sabato 13 novembre 2021

Goffredo Buccini Il tempo delle Mani Pulite . Edizione Laterza – recensione

 



A ben trent’anni da Mani Pulite siamo come è noto nel periodo nel quale si è manifestato nell’opinione pubblica il livello più basso di fiducia nella magistratura della storia repubblicana.

Su questa base non si può che confermare quello che è più di una congettura verosimile e cioè che quel periodo che prometteva sfracelli :”rivolteremo l’Italia come un calzino”, una vera rivoluzione per via giudiziaria con lo scopo di moralizzare il paese non ha mantenuta nessuna delle sue promesse.

Questa sensazione è diffusa in tutto il paese da un bel pezzo, ma proprio per questo è utile rifarsi raccontare Mani Pulite dal cronista che nel bene e nel male l‘ha vissuta in diretta ed ha intessuto la prima narrazione dalle colonne del maggior giornale italiano il Corrierone di Via Solferino.

Goffredo Buccini giovane napoletano proveniente dal migliore Liceo Classico di Roma era sbarcato a Milano per fare la Scuola di Giornalismo ed aveva iniziato la professione appunto da Via Solferino, la sede storica del Corriere della Sera, partendo dalla più classica delle gavette :cioè seguendo la “nera” per poi passare alla “giudiziaria”.

Il suo racconto è straordinario perché la trama è indirettamente anche una biografia dell’autore in quegli anni, essendo proprio lui che firmava con altri colleghi le cronache da palazzo di Giustizia da San Vittore e dagli altri non ameni luoghi simbolo di quel periodo.

Il libro di Buccini ci costringe a fare mente locale a quegli anni che sono stati contemporaneamente molte cose insieme.

All’inizio degli anni ‘90 si era appena celebrata la caduta del muro di Berlino e del comunismo sovietico con implicazioni geopolitiche formidabili a cominciare dalla fine della “guerra fredda”.

Da allora la “rendita di posizione” sulla quale l’Italia del dopo guerra era vissuta di rendita come la più fedele figlioccia della democrazia imperiale americana era arrivata a termine lasciando quasi al verde la Balena Bianca cioè la Democrazia Cristiana e insieme il più forte Partito Comunista d’Europa che si era venuto a trovare orfano delle valigiate di rubli che arrivavano prima da Mosca.

Buccini non trascura di informare i lettori che il Povero partito Craxiano il PSI si è trovato con Mani Pulite nei guai più grossi anche perché se i due colossi politici che facendo finta di essere nemici incompatibili ma che di fatto avevano governato l’Italia dal dopo guerra con infiniti accordi sottobanco, erano vissuti facilmente su finanziamenti esterni, i socialisti si erano arrangiati a quanto pare senza troppa fatica facendosi mantenere diciamo dalle sponsorizzazioni delle aziende di stato.

Mani Pulite è stata quindi anche un “danno collaterale” dovuto alla fine della Guerra Fredda.

Non dimentichiamoci però che quei primi anni ‘90 sono stati anche quelli che hanno portato l’Italia sul baratro del fallimento del sistema economico.

Il famoso prelievo forzoso operato dal Governo Amato il 10 luglio del ‘92 nottetempo sui conti correnti degli italiani è stato una tipica operazione emergenziale quasi da tempo di guerra per salvare il salvabile.

Ma non basta ancora perché è proprio in quegli anni abbastanza funesti che la mafia di Totò Riina ritenendo a quanto pare di avere perso quelli che riteneva i suoi precedenti referenti politici aveva dato corso alla sua strategia stragista prima con l’incredibile agguato mortale al giudice Falcone e poi a Salvatore Borsellino per poi concentrarsi su attentati bombaroli rivolti a monumenti che non risparmiarono affatto vittime innocenti.

E’ proprio nel racconto sempre in diretta di uno di questi avvenimenti, quello milanese di Via Palestro, che ho trovato le pagine a mio parere più efficaci e drammatiche del libro.

Ovviamente non anticipo nulla, il lettore potrà godersele leggendole.

Che dire poi delle Mani Pulite vere e proprie?

La caratterizzazione dei singoli componenti del famoso “pool” che ne fa Buccini mi sembra riuscitissima e il più aderente possibile a quanto avvenimenti ormai passati alla storia ci hanno lasciato con una relativa ponderosa documentazione.

Questo giornalista che da ragazzo è diventato uomo in quegli anni, come lui stesso ci lascia capire è uno che le promozioni se le è guadagnate scarpinando senza sosta come è doveroso per chiunque pratichi quella professione, poi perché era professionalmente bene impostato, infine perché si è ritrovato capi e colleghi di prim’ordine.

