giovedì 4 febbraio 2021

Robert Reich : come salvare il capitalismo – recensione

 





Come molti altri italiani non più giovanissimi ero stato un convintissimo fan di J.F.Kennedy e delle sue idee programmatiche.

Questa forte simpatia intellettuale e politica mi aveva portato a idealizzare l’America come il paese nel quale potevano realizzarsi in modo compiuto le promesse dell’Illuminismo.

Fine della povertà, lavoro per tutti, Welfare dalla culla alla tomba ,disarmo, pace universale eccetera.

Poi però decennio dopo decennio vennero anche Nixon, Reagan la deregulation e il neoliberismo più spinti.

Il mantra che se lavori di più guadagni di più, che se guadagni di più è perché sei più bravo di chi guadagna di meno e che più diventi ricco, tanta più ricchezza ricadrà su tutta la società.

Che lo stato non è la soluzione ma è il problema.

Che aiutare i poveri significa disincentivare la loro volontà lavorativa.

Che la società non esiste ,esiste solo l’individuo.

Da queste asserzioni delle quali la gente ha finito per convincersi perché ripetute all’infinito, arrivare alla fin fine all’ideologia dell ‘”homo homini lupus” o più semplicemente alla legge della giungla dove vince il più forte e soccombe il più debole lo spazio è breve.

E i lupi si sono ,materializzati nei CEO delle grandi Corporation, nei raider di Wall Streat, nei monopolisti delle imprese tecnologiche, nei politici ormai adusi a farsi comprare se pure in modo legale, che anno dopo anno hanno cambiato le regole del gioco per fare in modo che i ricchi diventino ricchissimi i poveri sempre più poveri e il ceto medio cominciasse a dissolversi nei “working poors”.

A questo punto la pretesa degli Americani di essere il paese che avrebbe il dovere morale di esportare la democrazia nel mondo diventa caricaturale e grottesco.

Nel corso degli anni come moltissimi altri ammiratori delle eccellenze americane sono passato da delusione a delusione fino a chiedermi se la nostra idea dell’America non sia stata da sempre falsata, un mito senza fondamento.

Questo libro di Robert Reich dà veramente la mazzata finale alle vecchie illusioni.

L’autore è un più che qualificato economista americano che non ha disdegnato di dare il suo contributo facendo direttamente politica e infatti è stato Segretario al Lavoro nell’Amministrazione Clinton.

Insegna Amministrazioni e Politiche Pubbliche a Berkeley, collabora con le grandi testate americane.

Con tutto questo non è affatto tenero verso l’establishment del Partito Democratico.

La sua analisi della situazione attuale del capitalismo delle diseguaglianze è precisa e spietata.

Ma da economista e politologo dimostra di essere spinto non da pregiudizi ideologici, ma da pura razionalità, quando medita sua una considerazione di semplicità lapalissiana che è questa : se il capitalismo come è oggi spinge al limite la disuguaglianza fra pochissimi ricchissimi e una moltitudine di poveri e di ceti medi scivolanti verso la povertà, come si fa a non capire che si sta marciando verso l’autodistruzione del capitalismo?

I tycoon di un tempo alla Henry Ford avevano capito subito che la Model T per diventare un business profittevole aveva bisogno di un vastissimo mercato e che quindi i suoi operai dovevano avere salari sufficienti per comprarsela.

I tycoon di oggi fanno invece finta di non capire che non possono permettersi di spadroneggiare su una moltitudine di poveri facendo andare all’indietro le lancette della storia, perché a un certo punto nessuno avrà i soldi per comprare i loro beni o servizi e il meccanismo andrà in tilt.

Eppure oggi siamo tornati alla presenza di una vera e propria aristocrazia autoreferenziale.

Tutto legale dice Reich, perché quello che c’è in giro non è formalmente furto e corruzione, ma lo è nella sostanza, perché i super ricchi che di fatto detengono il potere politico tramite le vastissime elargizioni alla classe politica si sono scritte leggi leggine regolamenti per intascarsi tutto e mettere le moltitudini nell’angolo senza potere e senza capacità di reagire.

Non è corretto suggerirlo, ma se un lettore ha fretta o proprio ha poco tempo, cominci a leggere questo libro all’incontrario cominciando dai capitoli dal 20 alla fine, lì c’è scritto praticamente tutto.

Cioè c’è la descrizione dettagliata del cappio che i ricchissimi hanno messo al collo delle moltitudini impoverite che tra l’altro (e questo lo dico io e non Reich che ha pubblicato questo libro nel 2015), nel 2016 e poi ancora nel 2020 hanno votato Donald Trump per disperazione, sbagliando di grosso,ma tantè.

Do un accenno alle proposte di Reich per riformare il capitalismo:

-Reich sembra premettere questa esortazione ai suoi compagni di partito democratico.

