martedì 31 gennaio 2017

Dagli a Trump! Dagli a Trump!




Tutti contro Trump. Chi tocca l’establishment muore, come chi tocca i fili dell’alta tensione.
Avevamo capito cos’era la globalizzazione, nel commercio e nella finanza, ma forse non avevamo capito ancora bene che c’era anche una globalizzazione del pensiero unico della chiesa liberista-buonista-politicamente corretta, che controlla pressoché tutti i media di informazione.
Trovo talmente fastidioso e preoccupante questo schieramento monocorde che mi ritorna perfino simpatico il ricordo scolastico dello slogan propagandistico di Mussolini contro le “nazioni demo-plutocratiche”.
Perchè mi disgusta questo far finta di non capire che si usa la foglia di fico della difesa della democrazia, dei “nostri valori”, dei diritti umani, sempre e unicamente per coprire questioni di danaro.
La verità è che Trump, con quella suo fisico e quel suo atteggiarsi come facevano gli eroi dei fumetti di Sturmtruppen, dà un fastidio terribile all’establishment ,perché ha squarciato il velo dell’ipocrisia, dietro alla quale si nascondono tutti i salottini della sinistra al caviale, come si dice in Francia.

Trump in realtà fa quello che hanno sempre fatto i presidenti americani, cioè i porci interessi del loro paese, fregandosene altamente del resto del mondo.
Solo che gli altri non lo ammettevano ed anzi lo nascondevano dietro all’”esportazione della democrazia” ed altre frignacce di questo tipo, mentre Trump gioca a carte scoperte, senza i veli del politicamente corretto e del buonismo dilagante.
Tutti i media italiani hanno in coro pressoché unanime tuonato contro il “bando di Trump”, che impedisce ai cittadini di 7 paesi islamici (Siria, Iran ,Iraq, Libia, Somalia, Yemen, Sudan) di immigrare in America, per i prossimi 4 mesi, usando le argomentazioni più ovvie e più varie : è un errore colpire nel mucchio, colpire uno perché è musulmano è un doppio errore, si va contro la tradizionale apertura dell’Occidente verso chi cerca asilo, si viola la libertà religiosa eccetera eccetera.
I media europei e statunitensi ci avevano preceduto usando le medesime argomentazioni.
Argomentazioni,intendiamoci, che hanno tutte una loro ovvia valenza.
I commentatori un po più sofisticati si sono spinti più sul merito del discorso ed hanno osservato : ma ammesso che il “bando antimusulmano” di Trump abbia un senso, questo avrebbe dovuto colpire i cittadini dei paesi dai quali provenivano coloro che hanno compiuto attentati in America e quindi prima di tutto l’Arabia Saudita, e altri paesi, notoriamente finanziatori delle mille milizie implicate nel Jihad, come ad esempio il Quatar gli Emirati etc.

perché Siria Iran Iraq Libia Somalia Yemen Sudan non sarà più una questione di petrolio invece che di religione?
Il paese che fa più colpo nella lista del bando di Trump è l’Iran, dal quale non è provenuto un solo attentatore, e che invece sta dando un contributo militare decisivo in Siria e in Iraq per sconfiggere l’Isis.
E’ vero o non è vero?
Si certo che è vero, ma il discorso va formulato sotto un’altra angolazione, e i commentatori dei media lo sanno benissimo , ma fanno finta di non saperlo, pensando così di compiacere i loro lettori o ascoltatori, presumendo, che siano diventati insanabilmente buonisti a tutti costi.
Allora, se volete capire Trump, fate uno sforzo per lasciare perdere pensiero unico, politicamente corretto , buonismo, ambientalismo,multicultarismo eccetera e cercate di essere volgarmente focalizzati sul commercio ,il business e basta.
Bene a questo punto capirete tutto.
L’Iran non va visto come l’arcinemico, che definiva gli Usa il Grande Satana e che sta tramando per arraffare quanto prima l’arma atomica, ma più terra terra, come uno dei più grandi produttori mondiali di petrolio.
Se con la fine delle sanzioni, a seguito degli accordi sul nucleare sottoscritti da Obama, l’Iran invade il mercato col suo petrolio, col cavolo che si riesce a mantenere stabile il prezzo del barile oltre i 50 o i 60 $ ,come vogliono i petrolieri americani.

