mercoledì 19 gennaio 2022

Tom Miller : China’s Asian Dream. Empire Building Along The New Silk Road - Published by Zed Books Ltd London – recensione

 






Se questo non è il migliore libro che ho letto sulla Cina contemporanea, è sicuramente il più completo.

Chi è l’autore? Ecco questa è una domanda che crea un po di imbarazzo perché l’autore impersona figure professionali diverse.

La presentazione che compare sul libro qualifica Tom Miller come giornalista che ha vissuto in Cina per 14 anni dove tra l’altro ha studiato e imparato il mandarino.

Appena prima però lo stesso Miller viene indicato come Senior Analist del Gavekal Research , un istituto di ricerca di geopolitica e direttore del periodico China Economic Quarterly.

Perchè ho esitato a definire la figura professionale dell’autore, perché definirlo prima di tutto come giornalista mi sembra francamente fuorviante e fortemente riduttivo per uno studioso che correda il suo lavoro con un apparato di riferimenti di quasi quaranta pagine, questo è il modo tipico di procedere degli accademici e questo libro è senza dubbio di livello accademico.

Nei precedenti libri sulla Cina contemporanea recensiti in questo blog abbiamo più volte parlato della nuova via della seta o più propriamente della Belt and Road Initiative.

Cos’è?

E’ una strategia anzitutto economica a lungo periodo tipica del modo di procedere della dirigenza cinese che a differenza dei gruppi dirigenti del resto del mondo è capace di pensare anzitutto al futuro e di programmare dettagliati piani di politica economica a lungo o addirittura lunghissima scadenza.

Programmazione di cose molto concrete,sopratutto costruzione di infrastrutture su scala gigantesca

per avvicinare la Cina al mondo con strade, ferrovie, vie marittime, hubs, porti, logistiche, gasdotti elettrodotti, cavi di telecomunicazione eccetera.

Il tutto provvisto del relativo finanziamento scaglionato nel tempo quanto basta a tassi spesso di favore ma nell’ambito dei prezzi di mercato.

La carta vincente che usa la Cina verso i paesi in via di sviluppo non è tanto il tasso del prestito particolarmente conveniente ma sopratutto il fatto che sia le istituzioni finanziarie internazionali, sia i privati difficilmente sono disposti a fare prestiti a paesi di dubbia solidità se non imponendo condizioni capestro, ma più spesso a certi paesi non fanno proprio credito.

La seconda carta vincente della Cina è la sua proverbiale capacità di portare a termine anche gigantesche opere pubbliche in tempi incredibilmente brevi.

L’altra faccia della medaglia è che si portano dietro tutto o quasi dalla Cina, manodopera compresa, cosa questa che fa storcere il naso ai paesi occidentali, ma che obiettivamente per molti paesi in via di sviluppo è l’unico modo di riuscire a ritrovarsi una grande opera chiavi in mano, dato che di loro disporrebbero di ben pochi strumenti di produzione.

Le grandiose opere previste dalla Belt and Road Initiative nascono appunto come grandi opere ma hanno di fatto una ispirazione prettamente politica.

Dietro a tutto c’è la realizzazione del “sogno cinese” enunciato apertamente da Xi Jinping che consiste nel riportare la Cina allo splendore che aveva prima delle guerre dell’oppio e dell’umiliazione inflittale dalle potenze coloniali a partire dalla fine della prima metà dell’800 e fino al riscatto della Rivoluzione Maoista del 1949.

La dirigenza cinese ripete fino alla noia che la Cina non ha e non ha mai avuto ambizioni imperialiste e che la BRI è un opportunità per lei ma anche per i paesi partner che vorranno unirsi a lei senza secondi fini.

L’autore con molto realismo mette in chiaro però che se è verosimile che la dirigenza cinese sia in perfetta buona fede facendo queste affermazioni, è anche vero che la Cina di suo è un pachiderma per territorio, popolazione e peso economico.

