sabato 20 marzo 2021

Carlo Maria Cipolla : Il pestifero e contagioso morbo. Combattere la peste nell’Italia del seicento – recensione

 





Da quando è scoppiata l’epidemia poco più di un anno fa questo è il quarto libro al quale dedico una recensione su questo Blog che tratti appunto delle epidemie più o meno celebri del passato.

L’autore è stato uno dei nostri più brillanti storici dell’economia.

Ha insegnato in università italiane e americane e questo saggio specifico lo aveva scritto proprio quando era in America pubblicandolo solo in inglese.

L’Editore il Mulino ha deciso di pubblicarlo postumo tradotto in italiano qualche anno fa.

Si tratta quindi di un opera tipicamente accademica, rigorosamente basata sulle fonti ivi citate,scelte criticamente, ma trattata con il senso dell’humour e dell’ironia che caratterizzano i più noti piccoli saggi di Cipolla, che lo hanno fatto conoscere ed apprezzare al grande pubblico.

Siamo come dice il sottotitolo nell’Italia del seicento e la peste della quale si parla si diffonde un secolo dopo quella che tutti abbiamo conosciuto dalle celebri pagine del Manzoni.

Letto il libro con grande facilità e soddisfazione, devo dire anche per merito della sua brevità (170 pagine note comprese) la prima osservazione che mi viene di fare è questa.

Abbiamo cercato in questi lunghi mesi di Covid 19 di portare pazienza, di controllare la paura dell’ignoto virus e di non scaricare tutta la nostra irrequietezza su una classe politica che già non se la passava bene nemmeno prima, che scoppiasse questa epidemia.

Ma quando si legge in questo libro ad esempio il capitolo dedicato alla peste a Pescia allora piccolo borgo appena sopra a Firenze, si resta a bocca aperta apprendendo che in quel periodo storico la scienza medica non era in grado di conoscere neanche lontanamente la causa effettiva del morbo (batterio Yersina pestis ospitato nelle pulci, parassite dei topi) e di conseguenza i medici sapevano bene di non essere realmente in grado di curare la malattia, e non potevano far altro che cercare di metter in atto delle misure di contenimento e prevenzione, sulla base del normale buon senso.

Dicevamo, si apprende dalle carte citate dal Cipolla che questi nostri lontani antenati seppero mettere in atto velocemente dei piani di intervento incredibilmente azzeccati.

Allora l’equilibrio del potere politico era abbastanza complicato.

Nel caso specifico al vertice c’era il Granduca di Toscana, che però nella narrazione rimane abbastanza lontano.

La partita vera se la dovevano giocare i notabili locali cioè qualche nobile ,i maggiorenti e il clero.

Eravamo quindi ben lontani da forme democratiche di governo, ma è sorprendente dover constatare due cose che non ci sembra nemmeno vero dover constatare come realmente avvenute allora.

Cioè quelle forme di governo che oggi vediamo come arcaiche autoritarie e più che obsolete seppero agire velocemente seguendo due criteri che oggi fatichiamo moltissimo ad applicare.

Prima di tutto si inventarono strutture totalmente nuove che erano i Magistrati alla Salute.

Poi, incredibile ma vero, scelsero per quelle cariche nuove delle persone adatte seguendo il criterio della meritocrazia e della competenza.

Che i due criteri citati sopra siano fondamentali fu dimostrato dal fatto che mentre mediamente anche nelle zone limitrofe la media dei danni delle epidemie di peste si concretizzavano nella diffusione del morbo in circa la metà della popolazione portando alla morte circa un terzo della medesima, a Pescia la percentuale di mortalità fu limitata all’ 1,5%.

Risultato strabiliante.

Strabiliante anche il fatto che non ostante il celebre precedente del Card. Federigo che fece portare in processione i resti di San Carlo dando un contributo deciso al diffondersi della peste, i Magistrati di Sanità toscani riuscirono a bloccare le liturgie e addirittura a convincere il Vescovo a chiudere le case di ecclesiastici o conventi in odore di contagio.

Perchè questo allora avevano capito bene : l’unico mezzo efficace di contenimento e di prevenzione del morbo era l’individuazione e l’isolamento dei contagiati.

Il Cipolla ci dà un idea precisa di come era strutturata la società allora.

I nobili e gli abbienti, piccola minoranza erano decisi a gestirsi da soli anche perché ne avevano i mezzi.

Allora gli ospedali non erano istituzioni di welfare aperti a tutti, ma erano istituzioni di carità dove andavano solo i poveracci, che tra l’altro erano quasi tutti.

Cipolla riporta con rigore il senso delle denominazioni di allora : i “cittadini” erano i maggiorenti, gli “attori” erano gli artigiani i bottegai e il popolo lavoratore in generale.

Gli ospedali e i lazzaretti erano per gli “attori”.

A fatica i Magistrati di Sanità riuscivano a far portare ai lazzaretti i maggiorenti notoriamente contagiati, ma alla fine ci riuscivano venendo a patti con loro.

Si tenga conto che il morbo aveva un decorso decisamente veloce, pochi giorni (dai tre ai sette) e si guariva o si andava nel mondo dei più, con una percentuale media di decessi del 50% dei contagiati.

Di conseguenza andare al lazzaretto non era certo visto bene.

Va ricordato che i Magistrati di Sanità avevano un compito arduo da svolgere anche dal punto di vista finanziario, perché ogni qualvolta che dovevamo ordinare la chiusura delle case degli infetti accertati o il loro trasferimento al lazzaretto, tutta quella gente dovevano vestirla a nuovo, perché i vecchi vestiti venivano bruciati e mantenerli procurare loro di che vivere.

Leggendo di queste misure così azzeccate dal punto di vista del contenimento e prevenzione del contagio non potevo togliermi dalla mente le immagini dei telegiornali di un anno fa che mostravano gli enormi condomini di Wuan in Cina, dove è nata e da dove è partita l’epidemia di Covid, chiusi e vigilati dalla forza pubblica, che però provvedeva quotidianamente a portare agli abitanti i viveri necessari.

Di solito guardiamo ai comportamenti dei nostri predecessori di qualche secolo indietro con una certa condiscendenza, perché è innegabile l’enorme progresso del quale abbiamo usufruito nei tempi moderni.

In questo caso però non possiamo non invidiare questi uomini che senza disporre delle più elementari conoscenze mediche per combattere quella malattia erano però stati capaci di mettere in atto strumenti estremamente efficaci.


Nessun commento: