domenica 7 febbraio 2021

The Crown serie televisiva– recensione

 





Non mi sarei mai aspettato di riuscire a vedere 4 serie televisive per complessivi 40 episodi con un titolo del genere.

Perchè invece non solo l’ho vista tutta, ma mi è anche piaciuta parecchio?

Perchè non è neanche lontanamente quello che uno potrebbe aspettarsi di vedere, cioè una accozzaglia di gossip e pettegolezzi sulla prima famiglia di Vip del mondo.

Serie statunitense-inglese, forse questo spiega tutto.

C’è la mano di Holliwood.

E invece non c’è la orrenda mentalità di raccontare sempiterne commedie familiari che umilia il cinema italiano e gli impedisce di giocare alla pari con quello anglo sassone.

Non c’è quasi niente di quello che da italiano medio presumevo di sapere sulla storia della Royal Family, perché sull’argomento in Italia arrivava solo il più vuoto gossip filo monarchico a cominciare dalle corrispondenze del settimanale “Oggi” specializzato nel raccontare la vita dei reali negli anni 50 e 60.

E invece cosa c’è?

C’è molta storia autentica e una storia familiare sempre al limite del dramma e della tragedia.

La Royal Family è prigioniera di un unica regola fondamentale che non scandisce solo le tradizioni del protocollo, ma tutta la vita dei suoi membri : prima la corona.

Il che vuol dire se che se non sei né il principe o la principessa ereditaria e il suo successore, sei fregato.

Ma anche se sei colui o colei che porta la Corona e i suoi due immediati successori, sei fregato ugualmente perché il “prima la corona” significa che la persona umana che la porta sulla testa non ha la facoltà di esercitare nessuna delle facoltà autonome che contraddistinguono in filosofia e in psichiatria o psicologia una persona umana.

Ne deriva che la situazione comporta la perenne vicinanza col fare i conti con turbe psichiche tutt’altro che teoriche nel caso specifico aggravate dalla presenza da tare psichiatriche in alcuni rami della famiglia medesima , che non credo fossero note al grande pubblico, prima della narrazione di questa serie televisiva, che le squaderna con dovizia di particolari.

Non bastasse questo a incupire il clima che si respira in The Crown, c’è un altro aspetto che le cronache ci hanno taciuto e cioè la compresenza nel time-line della serie, del vecchio leone eroe della seconda guerra mondiale Winston Churchill e almeno due personaggi di primissimo piano della Family : il Re che ha abdicato nel 1936 Edoardo ottavo e la sua gentile signora Wallis Simpson, dei quali è documentata la aperta simpatia per il Nazismo ed il suo Fuerer.

Idem come sopra alcuni membri della famiglia di origine del Principe Filippo.

Fatti del genere non sono noccioline.

Cose che pesano, ma che pesa ancora di più è la sopra citata folle regola prima della Family che impedisce ai componenti di esercita i propri più elementari diritti di persone umane.

Filippo ha un chiodo psicologico sempre ricorrente che lo mette sempre in crisi consistente nel fatto di non avere avuto presente la figura del padre.

Guarda che caso, lo stesso problema viene lasciato in eredità a Carlo, il Principe di Galles, che cerca la figura paterna nello zio, Lord Mounbatten fino a che un attentato dell’Ira lo fa saltare in aria.

Poi la psicologia di tutte le seconde terze e quarte linee viene sconvolta dal fatto di scoprire in sé stessi maggiori capacità e attitudini a governare di quanta ne vedano nella prima linea che la corona la porta.

Come conseguenza di questa autentica turba, Filippo ha patrocinato un singolare gruppo di chierici anglicani in crisi spirituale alle cui meditazioni pare si fosse unito per decenni.

Carlo invece sarebbe da sempre alla ricerca di santoni che lo affliggono anche con prescrizioni alimentari rigide.

Capofila di questi insanabili scontenti è ovviamente la Principessa Margareth, convintissima del fatto di essere vittima di un destino baro in quanto stra-convinta di valere più della sorella.

Stessa posizione nei fratelli di Carlo.

Poi ci sono quelli che della Family non fanno parte ma che di fatto la governano e la tiranneggiano, cioè quella schiera di parrucconi che rappresentano i veri sacerdoti della Corona, nelle vesti di consiglieri, primi e secondi segretari, ferratissimi nella storia della Family e sempre pronti come Jukebox a citare il precedente storico spesso sfociato in un qualche Act, cioè legge, che impedisce regolarmente ai membri della Family di fare la cosa più sensata.

E’ formidabile il fatto che il vero culmine della piramide di tutte queste vicende di persone turbate ognuna per una ragione sua, sia proprio il vertice vero, Lei, colei che the Crown la porta.

L’attrice o meglio le attrici che la interpretano (una che interpreta la Elisabetta da giovane e una che interpreta la Elisabetta matura) riescono a trasmettere visivamente quello che ovviamente gli autori volevano rappresentare e cioè un manichino, una statua, un frigorifero di sentimenti che non escono mai.

Questo forse per dati di carattere, ma ci viene detto esplicitamente anche e di sicuro per radicata convinzione del personaggio.