Attenzione perché se c’è una priorità assoluta da mettere a fuoco è sui temi economici, mentre voi vi state lasciando turlupinare a dare priorità ai temi delle minoranze razziali e sessuali, dei quali l’importanza è evidente ma così facendo fate il gioco dei repubblicani che vogliono distogliervi dal parlare di quello che loro temono veramente

-il problema chiave è quello di ripristinare i contrappesi nel nostro sistema economico-politico,facendo fronte comune sui temi economici

-la priorità è far capire agli elettori tipo di Trump che sono i piccoli negozianti,gli operi bianchi,gli abitanti delle campagne,piccoli imprenditori e piccoli azionisti e piccoli professionisti che i loro interessi coincidono con quelli delle persone più schierate a sinistra di loro, mentre il loro avversario vero sono i big dei farmaci che tengono esagerati i prezzi giocando su copy right infiniti, i monopolisti della banda larga via cavo che fanno loro pagare un vantaggio competitivo assurdo,quelli che gestiscono le carte di debito, i monopoli che fanno crescere i prezzi degli alimentari, quelli che gestiscono le assicurazioni sanitarie , i lavoratori precari a ore che hanno dovuto firmare clausole vessatorie che impongono loro il ricorso all’arbitrato obbligatorio per sfuggire dai tribunali,

-è significativo dice Reich che alcuni esponenti repubblicani hanno cominciato a fare discorsi “di sinistra” evidentemente perché i loro advisors hanno captato la rabbia delle moltitudini che monta.

-occorre ripristinare regole decenti a cominciare dalla separazione delle banche d’affari da quelle di sportello (Glass -Steagall Act abrogato nel 1999).

-occorre mettere fine al “corporate welfare” consistente a sussidi statali alla grande industria petrolifera, agrindustria, farmaceutica e a Wall Street

-bisogna capire che la politica in futuro non passerà più dalla contrapposizione fra democratici e repubblicani ma fra pro establishment e anti establishment, cioè tra ceto medio e poveri da una parte e grandi dirigenti dall’altra

-bisogna avere il coraggio di cacciare il danaro dalla politica riscrivendo completamente le regole e quindi sarebbe sensato andare verso il finanziamento pubblico della politica integrato solo dalle piccole donazioni

-tutti i funzionari pubblici eletti o nominati dopo le dimissioni non potranno più essere assunti nel privato col quale abbiano avuto contatti quando erano in carica per almeno 5 anni

-i think tank devono dichiarare le fonti di finanziamento al fine di evitare di diventare meri strumenti di propaganda delle grandi corporation che finanziano i loro studi a senso unico

-la durata dei brevetti va ridotta poniamo a 3 anni ,come va negata l’estensione dei brevetti a seguito di minime modifiche al fine di bloccare lo sfruttamento di un assurdo vantaggio competitivo che frena di fatto la spinta all’innovazione

-vietare a big farma di pubblicizzare famaci acquisibili solo tramite ricetta medica

-ridare potere all’anti trust smantellando i monopoli esistenti che lucrano in modo indegno

-stabilire un limite alle dimensioni delle banche per evitare il ricorso al trucco del troppo grande per fallire con conseguente quasi obbligo dello stato di salvarle dai loro errori di gestione usando i soldi dei contribuenti

-proibire alle aziende di includere nei contratti di lavoro la clausola dell arbitrato obbligatorio gestito da personaggi compiacenti delle aziende stesse

-dare agli azionisti il potere di bocciare il piano retributivo dei vertici manageriali se non raggiungono gli obiettivi

-consentire l’accesso ai piani fallimentari anche ai debiti studenteschi e ai debiti ipotecari sulla prima casa

-fissare il salario minimo garantito almeno alla metà di quello medio

-fissare la regola per la quale quando il governo che stipula accordi commerciali con altri paesi sia obbligato a inserire una clausola che impegni i governi firmatari ad avere norme che garantiscano un salario minimo ai loro lavoratori

-che si inseriscano norme per le quali le scuole dei distretti più disagiate ricevano finanziamenti pari a quelle dei distretti più ricchi

-riscrivere le leggi sulla governance societaria magari copiando da quelle tedesche dove nei consigli di amministrazione metà dei posti sono dati alle rappresentanze dei lavoratori

-affrontare il problema della rivoluzione tecnologica in atto a seguito della quale si ridurranno esponenzialmente i posti di lavoro con strumenti tipo il salario universale garantito a tutti i maggiori di 18 anni.

Salario minimo ovviamente che ognuno si sentirà spinto a integrare con un proprio lavoro

-istituire una imposta di successione più equilibrata rispetto alla attuale esenzione negli Usa fino ai 10 milioni di dollari.







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