Recensendo pochi giorni fa “demoni, mostri e prodigi” di Giorgio Ieranò ho riscoperto il mondo dei classici greci e latini che la scuola mi aveva costretto a non amare a causa di traduzioni datatissime e assurde.
Ed è proprio leggendo il libro di Ieranò che mi ha molto incuriosito la figura di Luciano, scrittore singolarissimo del secondo secolo d.c., dico in greco, perché greco di nascita non era esseno nato a Samosata che si trova nella parte sud orientale della Turchia sull’Eufrate.
Retore e conferenziere di grande successo oltre che scrittore, Luciano premette fin dalla prima pagina di “Storia vera” di scrivere storie volutamente fantastiche per consentire al lettore di recuperare momenti di “relax” dice l’ottima traduzione del Prof. Cataudella, insigne grecista.
Diciamolo subito la straordinarietà di questo libro di Luciano sta nel fatto che il primo libro de la “storia” si lancia immediatamente in un racconto che sarà di ispirazione agli autori che secoli e secoli dopo si cimenteranno nel genere fantasy da “guerre stellari”.
Luciano ricorre all’espediente classico del viaggio per mare oltre alle Colonne d’Ercole.
Naturalmente dopo pochi giorni di navigazione sopravviene una tempesta con un vento di violenza mai vista che fa letteralmente prendere quota alla nave che diviene così di fatto la prima astronave della letteratura pronta ad approdare non su un’isola ma su una terra sferica che non sarà altro che la Luna.
Qui si innescherà una guerra fra abitanti della Luna e abitanti del Sole a causa della reciproca volontà di colonizzare la Stella del Mattino che si troverebbe a mezza strada fra le due sfere.
La guerra inizierà su una vasta pianura costituita dalla tela costruita appositamente da immensi ragni fra Luna e Stella del Mattino.
Ecco i primi elementi della geniale invenzione fantastica di Luciano.
Certo sorprende non poco scoprire che questo racconto precede quello analogo di Gulio Verne di quasi duemila anni.
Ecco teniamo conto di questo vertiginoso spazio di tempo, perché se da una parte l’autore si conquista tutta nostra meraviglia, dall’altra ci chiede venia per l’uso abbondante di un tipo di umorismo adeguato a quei tempi ma non ai nostri.
Voglio dire per esempio che l’artificio retorico di usare misure numeriche più che esagerate oggi non fa ridere più nessuno, ma questo non sorprende affatto, se si usa un minimo di senso storico.
Del resto rimane in piedi invece la verve ironica che è uno dei punti di forza del modo di scrivere di Luciano.
Ci sono per esempio le pagine de la “Storia” nelle quali Luciano prende elegantemente per i fondelli la seriosità e la prosopopea dei filosofi quando parla dell’Isola dei Beati nella quale soggiornano oltre agli eroi appunto anche i grandi della filosofia.
L’autore ci dice ad esempio che Platone non c’era perché era andato ad abitare nella città ideale che aveva descritto nelle sue opere lasciando intendere che gli abitanti dell’isola dei Beati si aspettavano che potesse tornare se le cose in quella città non avrebbero funzionato.
Formidabile poi la stoccata agli Accademici cioè ai seguaci di Aristotele che non si erano ancora presentati ,perché trattenuti non si sa da quanto tempo dal disquisire preliminarmente sul fatto dell’esistenza o meno dell’isola.
Chissà se il Manzoni si è ispirato a questo passo quando fa fare al nobile Don Ferrante il celeberrimo sillogismo aristotelico sulla natura di “sostanza” o “accidente” della peste che non essendo né di un tipo né dell’altro era dimostrato che non esisteva.
Anche gli Stoici non c’erano perché erano ancora attardati a salire il monte della virtù.
Gli Epicurei invece c’erano sull’isola e qui non si può non rilevare una aperta simpatia di Luciano per loro, anche se la sua intenzione è quella di non apparire seguace di nessuna corrente filosofica in particolare.
Altra invenzione fantastica è quella del soggiorno nella pancia di una enorme balena, invenzione questa volta un po meno originale dato che questo tipo di storia era già stata proposta dal libro di Giona della Bibbia datato nel 500 circa a.c.
Originale l’ambientazione in una enorme selva che troverebbe spazio nella pancia di quella balena ed ancor più originale lo stratagemma inventato per uscire dalla balena medesima dando fuoco alla selva.
L’intero libro è assolutamente godibile e questo spiega il fatto che secondo gli studiosi ha avuto un enorme seguito nel Medioevo quando si posizionava fra le opere più lette.
Occorre tener conto del fatto che quest’opera risale al secondo secolo d.c. che è quello della più forte espansione del Cristianesimo e che nelle sue opere Luciano addirittura non fa cenno ai cristiani.
Questo forse se da una parte l’ha salvato dalle mani dei monaci copisti più fondamentalisti, non l’ha nemmeno “spinto” nella diffusione perché secondo gli studiosi la sua opinione sui cristiani non era affatto positiva, pare che ritenesse quella setta priva di interesse essendo quel secolo pieno di racconti di guaritori e profeti simili a quelli su Gesù e questo atteggiamento non lo rendeva certo simpatico, immagino che nelle biblioteche dei conventi si trovasse se c’era all’ultimo piano.
Oggi però meriterebbe migliore fortuna tenendo conto del fatto che tutto il filone “fantasy” e non solo quello gli deve veramente molto.
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