Per gli Americani l’autosufficienza nell’approvvigionamento energetico è questione strategica cioè di prioritario interesse nazionale
Attenzione che questo non è affatto un argomento secondario per un presidente americano, che deve difendere la raggiunta autosufficienza americana nell’approvvigionamento di energia e che deve considerare questa acquisizione come un fattore strategico.
Questa autosufficienza è tutta basata sullo shale gas, che ha costi di estrazione elevati e che può produrre in attivo, solo se il prezzo internazionale del petrolio non scende oltre un certo livello.
Il problema è il petrolio, non il nucleare iraniano e ancora meno il terrorismo.
Trump con una mossa un po da elefante voleva comunicare forte e chiaro alla dirigenza iraniana che il suo petrolio se lo deve vendere con molta moderazione, diversamente dovrà pagarne le conseguenze.
Questo è il primo senso del bando.
Sull’Iraq il discorso è assolutamente identico.
L’America sa che quando la strana coalizione sciita- curda si sarà liberata dell’Isis in Iraq, sorgerà né più né meno che lo stesso problema che c’è già oggi con l’Iran del dopo sanzioni e cioè che arriveranno sul mercato i barili di petrolio da Mossul ed allora ancora i 50/60 $ al barile sarà ben difficile mantenerli e lo shale gas americano andrebbe in perdita.
Sulla Libia idem come sopra, la Libia è un grande produttore di petrolio, che oggi opera al 10% a causa del caos politico in atto.
L’America ovviamente è attenta ai rischi della diffusione del terrorismo, ma è prigioniera del prezzo del petrolio, guai se la Libia producesse a pieno ritmo.
Se poi Iran, Iraq e Libia producessero a ritmo pieno gli impianti per estrarre lo shale gas sarebbero tutti da sbattere via e gli Usa perderebbero l’autosufficienza energetica.
Il Sudan è sempre un produttore di petrolio.
Lo Yemen è un produttore di petrolio,ma di limitata portata, il problema per lui è la sua posizione geografica strategica sul Golfo, per il quale passano le petroliere e non solo quelle.
La Somalia è nel novero degli “stati falliti”, ma per la sua posizione geografica è in grado di alimentare quello strano arcaico fenomeno della pirateria, che ha costretto ad aumentare parecchio i costi per la sicurezza di chi transita per il Golfo.
Rimane la Siria, che non è un produttore di petrolio, ma è il principale produttore di profughi del mondo e Trump vuole che il resto del mondo capisca in modo chiaro che lui non si comporterà affatto come l’Europa.
Attenzione che quando Trump, come qualsiasi altro presidente americano parla di Europa, intende dire Germania, che gli Usa considerano un temibile concorrente commerciale e con la quale inevitabilmente si scorneranno.

La “dimenticanza” dell’Arabia Saudita non è certo un’esclusiva di Trump.
Ed infine veniamo all’argomento principe che i commentatori più avvertiti hanno tirato fuori in questi giorni : come mai nel bando non è elencata l’Arabia Saudita, dalla quale provenivano quasi tutti gli attentatori delle torri gemelle quel famoso 11 settembre 2001?
I predecessori di Trump hanno sempre posto il veto verso coloro che volevano che il loro paese mettesse formalmente sotto accusa l’Arabia Saudita per quell’attentato.
Trump in campagna elettorale aveva lasciato intendere che per lui quell’inchiesta si sarebbe anche potuta fare, perché la sua avversaria non era favorevole.
Ma per ora ha prevalso il “Business as usal”.
Forse in passato il salottino intellettuale dei potentissimi liberal clintoniani, tanto bravi a finanziare e organizzare marce per la difesa dei diritti umani si mettevano alla testa di cortei di donne davanti all’ambasciata dell’Arabia Saudita per fare riconoscere i diritti delle donne, notoriamente calpestati nel modo più indegno in quel paese?
Come mai questa dimenticanza così vistosa?
Per la stessa ragione per la quale anche Trump se ne è “dimenticato”.
L’America ha venduto con la scusa della guerra nello Yemen forniture militari colossali all’Arabia Saudita, proprio nel periodo nel quale in America chiudevano per fallimento imprese che si erano esposte con grossi investimenti per estrarre shale gas, divenuto non più remunerativo col prezzo internazionale sceso fino a 40$.
Poi l’Opec, a guida saudita, ha miracolosamente convenuto, dopo anni di dinieghi di limitare la produzione di petrolio per tenere il prezzo su quel famoso livello di 50/60 $.
Non saranno collegate queste cose?
Propendo a pensare che nella testa di Trump è probabile che aver tirato un sasso nella cristalleria con questo bando non fosse dettato da motivazioni ideologiche ,ma dalla volontà di rimarcare in modo inequivocabile che la pensa in modo ben diverso dall’Europa-Germania in tema di immigrazione e sicurezza.
Capisco quanto sia discutibile un intervento così grossolano.

Lo shock causato dal bando di Trump potrebbe indurre gli europei a riflettere più attentamente sugli interessi dei loro stati, almeno per evitare di metterci un cappio al collo da soli
Ma siamo sicuri che all’Europa non faccia bene uno shock così deciso almeno per far riflettere se sia veramente nell’interesse nazionale di ogni singolo stato europeo mantenere quell’atteggiamento di buonismo a prescindere che oggi prevale?
Non sarà che questi “populisti” abbiano qualche ragione che perlomeno dovremmo prendere in esame quando dicono che se andiamo avanti a questi ritmi, chi arriva in Europa finirà per annullare noi e la nostra cultura-civiltà nel giro di non molti anni?













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