Chi porta la Corona non deve fare trasparire le sue convinzioni personali e tanto meno i suoi sentimenti, perché questi non conterebbero.

Allora per non essere divisiva la portatrice di The Crown dovrebbe essere una personalità invisibile, non può essere una persona umana con le sue caratteristiche e le sue passioni.

Ma questa logica è una follia bella e buona.

Arrivati a questo punto è chiaro che gli autori di questa serie sono tutto meno che estimatori della istituzione monarchica ma neanche della Family in carne ed ossa.

Ho trovato una vera perfidia per esempio il sottolineare il fatto che Lei non avrebbe ricevuto alcun tipo di istruzione riconosciuta nemmeno di livello elementare , questo fatto è incredibile, ma temo che corrisponda alla realtà.

Almeno Carlo lo hanno mandato a Eaton, dopo che Filippo si era impuntato per fargli seguire in un primo tempo i corsi di uno strampalato collegio-caserma (da lui frequentato da ragazzo) che seguiva assurdi metodi fra lo spartano e le angherie sistematiche del sergente di Full Metal Jacket.

Detto questo i personaggi ci sono già tutti e quindi nessuna sorpresa del fatto che il mito mediatico di Lady Diana sia fatto letteralmente a pezzi in questa serie quando ci mostrano che Carlo aveva già scelto quella che sarebbe stata la donna della sua vita e che questa era Camilla e solo Camilla.

Il mito di Lady Diana va in frantumi proprio quando appare chiaro e documentato che era perfettamente a conoscenza del fatto che Carlo era già legato in modo per lui indissolubile con Camilla ben prima di sposarlo in un sontuoso matrimonio che non poteva risultare che una finta.

Margareth, la vera alter ego di Diana, perché la parte della totale scontenta che avrebbe voluto rivoluzionare i costumi della Family l’aveva già recitata lei prima con più autorevolezza e con pari seguito mediatico di Diana.

In un raro sussulto di umanità ci viene presentata questa Margareth quando in una riunione di famiglia esplicitamente dice agli altri che lasciando sposare Carlo con Diana stavano commettendo un tragico errore che poteva costare caro alla Istituzione, dato che di fatto Carlo era già legato con un altra donna se pure non in modo formale, ma definitivo.

Ma la famiglia per pigrizia ha fatto finta di non capire di fatto statuendo la legittimità morale di un ruolo ufficiale di Camilla nella veste di amante e non di moglie.

Non a caso gli autori hanno scelto il titolo The Crown e non Royal Family, perché il concetto di famiglia come comunità di affetti, proprio non alberga in questo racconto.

La famiglia sembra che prenda corpo solo in un incredibile rito al castello di Balmoral sperduto in Scozia, amatissimo da Lei, ma non solo per dedicarsi a cavalcate ed alla caccia, quando si divertono tutti realmente e coralmente a mettere alla berlina personaggi che invitano con il solo scopo determinato di metterli in difficoltà con le spietate e assurde regole del protocollo.

Che squallore umano e morale.

Il dramma o la tragedia di tutta la narrazione sta nella consapevolezza dei personaggi di non essere altro che comparse che devono recitare una parte che non corrisponde con le loro naturali e legittime aspirazioni di persone umane, ma che di fatto accettano di farlo per usufruire degli indubbi privilegi del ruolo, che sono grossi.

Na vale la pena? Umanamente sicuramente no, tanto che tutti ne escono come persone che avrebbero bisogno del sostegno di svariate sedute dallo strizzacervelli, a causa della pressione dovuta al contrasto fra il sé vero e quello costruito, che collidono.

Ma essendo al fondo personaggi fra il dramma e la tragedia, confesso di essere arrivato alla fine provando una grande commiserazione per le sofferenze umane di quelle persone, che si sottopongono a una recita del tutto inutile essendo l’istituzione palesemente di nessuna utilità, cosa di cui tra l’altro sembrano spesso rendersene conto loro stessi.

Vedendo questa serie ho finalmente capito perché un paese di così elevate tradizioni culturali conserva la monarchia, perché la maggioranza conservatrice che prevale da sempre e tutt’ora in Inghilterra mantenendo caparbiamente in vita la monarchia stessa, in realtà non ha alcun interesse in quella istituzione, ma la vede come la foglia di fico che perpetuando sé stessa, perpetua i loro privilegi nella società più classista e disuguale d’Europa.

La prova è la Lady di Ferro, Margareth Thatcher, il cui ruolo arrogante e supponente è interpretato magistralmente.

La Tatcher non veniva da alcuna aristocrazia, era la figlia di un droghiere, probabilmente addirittura disprezzava la Regina vedendola come personaggio inutile e nulla-facente, ma aveva il culto del lavoro e l’idea che il merito riconosciuto è il segno calviniano della benedizione del Cielo per la casta dei prescelti, alla quale era convintissima di appartenere.

Ed eccoci tornati al punto di partenza, la nostra complessa e dialettica natura umana ci porta a creare aristocrazie ed èlite indipendentemente dai privilegi di nascita.





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