mercoledì 31 ottobre 2018

La gamba più debole del governo giallo -verde comincia a scricchiolare pericolosamente





Che Luigi Di Maio avesse dei grossi limiti lo si era intuito da subito, ma ora che la prova diventa sempre più impegnativa, la sua palese impreparazione si sta sommando a una altrettanto palese incapacità di leadership.

Non voglio fare il corvaccio, ma da un po’ di tempo il movimento 5Stelle mi richiama tanto il PD, dove ognuno va testardamente per la sua strada e i vecchi leader sono più un peso che spinge al naufragio, che una opportunità per il partito.
Grillo sta esaurendo la sua spinta propulsiva, ma sopratutto sta esaurendo le idee buone.
L’altro guru Casaleggio è bloccato nella sua narcisistica contemplazione del software Rousseau da lui creato e da lì non è capace di uscire per vedere il resto del mondo, illudendosi di essere della stessa stoffa degli Steve Jobs.

Ministri e sottosegretari 5Stelle non mi pare che ce ne sia uno che brilli, ma il peggio è che ce ne sono parecchi che imbarazzano per la loro incapacità e inadeguatezza, Toninelli in testa.
Per carità sarà stato anche sfortunato a trovarsi a gestire, appena insediato, la mega grana del crollo del ponte Morandi di Genova, con la conseguente inevitabile di mettere in discussione il contratto in atto con Autostrade dei Benetton, che non è cosa da poco e che è una delle peggiori porcate praticate dai governi precedenti, ma riuscire a fare peggio di quello che ha fatto lui non so se sia possibile.
Non parliamo della possente barba di Fico, quarta carica dello stato, che ritiene che il suo ruolo consista nel complottare quotidianamente contro il governo del suo partito, senza avere la minima pazienza di aspettare il suo turno e senza accontentarsi della vistosa poltrona sulla quale è seduto.
Lasciamo perdere il Cè Guevara di quart’ordine cioè il folkloristico DiBa che ha scelto di fare la fronda a DiMaio dal lontano Guatemala, chi lo sa perché.

Ma che prima o poi farà traballare l’ancora più che numeroso elettorato del Movimento è proprio la linea d’insieme che ne esce e che esprime solamente estrema confusione di idee e poca o nulla trasparenza e sincerità nei confronti appunto degli elettori.
In parole povere, non è leale prendere per i fondelli i fedeli elettori o peggio i militanti sul tema delle grandi opere, ripetendo che non si faranno proprio, quando ci si è già accordati con il partner di governo per farle.
Si comportano in modo indecentemente infantile.
Se bloccare Tav,Tap, Mose, gronda a Genova e così via erano cavolate da sempre, pur essendo i cavalli di battaglia del Movimento alle sue origini, ebbene, che si spieghi alla gente cosa è cambiato per far girare il giudizio di 360 gradi, le ragioni tecniche statistiche ed economiche ci sono, ma se si tacciono, per paura di essere linciati, allora si perde veramente la faccia e si pone fine all’illusione del “governo del cambiamento”.

Poi ci sono argomenti ancora più di sostanza che riguardano proprio la filosofia complessiva della così detta manovra, perché questa mette in luce la politica economica del governo.
Ebbene, il governo del cambiamento si definiva tale in virtù della volontà programmatica di passare da una politica di austerità a una politica di sviluppo.
E’ qui che casca l’asino, perché politica di sviluppo vuol dire solo ed esclusivamente aumentare in modo consistente gli investimenti pubblici e privati in infrastrutture a breve, nell’immediato e istruzione e ricerca a medio termine.

La manovra del governo giallo verde invece è tutta orientata su un aumento dell’assistenza ai meno abbienti, encomiabile in pura teoria, ma dal punto di vista dell’analisi economico, assolutamente incapace di generare sviluppo, non stiamo a tirare on ballo le teorie economiche e i moltiplicatori, accontentiamoci del fatto che praticamente tutti gli esperti concordano su questo asserto.

