Che Luigi Di Maio
avesse dei grossi limiti lo si era intuito da subito, ma ora che la
prova diventa sempre più impegnativa, la sua palese impreparazione
si sta sommando a una altrettanto palese incapacità di leadership.
Non voglio
fare il corvaccio, ma da un po’ di tempo il movimento 5Stelle mi
richiama tanto il PD, dove ognuno va testardamente per la sua strada
e i vecchi leader sono più un peso che spinge al naufragio, che una
opportunità per il partito.
Grillo sta esaurendo
la sua spinta propulsiva, ma sopratutto sta esaurendo le idee buone.
L’altro guru
Casaleggio è bloccato nella sua narcisistica contemplazione del
software Rousseau da lui creato e da lì non è capace di uscire per
vedere il resto del mondo, illudendosi di essere della stessa stoffa
degli Steve Jobs.
Ministri e
sottosegretari 5Stelle non mi pare che ce ne sia uno che brilli, ma
il peggio è che ce ne sono parecchi che imbarazzano per la loro
incapacità e inadeguatezza, Toninelli in testa.
Per carità sarà
stato anche sfortunato a trovarsi a gestire, appena insediato, la
mega grana del crollo del ponte Morandi di Genova, con la conseguente
inevitabile di mettere in discussione il contratto in atto con
Autostrade dei Benetton, che non è cosa da poco e che è una delle
peggiori porcate praticate dai governi precedenti, ma riuscire a fare
peggio di quello che ha fatto lui non so se sia possibile.
Non parliamo della
possente barba di Fico, quarta carica dello stato, che ritiene che il
suo ruolo consista nel complottare quotidianamente contro il governo
del suo partito, senza avere la minima pazienza di aspettare il suo
turno e senza accontentarsi della vistosa poltrona sulla quale è
seduto.
Lasciamo perdere il
Cè Guevara di quart’ordine cioè il folkloristico DiBa che ha
scelto di fare la fronda a DiMaio dal lontano Guatemala, chi lo sa
perché.
Ma che prima o
poi farà traballare l’ancora più che numeroso elettorato del
Movimento è proprio la linea d’insieme che ne esce e che esprime
solamente estrema confusione di idee e poca o nulla trasparenza e
sincerità nei confronti appunto degli elettori.
In parole povere,
non è leale prendere per i fondelli i fedeli elettori o peggio i
militanti sul tema delle grandi opere, ripetendo che non si faranno
proprio, quando ci si è già accordati con il partner di governo per
farle.
Si comportano in
modo indecentemente infantile.
Se bloccare Tav,Tap,
Mose, gronda a Genova e così via erano cavolate da sempre, pur
essendo i cavalli di battaglia del Movimento alle sue origini,
ebbene, che si spieghi alla gente cosa è cambiato per far girare il
giudizio di 360 gradi, le ragioni tecniche statistiche ed economiche
ci sono, ma se si tacciono, per paura di essere linciati, allora si
perde veramente la faccia e si pone fine all’illusione del “governo
del cambiamento”.
Poi ci sono
argomenti ancora più di sostanza che riguardano proprio la filosofia
complessiva della così detta manovra, perché questa mette in luce
la politica economica del governo.
Ebbene, il governo
del cambiamento si definiva tale in virtù della volontà
programmatica di passare da una politica di austerità a una politica
di sviluppo.
E’ qui che casca
l’asino, perché politica di sviluppo vuol dire solo ed
esclusivamente aumentare in modo consistente gli investimenti
pubblici e privati in infrastrutture a breve, nell’immediato e
istruzione e ricerca a medio termine.
La manovra
del governo giallo verde invece è tutta orientata su un aumento
dell’assistenza ai meno abbienti, encomiabile in pura
teoria, ma dal punto di vista dell’analisi economico, assolutamente
incapace di generare sviluppo, non stiamo a tirare on ballo le teorie
economiche e i moltiplicatori, accontentiamoci del fatto che
praticamente tutti gli esperti concordano su questo asserto.
Sempre a
giudizio unanime degli esperti nella manovra di investimenti non c’è
traccia, né pochi né tanti.
I 5Stelle si
giocano tutto sul “reddito di cittadinanza”.
In soldoni 870 €
erogati al mese per i meno abbienti individuati tramite indicatore
ISEE.
Si rigiocano ancora
tutto nella tetragona volontà di riformare la Fornero allargando le
maglie dei pensionamenti con la così detta quota 100.
