Che
da un politico italiano, se pure nel ruolo di supremo garante delle
istituzioni potesse venire un tipo di discorso così alto e nobile
nelle intenzioni è cosa di una tale rarità che veramente stupisce,
perché, purtroppo per noi,non ne siamo proprio abituati.
Invito
pertanto i lettori a leggerlo nella sua integrità, perché lo
merita:
Su
questo blog della giornata della Memoria se ne è parlato più volte
ma sopratutto nel post del 27 gennaio 2015, al quale rimando i
lettori che volessero approfondire l’argomento.
Non
mi sembra il caso quindi di ripetere i perché che inducono a
celebrare ancora quelle memorie, e come sarebbe opportuno celebrarle
e come non celebrarle, perché esprimano ancora tutta la loro carica
educativa e di arricchimento dello spirito civico.
Solo
che a scrivere spirito civico mi tremavano un po’ le dita, perché
questa espressione in Italia ed oggi in particolare sembra da noi
cosa di Marte, ma non della nostra esperienza quotidiana.
Siamo
a meno di un mese e mezzo dall’appuntamento con la cabina
elettorale, questa considerazione ci sia da monito quando dovremo
scrivere qualcosa sulla scheda, non prendiamo la cosa alla leggera,
perché se invece di pensare alle solite frignacce per schieramento,
abitudine o paure varie, ci limitassimo a scegliere persone integre e
capaci di cose alte, come dimostra di essere Sergio Mattarella,
allora sì che potremmo dire di avere fatto il nostro dovere.
Torniamo
al discorso presidenziale.
I
media in coro, essendo costretti a sintetizzare hanno riportato quasi
esclusivamente le affermazioni che costituiscono il cuore di quel
discorso e in particolare queste frasi :
”Sorprende
sentir dire ancora oggi, da qualche parte, che il Fascismo ebbe
alcuni meriti, ma fece due gravi errori : le leggi razziali e
l’entrata in guerra. Si tratta di un’affermazione gravemente
sbagliata e inaccettabile, da respingere con determinazione. Perchè
razzismo e guerra non furono deviazioni o episodi rispetto al suo
modo di pensare, ma diretta e inevitabile conseguenza”.
Chi
ha studiato storia alle superiori con un professore particolarmente
bravo, od ancor meglio nei corsi universitari, non potrà non
cogliere in queste frasi così esplicite il fatto che il
Presidente, con questo discorso sceglie di fare sua una delle due
correnti storiografiche principali,che da sempre dividono appunto la
storiografia sul fascismo e che sono queste :
-quella
che considera il fascismo medesimo come una “rivoluzione” e cioè
una discontinuità con la storia patria precedente e quella
risorgimentale in particolare, come parentesi storica, come malattia
morale prodotta dalle conseguenze della prima guerra mondiale
(Benedetto Croce , Luigi Salvatorelli)
-e
quella invece che considera il fascismo come una continuità con la
storia precedente o anzi come “rivelazione” di quello che sarebbe
stato lo spirito italico precedente, dell’arretratezza italiana e
quindi come autobiografia della nazione. ( Piero Gobetti)
-Antonio
Gramsci e con lui la storiografia marxista ha invece interpretato il
fascismo come suprema reazione armata del capitalismo contro il
proletariato, risposta borghese alla potenziale rivoluzione
proletaria, non condividendo né la prima né la seconda tesi.
-Una
ulteriore tesi è quella sostenuta da Ernest Nolte che intende il
fascismo ed il nazionalsocialismo sopratutto come una reazione alla
rivoluzione russa comunista;
-Complessa
è la tesi storiografica del nostro maggiore storico del fascismo
Renzo DeFelice, che semplicisticamente viene spesso accostato alla
tesi del fascismo come rivoluzione, per il fatto che accentua i
caratteri specifici del fascismo italiano, non assimilabile col
nazional-socialismo.
Il
fascismo sarebbe rivoluzionario nel senso che aveva la pretesa di
costruire un “uomo nuovo”,in continuità con l’illuminismo,
appoggiandosi su un ceto medio per niente in crisi ed anzi voglioso
di essere protagonista di progresso, il fascismo quindi non era
reazionario (ritorno al passato) come era il nazional-socialismo,
DeFelice sostiene anche la tesi che il fasismo almeno nel primo
decennio aveva ottenuto un tale ampio consenso da non avere bisogno
della repressone degli oppositori.
Mi
sono dilungato in una se pure brevissima sintesi sulle diverse
posizioni della storiografia sul fascismo per chiarire il fatto che
il fascismo è stato un fenomeno molto complesso, cioè è stato
tante cose insieme.
Il
Presidente Mattarella (o meglio lo staff che gli ha preparato il
discorso) ha sposato in modo netto l’impostazione della prima
corrente storiografica e questa è la ragione per la quale il suo
discorso per quanto alto e nobile non mi sembra accettabile nelle
tesi storiche che sostiene.
La
storiografia più recente e quindi dopo DeFelice si guarda bene
dall’affrontare il problema con l’accetta e quindi non si ritiene
affatto tenuta a scegliere una sola delle tesi sopra elencate,
ritenendo che nessuna di esse definisca in modo esaustivo un fenomeno
complesso come il fascismo.
