema americano non favoriscono affatto Hillary
Clinton, che in quanto intellettuale liberal, viene percepita più
come una fotocopia di Obama che altro, da chi non è uso a analisi
politiche troppo sottili.
C'è poi il problema
della “comunicazione”, avvertito nel paese di Hollywood e delle
serie TV, che la comunicazione l'ha inventata, ancora di più che da
noi.
Uno come Trump nei
bar sport d'America è di casa, e quindi parla con naturalezza a quei
cuori, che vogliono dichiarazioni d'intenti molto terra a terra.
Hillary è un po'
meno peggio del suo siderale e ultra-intellettuale presidente, ma non
“buca” e non ha mai “bucato”.
Non è avvertita
come simpatica o come si dice oggi non ha “empatia”.
Ma Trump è tutto
fuori dai binari, si dice da noi.
E' vero e non è
questa una buona qualità per un possibile presidente, ma non è che
la sua gente vuole proprio quello?
Prendiamo uno dei
problemi più “sensibili” come quello del terrorismo islamico e
dell'immigrazione e vediamo come gli si avvicinano i due candidati.
Gli Obama e i
Clinton fanno un ragionamento razionalmente impeccabile, ma
terribilmente intellettualistico.
La
comunicazione elementare di Trump viene capita subito, quella della
Clinton invece “non buca”
L'argomentazione è
questa : il nostro primo obiettivo è quello di rimanere fedeli ai
nostri “valori”, che ci impongono di mettere tutti i cittadini
sullo stesso piano.
Noi abbiamo una
consistente minoranza di cittadini islamici che sono sicuramente
intenzionati a integrarsi nel nostro tessuto civile e quindi non
possiamo dubitare di loro.
Poi dobbiamo
considerare che nel mondo gli oltre un miliardo e mezzo di musulmani
sono in grandissima maggioranza persone che non aderiscono ad alcun
movimento terrorista.
I nostri valori e
queste considerazioni ci impediscono quindi di parlare di “terrorismo
islamico”, perché così offenderemmo gli islamici moderati
americani e quelli nel mondo.
Poi non possiamo
criminalizzare una religione dal momento che i nostri “valori” ci
impongono di tenere tutte le religioni sullo stesso piano.
Questo il
ragionamento Obama- Clinton.
Dall'altra parte
Trump dice ben altro.
Non so se fra i
musulmani che arrivano da noi ci sono terroristi, ma siccome
potrebbero esserci, blocchiamo l'entrata negli Stati Uniti dei
musulmani.
Secondo, il
terrorismo islamico non si contrasta con dei bei discorsi, e di
conseguenza da presidente mi propongo di incenerire qualsiasi
insediamento dei terroristi islamici anche con piccole armi atomiche.
Rozzo? Estremamente
rozzo, ma maledettamente immediato ed efficace.
Oltre tutto il
ragionamento degli Obama-Clinton è sì articolato e argomentato in
modo sottile, ma non è certo a prova di contraddittorio.
Obama è un
intellettuale raffinato, ma il popolo sembra volere altro
Prima di tutto
finora non ha cavato un ragno dal buco.
Poi anche solo sul
piano intellettuale è fragile perché ancorarsi a “valori” è un
discorso comunissimo in Europa, ma è spesso scivoloso se non
addirittura pericoloso, perché va a parare inesorabilmente sulla
difesa dell' “identità”, che è la base ideologica di tutte le
destre.
Dall'illuminismo in
poi i “valori” sono considerati “relativi” a un certo tempo
ed alla sensibilità civile condivisa di quel tempo, nulla di più e
nulla di immutabile.
Poi qualsiasi
analisi approfondita storico- politica porta a dover riconoscere con
assoluta chiarezza e determinazione che oggi esistono atti di
terrorismo islamico e cioè di matrice religiosa.
Poi ancora per
quanto il discorso sia delicato e imbarazzante non ha senso non
riconoscere che le religioni non sono tutte uguali e che il Corano
come “libro sacro” contiene incitamenti alla violenza contro gli
“infedeli” impressionanti e costanti.
Esattamente come la
“Bibbia”.
Ma almeno da parte
dei cristiani si è fatta molta strada nel tempo per riconoscere la
“non storicità” dei racconti biblici e la necessità di
interpretare quei testi non in modo letterale, ma con una esegesi
approfondita secondo
criteri scientifici, come quelli applicati alla letteratura antica.
Il fatto che gli
islamici, anche “moderati” non riconoscano affatto la necessità
di sottoporre il Corano ad analisi critica, mette l'intero universo
islamico a rischio fondamentalismo.
Poi l'America è
ancora fortemente in debito con i suoi caduti dell'11 settembre.
Come è possibile
infatti che a distanza di tanto tempo non si siano ancora mosse dai
governi americani precise accuse contro i governi dell'Arabia Saudita
e degli Emirati del Golfo per il fatto che questi hanno inondato il
mondo di moschee e centri islamici ,atti a diffondere l'Islam di
confessione Wahabita, che è la radice ideologica di tutti gli
Islamici “radicali” e cioè terroristi?
Obama ha già detto
che metterebbe il veto su prese di posizione parlamentari di questo
tenore, denunciando così tutta la pericolosa debolezza del suo
ragionamento intellettualistico su terrorismo e immigrazione.
Obama affronta
il problema del terrorismo islamico con ragionamenti
intellettualistici inconcludenti e quindi la Clinton deve cambiare
linea subito
La Clinton si è
vista costretta solo ieri o l'altro ieri a dichiarare che da
presidente prenderebbe in considerazione questo tema, del
riconsiderare le alleanze in Medio Oriente, discriminando i paesi
direttamente o indirettamente finanziatori del terrorismo.
Meglio tardi che
mai, ma questo denuncia la grande debolezza dello schieramento
Obama-Clinton
su questa materia,
che è estremamente “sensibile” in una elezione presidenziale.
Non la vedo bene
quindi per Hillary Clinton ed è un peccato, perché se perde è
perché sarebbe costretta a pagare gli errori di altri, di
conseguenza arrivati a questo punto ed incassato se pure con ritardo
“l'endorsment” del Presidente uscente, deve assolutamente fare
una campagna più “cattiva” non solo nei confronti di Trump, ma
nei confronti dei suoi.
Voglio dire che
prima di tutto deve scrollarsi di dosso se vuole vincere (e lo
vuole) tutte le buone maniere dei salottini intellettuali dai quali
proviene e sopratutto deve smarcarsi in modo visibile da Obama,
perché se si lascia percepire come la continuazione di Obama, le sue
probabilità di elezione si assottiglierebbero pericolosamente.
Nei riguardi di
Trump poi non dico che deve mettersi alla pari perché una che viene
dal suo mondo ,anche se si sforzasse non ci riuscirebbe mai, però
deve imparare ad essere meno intellettuale e più diretta.
Poverina, ci ha
provato a prendere l'autobus (nel caso specifico la metropolitana di
New York) per far vedere che lei è come gli altri ,ma ne è venuto
fuori un disastro mediatico perché non avendola usata da chissà
quanto tempo quella Metro, non sapeva nemmeno dove e come si doveva
infilare il biglietto.
Trump magari se la
caverebbe anche peggio nella stessa situazione, ma se riesce a
rendersi credibile, vuol dire che c'è una domanda politica per chi
almeno mostra di interessarsi ai problemi della gente e la pianta
di comportarsi in punta di forchetta.
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