Tutti e due i
provvedimenti hanno un costo elevato al quale far fronte da subito
appena entreranno in vigore le nuove norme e infatti è qui che è
cominciato un balletto tragicomico che porterà a una forte
restrizione nell’erogazione del reddito di cittadinanza per
limitare la spesa, limitando pero in modo drastico anche la portata
del provvedimento.
Hanno fatto promesse
elettorali mirabolanti, senza sforzarsi di fare i conti dei costi e
delle coperture dimostrando di non essere adeguati a governare il
paese.
Lo hanno fatto a suo
tempo anche i renziani, ma erano stati più abili a non far
trasparire subito la loro incompetenza.
Toccare la
Fornero poi è un vera boiata.
La Fornero è
l’unica vera riforma di struttura che hanno fatto i governi più
recenti.
E’ stato un
provvedimento duro, ma che ha garantito l’equilibrio del sistema
previdenziale italiano, che non è una cosa da poco.
La Prof.Fornero è
ritenuta una delle maggiori esperte del settore ed infatti la sua
legge ha avuto grande efficacia.
Disgraziatamente per
lei e per quei lavoratori che si sono trovati “esodati” i tecnici
del ministero e quelli dell’Inps non si sono dimostrati all’altezza
di una riforma tanto radicale e non hanno saputo prevedere che la
riforma avrebbe avuto tante vittime per “fuoco amico”, appunto
gli esodati ritrovatisi in pensione senza pensione.
Si è rimediato a
poco a poco ma seminando casi umani e trattamenti indegni verso
cittadini che si sarebbero aspettati ben altro dal proprio paese, ma
il sistema è stato messo in equilibrio, evidentemente perché
prima non lo era, cioè non c’era la sicurezza che lo stato potesse
andare avanti a garantire il pagamento delle pensioni ai pensionati
oltre a una certa data.
Eppure per la solita
demagogia elettorale ai 5Stelle sulla riforma della riforma Fornero
ai si sono affiancati rumorosamente anche i leghisti e questo non è
certo un punto a loro favore.
Mentre sul reddito
di cittadinanza è chiaro che ai leghisti non ne frega nulla, lo
accettano come fosse uno scambio commerciale : noi vi votiamo il
reddito di cittadinanza e voi ci votate il decreto sicurezza.
E qui si
aprono scenari potenzialmente cupi, perché chi ha fatto i conti dei
voti sostiene che se i parlamentari 5Stelle affetti da forte e
convinto mal di pancia sull’argomento votassero contro quel
decreto, lo stesso non passerebbe.
E se non passerebbe
sarebbe ovviamente la fine del governo giallo-verde.
Di Maio sarà capace
di imporre la sua leadership?
Lo vedremo, ma a
questo punto non è inverosimile prevedere anche la possibilità di
un cadutone del governo che sarebbe clamoroso.
Se cadesse ci
sarebbe una maggioranza alternativa?
Ancora chi i conti
li ha fatti dice che una maggioranza alternativa c’è eccome e che
questa si riconosce in un centro- destra completo che stante il
declinante prestigio della stella berlusconiana si ridurrebbe di
fatto ad un monocolore leghista.
E questo avrebbe il
vantaggio della chiarezza e della stabilità, se ragioniamo in
termini razionali.
Ma, ma, ci son dei
grossi ma e questi consistono nel fatto che l’uomo, cioè noi non
agiamo praticamente mai in seguito a fredde analisi razionali, ma
siamo fortemente influenzati da processi emotivi e dall’accumulo
nel nostro subconscio di montagne di pregiudizi irrazionali.
Nel caso specifico,
ritornano i mal di pancia.
L’establishment,
i poteri forti, i preti,i moderati eccetera, eccetera prediligono la
stabilità immobile del cambiare il meno possibile e quindi ritirano
in ballo la finzione della paura del ritorno al fascismo tutte le
volte che si parla di Salvini.
Il PD che da partito
di centro-sinistra si è ridotto a portavoce delle categorie sopra
elencate verrebbe messo in sala di rianimazione dal voto di tutti
coloro che temono il cambiamento e che osteggerebbero una vittoria
chiara del centro-destra, che questa volta c’entrerebbe ben poco
con Berlusconi e sarebbe invece interamente firmato Salvini.
Non sarebbe quindi
così facile fare riuscire l’operazione, che però stando ai
sondaggi, avrebbe tutte le carte in regola per riuscire.
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