Ne
è la prova il recentissimo testo di Guido Melis sullo stato fascista
che è di particolare interesse proprio perché sottolinea non solo
la complessità, ma le contraddizioni del fenomeno fascista.
Elenco
alcune delle concusioni del ponderoso lavoro di Melis :
-il
fascismo non ha inventato ma ha ereditato del clima del dopo guerra
(I guerra mondiale) il culto del capo e la tendenza a obbedire a un
capo, secondo Melis sia per “spirito di trincea”, sia in seguito
alla nuova organizzazione sociale appena formatesi a seguito
dell’industrializzazione;
-si
è trovato ad operare con un apparato statale vecchio di stampo
ottocentesco e questo lo ha spinto
a
presentarsi come rivoluzionario o comunque portatore di riforme,
molte delle quali non riuscirà ad attuare ma riuscirà pure qualche
grossa novità ad imporla e Melis cita la nuovissima figura dello
“stato imprenditore”;
-il
regime totalitario non è mai stato tecnicamente totalitario ad
esempio come quello nazional-socialista tedesco se non altro perché
ci è sempre stata una “diarchia” la chiama Melis con il potere
della Corona;
-ma
non basta secondo Melis il regime è sempre stato molto meno
monolitico e molto più pluralista di quel che si crede comunemente;
-perchè?
Perchè dice Melis, immagino facendo sobbalzare sulla sedia la
maggioranza di quelli che parlano di fascismo per sentito dire ma che
non l’hanno mai studiato seriamente, Mussolini in realtà è stato
pochissimo il decisionista che si dice, ma è stato molto di più un
mediatore che cerca il compromesso;
-Mussolini
secondo Melis era condannato da una sua irrefrenabile tendenza al
tatticismo, che lo spingeva a giocare gli uni contro gli altri ed
alla fine a cercare e trovare un compromesso.
Sembra
davvero un’altra storia quella delineata da Melis.
Un’altra
storia che però è in linea con molte delle intuizioni portate dalle
correnti storiografiche sopra velocemente riassunte.
A
questo punto si capisce perché al di là dal rendere onore alle più
che lodevoli intenzioni del Capo dello Stato nel pronunciare quel
discorso, non si può non biasimare in parte chi nel suo staff gli ha
proposto scelte storiografiche non necessarie, sommarie e francamente
superate da tempo nella storiografia.
Tra
l’altro non dimentichiamoci che il fascismo, in quanto storia
d’Italia, si portava dietro alcune pesantissime arretratezze
culturali che non erano quindi “fasciste” ma che erano lì,
disgraziatamente già metabolizzate nel patrimonio culturale della
gente di allora.
Citiamone
doverosamente due o tre:
-l’Italia
non aveva avuto la possibilità di usufruire del salto verso la
“modernità” e il “pensiero critico” portati dalla
Rivoluzione Francese;
ancora
prima l’Italia non aveva potuto usufruire della cultura
anti-autoritaria ,critica e orientata a far conto sulla
responsabilità personale delle quali il Nord Europa era stato
arricchito con la Riforma Protestante, che da noi non ha mai varcato
le Alpi, salvo una piccola ed eroica presenza nelle poche valli
Valdesi;
-l’Italia
subiva il condizionamento pesante, pesantissimo sul piano dello
sviluppo culturale, della presenza massiccia con totale copertura
territoriale di una chiesa cattolica che era ancora ai tempi del
Sillabo di Pio IX cioè dogmaticamente schierata contro i diritti
umani ed i valori democratici in blocco;
-le
leggi razziali è vero sono state la peggiore ignominia a carico del
fascismo e di Casa Savoia, ma non si venga a dire che la segregazione
e la persecuzione degli ebrei se le è inventate il fascismo.
Si
dica almeno che la responsabilità storica della cultura antisemita è
in gran parte a carico da sempre della chiesa cattolica, che aveva
inventato i ghetti , la cultura antisemita, cioè la fola della
presunta responsabilità collettiva del popolo ebraico come presunto
popolo deicida.
Non
è Mussolini che aveva stabilito il rito col quale il rabbino capo
doveva recarsi in San Pietro nelle liturgie pasquali a porgere al
Papa il deretano per ricevere un bel calcione “in espiazione”.
Se
si vuole che le giornate della Memoria seminino “cultura civica”,
preoccupiamoci di essere molto più precisi nel parlare di quel
periodo storico.
Vogliamo
che abbiano una valenza didattica per le giovani generazioni?
Benissimo, ma allora preoccupiamoci che questi giovani abbiano i dati
per capire.
E’
facile oggi addossare a Mussolini ed ai suoi tutte le nequizie della
storia.
E’
invece considerato ancora antipatico rinfacciare alla chiesa le sue
spesso enormi magagne.
Peggio
ancora è considerato politicamente scorretto rinfacciare agli
italiani in quanto portatori di una cultura consolidata difetti
atavici ereditati dall’ottocento e oltre, che Mussolini si era
trovato davanti.
Lo
storico Melis, sopra citato conclude ovviamente che la “rivoluzione
fascista” è fallita, ma questo non vuol dire che il fascismo
storicamente non voleva un ritorno al passato, ma ha cercato di
portare
avanti un cambiamento verso il progresso.
Ha
fallito ed ha fatto cose inqualificabili, ma di quelle di farina del
suo sacco ce n’era solo una parte.
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