Questo fa si che sviluppando scambi economici di dimensioni proporzionate alla sua stazza non possa non mirare a divenire una superpotenza almeno di livello regionale con ciò spingendosi a fare il necessario per difendere anche militarmente le sue vie di comunicazione e di approvvigionamento.

E qui inevitabilmente dal punto di vista geopolitico si va in rotta di collisione con le mire e la situazione di fatto dal dopoguerra messa in atto dalla superpotenza americana che per decenni si è considerata l’unica superpotenza poliziotto del mondo, dotandosi delle famose sette flotte proprio per controllare tutto il mondo Asia compresa.

Gli Usa mal sopportano l’idea che la Cina di fatto li abbia superati diventando negli ultimi decenni la “fabbrica del mondo” per beni a buon mercato ed a basso contenuto tecnologico.

Ed ancora meno digeriscono il fatto di essere sul punto di essere superati anche sul piano della produzione di beni ad alto contenuto tecnologico.

Sul piano della potenza militare è opinione comune che gli Usa sono tuttora di gran lunga il numero uno.

Questo però non significa che possano continuare a pretendere di essere la potenza egemone in casa altrui specialmente in Asia dove ormai il gigante cinese si è svegliato e sta acquistando la consapevolezza della propria forza e conseguentemente dei propri diritti almeno sul piano regionale.

Tom Miller con molto equilibrio e realismo sostiene la tesi che non è affatto inevitabile che Cina e Usa si debbano avviare ad una guerra per stabilire chi comanda in Asia.

E’ invece possibile e ragionevole che trattino come distribuire fra loro ed i loro alleati la gestione dell’area riconoscendo i reciproci interessi.

La parte a mio avviso migliore e più utile di questo lavoro è l’analisi dettagliata che Miller fa delle prima fase della BRI che consiste nella realizzazione diciamo del primo tratto di questa moderna via della seta compiendo le opere progettate fra la Cina ed i paesi immediatamente più vicini e confinanti.

Tanto per dirne una confesso che per esempio del Kazakistan venuto alla ribalta in questi giorni per la “rivolta del gas” non conoscevo quasi nulla prima di aver letto questo libro.

Paesi di questo tipo sono diventati lontanissimi dal fascino esotico fatto di deserti, capre e cammelli che ci forniscono i documentari che parlano di loro.

In questi paesi scorre un fiume di denaro alimentato da risorse naturali formidabili delle quali fino a pochi anno fa nemmeno si conosceva tutta la loro utilità se non indispensabilità per il futuro del mondo moderno come i metalli rari.

Fra i paesi limitrofi alla Cina che dire della situazione etnicamente più che complessa e frastagliata di quel Mianmar che molti di noi associalo alle lotte fra i militari al potere da decenni e l’aristocratica San Suu Kyi, che sono solo una parte, una piccola parte del problema.

Un’altro esempio : personalmente avevo avuto occasione di studiare anche in profondità la situazione del Vietnam all’epoca della guerra con gli Usa, ma non avevo acquisito alcuna conoscenza del viscerale risentimento se non proprio odo che corre da millenni fra Cinesi e Vietnamiti, perché la narrazione di quella guerra prevaleva su una storia che segue una time-line molto più ampia.

E però quella storia di lungo respiro è indispensabile conoscerla per capire come mai il Vietnam che avrebbe un disperato bisogno dei finanziamenti e delle opere della Bri per fare il salto di qualità che ancora non è riuscito a fare, proprio non riesce a sopportare l’idea di accettare la presenza degli odiati Cinesi dei loro soldi, mano d’opera e macchinari.

Ecco questo è un libro sulla Cina ma ancora di più sui paesi della cintura intorno alla Cina.

Difficile capire quale sarà lo sviluppo della Cina se non si conoscono questi paesi.

Inutile concludere dicendo che il “mestiere” di giornalista che il nostro autore ha pure praticato lo ha aiutato enormemente a trattare questi argomenti in modo veramente accattivante.



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