Sempre a giudizio unanime degli esperti nella manovra di investimenti non c’è traccia, né pochi né tanti.
I 5Stelle si giocano tutto sul “reddito di cittadinanza”.
In soldoni 870 € erogati al mese per i meno abbienti individuati tramite indicatore ISEE.
Si rigiocano ancora tutto nella tetragona volontà di riformare la Fornero allargando le maglie dei pensionamenti con la così detta quota 100.
Tutti e due i provvedimenti hanno un costo elevato al quale far fronte da subito appena entreranno in vigore le nuove norme e infatti è qui che è cominciato un balletto tragicomico che porterà a una forte restrizione nell’erogazione del reddito di cittadinanza per limitare la spesa, limitando pero in modo drastico anche la portata del provvedimento.
Hanno fatto promesse elettorali mirabolanti, senza sforzarsi di fare i conti dei costi e delle coperture dimostrando di non essere adeguati a governare il paese.
Lo hanno fatto a suo tempo anche i renziani, ma erano stati più abili a non far trasparire subito la loro incompetenza.
Toccare la Fornero poi è un vera boiata.
La Fornero è l’unica vera riforma di struttura che hanno fatto i governi più recenti.
E’ stato un provvedimento duro, ma che ha garantito l’equilibrio del sistema previdenziale italiano, che non è una cosa da poco.
La Prof.Fornero è ritenuta una delle maggiori esperte del settore ed infatti la sua legge ha avuto grande efficacia.
Disgraziatamente per lei e per quei lavoratori che si sono trovati “esodati” i tecnici del ministero e quelli dell’Inps non si sono dimostrati all’altezza di una riforma tanto radicale e non hanno saputo prevedere che la riforma avrebbe avuto tante vittime per “fuoco amico”, appunto gli esodati ritrovatisi in pensione senza pensione.
Si è rimediato a poco a poco ma seminando casi umani e trattamenti indegni verso cittadini che si sarebbero aspettati ben altro dal proprio paese, ma il sistema è stato messo in equilibrio, evidentemente perché prima non lo era, cioè non c’era la sicurezza che lo stato potesse andare avanti a garantire il pagamento delle pensioni ai pensionati oltre a una certa data.
Eppure per la solita demagogia elettorale ai 5Stelle sulla riforma della riforma Fornero ai si sono affiancati rumorosamente anche i leghisti e questo non è certo un punto a loro favore.
Mentre sul reddito di cittadinanza è chiaro che ai leghisti non ne frega nulla, lo accettano come fosse uno scambio commerciale : noi vi votiamo il reddito di cittadinanza e voi ci votate il decreto sicurezza.

E qui si aprono scenari potenzialmente cupi, perché chi ha fatto i conti dei voti sostiene che se i parlamentari 5Stelle affetti da forte e convinto mal di pancia sull’argomento votassero contro quel decreto, lo stesso non passerebbe.
E se non passerebbe sarebbe ovviamente la fine del governo giallo-verde.
Di Maio sarà capace di imporre la sua leadership?
Lo vedremo, ma a questo punto non è inverosimile prevedere anche la possibilità di un cadutone del governo che sarebbe clamoroso.
Se cadesse ci sarebbe una maggioranza alternativa?
Ancora chi i conti li ha fatti dice che una maggioranza alternativa c’è eccome e che questa si riconosce in un centro- destra completo che stante il declinante prestigio della stella berlusconiana si ridurrebbe di fatto ad un monocolore leghista.
E questo avrebbe il vantaggio della chiarezza e della stabilità, se ragioniamo in termini razionali.
Ma, ma, ci son dei grossi ma e questi consistono nel fatto che l’uomo, cioè noi non agiamo praticamente mai in seguito a fredde analisi razionali, ma siamo fortemente influenzati da processi emotivi e dall’accumulo nel nostro subconscio di montagne di pregiudizi irrazionali.
Nel caso specifico, ritornano i mal di pancia.
L’establishment, i poteri forti, i preti,i moderati eccetera, eccetera prediligono la stabilità immobile del cambiare il meno possibile e quindi ritirano in ballo la finzione della paura del ritorno al fascismo tutte le volte che si parla di Salvini.
Il PD che da partito di centro-sinistra si è ridotto a portavoce delle categorie sopra elencate verrebbe messo in sala di rianimazione dal voto di tutti coloro che temono il cambiamento e che osteggerebbero una vittoria chiara del centro-destra, che questa volta c’entrerebbe ben poco con Berlusconi e sarebbe invece interamente firmato Salvini.
Non sarebbe quindi così facile fare riuscire l’operazione, che però stando ai sondaggi, avrebbe tutte le carte in regola per riuscire.



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