Ma riconosciamolo i famosi “scoop” vengono anche in grazia di una bella dose di fortuna, fortuna che a Buccini si direbbe non sia proprio mancata.

Ci vuole però un misto di tutti gli ingredienti sopra menzionati per far carriera.

Formidabili le pagine che descrivono uno di questi scoop veramente clamorosi, quando appunto Buccini accompagnato dal collega Alessandro Sallusti (che come tutti non era nato direttore ma aveva dovuto anche lui cominciare dal basso) a Santo Domingo aveva dovuto ricorrere ai trucchi più incredibili per costringere uno dei più noti “latitanti” della Tangentopoli di allora un certo Giovanni Manzi per dieci anni presidente della Sea, la società che gestisce degli aeroporti milanesi, grande elemosiniere del Psi a rilasciare loro una intervista ovviamente esclusiva, che deflagrerà come una bomba, e che sarà un bel trampolino di lancio professionale per i due giornalisti che hanno avuto l’abilità di realizzarla.

Direi invece che fu abilità professionale più che fortuna immagino quella che ha fatto sì che proprio Buccini e non altri sia stato scelto dal Capo indiscusso del pool, Francesco Saverio Borrelli per rilasciare le sue interviste.

Tonino Di Pietro, Pier Camillo Davigo, Gherardo Colombo,Gerardo D’Ambrosio, Franceso Greco, Tiziana Parenti, Ilda Boccassini, Armando Spataro tutti personaggi che non hanno bisogno di presentazioni, ma fra loro se Tonino di Pietro era quello che per carattere faceva sempre il botto, il personaggio più personaggio di tutti era il proprio il capo, Borrelli.

Gentiluomo dell’ottocento era aristocratico in tutto.

Ma era anche personaggio complesso e contraddittorio, e questo ovviamente ne aumentava il fascino.

Per natura incline alla riservatezza non poteva però evitare flash e telecamere che a Palazzo di Giustizia stazionavano 24 ore su 24.

Poteva però evitare i giornalisti e infatti lo faceva con piacere, ma un qualche misterioso feeling aveva fatto sì che decise di fidarsi di Bettini ed a lui si rivolse più volte regalandogli altri scoop uno dietro l’altro.

Nel libro c’è anche godibile e mi sembra molto verosimile anche la storia del personaggio più simbolo di tutti di Mani Pulite, quel ToninoDi Pietro che da umile contadino meridionale dopo aver fatto un po’ tutti i lavori è approdato in Magistratura con la toga di Pm ed era divento tanto potente nel ruolo di centravanti di sfondamento di Mani Pulite come narra Buccini da far mormorare a un Berlusconi Neo Presidente del Consiglio del ‘94 che sarebbe stato sulla strada per toglierli la poltrona e insediarsi al suo posto.

Varrebbe la pena di leggersi questo libro anche solo per cercare di capire chi è questo personaggio dalle mille facce, dato che sappiamo oggi che la sua successiva carriera politica non è stata proprio brillante.

Per l’ennesima volta la storia ha dimostrato che gli aspiranti Maximilien Robespierre, l’incorruttibile per definizione dovrebbero essere più cauti quando si vedono osannati, perché quegli osanna non durano mai più di un mattino, come si dice.

Buccini molto onestamente non risparmia più di un accenno di autocritica rivolto non solo a sé stesso ma anche ai suoi colleghi che allora su quegli osanna avevano soffiato sotto, ma si erano probabilmente troppo spesso dimenticati di chiedersi in pubblico se quella che era divenuta la consuetudine delle manette facili per provocare pronte confessioni fosse giuridicamente ortodossa.

Non dimentichiamoci che il “tintinnar di manette” di quegli anni ha provocato anche un numero inaccettabile di decessi fra gli indagati o fra quelli che temevano di diventarlo.

Buccini non mi pare che lo dica esplicitamente ma dato che la matematica non è un ‘opinione a condannare storicamente l’ubriacatura di Mani Pulite rimane la percentuale ben esigua di condanne definitive incassate dal pool rispetto agli avvisi di garanzia spediti.

Buccini secondo mè giustamente sostanzialmente di tutto il pool salva solamente quel Gherardo Colombo che ha partecipato, ma per formazione aveva capito fin da allora che non è per via giudiziaria che si può debellare la corruzione, ma che ci vuole un umile e lungo processo di educazione al quale dall’uscita dalla magistratura si dedica da anni girando per le scuole e collaborando a case editrici.

Buana lettura



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